Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1228 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1228 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6663/2023 r.g., proposto da
COGNOME NOME COGNOME elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
Ispettorato del lavoro di Asti-Alessandria , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dall’ Avvocatura generale dello Stato.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 440/2022 pubblicata in data 12/09/2022, n.r.g. 100/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 05/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME in qualità di obbligato principale e di legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, proponeva opposizione (ai sensi degli artt. 22 e 22 bis L. n. 689/1981) avverso le ordinanze ingiunzioni n. 262/2015 e 262/2015 bis, con cui era stato ingiunto di pagare la somma di euro 44.445,00 a titolo di sanzione per aver impiegato,
OGGETTO:
opposizione ad ordinanza ingiunzione per violazione delle norme sul rapporto di lavoro subordinato -accertamento ispettivo -risultanze – apprezzamento del giudice di merito
senza la previa comunicazione al competente Centro per l’impego, il lavoratore COGNOME Tommaso per n. 171 giornale di lavoro effettivo da gennaio 2013 all’11/02/2014, per avere omesso di consegnare al predetto lavoratore all’atto dell’assunzione copia dell a comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero del contratto di lavoro, nonché per omesse o infedeli registrazioni sul L.U.L.
Impugnava altresì il verbale di accertamento ispettivo presupposto del 26/05/2014 e deduceva che prima dell’11/02/2014 con il Falcone era intercorso soltanto una collaborazione saltuaria ed occasionale. Chiedeva l’annullamento delle ordinanze ingiunzioni e comunque la riduzione delle sanzioni ex art. 8 L. n. 689/1981 e comunque l’applicazione del minimo edittale.
2.- Costituitosi il contraddittorio, assunta la deposizione del teste COGNOME COGNOME, il Tribunale, in parziale accoglimento dell’opposizione, annullava le ordinanze opposte e condannava l’opponente al pagamento della somma di euro 8.750,00 a titolo di rideterminazione della sanzione pecuniaria.
3.Con sentenza n. 60/2018 la Corte d’Appello di Torino, riuniti gli appelli separatamente proposti dalle parti, accoglieva quello dell’Ispettorato e rideterminava le sanzioni nell’importo complessivo di euro 35.995,00, mentre dichiarava inammissibile quello del COGNOME perché ritenuto tardivo.
4.Con sentenza n. 37981/2021 questa Corte, in accoglimento dell’unico motivo di ricorso proposto dal COGNOME, cassava la sentenza impugnata nella parte in cui i giudici d’appello avevano ritenuto tardivo il gravame da lui proposto a causa della mancata applicazione della sospensione del termine nel periodo feriale di cui all’art. 3 L. n. 742/1969.
5.- Riassunto il giudizio dal COGNOME, con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame dell’originario opponente.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
non sussiste incapacità a testimoniale del sig. COGNOME COGNOME poiché egli non aveva un interesse personale, attuale e concreto, nel rapporto controverso, tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è chiesta la sua testimonianza (Cass. n. 167/2018);
tale principio si applica anche nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione emessa nei confronti del datore di lavoro (Cass. n. 4651/2009);
in ogni caso quella testimonianza vale come dichiarazione resa ex art. 421 c.p.c. e quindi comunque scrutinabile unitamente al materiale probatorio di causa;
il COGNOME è attendibile, perché ha ribadito quanto già dichiarato in sede ispettiva;
anche il COGNOME in sede ispettiva ha dichiarato di aver occupato il COGNOME per 4/5 ore per due o tre giorni alla settimana al fine di avere il cambio durante la pausa pranzo e di avergli corrisposto un compenso forfetario;
è quindi condivisibile la valutazione di queste dichiarazioni compiuta dal Tribunale;
le dichiarazioni raccolte nell’immediatezza dell’accertamento ispettivo costituiscono materiale probatorio liberamente valutabile e possono anche costituire prova sufficiente ai fini della decisione, senza l’esperimento di ulteriore attività (Cass. n. 2380 0/2014);
quanto alla natura del rapporto di lavoro in questione, il Tribunale non ha invertito l’onere della prova, ma ha ritenuto che sulla base del complessivo materiale probatorio l’amministrazione avesse dimostrato il suo assunto, non così il COGNOME, che non aveva prodotto alcuna documentazione (modelli F24 sulle ritenute d’acconto, documentazione contabile, modelli 770) a prova dell’affermata natura occasionale del rapporto di lavoro;
si aggiunga che lo stesso COGNOME ha dichiarato di aver regolarizzato il COGNOME a seguito di un intervento dei NAS in data 15/02/2014, sia pure retrodatando il rapporto di lavoro all’11/02/2014;
con ricorso in riassunzione è stato chiesto solo l’annullamento delle due ordinanze, sicché in ordine al quantum delle sanzioni la statuizione d’appello precedente è passata in giudicato.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME Stefano ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.L’ Ispettorato del lavoro di Asti-Alessandria ha resistito con controricorso.
6.- Il ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Con il primo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a cri tica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c. , il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 246 c.p.c. per non avere la Corte territoriale ritenuto il teste COGNOME incapace a testimoniare.
Con il secondo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c., il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 421 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto comunque utilizzabili le dichiarazioni rese dal COGNOME.
Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono complessivamente infondati.
La giurisprudenza di legittimità citata dal ricorrente (v. ricorso per cassazione, pp. 4 e 5) esclude l’incapacità a testimoniare quando l’oggettiva natura della violazione commessa non gli permetta di conseguire specifici diritti relativi all’oggetto della causa, come nel caso di omesse comunicazioni obbligatorie relative all’assunzione.
Diversamente, nel presente giudizio si discute della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e della sua regolarizzazione, tema per il quale il dipendente al quale si riferisce la questione ha senza dubbio un interesse che lo legittimerebbe a partecipare al giudizio. Quindi per lui sussiste l’incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c. (Cass. n. 7835/2000).
Tuttavia, ciò non esclude che il giudice, avvalendosi dei poteri conferitigli dall’art. 421 c.p.c., possa interrogarlo liberamente sui fatti di causa e trarre dalle sue risposte utili elementi di convincimento, da valutare unitamente ad altre risultanze istruttorie (Cass. n. 12729/2006; Cass. n. 14197/2010; Cass. n. 1256/2016; Cass. ord. n. 22074/2018).
Il convincimento dei giudici d’appello si è formato non soltanto su lle dichiarazioni del teste COGNOME, bensì anche sulle dichiarazioni rese dallo stesso COGNOME in sede ispettiva, ritenute ancora più significative e dimostrative dell’assunto dell’Ispettorato. Trattasi di apprezzamento degli elementi istruttori, riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, laddove -come nella specie -adeguatamente ed esaurientemente motivato.
Dunque, poiché vi è stata una valutazione globale, anche delle dichiarazioni del sig. COGNOME ai sensi dell’art. 421 c.p.c., in conformità al l’insegnamento di questa Corte, i motivi scrutinati non ne inficiano la correttezza decisoria.
2.- Con il terzo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c. , il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2734 c.c. per aver e la Corte territoriale ravvisato una confessione nelle dichiarazioni del Vigetti in sede ispettiva.
Il motivo è infondato.
Contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte territoriale non ha affatto qualificato e considerato quelle dichiarazioni come confessione, perché se ciò avesse fatto avrebbe immediatamente deciso la controversia in considerazione del valore di prova legale che la confessione ha nel nostro ordinamento. Invece i giudici d’appello hanno liberamente valutato quelle dichiarazioni, ponendole a confronto con quelle del sig. COGNOME ed esprimendo un determinato e complessivo convincimento circa la coerenza interna di quelle dichiarazioni rispetto alla data dell’intervento del N .A.S. Tutte queste operazioni valutative sono tipiche delle prove cc.dd. libere, ossia rimesse al libero ma prudente apprezzamento del giudice di merito, sicché la denunziata violazione o falsa applicazione della norma sulla confessione non sussiste.
L’ulteriore censura del ricorrente secondo cui le sue dichiarazioni rese in sede ispettiva andrebbero lette nella loro portata complessiva -è inammissibile, perché sollecita a questa Corte un nuovo apprezzamento di quell’elemento istruttorio, riservato invece al giudice di merito.
3.- Con il quarto motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c. , il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 116, co. 1, c.p.c. per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza di una collaborazione occasionale nel periodo al quale si riferiscono le ordinanze ingiunzioni.
Il motivo è inammissibile, perché sollecita a questa Corte un nuovo apprezzamento degli elementi istruttori acquisiti nel primo grado di giudizio, riservato invece al giudice di merito.
4.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data