Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1271 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25450/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso da sé medesimo,
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME in proprio e quale procuratore generale di COGNOME NOME COGNOME per procura generale per atto del notaio COGNOME in Napoli del 22.2.2021, rep. n. 18585, racc. n.11577, e quale erede testamentario di NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura a margine del controricorso, -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n.1263/2022 depositata il 29.3.2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.1.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 24.5.2010, per quanto ancora rileva, l’avvocato NOME COGNOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli NOME NOME, NOME e COGNOME NOMECOGNOME per ottenerne la condanna al pagamento dei compensi professionali maturati per averli patrocinati in cause civili davanti ai Tribunali di Napoli e di Salerno, alla Corte d’Appello di Napoli e come controricorrenti in un giudizio di cassazione, per complessivi €35.666,00 oltre accessori.
Si costituivano in primo grado NOME Alfredo, NOME e COGNOME NOME, che eccepivano l’inammissibilità della domanda per il precedente giudicato formatosi nel procedimento promosso dal medesimo legale ex art. 28 L. n. 793/1942 per le stesse spettanze, e chiedevano comunque il rigetto delle pretese del legale sostenendo di avere pagato le prestazioni previste nei preavvisi di parcella loro inviati, come risultante dalla quietanza a saldo sottoscritta dall’avv. COGNOME datata 21.3.2006, in conformità all’accordo sul compenso raggiunto, che escludeva l’applicabilità dei parametri tariffari forensi.
In via riconvenzionale i convenuti chiedevano la condanna dell’avv. COGNOME al risarcimento dei danni subiti, quantificati in €200.000,00, per colpa professionale.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 6784/2013 del 27.5.2013, accoglieva parzialmente le domande dell’avv. COGNOME, condannando in solido NOME e COGNOME NOME al pagamento della somma di € 8.408,72 oltre accessori, NOME al pagamento della somma di € 6.586,13 oltre accessori, ed il solo NOME al pagamento della somma di € 6.523,00 oltre accessori, rigettava la riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale, e condannava i convenuti in solido al pagamento per intero delle spese processuali in favore dell’avv. COGNOME, liquidate in base alla tariffa media del D.M. n. 140/2012, tenendo conto della domanda di pagamento nella misura accolta e del valore della riconvenzionale respinta, in €11.000,00 per compensi, oltre accessori, poi maggiorata, a seguito di correzione di errore materiale, del rimborso spese generali del 12,50%.
Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello i summenzionati convenuti, che prestavano acquiescenza al capo della sentenza che aveva rigettato la loro riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale dell’avv. COGNOME dolendosi del fatto che il primo giudice avesse ritenuto non contestato il quantum debeatur, laddove essi avevano espressamente indicato come satisfattiva la somma già versata all’avv. COGNOME in base alla quietanza dallo stesso sottoscritta il 21.3.2006, del fatto che dal credito professionale riconosciuto non era stato scomputato l’acconto versato di € 2.000,00, risultante dalla citata quietanza, e dell’eccessività delle spese processuali liquidate a conclusione del giudizio di primo grado.
La Corte d’Appello di Napoli, nella resistenza dell’avv. COGNOME, con la sentenza n. 1263/2022 del 17/29.3.2022, accoglieva solo
uno dei sei motivi di appello, quello relativo alla mancata decurtazione dal compenso dovuto dell’acconto già versato al professionista di € 2.000,00, ritenendo assorbito il sesto motivo sull’eccessività delle spese processuali liquidate, ed in ragione di tale limitato accoglimento dell’impugnazione e dell’accoglimento solo parziale delle domande originarie dell’avv. COGNOME in relazione alla previsione dell’art. 5 comma 1 del D.M. n. 55/2014, in base all’esito finale della lite, compensava le spese processuali per 1/3, ed applicati i valori tabellari medi del D.M. n. 55/2014 per lo scaglione relativo alle cause di valore compreso tra € 5.200,00 ed € 26.000,00 , ed esclusa solo la voce istruttoria per il giudizio di appello, condannava gli appellanti in solido al pagamento in favore dell’avv. COGNOME dei residui 2/3 delle spese processuali, liquidati per il primo grado in € 144,68 per esborsi ed € 3.223,33 per compensi, oltre accessori e rimborso spese generali del 15%, e per il secondo grado in € 2.518,00 per compensi, oltre accessori e rimborso spese generali del 15%.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto tempestivo ricorso COGNOME NOME, affidandosi a due motivi, ed ha resistito con controricorso NOME in proprio, quale procuratore generale di COGNOME NOME e quale erede testamentario di NOME deceduto nelle more.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. l’omessa considerazione, ai fini della liquidazione delle spese processuali del giudizio di primo grado, del fatto decisivo che in quel grado era stata rigettata dal Tribunale di Napoli la domanda riconvenzionale di risarcimento danni per colpa
professionale dell’avvocato NOME COGNOME per € 200.000,00 avanzata da NOME, NOME e COGNOME NOME, poi non più riproposta dagli appellanti, per cui il valore della causa di primo grado andava determinato cumulando il valore della riconvenzionale respinta a quello delle domande del COGNOME nella misura in cui erano state accolte, e quindi in complessivi €221.517,85, con conseguente applicazione del corrispondente scaglione del D.M. n. 140/2012 per l’importo medio delle quattro voci (studio, introduttiva, istruttoria e decisione), e non dello scaglione per le cause da € 5.200,00 ad € 26.000,00 del D.M. n.55/2014 che era stato applicato, ferma restando la disposta compensazione per 1/3.
Si duole ulteriormente il ricorrente che la Corte d’Appello, liquidando in suo favore, ed a carico degli originari convenuti in solido, per il giudizio di primo grado, i 2/3 dei compensi delle spese processuali non compensate in €3.233,33 oltre accessori, tenendo conto solo, ai sensi dell’art. 5 comma 1° del D.M. n.55/2014, delle domande di parte attrice parzialmente accolte (per € 21.517,85) e non del valore (€ 200.000,00) della domanda riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale respinta, abbia violato gli articoli 36 c.p.c., che stabilisce che si debba tener conto del valore della riconvenzionale ai fini della competenza per valore implicandone quindi la considerazione cumulativa col valore della domanda principale, e 91 c.p.c., che stabilisce che debba essere condannata alle spese processuali la parte soccombente, da individuarsi negli originari convenuti anche per la riconvenzionale, mentre applicando il corretto scaglione del D.M. n. 140/2012 avrebbe dovuto liquidare l’importo medio per le quattro voci di €12.200,00, riducendolo poi di 1/3 per la disposta parziale compensazione.
Richiama poi il ricorrente la sentenza di questa Corte n. 2769/2020, secondo la quale il giudice, nella determinazione dei
compensi deve fare riferimento all’intero valore della causa, risultante anche dal valore della domanda riconvenzionale, che richiede lo svolgimento di un’ulteriore attività difensiva.
Va anzitutto rilevata l’infondatezza della tesi dei controricorrenti, secondo la quale, per poter far valere l’indicato motivo d’impugnazione, l’avv. COGNOME avrebbe dovuto proporre appello incidentale, in quanto poiché il Tribunale di Napoli, in primo grado, aveva liquidato in suo favore il compenso di €11.000,00, oltre accessori, applicando nella misura media per le quattro voci la tariffa forense vigente alla conclusione del giudizio di primo grado del D.M. n.140/2012, facendo implicito riferimento allo scaglione corrispondente al cumulo del valore delle domande di parte attrice nella misura accolta (€21.517,85) e della riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale (€ 200.000,00), l’avv. COGNOME non aveva alcun interesse ad impugnare la statuizione del giudice di primo grado sulle spese processuali perché totalmente vittorioso, essendo sufficiente la sua richiesta di rigetto dell’avverso appello, e solo dalla pronuncia sul punto adottata dalla Corte d’Appello di Napoli é sorto l’interesse del COGNOME ad impugnare.
Il richiamo del ricorrente alla violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. é inammissibile, in quanto l’impugnata sentenza non ha omesso di considerare per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di primo grado il valore di tale causa, facendo però riferimento solo all’importo della condanna emessa dal Tribunale di Napoli (€ 21.517,85), e non anche a quello della riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale degli originari convenuti, rigettata dal Tribunale e non più riproposta in appello (€200.000,00), ed utilizzando quindi per il calcolo dei valori medi delle quattro voci (studio, introduttiva, istruttoria e decisione) lo scaglione delle cause da €5.200,00 ad € 26.000,00, anziché delle
cause da € 52.000,00 ad € 260.000,00, peraltro del D.M. n.55/2014, anziché del D.M. n. 140/2012.
Il ricorrente, però, con le argomentazioni fatte valere ha anche lamentato implicitamente, al di là dell’errata rubrica, la violazione dell’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c. in relazione agli articoli 36 e 91 c.p.c. ed al D.M. n.140/2012, e tale doglianza é fondata.
Anzitutto, infatti, ha errato la sentenza impugnata nel ritenere applicabile il D.M. n. 55/2014 alla liquidazione dei compensi del giudizio di primo grado, conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli n. 6784/2013 del 27.5.2013, e quindi prima dell’entrata in vigore di quel decreto, dovendo quindi trovare applicazione, come richiesto dal ricorrente, l’antecedente D.M. n. 140/2012, sotto la cui vigenza si é esaurita l’attività difensiva svolta dall’avv. COGNOME nel giudizio di primo grado.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, ai fini della liquidazione delle spese processuali, occorre avere riguardo alla disciplina vigente alla data di definizione del giudizio, ancorché la prestazione professionale dell’avvocato abbia avuto inizio e si sia in parte svolta sotto la vigenza della precedente regolamentazione (Cass. ord. 21.8.2024 n. 23016; Cass. 2.7.2015 n. 13628; Cass. sez. un. 12.10. 2012 n. 17405) e qualora il giudizio di primo grado si sia concluso prima dell’entrata in vigore del D.M. n.55 del 2014, non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado.
In secondo luogo la Corte d’Appello, applicando per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di primo grado lo scaglione per le cause di valore compreso tra € 5.200,00 ad € 26.000,00 del D.M. n. 55/2014, non solo non ha applicato le tariffe del D.M. n.140/2012, che era vigente al momento della conclusione del suddetto giudizio, ma ha violato anche il principio per il quale, nell’individuazione dello scaglione per la liquidazione dei compensi
dell’attività difensiva a carico della parte soccombente, occorre fare riferimento all’intero valore della controversia (sia pure con la limitazione alla misura dell’accoglimento per le domande solo parzialmente accolte ex art. 5 del D.M. n. 140/2012), applicando lo stesso criterio del cumulo del valore delle domande principali e riconvenzionali che opera in materia di competenza, in quanto l’esistenza della riconvenzionale avente un oggetto diverso dalla domanda principale amplia il thema decidendum rendendo necessarie attività difensive ulteriori.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, ” Nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali, la cui proposizione, ove sia diretta all’attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell’attività difensiva ” (vedi Cass. 6.2.2020 n. 2769; Cass. 29.11.2018 n. 30840; Cass. 3.7.1991 n. 7275; Cass. 5.7.1974 n. 1948).
Nel caso di specie la riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale, avanzata dagli originari convenuti, ampliava certamente l’oggetto del giudizio rispetto alle domande principali dell’avv. COGNOME, inerenti alla determinazione dei compensi a lui spettanti per avere patrocinato i convenuti in diversi giudizi civili.
Non essendo peraltro necessari ulteriori accertamenti di fatto, in quanto é incontroversa la spettanza per le spese vive al Mercogliano di € 144,68, nonché dei compensi nella misura media per le quattro voci (studio, introduttiva, istruttoria e decisione) del giudizio di primo grado, e non é in contestazione la disposta compensazione per 1/3 delle spese processuali, tenuto conto che il valore della causa cumulando le domande dell’originario attore nella misura accolta ex art. 5 del D.M. n. 140/2012 (€ 21.517,85) e
la riconvenzionale di risarcimento danni per colpa professionale respinta (€ 200.000,00) era pari ad € 221.517,85, ed applicando il D.M. n. 140/2012, vigente alla conclusione del giudizio di primo grado, e lo scaglione per le cause di valore compreso tra €100.001,00 ed € 500.000,00, alla cassazione dell’impugnata sentenza per l’accoglimento del primo motivo può accompagnarsi la decisione nel merito ex art. 384 comma 2° seconda parte c.p.c..
In base ai criteri, allo scaglione del D.M. n. 140/2012, ed agli elementi di fatto sopra indicati, i compensi spettanti all’avv. COGNOME per il giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Napoli andavano quindi liquidati in €3.250,00 per fase di studio, €1.650,00 per fase introduttiva, € 3.250,00 per fase istruttoria ed € 4.050,00 per fase decisoria, per complessivi € 12.200,00, per cui tenendo conto della disposta compensazione per 1/3, gli originari convenuti vanno condannati in solido al pagamento in favore di COGNOME NOME dei residui 2/3 dei compensi del giudizio di primo grado, pari ad €8.133,33, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 12,50%.
2) Col secondo motivo il ricorrente lamenta, sempre in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., la violazione dell’art. 345 comma 2° c.p.c. (divieto di eccezioni nuove in appello), in quanto il pagamento dell’acconto di €2.000,00 non sarebbe stato fatto valere nel giudizio di primo grado, come eccepito nella comparsa di risposta in appello del Mercogliano, e l’omessa considerazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, individuato nella scrittura privata di quietanza dell’avv. Mercogliano del 21.3.2006, dalla quale risulterebbe il versamento di un acconto complessivo di € 2.000,00 a favore del suddetto professionista, in relazione non alla sola causa di appello NOME/Alaia, per la quale risultava richiesta la determinazione giudiziale del compenso, ma anche alle ulteriori cause civili pendenti COGNOME/COGNOME e per la citazione Montera, per cui al più la ricevuta dell’acconto del 21.3.2006 sottoscritta dal
Mercogliano poteva essere riferita ad una delle cause oggetto della richiesta giudiziale di determinazione del compenso per 1/3, ossia solo per € 666,66, e non per il suo intero importo, risultando quindi carente, illogica e travisante il contenuto di quella scrittura la motivazione sul punto addotta dalla Corte d’Appello.
Anzitutto é inammissibile il richiamo alla violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., in quanto non é stato individuato un fatto storico primario, o secondario decisivo oggetto di discussione tra le parti che non sia stato considerato, atteso che la Corte d’Appello ha valutato, anche se non nel modo auspicato dal ricorrente, la scrittura privata di quietanza del 21.3.2006, ritenendo di dovere da essa desumere il pagamento in favore dell’avv. COGNOME da parte dei convenuti di un acconto di € 2.000,00 su compensi oggetto della domanda giudiziale del professionista, e tale valutazione di fatto non é sindacabile in questa sede, tanto più che dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. apportata dall’art. 54 comma 1 lettera b) del D.L. 22.6.2012 n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7.8.2012 n. 134, la motivazione insufficiente, o illogica non é più sindacabile, e non ricorre un’ipotesi di motivazione addirittura inesistente, o meramente apparente.
Per quanto riguarda la doglianza di violazione dell’art. 345 comma 2° c.p.c., é palesemente infondata, in quanto quella di pagamento non é un’eccezione in senso proprio, ma una mera difesa, posto che per giurisprudenza consolidata di questa Corte ” l’avvenuto pagamento, con valenza immediatamente estintiva, non costituisce eccezione in senso proprio, ma integra una mera difesa, della quale il giudice deve tener conto ove la circostanza risulti comunque provata, anche in mancanza di un’espressa richiesta in tal senso” (Cass. 11.11.2022 n. 33368; Cass. ord. 14.7.2017 n.17598; Cass. 14.7.2015 n. 14654; Cass. ord.2.7.2012 n. 11051), sicché essendo stata prodotta dai convenuti, con la comparsa di risposta del
giudizio di primo grado, la scrittura privata di quietanza sottoscritta dall’avv. COGNOME il 21.3.2006, sia pure allo scopo di sostenere che erano stati da loro pagati tutti gli importi pattuiti per i quali avevano ricevuto dal professionista preavvisi di parcella secondo gli accordi verbali che sarebbero intervenuti, e non di ottenere una diminuzione del credito dell’attore calcolato sulla base delle tariffe professionali applicabili, anche il pagamento di €2.000,00 scomputato dal credito del Mercogliano dalla sentenza di secondo grado, sulla base di quella scrittura privata di quietanza, era stato tempestivamente allegato, non essendo necessario sollevare un’eccezione in senso stretto almeno venti giorni prima dell’udienza di prima trattazione del giudizio di primo grado, e non essendo applicabile l’art. 345 comma 2° c.p.c.. In ogni caso il ricorrente assume che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente percepito il contenuto probatorio della scrittura privata di quietanza da lui sottoscritta in data 21.3.2006, dalla quale emergerebbe la ricezione di un acconto di € 2.000,00 da parte dei convenuti a favore dell’avv. COGNOME per tre distinte cause civili (COGNOME/COGNOME; appello NOME/NOME e citazione COGNOME), delle quali solo la seconda rientrante tra quelle oggetto della domanda giudiziale di pagamento dei compensi, e non come affermato dalla Corte d’Appello per il solo appello NOME/NOME, ma tale errore di percezione doveva semmai essere oggetto di ricorso per revocazione ex art. 395 n. 4) c.p.c. davanti alla Corte d’Appello di Napoli.
La prevalente soccombenza dei controricorrenti giustifica la loro condanna in solido al pagamento in favore di Mercogliano Antonio delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, respinge il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, confermata la compensazione per 1/3 delle spese processuali e la liquidazione delle spese vive del giudizio di primo grado, condanna NOME e COGNOME NOME in solido al pagamento in favore di Mercogliano NOME dei 2/3 dei compensi del giudizio di primo grado, liquidati in € 8.133,33, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 12,50%, nonché al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese vive ed € 740,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%.
Così deciso nella camera di consiglio del 10.1.2025