Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4407 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 4407 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7793/2023 R.G. proposto da: COGNOME COGNOME E COGNOME, domiciliati per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE, domiciliazione telematica in atti
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME domiciliati per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la cancelleria civile della Corte di cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica in atti
– controricorrenti e ricorrenti incidentali nonché contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, domiciliazione telematica in atti
– controricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1618/2022 depositata il 30/09/2022.
Alla pubblica udienza del 8/02/2025 sentito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per: l’accoglimento del ricorso nei suoi motivi secondo e terzo, infondato il primo. Assorbiti i ricorsi incidentali.
Sentito l’avvocato NOME COGNOME difensore dei ricorrenti NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME che, riportandosi ai motivi di ricorso ha chiesto l’integrale accoglimento dello stesso.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 8/01/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Pretore di Casteltermini, con sentenza n. 3 del 1979, condannava NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla demolizione di un fabbricato posto a distanza inferiore ai tre metri dal fabbricato di NOME COGNOME dante casa di NOME e NOME COGNOME.
La detta sentenza di primo grado venne confermata in appello dal Tribunale di Agrigento, con sentenza n. 574 del 1982.
Con ricorso ai sensi dell’art. 612 c.p.c. NOME COGNOME chiese , al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Agrigento, di determinare le modalità attuative e instaurò due distinte procedure, una per la sentenza del Pretore e l’altra per la sentenza del Tribunale.
Il giudice dell’esecuzione provvedeva, con ordinanza del 2327/02/2004, a designare l’ufficiale giudiziario e nominava il tecnico ausiliario per l’esecuzione dei lavori .
In data 9/1/2015 l’ufficiale giudiziario prendeva atto della conformità dei lavori svolti dagli obbligati e dichiarava chiuse le operazioni.
I Crimì chiedevano al giudice dell’esecuzione , con ricorso del 9/02/2015, l’ emanazione di decreto di liquidazione delle spese da essi sostenute per l’importo di oltre cinquanta cinquemila euro (€ 55.724,37), in quanto gli obbligati avevano proceduto al pagamento del solo tecnico.
Il giudice dell’esecuzione emanò un decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 614 c.p.c ., nei confronti del COGNOME e dei COGNOME, che questi opposero.
Nelle more del l’esecuzione concreta degli obblighi di fare l ‘ordinanza del giudice dell’esecuzione del 22-27/02/2004 era stata impugnata da NOME COGNOME e la Corte d’appello di Palermo ,
con sentenza n. 970 del 10/04 -6/06/2009, rigettava (in parte motiva dichiarava inammissibile) l’impugnazione e condann ava l’appellante , dante causa degli odierni ricorrenti, alle spese.
Il Tribunale di Agrigento con sentenza del 22/01/2018 rigettava le opposizioni, proposte dai COGNOME e dal COGNOME, al decreto ingiuntivo , emanato dal giudice dell’esecuzione in forza del l’art. 614 c.p.c.
La detta sentenza resa all’esito del giudizio di opposizione al monitorio è stata appellata dagli originari opponenti COGNOME e COGNOME
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 1618 del 30/09/2022, ha accolto l’impugnazione, rideterminando in diminuzione nel l’importo di € 12.989,94 le somme dovute agli esecutanti e determinando quelle dovute agli esecutati, avendo questi maturato il diritto alla restituzione della differenza tra quanto pagato e quanto effettivamente dovuto, rispettivamente in € 28.224,31 ai Genuardi e in € 28.216,90 al Guardì e ha compensato le spese di lite.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorrono per cassazione i COGNOME e COGNOME, con atto affidato a tre motivi.
Resistono con separati controricorsi, contenenti ricorsi incidentali autonomi, di tenore sostanzialmente identico e ciascuno articolato in due motivi, sulle spese di lite, sia i COGNOME che il COGNOME.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni per l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso e per il rigetto del primo, con assorbimento dei ricorsi incidentali.
NOME COGNOME ha depositato memoria.
All’udienza pubblica del 8/02/2025 le parti hanno concluso come sopra riportato e il Collegio ha riservato di depositare la sentenza nel termine di novanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi del ricorso principale sono i seguenti.
Primo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 612 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., nullità della sentenza per avere disconosciuto l’esistenza di una fase dell’esecuzione introdotta ai sensi dell’ art. 612 c.p.c., concretizzatasi in un vero e proprio giudizio di opposizione all’esecuzione , definito con ordinanza dichiarata dal giudice dell’esecuzione avente valore sostanziale di sentenza, e della successiva fase esecutiva di attuazione degli obblighi, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 e n. c.p.c.
Secondo motivo: nullità della sentenza impugnata per avere indicato nella sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 970/2009, come pronuncia che ha statuito anche in ordine alle spese della fase di esecuzione, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 4 e 5 c.p.c.
Con il secondo motivo è censurata la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui essa attribuisce alla sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 970/2009, che aveva rigettato il gravame proposto a suo tempo da NOME dante causa degli odierni ricorrenti, contro l’ordinanza -sentenza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Agrigento del 2327/02/2004, valore di cosa giudicata in punto di spese dell’esecuzione specifica per obblighi di fare.
Terzo motivo: omessa pronuncia in ordine alla domanda giudiziale di applicazione del d.m. n. 27 del 2004 in tema di determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi della prima fase del giudizio di esecuzione per obblighi di fare, per motivazione inesistente ai sensi degli artt. 112 e 360, primo comma, n. 4 c.p.c.
I motivi dei due ricorsi incidentali, sia dei COGNOME che del COGNOME di tenore pressocché identico, salva una lieve discrepanza,
in termini di decimali, della somma, sono i seguenti: primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 389 c.p.c. e dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. nella parte in cui erroneamente la Corte di appello di Palermo, dopo avere disposto la compensazione integrale delle spese dei due gradi di giudizio, non ha ordinato la restituzione a favore del controricorrente COGNOME, della somma di € 2.918,24 (€ 2.918,00 per i Genuardi) dallo stesso versata per il pagamento delle spese e compensi del primo grado del giudizio a favore del procuratore distrattario, somma chiesta in restituzione con l’atto di appello e, secondo motivo, violazione degli artt. 91, primo comma, c.p.c. nel testo pro-tempore vigente introdotto con l’art. 45, comma 10 della legge n. 69 del 18/06/2009, 92 c.p.c. e 360, primo comma, n. 3 c.p.c., nella parte in cui (pagg. 8 e 9 della sentenza) in presenza della totale soccombenza degli appellati, odierni ricorrenti, nel giudizio di opposizione al decreto ex art. 614 c.p.c., non ha condannato gli stessi al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio di merito e le ha, senza alcuna motivazione, compensate.
Il Collegio ritiene che assuma carattere pregiudiziale, in senso logico, nel presente giudizio, che riguarda il decreto ingiuntivo emanato dal giudice dell’esecuzione (e sulle cui scansioni processuali può utilmente vedersi la recente Cass. n. 9680 del 10/04/2024 Rv. 670706 -01 – 02), l’esame del secondo motivo d el ricorso principale, in quanto attinente alla valenza da attribuire alla sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 970 del 10/04 -6/06/2009 che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso l’ordinanza (qualificata quale sentenza in senso sostanziale, dl giudice dell’esecuzione del Tribunale di Agrigento in data 22 -27/02/2004), nonché alla corretta ricostruzione di quella fase processuale nel più complessivo annoso procedimento di esecuzione in forma specifica.
Il motivo, a prescindere dal mutamento della giurisprudenza di questa Corte, allo stato confortata dalla dottrina processualcivilistica, che oramai da quasi un decennio esclude che si possa proporre appello avverso l’ordinanza emanata ai sensi dell’art. 612 c.p.c. ( Cass n. 15015 del 21/07/2016 Rv. 642689 -01; Cass. n. 7402 del 23/03/2017 Rv. 643692 -01 e più di recente Cass. n. 29025 del 20/10/2021 Rv. 662641 -01 e sostanzialmente in termini Cass. n. 22010 del 24/07/2023 Rv. 668406 -01, mentre Cass. n. 32196 del 12/12/2018 Rv. 651979 -01 è un epigono isolato del precedente orientamento), è fondato; l’attribuzione di efficacia di giudicato alla sentenza n. 970 del 2009 è erronea, in quanto la d etta sentenza della Corte d’appello di Palermo (che nella sentenza ora in scrutinio è, per un evidente refuso, indicata come n. 970 del 2002) si è limitata a rigettare, per ragioni di rito (e in motivazione in realtà dichiarava inammissibile), l’impugnazione avverso l’ordinanza -sentenza del giudice dell’esecuzione del 2227/02/2004 del Tribunale di Agrigento ed ha, inoltre, statuito sulle spese del «grado», liquidandole in favore dei COGNOME e NOME, gravandone NOME COGNOME ed è, pertanto, insuscettibile di acquisire valenza di giudicato e nella specie di giudicato esterno.
Ciò in quanto la sentenza n. 970 del 2009 della Corte d’appello di Palermo, che definisca il processo con motivazione di mero rito, è insuscettibile di acquisire forza e valenza di giudicato (in senso sostanziale), come da principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità e nella più avveduta e risalente dottrina, al quale il Collegio intende assicurare continuità (Cass. n. n. 17302 del 16/06/2023, non massimata, Cass. n. 23130 del 22/10/2020 Rv. 659515 -01; Cass. n. 10641 del 16/04/2019 Rv. 653626 -01; Cass. 341 del 13/01/2015 Rv. 634101 -01).
L’esclusione della valenza di giudicato in senso sostanziale alla più volte richiamata sentenza n. 970 del 2009 comporta che non debba porsi, in questa sede, l’ulteriore questione se le spese ivi
liquidate fossero quelle del grado di appello (cioè, di quella causa di cognizione in cui ci si è limitati, oltretutto definendola in rito, a prendere in considerazione la legittimità di uno degli atti del giudice dell’esecuzione) ovvero quelle dell’esecuzione per obblighi di fare sostenute fino all’emanazione dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 22 -27/02/2004, ossia di quella che la sentenza impugnata ritiene ascrivibili a una non meglio precisata «prima fase» della detta esecuzione. Basti qui solo notare che una tale «prima fase» è singolarmente rivestita – dalla gravata pronuncia di una autonomia sulla quale non vi sono, peraltro, addentellati, a quanto consta, nella giurisprudenza di questa Corte e neppure in dottrina, che, viceversa, appare incline a configurare il procedimento attuativo disciplinato dall’art. 612 c.p.c. -con rimessione ai poteri ordinatori de l giudice dell’esecuzione , e che nel caso di loro incidenza in senso modificativo sul titolo esecutivo sono suscettibili di essere assoggettati a opposizione agli atti esecutivi come sostanzialmente unico e non scindibile in ulteriori subprocedimenti (argomenti si traggono dalle ragioni sviluppate nella giurisprudenza di questa Corte: Cass. n. 23182 del 31/10/2014 Rv. 633236 -01 e Cass. n. 19877 del 29/08/2013 Rv. 627855 – 01).
La Corte d’appello di Palermo, nella sentenza qui impugnata, ha, pertanto, erroneamente ritenuto precluso da giudicato riveniente da altra pronuncia della stessa Corte lo scrutinio in ordine alle spese della procedura esecutiva per obblighi di fare o, meglio, ha errato laddove ha ritenuto che potessero essere liquidate le spese della sola fase da essa definita «attuativa», ma non autonomamente individuabile nel tessuto normativo dell’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, della procedura esecutiva, sulla base delle modalità stabilite dal giudice dell’esecuzione .
La fondatezza, con conseguente accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, comporta assorbimento del primo e del terzo motivo dello stesso ricorso, nonché di tutti i motivi dei due distinti ricorsi incidentali, proposti dai COGNOME e dal COGNOME, poiché tutte le censure riguardano il tema delle spese del processo esecutivo e di quelle di lite in generale.
In conclusione: il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è cassata e la causa deve essere rinviata, per essere necessari ulteriori accertamenti di fatto, alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che dovrà, nel procedere a rinnovato giudizio, regolare anche le spese di questa fase di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso assorbito il primo e il terzo e i ricorsi incidentali; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezione Terza