Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18499 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18499 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31931/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso gli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, dai quali è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difesa unitamente all’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti; -controricorrente- avverso la sentenza n. 81/2020 della Corte d ‘appello di RAGIONE_SOCIALE , pubblicata in data 01.04.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22.05.2024 dal Cons. rel., dott. AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. Con citazione del 2015, la RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE Intesa Sanpaolo spa (già RAGIONE_SOCIALE) chiedendone la condanna alla restituzione delle somme indebitamente percepite a titolo d’interessi sulla linea di credito concessale su un conto corrente aperto nel novembre 2011, e per interessi anatocistici.
2. – In particolare, l’attrice deduceva che per il quarto trimestre 2012 e il terzo trimestre 2013, era stato applicato un tasso eccedente quello soglia, lamentando usura oggettiva sopravvenuta, mentre nel primo e secondo trimestre 2013 era stato applicato un tasso rispettoso di quello soglia, ma superiore al TEGM, ricorrendo così usura soggettiva
3. Con sentenza del 26.10.18, il Tribunale accoglieva la domanda limitatamente alla somma di euro 458,25 per gli interessi anatocistici, rigettandola per il resto, osservando che: non sussisteva l’usura oggettiva sopravvenuta, in quanto all’atto della stipula del contratto i tassi convenuti, riferiti all’apertura di credito oltre la somma di euro 5.000,00, erano contenuti entro il tasso-soglia (SU, n. 24675/17), precisando che comunque, quanto al secondo trimestre 2012 (in fase successiva alla stipula del contratto) il TEG applicato era inferiore al tasso-soglia, mentre circa il terzo trimestre 2013, il tasso applicato non riguardava l’apertura di credito oltre euro 5 .000,00, ma lo scoperto di conto corrente senza fido, in quanto l’apertura di credito era scaduta il 30.4.13, a nulla rilevando che anche dopo la stessa fossero state effettuate altre operazioni allo scoperto, non comportando ciò una proroga del fido; non era stata dimostrata l’usura soggettiva, non emergend o dai dati acquisiti prove dell’appro fittamento delle condizioni
finanziarie della società attrice; era fondata la doglianza sull’anatocismo, ma solo dall’1.1.14, essendo per il periodo precedente legittimamente prevista la capitalizzazione trimestrale degli interessi, attivi e passivi, come da delibera CICR del 9.2.2000; a seguito della modifica dell’art. 120 TUB, vigente nel periodo 1.1.2014/14.4.16, gli interessi non erano più dovuti secondo il precedente meccanismo (risultando peraltro una differenza a favore dell’attrice).
4. C on sentenza dell’1.4.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello della società attrice, osservando che: circa la questione dell’usura sopravvenuta, era da confermare la sentenza impugnata, non ravvisandosi, peraltro, una difforme giurisprudenza penale; parimenti inaccoglibile era il motivo circa il tasso d’interessi applicato in ordine al terzo trimestre 2013, per il ritenuto mancato superamento del tassosoglia per l’intervenuta scadenza dell’apertura di credito, in quanto la banca aveva correttamente applicato gli interessi stabiliti per lo sconfinamento senza fido (sia perché verrebbe comunque in rilievo il principio dettato dalle Sezioni Unite della Cassazione -a tenore del quale il superamento del tasso soglia in tema di usura va verificato al momento della stipula del contratto -sia perché lo stesso contratto, all’ art. 1.5, prevedeva che le concessioni di credito successive alla scadenza dell’apertura di credito, non comportavano il ripristino della stessa); era infondata la doglianza relativa all’illegittima applicazione, all’atto della stipula contrattuale, del ta sso del 18,114%, come desumibile dalla ctp, sia in quanto tale tasso non era stato indicato in citazione, sia in quanto non era stato prodotto il decreto ministeriale regolante i tassisoglia vigenti all’epoca (2.11.2011), sia considerando che tale tasso era previsto in ordine agli sconfinamenti in assenza di fido, inferiore al tasso-soglia; non aveva altresì pregio la critica che il TAEG sarebbe stato erroneamente calcolato sulla base di una formula
matematica adottata dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, non rappresentando un tasso d’interesse effettivo, ma una mera indagine statistica, atteso che non era stato prodotto un calcolo alternativo circa il superamento del tassosoglia; era parimenti infondata la critica sulle commissioni di massimo scoperto , mai applicate, e sulla mancata prova dell’usura soggettiva, avendo sul punto l’appellante riproposto le argomentazioni già espresse in primo grado, senza sviluppare una critica della decisione del Tribunale, ma alleg ando fatti nuovi nell’atto d’appello, che comunque non dimostravano l’approfittamento da parte della banca dello stato di difficoltà in cui versava l’appellante; era infondata la doglianza circa la mancata rilevazione della nullità della clausola contratt uale relativa all’anatocismo, non solo per il periodo successivo all’1.1.2014, ma anche per quello pregresso (per il quale era prevista la capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi), alla luce della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 25, c.3, d.lgs. n. 342/99 (che avrebbe reso illegittimo l’anatocismo indipendentemente da quanto previsto dalla delibera CICR del 9.2.2000); al riguardo, le clausole anatocistiche inserite nei contratti bancari stipulati dopo il 22.4.2000 (quali quelli in esame) erano, sino all’1.1.14, del tutto legittime, nel caso di pari periodicità degli interessi, attivi e passivi; nella specie, i contratti di conto corrente e di apertura di credito prevedevano la capitalizzazione degli interessi attivi e passivi con cadenza trimestrale, mentre le clausole predette erano state espressamente approvate con autonoma sottoscrizione ex art. 1341 c.c.; l’appellante andava condannato ex art. 96, c.3, cpc, posto che l’appello era stato proposto sulla base di argomenti s peciosi e fuorvianti, frutto di superficiale lettura dei documenti di causa, sicché l’impugnazione si configurava pretestuosa, promossa per evidente colpa grave, se non di dolo.
5. La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione con cinque motivi, illustrati da memoria. Intesa Sanpaolo resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
6. – Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 644 c.p. e del la l. n. 108/96, per aver la Corte d’appello applicato i principi dettati dalle Sezioni Unite nel 2017, considerando il diverso orientamento internazio nale sull’usura sopravvenuta (di cui ai Principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali del 2010 con riguardo alle ipotesi di cd. Hardship , quando si verifichino eventi che alterano sostanzialmente l’equilibrio contrattuale).
La ricorrente, in subordine, lamenta che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato i principi di cui alla suddetta sentenza delle Sezioni Unite , venendo in rilievo un’apertura di credito e non un contratto di muto (come nella fattispecie oggetto della citata sentenza).
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 644 c.p. e del la l. n. 108/96, per aver la Corte territoriale ritenuto valevoli le istruzioni della B anca d’Italia ai fini del calcolo del TEG e del tasso -soglia, non congruenti con l’art. 644 citato, rappresentando solo dati di rilevanza statistica.
Il terzo motivo denunzia, in ordine alla questione dell’usura soggettiva, l’ omesso esame di fatto decisivo, in ordine agli estratti-conto, per non aver la Corte d’appello considerato che la situazione di sovraindebitamento della ricorrente era documentalmente provata dagli stessi estratti-conto, non esaminati.
Il quarto motivo denunzia violazione dell’art. 1283 c.c., in relazione all’applicabilità della delibera CICR 9.2.2000 e della legge di stabilità
2014, per aver il giudice di secondo grado ritenuto che la suddetta circolare sarebbe estensibile anche alle aperture di credito.
Il quinto motivo denunzia violazione dell’art. 96, c.3, cpc, per aver la Corte d’appello condannato la ricorrente per lite temeraria, senza tener conto che la propria difesa era stata fondata su una perizia econometrica redatta da esperto contabile volta a calcolare il tasso effettivo applicato al contratto per cui è causa, al fine di conseguire una pronuncia sull’illegittima applicazione di interessi ultralegali, senza peraltro motivare sull’elemento soggettivo.
Il ricorso è inammissibile.
7.1. Il primo motivo è diretto a sovver tire l’interpretazione della Corte d’appello, fondata sull’applicazione della citata sentenza delle Sezioni Unite- n. 24675/17- adducendo argomenti non pertinenti, ed altresì nuovi, sia nel ricorso che nella memoria.
In particolare, non emerge dagli atti che la ricorrente abbia invocato, nei gradi di merito, la normativa internazionale. Va comunque rilevato che il richiamo dei ‘principi Unidroit’, afferenti all’ipotesi della cd. Hardship, non si confronta con la motivazione contestata, riguardando tali principi eventi, in sé leciti, che alterano l’ equilibrio sinallagmatico dei contratti commerciali, mentre nel caso concreto viene in rilievo l’accertamento della eventuale natura illecita degli interessi concordati dalle parti.
Inoltre, la doglianza riguardante l’inapplicabilità dei principi dettati dalla predetta sentenza delle Sezioni Unite non ha pregio, in quanto ai fini dell’applicabilità di tali principi l’apertura di credito può essere equiparata al contratto di mutuo, attesa la medesima ratio in tema di tassisoglia per l’accertamento degli interessi usurari.
7.2. Il secondo motivo è del pari inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti circa la rilevanza delle istruzioni della RAGIONE_SOCIALE d’Italia ai
fini del calcolo del Teg per la determinazione del tasso-soglia antiusura; la critica è altresì priva di specifica e plausibile censura della sentenza impugnata.
7.3. Il terzo motivo è parimenti inammissibile, diretto al riesame dei fatti riguardo alla prova dell’usura soggettiva. Invero, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., n. 16812/18).
Nella specie, la Corte territoriale ha esaminato gli estratti-conto, con espressa motivazione; la critica non è neppure autosufficiente in quanto non prospetta quali fatti decisivi avrebbero dovuto emergere dall’esame degli stessi estratti-conto riguardo alla prova dell’approfittamento delle condizioni di crisi economica della ricorrente. 7.4. Il quarto motivo è inammissibile, anzitutto circa la questione dell’ asserita inapplicabilità della circolare CICR del 9.2.2000 alle aperture di credito, trattandosi di disposizioni applicabili nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche e dagli intermediari finanziari in generale.
Se s’intende , poi, il motivo come riferito anche alla questione della validità delle clausole contrattuali a seguito dell’entrata in vigore della suddetta delibera, e della sentenza della Corte cost. -che dichiarò
l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’art. 25 d.lgs. n. 342/99 -la doglianza è inammissibile poiché dagli atti emerge la pariteticità degli interessi, attivi e passivi, mentre le clausole sono state approvate per iscritto.
7.5. Infine, il quinto motivo è del pari inammissibile, diretto al riesame della valutazione effettuata dalla Corte di merito in ordine ai presupposti della condanna per lite temeraria.
Il fondamento costituzionale della responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., risiede nell’art. 111 Cost. – il quale, ai commi 1 e 2, sancisce il principio del giusto processo regolato dalla legge e quello, al primo consustanziale, della sua ragionevole durata – e ha come presupposto la mala fede o colpa grave, da intendersi quale espressione di scopi o intendimenti abusivi, ossia strumentali o comunque eccedenti la normale funzione del processo, i quali non necessariamente devono emergere dal testo degli atti della parte soccombente, potendo desumersi anche da elementi extratestuali concernenti il più ampio contesto nel quale l’iniziativa processuale s’inscrive (Cass., n. 36591/23).
Nella specie, la Corte d’appello ha motivato sull’inconsistenza oggettiva degli argomenti a sostegno dell’appello , e sull’esame superficiale dei documenti di causa, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede (a nulla rilevando il riferimento alla perizia econometrica).
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 7.200,00 di cui 200,00 per esborsi,
oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 22 maggio 2024.