Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27808 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27808 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16177 R.G. anno 2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
ricorrente
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
contro
ricorrenti avverso la sentenza n. 3070/2022 del 9 maggio 2022 della Corte di appello di Roma
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione del 14 settembre 2012, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE, deducendo l’inadempimento di quest’ultima al contratto del 31 gennaio 2010 avente ad oggetto la predisposizione del materiale necessario all ‘ eventuale realizzazione di una miniserie televisiva dal titolo provvisorio «Vendetta Inc», e in particolare il documento di dettaglio denominato «bibbia» contenente le schede dei personaggi principali, le ambientazioni e la linea narrativa della serie, una sceneggiatura per la puntata zero e cinque sceneggiature: il tutto in tre step successivi. Hanno affermato gli attori che, a dispetto dell’avvenuta consegna della «bibbia», inviata in data 28 marzo 2011, e della consegna della sceneggiatura della puntata zero, trasmessa l’ 11 maggio 2011, gli stessi non avevano ricevuto il saldo delle loro spettanze. Hanno quindi domandato la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 65.000,00 per la «bibbia» e per la sceneggiatura della puntata zero.
Nela resistenza della società convenuta il Tribunale di Roma ha respinto la domanda.
– La Corte di appello di Roma ha rifo rmato parzialmente la sentenza di primo grado, condannando RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 30.000,00, oltre accessori.
La detta società ha proposto un ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Resistono con controricorso COGNOME, COGNOME e COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
─ La ricorrente ha eccepito, in via preliminare, la nullità del contratto del 31 gennaio 2010 «per mancanza di causa e di sinallagma», a norma degli artt. 1421, 1418, 1322, 1325 e 1174 c.c.. Nell’atto di impugnazione si rammenta che gli autori avevano condizionato la cessione dei diritti sulla «bibbia» al fatto che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE commissionasse loro l’intero progetto, in modo da evitare che
questo restasse nella libera utilizzabilità della società e fosse prodotto senza il coinvolgimento degli autori. Si deduce che in tal modo si sarebbe creato il «paradosso» di prevedere il pagamento di un prezzo in assenza del trasferimento dei diritti patrimoniali d’autore; è aggiunto che il mancato avveramento della condizione sospensiva aveva compromesso il rapporto avente ad oggetto l’attività autorale dei controricorrenti e aveva privato la società istante della possibilità di acquistare «l’ asset industriale previsto in contratto», il quale, a fronte del pagamento del corrispettivo, avrebbe dovuto essere sfruttato liberamente per qualsiasi scopo futuro.
Sempre in via preliminare si eccepisce l’inefficacia del contratto del 31 gennaio 2010 per mancato avveramento della condizione sospensiva ex artt. 1363 e 1360 c.c.. Si deduce che il contratto non avrebbe prodotto i suoi effetti con esclusione del trasferimento dei diritti a RAGIONE_SOCIALE fino a quando questa non avesse commissionato tutti gli step di scrittura agli autori e non avesse affidato la regia della serie a NOME COGNOME ; in tal senso – è spiegato , il mancato avveramento delle condizioni pattuite avrebbe reso il contratto retroattivamente inefficace tra le parti escludendo, in conseguenza, che l’obbligazione di pagamento della «bibbia» restasse in piedi.
Entrambe le deduzioni, che veicolano, in sostanza, veri e propri motivi di censura, sono inammissibili.
Come è noto, in sede di legittimità non è consentita la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorché rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione, salvo che nelle ipotesi previste dall’art. 372 c.p.c., tra le quali rientra la nullità della sentenza, purché il vizio infici direttamente il provvedimento e non sia effetto di altra nullità relativa al procedimento (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319); il principio trova applicazione anche con riferimento alla
nullità contrattuale (così, ad esempio, Cass. 29 luglio 2019, n. 20438).
La questione sulla nullità che è stata dedotta col ricorso per cassazione implica un accertamento di fatto: ne dà indiretta conferma la ricorrente, la quale assume il vizio del negozio muovendo dal tenore di precise clausole del contratto (segnatamente, gli artt. 2 e 6) che, per le parti che interessano (quelle riprodotte a pagg. 4, 5, 7 s. del ricorso) non sono state oggetto di specifica ricognizione da parte della Corte di merito.
Analoghe considerazioni possono svolgersi con riguardo al mancato avveramento della condizione sospensiva. La ricorrente fa questione di una condizione incidente sull’efficacia dell’intero contratto , tema – questo di cui il Giudice distrettuale non si è occupato; la sentenza impugnata ha reputato, piuttosto, che il meccanismo condizionale legato allo «sviluppo della seconda fase» fosse operante con riferimento alle sole «prestazioni previste per il primo step del contratto con riferimento al punto 3B».
2. Con quello che viene rubricato come primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 84, 115, 229 c.p.c. e 2730, 2735, 2727 e 2796 c.c.. Il Tribunale avrebbe ritenuto che con lettera del 4 aprile 2012 si fosse fatto luogo all’accettazione della consegna della sola prima versione della «bibbia», mentre la Corte di appello aveva assegnato alla detta missiva valore confessorio circa l’avvenuta consegna del testo nella sua versione definitiva; si sostiene che tale versione non sarebbe stata invece mai recapitata e si richiamano, in proposito, alcuni documenti. Si assume, poi, che il difensore di RAGIONE_SOCIALE non aveva il potere di impegnare i propri assistiti con atti stragiudiziali, posto che allo stesso era stata conferita una rappresentanza tecnica di natura solo processuale: gli scritti riferibili al difensore – si deduce non hanno valore confessorio in quanto detto soggetto non ha la disponibilità del diritto cui la pretesa confessione si riferisce. Si rileva, infine, che con riguardo alla detta
dichiarazione, che costituiva un atto stragiudiziale, non era operante il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c..
Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello ha ritenuto che con lettera del 4 aprile 2012 l’AVV_NOTAIO COGNOME «in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE» avesse dato atto dell’avvenuta consegna della versio ne definitiva della «bibbia» e ciò ha aggiunto – « senza contestazioni in ordine alle modalità di trasmissione ovvero al fatto che non si trattasse della versione definitiva». Il tema del valore della detta dichiarazione del professionista è malamente aggredito dalla società istante: in particolare, non appaiono concludenti le deduzioni della ricorrente fondate sulla natura non confessoria della dichiarazione resa dal professionista, visto che la Corte di appello non ha conferito a quell’atto il valore di una confessione. Mette conto di aggiungere che, in linea di principio, alla detta Corte non era peraltro precluso di valorizzare, sul piano probatorio, quanto dichiarato dal legale di COGNOME: infatti, le missive «preprocessuali» provenienti dal legale della parte, pur non avendo valore confessorio, presentano carattere indiziario, e come tali possono essere legittimamente utilizzate e liberamente valutate dal giudice ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. 8 agosto 2002, n. 11946; in senso conforme, Cass. 2 marzo 2016, n. 11044, non massimata in CED ; cfr. pure Cass. 15 maggio 1997, n. 4284). L’evocazione dell’art. 115 c.p.c. non è parimenti pertinente : il Giudice di appello non ha applicato il principio di non contestazione alla dichiarazione in parola, ma ha attribuito alla stessa un preciso valore probatorio. Ed è vano confutar e l’accertamento di fatto della Corte territoriale, in quanto l’esame e la valutazione dei documenti di causa, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (per tutte: Cass. 31 luglio 2017, n. 19011; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056).
3 . -Il secondo motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.. Si lamenta che la Corte di merito abbia deciso la causa facendo ricorso a presunzioni circa la consegna della «bibbia» con riferimento a una materia, quella del diritto d’autore, in cui «l’esistenza dell’opera non si può presumere ma deve essere positivamente provata dagli interessati». Viene altresì dedotto che la Corte distrettuale avrebbe deciso la causa valorizzando un’ammissione inconsistente, in quanto non di provenienza della parte interessata, applicando poi illegittimamente ad essa due presunzioni, afferenti la consegna della versione definitiva della «bibbia».
Il mezzo di censura è inammissibile.
Esso è incentrato sul valore indiziario attribuito alla dichiarazione contenuta nella corrispondenza del 4 aprile 2012. Va qui osservato che «e presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice » ex art. 2729, comma 1, c.c..; e in tale prospettiva questa Corte ha avuto modo di evidenziare che spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass. 5 agosto 2021, n. 22366, la quale precisa, poi, che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio; cfr. pure: Cass. 26 febbraio 2020, n. 5279; Cass. 27 ottobre 2010, n. 21961; sempre con riferimento alla prova per presunzioni, cfr., di recente, non massimate in CED sul punto: Cass. 5 febbraio 2024, n. 3205; Cass. 29 gennaio 2024, n. 2620; Cass. 24 gennaio 2024, n. 2370; Cass. 17 gennaio 2024, n. 1793).
4 . ─ Col terzo motivo s i denuncia l’omesso esame di un fatto
decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte di merito sarebbe incorsa in errore ritenendo che la lettera del 4 aprile 2012 non si riferisse alla prima versione della «bibbia». Si lamenta, poi, che il Giudice distrettuale abbia «affidato la sua decisione ad una presunzione di avvenuta consegna della ‘bibbia’ » priva, in sé, di «un sufficiente grado di attendibilità».
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. , ma non indica il fatto decisivo che il Giudice distrettuale avrebbe mancato di esaminare, limitandosi a dedurre che la lettera del 4 aprile 2012 si riferiva alla prima versione della «bibbia», e non a quella definitiva; in tal modo la ricorrente censura – in modo , oltretutto, affatto generico -l’apprezzamento, asseritamente erroneo, di un documento del giudizio: profilo, questo, chiaramente sottratto al sindacato di legittimità. Dopodiché, il motivo appare indirizzato a una critica del ragionamento presuntivo: critica per la quale deve valere quanto osservato trattando del precedente mezzo di censura.
5 . – Col quarto mezzo si lamenta la violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c.. Si prospetta il vizio motivazionale lamentandosi che la sentenza impugnata si fonderebbe su di un ragionamento non comprensibile, basato su affermazioni inconciliabili.
La società istante rileva una contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata (contraddizione pure dedotta col terzo motivo, ma estranea alla fattispecie dell’omesso esame di fatto de cisivo ivi fatta valere): essa sentenza avrebbe «inteso dichiarare non approvata la versione definitiva della ‘b ibbia ‘ quando per ammissione della Corte questa non andava approvata». Nella sentenza impugnata si legge che la versione definitiva dell’elaborato non era soggetta ad approvazione anche se RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto eccepire l’inadempimento contestando motivatamente il difetto di qualità dello stesso: è aggiunto che, non essendovi state contestazioni, né in sede
stragiudiziale, né in sede giudiziale, la prestazione doveva ritenersi compiutamente eseguita e da tanto discendeva il diritto al corrispettivo. Nel passaggio motivazionale sopra trascritto la Corte di appello ha dunque dato atto che il contratto non prevedeva che la versione definitiva dovesse essere approvata, pur potendosi discutere di un eventuale inadempimento dei controricorrenti all’obbligazione da loro assunta: inadempimento che nella fattispecie non era stato però opposto. Come è evidente, la mancata approvazione dell’opera da parte del procuratore di COGNOME NOME, di cui diede atto il Tribunale, non si pone in contraddizione logica con quanto rilevato dalla Corte di appello, ma riflette solo il personale convincimento del rappresentante di una delle parti quanto al valore giuridico di un’attività (l’approvazione, appunto) che il Giudice distrettuale ha stimato invece non condizionasse il diritto al pagamento. In tal senso, il mezzo di censura mostra di non confrontarsi con la decisione impugnata.
6 . ─ Il ricorso è dichiarato inammissibile.
7 . ─ Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell a ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione