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Valore della controversia: come si calcola con la domanda riconvenzionale?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1271/2025, ha stabilito un principio fondamentale per la liquidazione dei compensi professionali di un avvocato. In caso di domanda riconvenzionale, il valore della controversia si determina sommando il valore della domanda principale (nella misura in cui è accolta) a quello della domanda riconvenzionale. Questo perché la riconvenzionale amplia l’oggetto del giudizio e richiede un’ulteriore attività difensiva. La Corte ha inoltre ribadito che per la liquidazione delle spese si applicano le tariffe vigenti al momento della conclusione dell’attività difensiva di quel grado di giudizio.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Valore della Controversia: la Riconvenzionale Aumenta i Compensi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali su come determinare il valore della controversia ai fini della liquidazione dei compensi legali, specialmente quando nel processo viene presentata una domanda riconvenzionale. Questa decisione sottolinea che la domanda del convenuto, se amplia l’oggetto del contendere, deve essere sommata a quella principale per stabilire il corretto scaglione tariffario, con importanti conseguenze economiche per le parti.

I Fatti di Causa: La Controversia sui Compensi Professionali

Un avvocato citava in giudizio i suoi ex clienti per ottenere il pagamento dei compensi professionali maturati in diverse cause civili. I clienti, costituitisi in giudizio, non solo si opponevano alla richiesta, ma presentavano a loro volta una domanda riconvenzionale, chiedendo un cospicuo risarcimento danni per presunta colpa professionale del legale.

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente le richieste dell’avvocato e rigettava completamente la domanda riconvenzionale dei clienti. Nella liquidazione delle spese processuali, teneva conto del valore cumulato di entrambe le domande.

Successivamente, la Corte d’Appello riformava parzialmente la decisione. In particolare, ai fini della liquidazione delle spese del primo grado, calcolava il valore della controversia basandosi unicamente sull’importo riconosciuto all’avvocato, escludendo il valore, ben più elevato, della domanda riconvenzionale che era stata respinta. Questo portava a una drastica riduzione dei compensi liquidati in favore del legale.

Il Calcolo del Valore della Controversia e la Decisione della Cassazione

L’avvocato ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata determinazione del valore della controversia da parte della Corte d’Appello e l’applicazione di un decreto tariffario sbagliato.

Il Principio del Cumulo tra Domanda e Riconvenzionale

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso, affermando un principio consolidato: ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, si deve tenere conto dell’intero valore della causa. La proposizione di una domanda riconvenzionale, avente un oggetto diverso da quello della domanda principale, determina un ampliamento del thema decidendum (l’oggetto della decisione) e, di conseguenza, dell’attività difensiva richiesta.

Pertanto, il valore della domanda riconvenzionale va sommato a quello della domanda principale per individuare il corretto scaglione tariffario. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva erroneamente considerato solo il valore delle pretese accolte dell’attore, ignorando il ben maggiore valore della riconvenzionale respinta.

Il Principio di Temporalità delle Tariffe Forensi

La Cassazione ha rilevato un ulteriore errore della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva applicato le tariffe del D.M. 55/2014 a un giudizio di primo grado conclusosi nel 2013. La giurisprudenza è costante nell’affermare che la disciplina per la liquidazione delle spese processuali è quella vigente al momento in cui l’attività difensiva si è esaurita, ovvero alla data della sentenza che definisce quel grado. Pertanto, si sarebbe dovuto applicare il precedente D.M. 140/2012.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Il primo è la logica processuale: una domanda riconvenzionale impegna l’attore in una difesa aggiuntiva e più complessa, che deve essere remunerata in modo adeguato. Ignorare il valore di tale domanda nel calcolo dei compensi sarebbe iniquo e non rispecchierebbe l’effettivo lavoro svolto dal legale. La controversia non riguarda più solo la pretesa iniziale, ma anche la nuova pretesa introdotta dal convenuto. Il secondo pilastro è il principio tempus regit actum applicato alle tariffe professionali. La liquidazione dei compensi è l’atto finale che ‘fotografa’ l’attività svolta in un grado di giudizio; di conseguenza, deve essere regolata dalle norme in vigore in quel momento, garantendo certezza del diritto e prevedibilità per gli operatori.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, accogliendo il primo motivo, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha ricalcolato i compensi per il primo grado di giudizio in favore dell’avvocato. Ha applicato lo scaglione corretto, derivante dalla somma del valore della domanda principale accolta e della domanda riconvenzionale respinta, e ha utilizzato le tariffe previste dal D.M. 140/2012. Questa pronuncia ribadisce con forza che il valore della controversia è un concetto onnicomprensivo che deve riflettere la totalità delle questioni dibattute, con dirette implicazioni sulla giusta remunerazione dell’attività forense.

Come si calcola il valore della controversia in presenza di una domanda riconvenzionale ai fini dei compensi legali?
Il valore della controversia si determina sommando il valore della domanda principale (nella misura in cui viene accolta) al valore della domanda riconvenzionale. Questo perché la riconvenzionale amplia l’oggetto del giudizio e l’attività difensiva necessaria.

Quale tariffa forense si applica per la liquidazione delle spese di un grado di giudizio?
Si applica la tariffa in vigore al momento della conclusione dell’attività difensiva di quel grado, che coincide con la data della sentenza che lo definisce, anche se l’incarico professionale è iniziato sotto la vigenza di una normativa precedente.

La prova di un pagamento costituisce un’eccezione in senso proprio che deve essere sollevata in un termine specifico?
No, secondo la giurisprudenza consolidata citata nell’ordinanza, l’avvenuto pagamento non è un’eccezione in senso proprio, ma una mera difesa. Pertanto, il giudice deve tenerne conto se la circostanza risulta provata, anche in assenza di una formale e tempestiva richiesta della parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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