Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9206 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20721/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO
(CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRENTO n. 294/2019 depositata il 21/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Con riferimento a un rapporto di conto corrente intrattenuto con Intesa Sanpaolo (già Banca di Trento e RAGIONE_SOCIALE), la società RAGIONE_SOCIALE dedusse, dinanzi al Tribunale di Trento, che in alcuni periodi era stato superato il tasso soglia dell’usura e che durante l’intera durata del rapporto la banca aveva capitalizzato interessi passivi in violazione del divieto di anatocismo.
Proposte le afferenti domande di accertamento, chiese la restituzione delle somme indebitamente addebitate e il risarcimento dei danni.
Nella resistenza della banca il Tribunale , all’esito di una c.t.u., respinse le pretese.
Il gravame della società RAGIONE_SOCIALE è stato a sua volta respinto dalla C orte d’ Appello di Trento con sentenza in data 21-11-2019, non notificata.
La sentenza ha stabilito: (a) che la c.t.u., dopo una prima relazione di diverso segno, aveva eseguito il ricalcolo delle somme addebitate in conto ed era pervenuta alla conclusione che il tasso soglia dell’usura, seguendo le istruzioni della Banca d’Italia , non era stato superato quanto ai periodi indicati dall’attrice ; (b) che era da escludere l’usura soggettiva parimenti profilata, perché nessun elemento di prova era stato offerto in giudizio a tal riguardo; (c) che a proposito dell’anatocismo l’assunto della parte era risultato contraddetto dalla validità della clausola di capitalizzazione, visto che la modalità di calcolo
era stata prevista simmetricamente, sia dal lato attivo che dal lato passivo del rapporto, come previsto dalla delibera del Cicr del 9-2-2000.
La società ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.
La banca ha replicato con controricorso.
La ricorrente ha depositato una memoria.
Ragioni della decisione
I. -La ricorrente deduce nell’ordine:
(i) violazione dell’art. 644 cod. pen. e della l. n. 108/1996 in punto usura oggettiva e calcolo del Teg con riferimento alle istruzioni emanate dalla Banca d’Italia, in quanto l’attività di raccolta dei dati fatta dalla Banca d’Italia a scopo puramente statistico non può mutare i termini di determinazione del tasso d’interesse usurario rimesso alla rilevazione ministeriale;
(ii) omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dagli estratti di conto corrente quale elemento di accertamento della cd. usura soggettiva;
(iii) violazione dell’art. 1283 cod. civ. in relazione all’applicazione della delibera del Cicr 9-2-2000 e al criterio di reciprocità per le aperture di credito in conto corrente , in quanto l’estensione della reciprocità di capitalizzazione degli interessi al contratto di apertura di credito in conto corrente non sarebbe ‘affatto pacifica ed assodata’ .
(iv) violazione d ell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia in ordine ai rilevati profili di indeterminatezza delle condizioni del contratto.
II. – Il primo motivo è inammissibile perché nella sua genericità postula un sindacato di fatto.
La conclusione resa dalla C orte d’ Appello di Trento è nel senso dell’avvenuto rispetto, in ognuno dei periodi indicati dall’attrice, del tasso soglia dell’usura .
Tale conclusione risulta basata su una c.t.u. che -dice la sentenza -aveva rettificato le iniziali conclusioni favorevoli all’attrice alla luce
della determinazione del Teg del rapporto per effetto delle indicazioni fornite dalle i struzioni della Banca d’Italia .
Occorre ricordare che, s econdo l’art. 2 della l. n. 108 del 1996, la rilevazione trimestrale del Tegm, comprensivo di commissioni e remunerazioni a qualsiasi titolo, è fatta trimestralmente dal Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’RAGIONE_SOCIALE, sulla scorta degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli appositi elenchi; e che il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 cod. pen., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito ‘ nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali ‘ .
La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali.
La ricorrente , nel criticare l’operato del c.t.u. posto a fondamento della decisione, assume che la determinazione del Teg sulla base delle indicazioni fornite dalle i struzioni della Banca d’Italia non sarebbe rispettosa del dettato normativo.
Ma questa affermazione è generica, in quanto presuppone una differenza, viceversa indimostrata e afferente al giudizio di merito, tra il costo effettivo del credito fatto in base al precetto normativo (che peraltro rinvia a determinazioni ministeriali presupponenti il parere della Banca d’Italia) e ciò che emergerebbe invece dalle istruzioni della Banca d’Italia in rapporto alle conclusioni del c.t.u.
III. – Il secondo motivo è inammissibile, dal momento che la fattispecie in esame è soggetta all’art. 348 -ter cod. proc. civ., essendo stato l’appello proposto il 10 -1-2019 ed essendo la sentenza interamente confermativa delle conclusioni già assunte dal tribunale quanto alla insussistenza del presupposto di fatto dell’usura soggettiva .
Essendosi dinanzi a un caso di cd. doppia conforme, è preclusa l’impugnazione per omesso esame di fatti (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.).
IV. – I restanti due motivi, tra loro connessi per il comune riferimento a i profili dell’anatocismo, sono egualmente inammissibili.
Il terzo mezzo implica questioni nuove.
Tali sono quella dell’estensione della delibera del Cicr del 2000 al contratto di apertura di credito e quella relativa all’art. 120, secondo comma, del T.u.b. (norma peraltro successiva al periodo temporale nel quale si collocherebbero le operazioni eccepite dall’attrice).
Sono questioni nuove perché né dalla sentenza, né dal ricorso (in prospettiva di autosufficienza) risultano prospettate dinanzi al giudice a quo .
Il quarto, nel riferire di omissioni di pronuncia da parte del giudice d’appello, dilata il concetto al profilo del richiamo del c.t.u. a chiarimenti, ritenuto non necessario dal Tribunale in esito a una motivazione incentrata su ostacoli di ordine processuale rispetto a ‘ulteriori profili di asserita nullità’ sollevati dopo la scadenza dei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ.
La ricorrente assume di aver censurato tale affermazione sul presupposto che le nullità sarebbero state rilevabili d’ufficio .
Ma ciò non serve, perché l’omissione di pronuncia andrebbe comunque apprezzata rispetto alla censura concernente ‘il mancato richiamo del c.t.u. a chiarimenti in ordine ai suddetti profili di nullità’ .
A parte il fatto che nel ricorso codesti asseriti profili non risultano compiutamente esplicitati, è risolutivo osservare che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare un’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità (v. Cass. Sez. 2 n. 21525-19, Cass. Sez. 3 n. 15666-11). Nell’attuale contesto dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. il mancato richiamo del c.t.u. a chiarimenti non è
censurabile in rapporto alla motivazione; men che meno può esserlo per il tramite della deduzione di o messa pronuncia sull’istanza reiterata in appello, proprio perché il mancato richiamo a chiarimenti è indice di per sé di una valutazione di superfluità.
V. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 6.500,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione