Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30822 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 30822 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/11/2025
SENTENZA
sul ricorso 19665-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 166/2022 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 20/06/2022 R.G.N. 276/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/10/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega avvocati NOME COGNOME DI COGNOME, NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Genova, pronunziando in sede di reclamo ex lege n. 92/2012, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato in data 28.2.2017 da RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE, sulla base di contestazione che ascriveva al dipendente di essersi appropriato, nello svolgimento delle funzioni di croupier, in occasione di due operazioni di cambio di denaro in gettoni da gioco, di due banconote da 100 euro ciascuna; la contestazione era fondata sulle riprese effettuate dalle telecamere presenti sul tavolo da gioco in cui il COGNOME aveva operato come croupier, riprese che la Corte di merito ha ritenuto non utilizzabili alla luce delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, richiamata dal contratto collettivo .
La Corte di merito, premesso che le riprese oggetto di causa erano state effettuate tramite impianti di controllo a distanza autorizzati dall’RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/ 1970 nel testo antecedente alle modifiche introdotte dal d. lgs n. 151/2015 e che in base all’autorizzazione i fatti ripresi con le telecamere non potevano in nessun caso costituire oggetto di contestazione disciplinare o motivo di addebito potendo essere utilizzate esclusivamente e a discolpa del lavoratore e premesso altresì che l’art. 35 del ccl del RAGIONE_SOCIALE, rubricato Tutela del patrimonio aziendale , per gli impianti audiovisivi richiamava
le disposizioni dell’RAGIONE_SOCIALE che ne regolamentava le modalità di utilizzo, ha ritenuto che la lettura congiunta dei provvedimenti autorizzativi e delle disposizioni collettive, precludeva l’utilizzazione delle riprese a fini disciplinari, pur in presenza di comportamenti pregiudizievoli del patrimonio aziendale. Ha quindi osservato che la finalità delle riprese era volta essenzialmente a consentire la pronta ed efficace risoluzione delle contestazioni di gioco ed a tutelare il patrimonio del RAGIONE_SOCIALE a fronte di possibili illeciti di soggetti terzi laddove il controllo dei lavoratori era demandato a visite ispettive o ad altre figure professionali presenti all’interno del luogo di RAGIONE_SOCIALE; era inoltre da escludere che le videocamere costituissero ‘strumenti di RAGIONE_SOCIALE‘ ai fini del comma 2 dell’art. 4 cit. nel testo novellato, come viceversa sostenuto dalla società. Secondo il giudice di appello, anche a voler opinare che le specifiche prescrizioni contenute nell’autorizzazione amministrativa non potessero precludere al datore di RAGIONE_SOCIALE un controllo a distanza involgente illeciti di gravità tale da configurare un reato, neppure sussistevano i presupposti per tale controllo difensivo posto che il controllo non aveva riguardato dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto bensì dati precedentemente raccolti e solo successivamente esaminati; in un’ottica di bilanciamento degli opposti interessi la Corte, richiamate le concrete modalità di articolazione del controllo, ha ritenuto che la parte RAGIONE_SOCIALE ben avrebbe potuto utilizzare misure e metodi meno invasivi rispetto all’obiettivo di tutela perseguito. La inutilizzabilità delle video riprese comportava la mancanza di prova del fatto illecito ascritto al dipendente conseguendone la illegittimità del recesso datoriale.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso
Il P .G. ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. n. 300/1970, dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.; censura la sentenza impugnata sul rilievo che l’art. 4 comma 2 l. n. 300/1970 esclude la necessità di preventive autorizzazioni (peraltro nello specifico sussistenti) con riferimento agli strumenti di RAGIONE_SOCIALE, tra i quali dovevano annoverarsi anche gli impianti audiovisivi collocati sopra i tavoli da gioco, in quanto indispensabili al fine dell'<> del tavolo da gioco.
Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. n. 300/1970, dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.; la sentenza impugnata è censurata per non avere considerato l’inapplicabilità delle procedure autorizzative previste dal comma 1 dell’art. 4 cit., agli impianti audiovisivi di RAGIONE_SOCIALE, anche in considerazione della natura ‘ preterintezionale’ o ‘ incidentale’ del controllo, che può derivare dal loro funzionamento sull’attività di RAGIONE_SOCIALE dei croupiers; per come pacifico, ai sensi dei provvedimenti autorizzativi e degli accordi sindacali (art. 35 ccl), l’impianto di video sorveglianza aveva una duplice finalità: a) dirimere le eventuali controversie di gioco; b) tutelare il patrimonio aziendale; tanto escludeva la finalità di controllo, anche a distanza, della corretta esecuzione della prestazione di
RAGIONE_SOCIALE; di conseguenza risultava senz’altro utilizzabile ai sensi del comma 2 dell’art. 4 cit. ( rectius comma 3) il contenuto delle videoriprese stante il carattere incidentale del riscontro di attività illecita da parte del dipendente .
3.Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. n. 300/1970, dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., censurando la sentenza impugnata per non avere considerato che, in ogni caso, gli impianti audiovisivi erano stati autorizzati attraverso plurimi, successivi atti degli organi competenti e che il loro utilizzo, anche a fini di tutela del patrimonio aziendale era consentito dall’art. 35 ccl; non era stato inoltre considerato che il COGNOME aveva ricevuto adeguata informazione sulle modalità d’uso degli strumenti e sulla effettuazione dei controlli.
4. Con il quarto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. n. 300/1970, dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., censurando in sintesi la sentenza impugnata per avere ritenuto che la video sorveglianza a scopo difensivo, cioè finalizzata ad evitare il perpetrare di condotte illecite fosse legittima solo laddove generata ex post da presunti ‘ legittimi sospetti’ dal datore di RAGIONE_SOCIALE reso edotto di eventuali condotte illecite; sostiene che non vi era ragione di escludere la possibilità di avvalersi delle risultanze dell’impianto di video sorveglianza che avessero fatto emergere la commissione di un illecito avente addirittura rilevanza penale; né la soluzione alla quale era pervenuto il giudice di merito risultava giustificata dal necessario bilanciamento di interessi stante il diritto del datore di RAGIONE_SOCIALE di proteggere la propria azienda desumibile dall’art. 41 Cost.
.
Con il quinto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., censurando la sentenza alla impugnata per avere escluso il raggiungimento della prova del fatto ascritto senza prendere in considerazione ulteriori fonti di prova, compreso il principio di non contestazione, oltre alle risultanze delle video registrazioni.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
6.1. La sentenza impugnata ha escluso che gli impianti audiovisivi installati sui tavoli da gioco avessero natura di ‘ strumenti i RAGIONE_SOCIALE‘ ai fini di cui al comma 2 del novellato art. 4 St. lav.; in particolare ha accertato che l’utilizzo dell’impianto di ripresa audiovisivo era di esclusiva competenza degli addetti alla sala regia ed operava al di fuori delle mansioni e della sfera di competenza dei croupier: ha inoltre valorizzato, in un’ottica di bilanciamento di interessi anche in relazione alla tematica dei controlli difensivi, il fatto che la società RAGIONE_SOCIALE aveva approntato una serie di accorgimenti e cautele che consentivano l’esercizio del necessario controllo con modalità appropriate e pertinenti per cui non risultava imprescindibile il ricorso alla video sorveglianza.
6.2. Le censure articolate con il motivo in esame non inficiano l’accertamento del giudice di merito circa la esclusione della configurabilità quali strumenti di RAGIONE_SOCIALE delle telecamere installate sui tavoli da gioco; esse si traducono nell’espressione di un mero dissenso valutativo fondato su una richiesta di rivalutazione delle emergenze di causa e, in quanto tali, pongono una mera questio facti non riconducibile ad alcuno dei vizi per i quali ai sensi dell’art. 360 c.p.c. è consentito il ricorso per cassazione.
Il secondo il terzo ed il quarto motivo di ricorso, trattati congiuntamente per connessione, non risultano meritevoli di accoglimento.
7.1. Si premetta che l’art. 4 legge n. 300/1970, rubricato (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo), nel testo sostituito dall’art. 23, comma 1 , d. lgs n. 151/2021, applicabile ratione temporis , così recita: 1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del RAGIONE_SOCIALE e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano RAGIONE_SOCIALE.
In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’RAGIONE_SOCIALE o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’RAGIONE_SOCIALE. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono
utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di RAGIONE_SOCIALE a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
7.2. La previsione posta dal comma 3 di utilizzabilità a tutti i fini connessi al rapporto di RAGIONE_SOCIALE delle informazioni raccolte a mente dei commi precedenti, secondo la piana lettura del dato testuale comporta, per il profilo che viene in rilievo, la piena utilizzabilità a fini disciplinari delle informazioni raccolte per il tramite degli impianti audiovisivi, ferma restando in ogni caso la necessità di verifica degli ulteriori presupposti di legge delineati dal comma 3, vale a dire necessità di adeguata informazione al lavoratore delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e rispetto delle disposizioni dettate dal Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al d. lgs. n. 196/2003.
7.3. Il tema del possibile contrasto tra la previsione di generale utilizzabilità delle informazioni raccolte sancita dal comma 3 ed eventuali limitazioni alla stessa scaturenti da prescrizioni contenute nell’autorizzazione amministrativa dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE è stato già affrontato da questa Corte, la quale in fattispecie di autorizzazione amministrativa con clausola limitativa anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 23 comma 1 d. lgs. n. 151/2015 ha ritenuto, in sintesi, che al sopravvenire della nuova disciplina tale clausola avrebbe dovuto ritenersi caducata. In particolare è stato chiarito che <>( Cass. n. 32683 del 2021)
7.4. Il giudice di legittimità, con argomentazioni condivise da questo Collegio ed alle quali si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., ha ritenuto quindi travolte dal sopravvenire della novella legislativa le prescrizioni con essa in contrasto limitative del rilievo disciplinare dei dati raccolti.
7.5. Tale soluzione non può essere automaticamente trasposta in relazione alla presente fattispecie posto che,
secondo quanto accertato dalla Corte di merito e non specificamente contrastato sul punto dalla odierna ricorrente, l’inutilizzabilità delle informazioni scaturiva non dalla sola autorizzazione amministrativa ma dal relativo espresso recepimento operato dalle parti in sede di contratto collettivo (v. sentenza, pagg. 26 e 27); in questa prospettiva l’inutilizzabilità delle informazioni raccolte dalle videocamere costituisce espressione della libera esplicazione dell’autonomia privata delle parti collettive, senz’altro meritevole di tutela, configurandosi nello specifico quale clausola di maggior favore per il lavoratore.
7.6. Il rigetto del secondo motivo assorbe l’esame del terzo motivo di ricorso stante il rilievo dirimente, rispetto ad ogni altra considerazione, connesso alla volontà dell’autonomia collettiva di recepire le clausole dell’autorizzazione amministrativa e quindi anche quelle limitative dell’utilizzabilità a fini disciplinari dei dati raccolti attraverso le riprese audiovisive. In questa prospettiva, invero, nessun rilievo ai fini dell’utilizzabilità delle informazioni è da connettere alla verifica del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3 dell’art. 4 cit., investita con il terzo motivo.
7.7. Il rigetto del secondo motivo comporta l’inammissibilità – per sopravvenuto difetto di interesse ad impugnare – del quarto motivo di ricorso con il quale è investita l’autonoma ratio posta alla base dell’asserita inutilizzabilità dei dati raccolti rappresentata dall’esclusione del ricorrere dei presupposti per la configurabilità di un legittimo ‘controllo in senso stretto’.
8. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile, in quanto le censure articolate pur veicolate attraverso la formale deduzione del mezzo di cui all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.
risultano nella sostanza intese ad un diverso apprezzamento nel merito delle risultanze di causa. La violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio in ordine alle ragioni giustificative del licenziamento, interamente gravante sulla parte datoriale; per l’altro aspetto, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 4699 e 26769 del 2018; Cass. n. 1229 del 2019; v., da ultimo, pure Cass. n. 24395 del 2020), come in concreto non avvenuto.
Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna della ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1quater d.p.r . n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’8 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME