Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25387 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25387 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4894/2023 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso da (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente per legge
: ll’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente per legge – controricorrente – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di UDINE n. 1073/2022 depositata il 6/12/2022.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 5/05/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Ritenuto che
NOME COGNOME chiese ed ottenne un decreto ingiuntivo, per euro cinquemila, dal Giudice di pace di Udine per somme che aveva dovuto corrispondere a titolo di risarcimento danno per il reato, accertato in sede penale ma successivamente depenalizzato, di cui all’art . 485 c.p. di Falso in scrittura privata, nei confronti di NOME COGNOME;
l’ingiunto propose opposizione al monitorio e in via riconvenzionale chiese la condanna del Pez al risarcimento dei danni, e limitò la propria domanda di risarcimento dei danni a cinquemila euro (€ 5.000,00) , ossia nell’ambito della competenza per valore del Giudice di pace;
i l Giudice di pace accolse l’opposizione, revocò il d ecreto ingiuntivo e condannò il Pez al pagamento della somma di euro 5.000,00, a titolo di risarcimento dei danni;
NOME COGNOME impugnò la sentenza del Giudice di pace e il Tribunale di Udine, nel contraddittorio con il COGNOME, ha rigettato l’appello, con sentenza n. 1073 del 6/12/2022;
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME
il Procuratore generale non ha presentato conclusioni;
i l ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 05/05/2025 alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Considerato che
i motivi di ricorso sono i seguenti;
Violazione o falsa applicazione degli artt. 7, primo comma, e 36 c.p.c., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 2 c.p.c. per non avere il Tribunale ritenuto l’erroneità della sentenza del Giudice di pace laddove questi aveva deciso anche sulla domanda
riconvenzionale di risarcimento del danno, eccedente la sua competenza per valore in sommatoria con la domanda principale di restituzione dei cinquemila euro;
Violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. con riferimento alla motivazione apparente e illogica in ordine al valore da attribuire alla perizia svolta in sede penale, nel processo terminato a seguito della depenalizzazione del delitto di cui all’art. 485 c.p. , in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 2 c.p.c. e in subordine, omessa o apparente motivazione sulla medesima questione, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. ;
Apparente motivazione in ordine a sussistenza ed entità del danno derivato dalla condotta del Pez , in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
il primo motivo è infondato sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio presta adesione e intende assicurare seguito, in base alla quale agli effetti della competenza, e della relativa modificazione, è la domanda riconvenzionale che deve eccedere la competenza del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo;
nel caso di specie NOME COGNOME aveva espressamente mantenuto la domanda risarcitoria proposta in via riconvenzionale nell’ambito della competenza per valore del Giudice di pace , cosicché il detto giudice aveva correttamente pronunciato su di essa (da ultimo Cass. n. 6232 del 2/03/2023 Rv. 667065 -01, quale espressione di un orientamento oramai consolidato e risalente);
il secondo e il terzo motivo, che sono proposti in via subordinata, rispettivamente nei confronti del primo e del secondo, possono essere congiuntamente trattati, poiché essi sono entrambi formulati alla stregua dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5 c.p.c. (in realtà il secondo motivo contiene il riferimento al n. 2 dell’art. 360 c.p.c. ma l’insieme delle censure fanno chiaramente riferimento al n. 4 ovvero alla mancanza di un’idonea motivazione, così dovendosi escludere la
correttezza del riferimento al n. 2, poiché esso si riferisce alla violazione delle norme sulla competenza, vizio già oggetto del primo motivo di ricorso;
entrambi i motivi, chiedono sostanzialmente, come tradito dall’avere il ricorrente riportato interi brani delle consulenze tecniche di ufficio fatte svolgere dal Pubblico M inistero nell’ambito del processo penale culminato con la sentenza della Corte d’appello di Trieste di non doversi procedere per intervenuta depenalizzazione, e che è stata posta a base dell’accertamento della responsabilità per danni da parte del Giudice di pace e di Udine e da parte del Tribunale di Torino, nel processo chiuso con sentenza di dichiarazione della prescrizione, un riesame dei fatti e delle valutazioni operate dal giudice del merito e sono, pertanto, inammissibili;
la censura relativa all’illegittima utilizzazione di un atto di indagine fatto svolgere su incarico del Pubblico Ministero, quale, appunto la perizia espletata nel corso del procedimento penale conclusosi con la sentenza relativa alla depenalizzazione del falso in scrittura privata, da parte della Corte d’appello di Trieste, è, inoltre, infondato, poiché secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio intende ribadire, (Cass. n. 30298 del 31/10/2023 Rv. 669352 – 01) la consulenza tecnica svolta dal Pubblico Ministero nelle forme di cui all’art. 360 c.p.p. è utilizzabile nel giudizio civile risarcitorio, potendo il giudice civile porre a fondamento del proprio convincimento anche le prove formate in un diverso processo, svoltosi tra le stesse o altre parti, ritualmente acquisite al giudizio civile e sulle quali sia stato consentito il contraddittorio;
inoltre, (Cass. n. 6347 del 16/05/2000 Rv. 536573 – 01) al di fuori dei casi di prova legale, non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo la valutazione delle prove rimessa al prudente
apprezzamento del giudice cosicché il giudice civile può utilizzare, come fonte del proprio convincimento, anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o altre parti e, quindi, anche prove raccolte in un giudizio penale (ancorché conclusosi con sentenza di non doversi procedere per intervenuta amnistia o per altra causa estintiva del reato) esaminandone direttamente il contenuto ovvero ricavandolo dalla sentenza o dagli atti del processo penale e effettuando la relativa valutazione con ampio potere discrezionale, senza essere vincolato dalla valutazione che ne abbia fatto il giudice penale;
da ultimo deve ribadirsi che (Cass. n. 34621 del 12/12/2023 Rv. 669575 – 01) la sentenza di assoluzione “perché il fatto non costituisce più reato” pronunciata in appello a seguito dell’abrogazione ex d.lgs. n.7 del 2016 della norma incriminatrice, non ha per effetto la completa eliminazione dell’illiceità del fatto, la quale va, pertanto, accertata dal giudice civile con pienezza di cognizione e sulla base di una adeguata valutazione, quantomeno indiziaria, delle acquisizioni fattuali e probatorie già compiute innanzi al giudice del dibattimento penale, onde evitare un’indebita dispersione delle stesse;
il processo civile dinanzi al Tribunale di Torino, nel quale è stata svolta la consulenza grafologica che è stata prodotta dinanzi al Tribunale di Udine, si è, peraltro, concluso con pronuncia di rigetto per prescrizione delle domande risarcitorie del COGNOME, senza alcuna affermazione circa l’affidabilità di detta consulenza grafologica;
a tanto consegue che le censure del Pez in ordine al maggiore o minore valore probatorio o comunque di affidabilità di detta seconda perizia grafologica, in quanto svolta nel pieno contraddittorio delle parti, sono rimasti del tutto privi di un appiglio, non essendosi il Tribunale di Torino pronunciato con sentenza di merito condividendo le affermazioni del consulente tecnico ivi nominato e avendo,
peraltro il Tribunale di Udine esercitato il proprio potere di scelta delle risultanze probatorie con motivazione logica e coerente, resa alla pag. 7 della sentenza, non infirmata, giusta quanto rilevato, dalle censure del Pez;
in ordine alla contestazione dell’ammontare del risarcimento anch’essa è inammissibile sia perché mossa nell’ambito dell’art. 360, primo comma, n. 5 ed è dunque inammissibile per preclusione da c.d. doppia conforme , ai sensi dell’ancora, all’epoca di notifica del ricorso, effettuata il 21/02/2023, art. 348 ter , commi quarto e quinto, c.p.c. (la stessa previsione normativa è stata trasfusa, dal d.lgs. n. 149 del 10/10/2022, nell’art. 360, comma quarto , c.p.c., applicabile alle impugnazioni notificate dopo il 28/02/2023), sia in quanto le censure avanzate dal Pez con il terzo motivo di ricorso sono del tutto generiche a fronte della motivazione del Tribunale, che nel condividere la quantificazione operata dal Giudice di pace ha evidenziato, alla pag. 8 della sentenza, che il danno subito dal COGNOME, derivante dalla falsa sottoscrizione dei certificati del Fondo JPM Singapore D e dei titoli Fondo JPM Russia D, era di ammontare maggiore ai cinquemila euro e che la liquidazione era stata contenuta in detta cifra in considerazione della espressa limitazione ad essa della domanda risarcitoria del COGNOME;
il ricorso, in conclusione, è infondato e inammissibile;
il ricorso è, pertanto, rigettato;
le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo e distratte in favore dell’avvocato del controricorrente che ha reso la dichiarazione di cui all’art. 93, primo comma, c.p.c. ;
la decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME .
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 5/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME