Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9175 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27716/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO (p.e.c.: EMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL) e NOME COGNOME (p.e.c.:
EMAIL) , nonché dall’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO
COGNOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Bari n. 991/2021, pubblicata in data 1° giugno 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 febbraio 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 991/2021 pronunciata dalla Corte d’ Appello di Bari.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, sulla base di due motivi.
A ll’esito di procedimento ex art. 696bis cod. proc. civ., nell’ambito del quale veniva disposta c.t.u., NOME COGNOME evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE, con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ., al fine di ottenere la condanna della società convenuta alla restituzione delle somme che aveva versato in eccesso a titolo di prezzo, nel corso del rapporto di somministrazione di carburante intercorso tra le parti nell’arco temporale compreso tra gli anni 2007 e 2011, a causa del fenomeno del cd. ‘calo termico’.
Deduceva, in particolare, che, secondo quanto risultava dalle annotazioni contabili contenute nei ‹‹ fogli di chiusura dei registri di carico e scarico UTF ›› , il quantitativo di carburante (benzina senza piombo e gasolio) complessivamente fornito dalla convenuta, nel periodo di riferimento, non corrispondeva a quello di cui aveva potuto
concretamente disporre per la vendita e che, conseguentemente, aveva corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE, a titolo di prezzo, somme superiori a quelle che avrebbe dovuto versare; sulla base di tale presupposto, evidenziava che il diritto alla restituzione delle somme versate in eccesso trovava giustificazione nell’inesatto adempimento della prestazione facente carico sulla convenuta e, in ogni caso, nella circostanza che, a seguito della dispersione di carburante dovuta ai ‹‹ cali termici ›› , l’ adempimento parziale della prestazione aveva comportato la nascita del diritto di ottenere la riduzione del prezzo corrisposto.
La convenuta, costituendosi in giudizio, opponeva che l’attore, sulla base del cd. ‹‹ contratto di convenzione ›› dallo stesso concluso con la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria della stazione di servizio dallo stesso gestita, si era reso inadempiente all’obbligo contrattuale di rifornirsi in esclusiva del carburante di sua produzione, come poteva desumersi dal raffronto tra i registri di chiusura UTF tenuti dall’attor e e i ritiri di carburante da essa annualmente effettuati, dai quali emergeva chiaramente, limitatamente al gasolio, una evidente discordanza comprovante crescenti ritiri di tale carburante anche da altri fornitori; spiegava, pertanto, domanda riconvenzionale diretta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla violazione di tale obbligo, precisando che, al fine della quantificazione, avrebbero potuto essere utilizzati gli esiti delle verifiche effettuate dal c.t.u. nominato in sede di accertamento tecnico ex art. 696bis cod. proc. civ.
Il Tribunale rigettava sia la domanda principale, sia la domanda riconvenzionale, osservando, quanto alla prima, che il COGNOME non aveva fornito la prova degli elementi costitutivi della pretesa azionata, dal momento che i registri di carico e scarico prodotti in giudizio non avevano valenza probatoria, perché non compilati nel contraddittorio delle parti, e che le indagini compiute dal c.t.u. in
sede di procedimento ex art. 696bis cod. proc. civ. non erano sufficienti e idonee a supportare la domanda, in quanto i conteggi erano stati elaborati non già sulla base di documentazione contabile analitica del ricorrente, bensì sulla base dei ‹‹ valori medi di acquisto ›› dei carburanti, e perché l’ausiliario, in ordine alle ‘quantità’, aveva evidenziato di avere fatto riferimento alle ‹‹ dichiarazioni annuali U.T.F. ›› , sicché il credito accertato dal c.t.u. costituiva una mera ipotesi, non fondata su dati certi. Quanto alla domanda riconvenzionale, affermava che il COGNOME non aveva un obbligo di esclusiva verso RAGIONE_SOCIALE, ma semmai era tenuto, sulla base del contratto concluso con la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria dell’impianto di distribuzione, a rifornirsi esclusivamente da questa; riteneva tardivamente svolta la prospettazione che il contratto concluso dal COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE potesse configurare un contratto a favore di terzo (ossia a favore di RAGIONE_SOCIALE).
2.2. Il COGNOME ha impugnato la sentenza e la RAGIONE_SOCIALE ha spiegato appello incidentale, insistendo per l’accoglimento d ella domanda di risarcimento dei danni, e la Corte territoriale adita ha confermato la sentenza gravata.
In sintesi, ha rilevato che le annotazioni contenute nei registri di carico e scarico non avevano efficacia probatoria piena, ma potevano fornire elementi presuntivi a favore dell’imprenditore che le aveva redatte, a condizione che queste non fossero state contestate e che le relative registrazioni apparissero ‹‹ attendibili ››; quanto all’indagine svolta nel procedimento ex art. 696bis cod. proc. civ, ha ribadito che la carenza di analitica documentazione contabile non aveva consentito la compiuta verifica delle forniture rese da RAGIONE_SOCIALE, delle successive vendite e del corrispettivo in concreto riscosso al fine di procedere al ricalcolo dei ricavi riferibili alle sole forniture di RAGIONE_SOCIALE
A ciò ha aggiunto che la mancata contestazione, da parte della società petrolifera, dei quantitativi di carburante acquistati dal COGNOME costituiva elemento di per sé insufficiente al fine della prova dei fatti costitutivi del diritto azionato.
Con riguardo all’appello incidentale, i giudici territoriali hanno evidenziato che con la comparsa di costituzione depositata nella fase sommaria del giudizio in primo grado la RAGIONE_SOCIALE si era limitata a fondare la domanda sulla violazione dell’obbligo di esclusiva, facendo riferimento al contenuto del contratto intercorso tra il RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE, e, solo tardivamente, con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ., aveva allegato un obbligo riconducibile all’ipotesi del contratto a favore del terzo. Hanno comunque affermato che, anche a voler superare tale decadenza, la domanda era comunque priva di fondamento, dato che il contratto di comodato stipulato tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, pur prevedendo l’obbligo di vendere in esclusiva al pubblico carburanti e lubrificanti forniti direttamente dalla RAGIONE_SOCIALE ovvero dalla società petrolifera indicata dalla concedente, non faceva menzione della RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (da pag. 20 a pag. 55 del ricorso) il ricorrente in via principale COGNOME denunzia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 -345 c.p.c. (mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, quanto alle ‘eccezioni’ formulate dalla RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di primo grado), nonché del combinato disposto di cui agli artt. 132 n. 4 c.p.c. e 111 Cost. (motivazione inadeguata e non coerente rispetto alla analiticità dei motivi di appello e, in ogni caso, motivazione per relationem meramente
apparente), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.)››.
Sostiene, con un primo profilo di censura, che la circostanza concernente la ‹‹ mancanza di attendibilità dei registri UTF ›› non è stata richiamata nella sentenza del Tribunale quale elemento addotto a giustificazione della ritenuta inapplicabilità al caso di specie dell’art. 2710 cod. civ., ma è stata surrettiziamente introdotta dal giudice d’appello, ex officio , facendo riferimento ad un principio di diritto desunto da Cass., sez. L, n. 16513 del 2014, pronunciata in fattispecie in cui le scritture contabili erano state effettivamente contestate nella loro esattezza e veridicità; lamenta, quindi, che trattasi di circostanza nuova con la quale si introduce una equiparazione tra ‘compilazione unilaterale’ dei registri UTF e ‘mancanza di veridicità e attendibilità’ dei stessi registri, priva di fondamento logico e comunque in contrasto con i principi enunciati dalla stessa sentenza di legittimità richiamata e da altre successive secondo cui la ‹‹ presunzione di attendibilità ›› delle scritture si applica anche in favore della parte che le ha redatte.
Sotto un secondo profilo, si duole che la Corte territoriale si sia limitata a confermare, a fondamento della pronuncia di infondatezza dei motivi di gravame, la valutazione di inattendibilità dei registri UTF, perché non compilati in contraddittorio, con l’ulteriore deduzione che tale circostanza era tale da far ritenere integrata, nella fattispecie, un’ipotesi di ‹‹ mancanza di veridicità e attendibilità ›› quanto ai dati riportati nei medesimi registri. Assume che le argomentazioni su cui poggia la motivazione non forniscono adeguata risposta alle questioni sollevate, perché non tengono conto della condotta processuale tenuta da RAGIONE_SOCIALE, che non aveva contestato le circostanze di fatto addotte nell’atto di citazione, né le valutazioni di natura tecnico-contabile svolte dal c.t.u., e si risolve in una mera riproduzione e, implicita adesione acritica, alle ragioni di
decisione elaborate dal Tribunale, senza alcun apporto contenutistico.
Il motivo è infondato sotto entrambi i profili denunciati.
2.1 . Non è, in primo luogo, ravvisabile il vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ.
Invero, il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 cod. proc. civ. – che implica il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda – deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione ( petitum e causa petendi ), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda, mentre non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante (Cass., sez. L, n. 11455 del 19/06/2004; Cass., sez. 1, 11/04/2018, n. 9002; Cass., sez. 2, 21/03/2019, n. 8048).
Il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., riguarda, dunque, soltanto l’ambito oggettivo della pronunzia e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (Cass., sez. 2, 21/04/1976, n.
1397; Cass., sez. 2, 26/01/2021, n. 1616).
Pertanto, non ricorre la violazione di tale disposizione allorché si lamenti, come nel caso specifico, che il giudice del merito, chiamato a decidere sulla valenza probatoria di scritture contabili, quali sono i registri di carico e scarico UTF, abbia ritenuto che esse fossero insufficienti a supportare la domanda formulata dal COGNOME non solo perché unilateralmente predisposte dallo stesso odierno ricorrente che di esse intende avvalersi, ma anche per la ‹‹mancanza di attendibilità›› delle stesse. Trattasi a ben vedere di una mera argomentazione addotta dal giudice di merito per rafforzare la pronuncia, che non esula dal thema decidendum, né travalica i limiti della domanda e, soprattutto, che non integra eccezione in senso stretto, tardivamente rilev ata d’ufficio.
2.2. La censura ha chiara consistenza fattuale e intende inammissibilmente contestare la valutazione, riservata al giudice del merito, del materiale istruttorio e non tiene conto che il giudice d’appello, affermando che le annotazioni contenute sui registri di carico e scarico UTF, in assenza di ulteriori riscontri documentali non offerti dal COGNOME, non potessero da sole essere considerate idonee a supportare, neppure in via presuntiva, la domanda di rimborso formulata, non si è discostato dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Questa Corte ha, invero, da tempo chiarito, con indirizzo al quale si intende qui dare continuità, che, ai libri ed alle scritture contabili ─ i quali, nelle ipotesi di cui agli artt. 2709 e 2710 cod. civ., costituiscono prova contro l’imprenditore, senza tuttavia la possibilità, per chi vuol trarne vantaggio, di scinderne il contenuto ─ può essere attribuito il carattere ed il valore di elementi indiziari, atti a dar vita, in concorso con altri elementi, ad una valida prova per presunzioni ai sensi degli artt. 2727 e seguenti cod. civ. (Cass., sez. L, 04/05/1987, n. 4145;
Cass., sez. L, 16/05/1983, n. 3379), anche a favore dell’imprenditore che abbia prodotto i libri stessi (Cass., sez. L, 01/10/2003, n. 14658; Cass., sez. L, 18/03/1987, n. 2738; Cass., sez. L, 24/04/1981, n. 2481).
2 .3. Anche l’ulteriore profilo di doglianza fa tto valere con il motivo in esame è infondato.
La nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., può infatti ammettersi solo nei seguenti casi: a) quando la motivazione manchi del tutto anche ‹‹ sotto l’aspetto materiale e grafico ›› ; b) quando sia puramente apparente; c) quando contenga un ‹‹ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ›› ; d) quando, infine, sia ‹‹ perplessa ed obiettivamente incomprensibile ›› (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
Nessuna di queste ipotesi ricorre nel caso di specie, in cui la Corte territoriale ha esaustivamente illustrato gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599), ed ha dato conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di rigettare la domanda proposta; ciò esclude che la motivazione della sentenza possa ritenersi viziata per apparenza o perché meramente assertiva (Cass., sez. 3, 30/05/2019, n. 14762).
Peraltro, la sentenza d’appello può anche essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un
percorso argomentativo esaustivo e coerente, non potendo, invece, la corte territoriale limitarsi ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass., sez. 1, 05/08/2019, n. 20883; Cass., sez. 3, 03/02/2021, n. 2397). Nel caso in esame, il giudice d’appello, pur avendo rimandato ad alcuni passaggi delle ragioni della decisione di primo grado, le ha comunque integrate con ulteriori argomentazioni, così procedendo ad una autonoma valutazione di infondatezza dei motivi di appello.
Con il secondo motivo (da pag. 55 a pag. 82 del ricorso) denunzia ‹‹Nullità della sentenza per la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 115, primo comma, seconda parte, c.p.c., art. 167 c.p.c. (per omesso rilievo della ‘condotta processuale’ tenuta dalla RAGIONE_SOCIALE all’atto della costituzione in giudizio, incompatibile con la contestazione dei fatti addotti dall’attore a fondamento della domanda, da ritenere provati, almeno in parte), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.››.
Lamenta che la Corte di merito ha omesso di considerare quali ‹‹fatti pacifici›› una serie di circostanze che, considerate singolarmente o congiuntamente tra loro, erano idonee a far ritenere ammessi i fatti costitutivi della domanda di rimborso proposta, sia in ordine all’ an che al quantum. Evidenzia, in particolare, che ove la Corte d’appello avesse esaminato il complessivo contenuto della comparsa di costituzione depositata da RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado, avrebbe dovuto considerare esistenti ex actis i fatti costitutivi allegati al fine di pervenire ad una decisione di accoglimento della domanda, con particolare riferimento alla liquidazione dei quantitativi dispersi per cali termici concernenti la benzina senza piombo, dato che la RAGIONE_SOCIALE aveva ammesso la totale coincidenza tra le annotazioni risultanti dai registri UTF del quantitativo di benzina
senza piombo acquistata da RAGIONE_SOCIALE ed il quantitativo che essa aveva effettivamente venduto al gestore. Soggiunge che la RAGIONE_SOCIALE aveva articolato, in comparsa di risposta, una difesa incompatibile con la pretesa ‹‹ mancanza di valenza probatoria delle anno tazioni›› contenute nei registri di carico e scarico UTF, dato che non aveva mosso una esplicita contestazione in ordine alla ‘veridicità’ e ‘attendibilità’ di detta documentazione.
3.1 Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia.
Il giudice d’appello non ha infatti omesso di valutare il comportamento processuale di RAGIONE_SOCIALE, ma ha piuttosto rilevato che ‹‹ la mancata contestazione, da parte della società petrolifera, dei quantitativi di carburante acquistati dal COGNOME, rappresenta(va) un elemento insufficiente al fine della prova dei fatti costitutivi del diritto azionato dal ricorrente, che avrebbe dovuto dimostrare il minore quantitativo venduto alla clientela rispetto a quello pagato alla società petrolifera, nonché il ricavo ottenuto dalla rivendita e per differenza l’importo indebitamente pagato alla RAGIONE_SOCIALE ›› .
È del tutto evidente, pertanto, che, pur tenendo conto delle circostanze non oggetto di specifica contestazione da parte di RAGIONE_SOCIALE, il giudice di merito non ha comunque ritenuto raggiunta la prova della pretesa azionata dall’odierno ricorrente, reputando a tal fine non idonei gli elementi probatori complessivamente emergenti dalle risultanze istruttorie.
La doglianza prospettata esula dunque dal paradigma dell’art. 115 cod. proc. civ. ed investe piuttosto l’apprezzamento delle prove svolto dal giudice di merito (Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892), sollecitando sostanzialmente questa Corte ad una rivisitazione delle emergenze probatorie.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso principale.
Con il primo motivo la ricorrente in via incidentale RAGIONE_SOCIALE denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‹‹ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ.››, lamentando che i giudici d’appello, nell’interpretare il contratto di comodato stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE e dal COGNOME, non hanno fatto buon governo del criterio di interpretazione funzionale, soffermandosi sul mero contenuto letterale della clausola (art. 1 del contratto), e ribadisce che la locuzione ‹‹ società petrolifera indicata dalla concedente ››, contenuta in detta clausola, non poteva che riferirsi alla RAGIONE_SOCIALE, quale terza beneficiaria del contratto.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. Va premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in punto di censura dell’ermeneutica contrattuale, l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettoso dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass., sez. 3, 07/11/2019, n. 28625; Cass., sez. 3, 29/07/2016, n. 15763; Cass., sez. 3, 14/02/2012, n. 2109; Cass., sez. U, 31/03/2005, n. 7597).
Al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è
tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass., sez. L, 09/10/2012, n. 17168; Cass., sez. 3, 11/03/2014, n. 5595; Cass., sez. 6 -3, 27/02/2015, n. 3980; Cass., sez. 6 -1, 19/07/2016, n. 14175).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, e, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass., sez. 1, 22/02/2007, n. 4178; Cass., sez. 2, 03/09/2010, n. 19044; Cass., sez. 3, 28/11/2017, n. 28319; Cass., sez. 1, 09/04/2021, n. 9461).
4.3. La ricorrente si limita a prospettare l’incongruità della soluzione ermeneutica fatta propria dalla decisione impugnata in relazione ad altre egualmente plausibili, dolendosi dell’inapplicabilità del criterio di interpretazione funzionale del contratto, e sostiene, per un verso, che la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria dell’impianto di distribuzione, si era impegnata espressamente, all’art. 4 del contratto con essa concluso, a rifornirsi in esclusiva dalla RAGIONE_SOCIALE, e, per altro verso, che, sebbene nella clausola del contratto stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME non si facesse menzione della RAGIONE_SOCIALE, era evidente che la locuzione ‘società petrolifera indicata dalla concedente’ non potesse che essere riferita alla RAGIONE_SOCIALE
È ben vero che, in tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale, sebbene centrale, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, di quello
funzionale, che attribuisce rilievo alla ‘ragione pratica’ del contratto, in conformità agli interessi che le parti hanno inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale (Cass., 06/07/2018, n. 17718).
Tuttavia, la doglianza è inammissibile, sia perché, in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. civ., la ricorrente ha omesso di riprodurre in ricorso anche le altre clausole del contratto stipulato da RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME, al fine di consentire a questa Corte di valutare la ‘ragione pratica’ del contratto e, dunque, gli interessi in concreto perseguiti dalle parti, sia perché l’interpretazione del contratto di comodato fornita dalla Corte d’appello non risulta del tutto implausibile.
Con il secondo motivo la ricorrente in via incidentale denunzia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‹‹Nullità della sentenza o del procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113 e 183 sesto comma, n. 1, c.p.c.››, per avere la corte territoriale ritenuto tardivamente proposta la domanda fondata sulla pretesa configurabilità del contratto di comodato quale contratto a favore di terzo, tesi difensiva che era stata, in realtà, introdotta nel primo atto difensivo successivo alla difesa svolta dal COGNOME in udienza e, comunque, rientrava nella facoltà di emendatio libelli consentita con la prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ.
Deduce, inoltre, che il COGNOME aveva violato l’obbligo contrattuale di rifornirsi in via esclusiva da RAGIONE_SOCIALE e che tale condotta aveva comportato un mancato incasso conseguente all’acquisto di carburante da terzi.
5.1. Il motivo è infondato.
La statuizione di rigetto della domanda di risarcimento del danno, spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE, avente come causa petendi il contratto di comodato, risulta fondata su due rationes decidendi, tra loro distinte ed autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul
piano logico e giuridico , perché la Corte d’appello ha, per un verso, rilevato che si tratta di domanda tardivamente introdotta solo con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ., e, dall’altro, che il contratto, non facendo menzione della società RAGIONE_SOCIALE quale beneficiaria dell’obbligo di esclusiva, non poteva configurare un contratto a favore di terzi.
Ebbene, la ritenuta inammissibilità della censura mossa con il primo motivo del ricorso incidentale ad una delle due rationes decidendi rende inammissibile la censura relativa all ‘ altra ragione, fatta oggetto di doglianza con il secondo motivo del ricorso incidentale, in quanto quest ‘ ultima non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell ‘altra , alla cassazione della decisione stessa (Cass., sez. 5, 11/05/2018, n. 11493; Cass., sez. 3, 06/07/2020, n. 13880).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso incidentale.
Le spese del giudizio di legittimità, in ragione della reciproca soccombenza, vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 15 febbraio 2024
IL PRESIDENTE NOME COGNOME