Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23695 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 23695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29675/2020 R.G. proposto da:
I COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME -domicilio digitale alla PEC: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME (domicilio digitale alle PEC: EMAIL e EMAIL-controricorrente- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2423/2020 depositata il 15/09/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME nonché le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME e quelle dell’avv. NOME COGNOME per la società ricorrente e dell’avv. NOME COGNOME in delega orale dell’avv. NOME COGNOME per la società controricorrente.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avevano concluso in data 29.8.2007 un accordo commerciale avente ad oggetto la fornitura da parte della seconda alla prima
di prodotti ortofrutticoli; tra le due società era insorto un contenzioso, agito da RAGIONE_SOCIALE che aveva introdotto il giudizio chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni subiti per il grave inadempimento della controparte; RAGIONE_SOCIALE si era costituita richiedendo in via riconvenzionale il pagamento di fatture rimaste inevase; RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto di conseguenza l’accertamento dell’insussistenza del credito residuo nella misura di € 109.454,17 perché estinto per compensazione con il pari controcredito vantato dalla società per fornitura di merce. L’oggetto del contendere, già limitato in primo grado per la rinuncia alla domanda di risoluzione contrattuale, si era concentrato in sede di impugnazione sulla valutazione della sola domanda di accertamento di insussistenza del credito di € 109.454,17 preteso da RAGIONE_SOCIALE che aveva contestato la sentenza del Tribunale di Bologna solo in relazione all’accoglimento della stessa a favore di RAGIONE_SOCIALE La Corte d’Appello di Bologna aveva respinto il gravame per le seguenti considerazioni: -la merce oggetto dei DDT n.1413-1417 e 1478 risultava essere stata regolarmente consegnata dal vettore a RAGIONE_SOCIALE e non risultava essere stata pagata; il Tribunale aveva stabilito l’infondatezza delle contestazioni mosse dalla società convenuta appellante in ordine alla conformità delle copie dei DDT richiamate, prodotte da RAGIONE_SOCIALE, agli originali, rilevando come le imprecisioni evidenziate nella loro compilazione, ‘ tra le quali l’indicazione del nominativo del vettore (RAGIONE_SOCIALE invece che RAGIONE_SOCIALE) ‘ fossero ‘ comunque inidonee ad escludere la loro efficacia probatoria ‘; -in particolare, le contestazioni operate nella memoria ex art.183 co 6 n.3 c.p.c. a fronte della produzione delle copie dei DDT effettuata da RAGIONE_SOCIALE nella memoria ex art.183 co 6 n.2 c.p.c. erano state le seguenti: quanto al DDT n.1413, si indicava per il camion che avrebbe trasportato la merce una targa che non era riferibile ad alcuno dei mezzi di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE; quanto al DDT n.1417, il trasporto risultava essere stato effettuato con una vettura di proprietà privata e la data del ritiro della merce era stata indicata con mezzi manuali, a differenza che negli altri casi; quanto al DDT n.1478, era inverosimile che la merce fosse stata caricata in data 8.11.2008 perché si trattava di un sabato e quindi di un giorno in cui era preclusa la circolazione dei mezzi pesanti; le critiche dell’appellante non erano fondate per plurimi motivi: il disconoscimento della conformità delle copie fotografiche o fotostatiche all’originale doveva avvenire in modo formale e specifico ed onerava in tal caso la controparte alla produzione dell’originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche aliunde ; nel caso in esame il Tribunale, pur non avendo ordinato la produzione degli originali, aveva accertato comunque la utilità delle copie prodotte non tanto in ordine alla loro conformità agli originali quanto piuttosto in relazione alla funzione giuridica dei documenti contestati, destinati a dimostrare l’avvenuta consegna della merce, perché l’errore nel DDT n.1413 era evidentemente solo
materiale e quindi irrilevante quanto all’indicazione del trasportatore e quanto alla targa, così come il rilievo sollevato in ordine al DDT n.1417 era pure irrilevante giuridicamente quanto all’indicazione della data del ritiro dei beni a mano; quanto al DDT n.1478, il divieto di circolazione dei mezzi pesanti nella giornata di sabato trovava una deroga per il trasporto di merci deperibili, quali erano da considerare i prodotti agroalimentari; inoltre RAGIONE_SOCIALE aveva contestato la consegna della merce risultante dai DDT esaminati solo dopo otto mesi dal ricevimento della fattura n.1495/2008, relativa anche ad altra merce; -non era vero che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dedotto di aver adempiuto l’obbligazione con effetto liberatorio attraverso la consegna al vettore, perché ‘ a fronte della contestazione mossa per la prima volta dall’appellante con le note del 14/7/2009 circa la mancata consegna della merce, ha al contrario ribadito che la merce era stata consegnata, stigmatizzando con la risposta del 5.8.2009 … <l'inutile e fuorviante espediente del ritenere <> una <> parte della merce di cui alla ns. fattura n.1495/08>’ ; -a fronte della necessità di una contestazione circostanziata e non affidata a sole clausole di stile delle difformità tra le copie e gli originali, proprio gli asseriti aspetti di difformità delle copie di DDT contestate agli originali nel caso di specie non convincevano ed appariva invece da considerare correttamente provata la consegna della merce all’acquirente.
Contro la sentenza della Corte d’Appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a otto motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso
All’udienza pubblica dell’8.5.2025, udite la relazione del Consigliere relatore, le considerazioni del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME e le difese dell’avv. NOME COGNOME per la società ricorrente e dell’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per delega orale, per la società resistente, all’esito della camera di consiglio la Corte decide come segue.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 99, 112, 163 e 183 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE si era doluta in appello del fatto che il Giudice di primo grado avrebbe d’ufficio applicato l’art.1510 co 2 c.c., norma alla quale la controparte non avrebbe mai fatto riferimento nell’atto introduttivo e nelle memorie ex art.183 c.p.c., limitandosi a produrre le copie dei DDT n.1413, 1417 e 1478 con la memoria ex art.183 co 6 n.2 c.p.c.; sulla prospettata violazione dei principi enucleabili dall’art.112 c.p.c. la Corte d’Appello di Bologna non si sarebbe pronunciata, violando a propria volta gli artt.99, 163 e 183 c.p.c. I Giudici di merito avrebbero
inammissibilmente supplito all’inadeguatezza dell’onere di allegazione a carico dell’attrice attingendo d’ufficio ai documenti probatori prodotti, nonostante fossero già maturate le preclusioni sulla formazione del thema decidendum .
Con il secondo motivo di critica la società ricorrente afferma l’intervenuta violazione e falsa applicazione dell’art.1510 co 2 c.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.
Nella fattispecie regolata dalla norma sostanziale richiamata, la figura del vettore sarebbe centrale e, nel caso di specie, RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dedotto l’intervenuta consegna ad un vettore, tantomeno ad un vettore individuato.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché connessi.
RAGIONE_SOCIALE ha sempre affermato nelle difese svolte di essere creditrice nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per la fornitura dei prodotti di cui alla fattura n.1495/2008, comprendenti anche quelli di cui ai DDT n.1413, 1417 e 1478, di cui assumeva quindi l’avvenuta consegna.
Appare irrilevante che la società resistente abbia o meno specificamente fatto riferimento al disposto dell’art.1510 co 2 c.c. e/o abbia espressamente allegato la concreta effettuazione della consegna della merce con la dazione della stessa al trasportatore. L’art.1510 c.c. fa parte delle norme dettate per disciplinare la vendita di cose mobili e individua ‘ salvo patto o uso contrario ‘ il luogo della consegna della cosa dal cedente all’acquirente prevedendo, al comma 2, l’ipotesi in cui la merce ceduta debba essere trasportata, come nel caso di specie, da un luogo all’altro. In sostanza, in materia di vendita mobiliare relativa a ‘… beni mobili da trasportare da un luogo all’altro ‘ il credito del venditore ‘ può essere provato con la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere, perché è in quel momento, ai sensi dell’art. 1510 c.c., che si trasferisce all’acquirente – salvo patto contrario – la proprietà dei beni medesimi ‘ -così Cass. n.19719/2020 che, pur essendo stata pronunciata nell’ambito dell’accertamento del passivo di un fallimento, deriva il principio enunciato dalla disciplina della vendita di cosa mobile ove è collocato l’art.1510 c.c. Nella motivazione la Corte richiama il proprio consolidato orientamento per cui «in tema di vendita di cose mobili da trasportare da un luogo all’altro, con la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere il venditore trasferisce all’acquirente – salvo patto contrario – la proprietà dei beni medesimi » (Cass. 13377/2018; cfr. Cass. 16961/2014, 2817/1999) …’ -.
L’utilizzo da parte dei Giudici di merito del disposto dell’art.1510 co 2 c.c. rientra pertanto nell’attività di interpretazione della domanda, di qualificazione giuridica della stessa e di identificazione correlata delle disposizioni normative applicabili che è loro propria e, in assenza di contestazioni sul fatto che la merce oggetto di controversia dovesse essere effettivamente trasportata dalla sede del venditore a quella dell’acquirente, non sono teorizzabili né violazioni degli artt. 99 e 112 c.p.c. –
non sono stati violati né il principio della domanda né quello di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato trattandosi, appunto, dell’identificazione delle norme utilizzabili per l’inquadramento e la corretta valutazione della domanda effettivamente proposta da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE per escludere l’esistenza attuale del credito della controparte che si assume estinto per compensazione-, né violazioni al disposto degli artt.163 e 183 c.p.c. per l’ipotetico utilizzo di circostanze di fatto non allegate tempestivamente dalle parti -il concreto intervento del fatto costitutivo consistente nella consegna della merce in contestazione è stato fin dall’inizio il presupposto del sorgere del credito che RAGIONE_SOCIALE ha inteso porre in compensazione con parte del credito di RAGIONE_SOCIALE e, rispetto ad essa, la produzione dei DDT n.1413, 1417 e 1478 non appare integrativa di fatti mai allegati prima ma supporto probatorio (attraverso la prova dei fatti secondari attraverso i quali la consegna è stata in concreto effettuata -peraltro secondo criteri di normalità-) delle circostanze poste a fondamento della domanda di accertamento negativo dell’attualità della parte di credito di RAGIONE_SOCIALE affermato estinto per compensazione-.
RAGIONE_SOCIALE lamenta pure che, anche applicando il disposto dell’art.1510 c.c., non sarebbe identificato e/o identificabile il vettore o lo spedizioniere, come invece sarebbe necessario perché la consegna ad esso possa sortire effetto liberatorio per il venditore cfr., per tutte, Cass. n.10343/2014, secondo la quale ‘ Nella vendita di cosa da trasportare, la liberazione del venditore dall’obbligo di consegna, ai sensi dell’art. 1510, secondo comma, cod. civ., presuppone che il vettore, cui la cosa è rimessa, sia identificabile ‘ -: questo perché, come sopra evidenziato, RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai affermato di aver consegnato la merce al vettore né avrebbe mai fatto riferimento ad esso opportunamente identificandolo.
La critica non è condivisibile perché, una volta escluso che fosse necessario l’espresso riferimento all’operatività dell’art.1510 co 2 c.c. e alla luce delle considerazioni sopra svolte, i DDT prodotti potevano legittimamente essere utilizzati come elementi di prova documentale anche ai fini dell’identificazione del vettore -purché effettuabile univocamente: la Corte d’Appello ha specificamente esaminato tutti i rilievi sollevati in proposito da RAGIONE_SOCIALE, ritenendoli irrilevanti sulla base di argomentazioni coerenti e prive di contraddittorietà che non possono essere rimesse in discussione in questa sede di legittimità nemmeno nell’ambito del disposto dell’art.360 co 1 n.5 c.p.c. essendo la pronuncia della Corte d’Appello conforme a quella del Tribunale-.
Esclusa quindi l’esistenza di problemi di identificazione del vettore sulla base dei DDT n.1413, 1417 e 1478, la questione si sposta sulla utilizzabilità, e in che limiti, dei documenti indicati in ambito probatorio, pure sottoposta a critica dalla società ricorrente attraverso i motivi che si esamineranno di seguito.
Con il terzo motivo RAGIONE_SOCIALE si duole della violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c
La Corte di merito avrebbe ritenuto provata la consegna della merce in ragione di documenti di trasporto non sottoscritti dal destinatario, senza considerare che essi, da qualificare come scritture provenienti da un terzo -il vettore che ha sottoscritto la presa in carico della merce-, avrebbero solo valenza indiziaria e non potrebbero soddisfare l’onere probatorio a carico del mittente in ordine alla consegna.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697 e 2712 c.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
La società ricorrente avrebbe tempestivamente e specificamente disconosciuto i DDT prodotti dalla controparte; di conseguenza la sentenza impugnata avrebbe dovuto prendere doverosamente atto della non rispondenza della realtà fattuale alla realtà riprodotta e avrebbe dovuto degradare anche per questo le riproduzioni in atti da mezzo di prova a mero elemento di prova di cui, al limite, avrebbe potuto apprezzare l’efficacia rappresentativa facendo ricorso ad altri elementi di prova in conformità all’art.2712 c.c.; la Corte d’Appello avrebbe invece valutato le censure a fondamento del disconoscimento non in ordine alla conformità ma in ordine alla funzione dei DDT che sarebbe quella di provare la consegna, con espressione tautologica che svuoterebbe il dettato dell’art.2712 c.c. e produrrebbe violazione dell’art.2697 c.c.
Con il quinto motivo si prospetta la violazione ad opera della Corte d’Appello di Bologna degli artt. 2697 e 2719 c.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
Ciò sia perché la Corte di merito non si sarebbe occupata di accertare la conformità delle copie agli originali, sia perché non avrebbe valutato altri elementi di prova ma si sarebbe fondata per la decisione sugli stessi documenti disconosciuti.
Pure i tre motivi di ricorso sopra sintetizzati debbono essere trattati unitariamente, perché rappresentano profili diversi dell’unica contestazione riguardante la valenza probatoria attribuita dalla Corte di merito ai DDT n.1413, 1417 e 1478 ai fini della dimostrazione dell’esistenza ed entità del credito di RAGIONE_SOCIALE portato in compensazione parziale con il maggior credito di RAGIONE_SOCIALE
Riassumendo: RAGIONE_SOCIALE, dopo aver affermato di vantare un credito da portare in compensazione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per la vendita di prodotti alimentari rientranti nell’ambito della fattura n. 1495/2008, il cui prezzo non le era stato pagato, ha prodotto con la seconda memoria ex art.183 co 6 n.2 c.p.c. i DDT n.1413, 1417 e 1478 a conferma dell’avvenuta consegna della merce; i DDT risultavano sottoscritti dal trasportatore al quale RAGIONE_SOCIALE li aveva affidati ma non portavano la firma della società destinataria; con la memoria ex art.183 co 6 n.3 c.p.c., immediatamente successiva alla produzione documentale, RAGIONE_SOCIALE ha disconosciuto la conformità agli originali dei DDT prodotti ed ha altresì affermato di non aver mai ricevuto la merce in esse indicata.
Ora, sia considerando che i DDT di cui si discute non risultano sottoscritti dalla destinataria ma dal solo trasportatore, sia considerando che il disconoscimento operato da RAGIONE_SOCIALE ha riguardato la conformità delle copie prodotte in giudizio a originali di cui si contesta anche l’esistenza -, si deve escludere che i documenti di cui si discute abbiano perso/perdano qualsiasi valenza probatoria a seguito delle contestazione della ricorrente: in entrambi i casi essi dovranno essere considerati come elementi indiziari idonei a fondare positivamente l’avvenuta consegna se adeguatamente supportati nell’ambito di un contesto complessivo utile per sorreggere un ragionamento presuntivo in tal senso.
Sotto il primo profilo, infatti, nel processo civile le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, senza necessità di ricorrere alla disciplina prevista in tema di querela di falso o disconoscimento di scrittura privata non applicandosi alle stesse ‘ né la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all’art. 214 c.p.c.’ , atteso che ‘esse costituiscono prove atipiche, il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice, unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo’ (così Cass. n.38805/2021, in motivazione, che richiama le seguenti pronunce: Cass. 9.3.2020, n. 6650; Cass. sez. lav. 30.11.2010, n. 24208; Cass. 31.10.2014, n. 23155; Cass. 27.11.1998, n. 12066; Cassazione civile sez. II, 07/10/2020, n.21554; Sezioni Unite n. 15169 del 2020).
Sotto il secondo profilo, ancora, ‘In tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni’ . (così Cass. n.1324/2022;in senso analogo cfr. anche Cass. n.26200/2024).
In ogni caso, quindi, i Giudici di merito ben potevano utilizzare legittimamente, nell’ambito delle valutazioni istruttorie di competenza, i DDT n.1413, 1417 e 1478 oggetto di contestazione quali indizi utili ai fini di un ragionamento presuntivo volto ad affermare l’avvenuta consegna delle merci alle quali si riferivano: ciò dando conto degli elementi afferenti al contenuto dei documenti, evidenziati come di criticità ad opera della società prospettata quale destinataria della merce, ed esaminando gli stessi nell’ambito del complessivo contesto probatorio emergente dagli atti del processo.
In concreto, la Corte d’Appello di Bologna -e prima il Tribunale- ha tenuto adeguato conto delle critiche sollevate dalla ricorrente per mettere in dubbio non solo la conformità agli originali ma anche la coerenza intrinseca dei DDT richiamati, rispondendo in modo puntuale ad ognuna di esse considerate all’esito inconsistenti -, ed ha valutato le emergenze dei documenti in esame in un contesto indiziario che non ha considerato solo i documenti di trasporto ma anche altri elementi indiziari, quali il tempo trascorso tra la data della fattura contenente anche il riferimento al pagamento della merce di cui ai documenti di trasporto n.1413, 1417 e 1478 e la prima contestazione in ordine all’effettiva ricezione della merce stessa, successiva di otto mesi, e l’andamento normale del proseguire dei rapporti commerciali tra le parti nel periodo successivo all’emissione della fattura sopra richiamata.
La coerenza logica del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello per supportare la gravità, precisione e concordanza implicitamente attribuita all’insieme dei diversi elementi indiziari -effettivamente tali perché consistenti in elementi di fatto da soli non significativivalorizzati nel loro complesso, esclude la riscontrabilità di violazioni di legge rilevanti ex art.360 co 1 n.3 c.p.c. e sposta la rivalutazione sostanzialmente auspicata dalla ricorrente nell’ambito dell’interpretazione e valorizzazione degli elementi di prova, preclusa in sede di legittimità perché meritale.
Rimane assorbita ogni ulteriore considerazione sull’idoneità del disconoscimento operato da RAGIONE_SOCIALE, in concreto data per presupposta nelle considerazioni svolte -cfr. in ogni caso, sul punto, Cass. n.27633/2018-, con una sola precisazione: la Corte di merito non ha sottolineato tanto il fatto della genericità dei rilievi di difformità delle copie rispetto agli originali (e quindi la ritualità del disconoscimento), quanto il fatto che detti rilievi non apparivano convincenti, operando comunque una verifica probatoria che ha tenuto conto della significatività istruttoria limitata dei documenti in contestazione, circoscrivendone la valenza nell’ambito meramente indiziario e giungendo alla conclusione favorevole ad RAGIONE_SOCIALE all’esito del percorso logico sopra esaminato.
6. Con il sesto motivo RAGIONE_SOCIALE afferma la violazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
La Corte d’Appello non si sarebbe pronunciata sulla censura svolta in sede di appello contro la sentenza di primo grado, volta ad evidenziare le conseguenze della scelta della controparte di non produrre gli originali dei DDT disconosciuti senza addurre alcuna valida giustificazione.
Il motivo è infondato.
Già sulla base della prospettazione del motivo operata dalla ricorrente è esclusa nel caso di specie anche solo l’ipotizzabilità della violazione dell’art.112 c.p.c., che si determina quando venga omessa la pronuncia sulle domande od eccezioni proposte –
cfr. ancora di recente Cass. n.27551/2024, che ha ribadito come ‘In tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ -.
Quanto ai diversi profili delle prospettazioni difensive delle parti non è necessaria una risposta specifica per ognuno di essi, ben potendo essere la valutazione di irrilevanza o di rigetto implicita ed enucleabile chiaramente dal contesto della motivazione che dia conto in modo effettivo, logico e non contraddittorio della decisione finale: in sostanza, in assenza di vizi rilevabili come assenza o apparenza o contraddittorietà irriducibile della motivazione e in assenza di omissioni riconducibili al disposto dell’art.360 n.5 c.p.c. -nemmeno applicabile nel caso di specie essendo conformi le decisioni di merito, ex art.348 ter co 4 e 5 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis )- non è configurabile alcun vizio rilevante in sede di legittimità per il preteso mancato esame specifico di tutti i rilievi sollevati dalle parti.
La Corte d’Appello di Bologna non aveva, del resto, alcuna necessità di spiegare perché non aveva ritenuto di valorizzare, in linea con quanto già aveva fatto il Tribunale di Bologna, la mancata produzione degli originali dei DDT contestati da parte di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, avendo dato atto della non operatività del disposto degli art.214 e s. c.p.c. e, quindi, della possibilità -in concreto attuata- di operare comunque l’accertamento della conformità delle copie versate in atti attraverso l’accertamento, con l’utilizzo di tutto il materiale istruttorio acquisito, dell’infondatezza delle censure e delle contestazioni mosse ai DDT da RAGIONE_SOCIALE
7. Con il settimo motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli art.115, 116 e 214 e s. c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.
La Corte avrebbe erroneamente affermato che il Tribunale non avrebbe ordinato il deposito degli originali dei documenti disconosciuti, attribuendo così al primo Giudice un potere che non avrebbe comunque avuto: la mancata produzione ad opera della parte onerata, non necessitante di alcun ordine del Giudice, implicherebbe la volontà di questa di non volersi avvalere del mezzo di prova.
Il motivo è inconferente.
Se pure si può concordare sul fatto che, non essendo essi oggetto di verificazione, il deposito degli originali dei DDT contestati non doveva essere consequenziale ad un ordine del Giudice, essendo detto deposito rimesso alla valutazione e alla scelta della parte interessata nello svolgimento delle proprie prerogative di difesa, non si vede come, in concreto, la questione possa avere una qualche rilevanza: la Corte di merito non ha motivato ritenendo giustificata la mancata produzione degli originali per l’assenza dell’ordine del Giudice ma ha fondato la decisione sull’effettività delle consegne di merce dagli stessi documenti attestate attraverso la valorizzazione di una serie di elementi indiziari, anche legittimamente (per quanto sopra detto) desunti dalle copie prodotte, ritenuti idonei a supportare il ragionamento presuntivo in tal senso si richiama la motivazione della sentenza che, a pag.9, precisa come ‘ sono proprio gli asseriti aspetti di difformità rispetto agli originali delle copie dei DDT contestati, …, a non convincere ‘ -.
Con l’ottavo motivo la società ricorrente prospetta la violazione degli at.2697, 2709 e 2734 c.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
La Corte non avrebbe tenuto conto del fatto che il vigente ordinamento non fissa un termine entro il quale contestare le fatture e che in ogni caso chi agisce in giudizio per far valere un credito deve dimostrarne gli elementi costitutivi.
Anche questo motivo di ricorso è inconferente.
La Corte d’Appello non ha affermato l’esistenza di termini entro cui contestare le fatture e/o le pretese creditorie altrui ma, esplicitando il potere di interpretazione e valutazione degli elementi istruttori proprio del Giudice di merito, si è limitata a valorizzare una circostanza di fatto, e cioè il trascorrere di otto mesi dalla ricezione della fattura contenente la richiesta di pagamento anche del corrispettivo per le merci consegnate con i DDT n.1413, 1417 e 1478 prima della contestazione della mancata consegna di dette merci, nell’ambito della normale prosecuzione dei rapporti commerciali tra le parti.
Con il nono motivo si contesta anche la pronuncia di condanna alle spese processuali, affermando che l’accoglimento del ricorso per cassazione dovrà travolgere anche questa per il venir meno della soccombenza.
Quello in esame non è un reale motivo di ricorso, perché con esso la società ricorrente si limita a richiedere la considerazione della ricaduta dell’auspicato accoglimento del ricorso per cassazione proposto sulle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
Il rigetto degli altri motivi di ricorso, comportante la conferma della composizione della lite nei termini proposti dalla corte d’Appello di Bologna, esclude la possibilità di una ridefinizione delle spese processuali dei gradi di merito in assenza di critiche specifiche riguardanti la relativa pronuncia, inquadrabili in una delle ipotesi di cui all’art.360 co 1 c.p.c.
In conclusione, il ricorso proposto deve essere integralmente respinto, con condanna di RAGIONE_SOCIALE, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 8