Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9038 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9038 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9527/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO DOM. DIGITALE, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CFCODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende
-Controricorrente – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROVERETO n. 166/2020 depositata il 22/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Rovereto NOME COGNOME, chiedendo che, in riforma della sentenza n. 102/2018 del giudice di pace di Rovereto, fossero dichiarate nulle le prove orali
assunte nel corso del procedimento di primo grado, e, comunque, fosse revocato il decreto ingiuntivo pronunciato dal giudice di pace. Eccepì preliminarmente la inammissibilità e la nullità della prova testimoniale assunta nel corso del primo grado di giudizio, deducendo la decadenza della COGNOME dalla articolazione della prova costituenda. Sostenne che il giudice di pace aveva, in ogni caso, erroneamente valutato le prove ammesse, relative ai crediti vantati dalla appellata.
Si costituì NOME COGNOME, chiedendo la conferma della decisione di primo grado e del decreto ingiuntivo sostenendo, anzitutto, di non essere decaduta dalla facoltà di articolare la prova, essendo la stessa stata proposta, come autorizzato dal giudice di prime cure , ai sensi dell ‘ art. 320, 4° comma, c.p.c. e, dall ‘ altro, che le prove erano state compiutamente e correttamente valutate dal giudice di pace sia con riguardo alla valenza della prova documentale offerta, e confermata dalla CTU grafica, sia con riguardo alla loro coerenza con il quadro fattuale complessivo emerso dall ‘ istruttoria.
Con sentenza n. 166/2020, depositata in data 22/9/2020, oggetto di ricorso, il Tribunale di Rovereto ha rigettato l ‘ appello e confermato integralmente la sentenza di primo grado.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso affidato a tre motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
Sia parte ricorrente che parte resistente hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Denuncia di vizio ex art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, per avere il Tribunale di Rovereto la propria decisione omettendo una corretta interpretazione degli artt. 316 e 320 comma 3 e 4 c.p.c. in merito
all ‘ ammissione, in primo grado, delle prove per testi richieste da controparte in assenza di qualsivoglia deduzione istruttoria in comparsa di costituzione avversaria ‘ .
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che nel procedimento davanti al giudice di pace non è configurabile una distinzione tra prima udienza di comparizione e prima udienza di trattazione, pur essendo il rito caratterizzato dal regime di preclusioni tipico del procedimento davanti al Tribunale. Ne consegue che la produzione documentale, laddove non sia avvenuta nella prima udienza, rimane definitivamente preclusa, né il giudice di pace può restringere l’operatività di tale preclusione rinviando ad un’ud ienza successiva alla prima al fine di consentire la produzione non avvenuta tempestivamente.
2.1 Secondo la giurisprudenza di legittimità, il procedimento davanti al giudice di pace, nel quale non è configurabile una distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, è comunque caratterizzato dallo stesso regime di preclusioni che assiste il procedimento dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono applicabili in mancanza di diversa disciplina. Ne consegue che deve ritenersi tardiva la completa articolazione della prova qualora l ‘ indicazione del teste sia stata effettuata quando siano già maturate le preclusioni istruttorie (Cass., sez. III, sent. 31/05/2010, n.13250; Cass., sez III, sent. 21/12/2011, n. 27925; Cass., sez III, ord. 03/08/2017, n. 19359).
2.2 La sentenza gravata motiva al riguardo ‘ Con riferimento al motivo di appello radicato nella allegata inammissibilità della prova testimoniale per intervenuta decadenza della controparte dalla facoltà di articolarla, è sufficiente rilevare che il giudice di pace, alla udienza di trattazione, preso atto delle posizioni delle parti e della richiesta da parte di entrambe di poter articolare la prova costituenda, ha consentito loro articolazione dei mezzi istruttori. La
successiva articolazione dei mezzi di prova deve quindi intendersi avvenuta pur sempre nel corso dell ‘ udienza di trattazione atteso che la stessa, su richiesta delle parti, deve intendersi proseguita sino alla concreta articolazione delle prove costituende. In ogni caso, la fattispecie è comunque sussumibile nel disposto dell ‘ art. 320 comma quattro c.p.c. atteso che l ‘ articolazione della prova nella udienza successiva è stata determinata dal concorde comportamento delle parti le quali hanno richiesto di consentire l ‘ articolazione dei mezzi di prova dell ‘ udienza successiva, determinando la conforme decisione del giudice. Ne deriva che le istanze istruttorie debbono considerarsi collocate interamente entro lo spettro decadenziale previsto dalle disposizioni diritto e sono del tutto ammissibili ‘ .
2.3 Il motivo in esame non si confronta con la ratio decidendi della sentenza gravata.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Denuncia di vizio ex art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, per avere il Tribunale di Rovereto la propria decisione omettendo una corretta interpretazione dell ‘ art. 2772 c.c. in merito all ‘ ammissione, in primo grado, delle prove per testi richieste da controparte in merito alla stipula orale del contratto del marzo 2017 in sostituzione del contratto in forma scritta del gennaio 2017 ‘ , per avere il Tribunale fondato la propria decisione omettendo una corretta interpretazione dell ‘ art. 2722 c.c. in merito alla ammissione valutazione in primo grado della prova per testi in relazione alla stipula in forma orale del contratto (per prestazioni extra) del marzo 2017.
Anche il motivo in esame va disatteso. Dalla sentenza gravata si ricava che ‘ il preventivo del marzo 2017 deve considerarsi un documento successivo a quello del gennaio 2017, del quale, quindi, può essere certamente fornita prova per testi (Cass., n. 2708/1996) ‘ . Pertanto, la sentenza gravata ha correttamente valutato che non risultasse applicabile nella fattispecie l ‘ art. 2722
c.c., secondo il quale ‘ La prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto di patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione stata anteriore contemporanea ‘ .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Denuncia di vizio ex art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto rappresentante dagli artt. 2702, 1326 e 1341 c.c. art. 116 c.p.c., per avere la il (sic) Tribunale di Rovereto fondato la propria decisione omettendo una corretta interpretazione di tali norme ritenendo che, ai fini di sottoscrizione, sia logicamente e materialmente unitario il contratto del marzo 2017 (non sottoscritto dalla ricorrente) con le condizioni generali di contratto sottoscritte dalla ricorrente 2.3.20217 ritenendo pertanto che contratto e condizioni generali di contratto siano un unico atto ovvero documento ‘ . In sostanza la ricorrente lamenta la violazione delle norme in epigrafe per avere il Tribunale ritenuto che, ai fini della sottoscrizione, contratto e condizioni generali di contratto siano un atto unico.
Sul terzo motivo. La sentenza gravata motiva al riguardo: ‘ Con riguardo, poi, alla dedotta erronea estensione della valenza confermativa della sottoscrizione alla intera scrittura di preventivo del marzo 2017, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale la sottoscrizione apposta nell ‘ ultimo foglio di un atto che appaia logicamente e materialmente unitario si riferisce all ‘ intero documento, senza che sia possibile delegarla se non mediante la querela di falso (Cass., 7681/2019). Né può affermarsi, come sostiene l ‘ appellante, che l ‘ oggetto del primo preventivo accettato nel gennaio 2017 e del secondo preventivo accettato nel marzo 2017 sia sovrapponibile risultando assorbente la circostanza che l ‘ appellante abbia sottoscritto ed accettato anche il preventivo successivo -che il primo espressamente comprende il relativo testuale riferimento – per un
corrispettivo più elevato che, evidentemente, si riferisce a prestazioni ulteriori in parte diverse per modalità rispetto a quelle previste nel preventivo più risalente ‘ (così da ultimo § di p. 2 a 1° § di p. 3 della sentenza).
La sentenza è conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale ‘ In ipotesi di dichiarazione sottoscritta, pur se contenuta in più fogli dei quali solo l ‘ ultimo firmato, poiché la sottoscrizione, ai sensi dell ‘ art. 2702 c.c., si riferisce all ‘ intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, rimanendo irrilevante la mancata firma dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l ‘ intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest ‘ ultimo ha l ‘ onere di proporre querela di falso ‘ (così Cass., sez. III, sent. 19/03/2019, n.7681).
Va d’altro canto posto in rilievo che la ricorrente sollecita invero una rivisitazione delle valutazioni istruttorie inammissibile in questa sede di legittimità.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna della ricorrente al pagamento di euro 1.600,00 ex art. 96, 3° comma, c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 1.800,00, di cui euro 1.600,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, nonché euro 1.600,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/01/2024