Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21152 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21152 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27420-2020 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, in persona del legale rapprsentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO DI
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME DI RAGIONE_SOCIALE
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 3719/2019 della CORTE DI APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/07/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 14.9.2006 il RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Napoli, invocando l’accertamento della comproprietà di un vialetto ed il suo diritto di utilizzarlo, con condanna della società convenuta a rimuovere la chiusura apposta all’ingresso di detto vialetto o a consegnarne le chiavi ad esso attore ed al risarcimento del danno.
Si costituiva la società convenuta, resistendo alla domanda ed eccependo l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà del vialetto.
Con sentenza n. 688/2012 il Tribunale accertava la comproprietà del vialetto e condannava alla convenuta la rimozione della chiusura o la consegna delle relative chiavi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE attore. Il primo giudice riteneva, in particolare, conseguita la prova dell’utilizzazione pacifica, per oltre venti anni, dal 1959 al 1998, del vialetto di cui è causa, da parte dei visitatori e dei dipendenti del museo, e dunque riconosceva l’acquisto, per usucapione, in favore dell’odierno controricorrente, del diritto di comproprietà sul predetto bene.
Con la sentenza impugnata, n. 3719/2019, la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame interposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia COGNOME NOME, avente causa di RAGIONE_SOCIALE giusta atto di acquisto del 27.6.2008, affidandosi a sette motivi.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
La società RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
In prossimità dell’adunanza camerale, il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Prima di esaminare i motivi del ricorso, va esaminata, e rigettata, l’eccezione preliminare di carenza di legittimazione all’impugnazione, da parte del COGNOME, sollevata a pag. 7 del controricorso. Come si evince infatti dalla memoria depositata dal ricorrente, l’art. 2 dell’atto di compravendita per notar COGNOME del 27.6.2008, rep. 51798, con il quale il COGNOME ha acquistato la proprietà originariamente di RAGIONE_SOCIALE, nella vendita era inclusa anche il diritto di comproprietà della strada privata oggetto del presente ricorso (cfr. pag. 4 della memoria, che richiama l’atto di provenienza, depositato anche nel presente giudizio di legittimità come documento n. 2). Il COGNOME, pertanto, aveva adeguatamente dimostrato la sussistenza della propria legittimazione ad impugnare la statuizione assunta dalla Corte di Appello, onde il ricorso da lui proposto è ammissibile.
Passando all’esame dei motivi di detto ricorso, con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione del giudicato scaturente dal giudizio possessorio svoltosi tra RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare il giudicato
esterno, derivante dalla sentenza del Pretore di Napoli n. 4155/1998, in relazione all’inesistenza, accertata in quel diverso giudizio, di un compossesso del vialetto. Tale circostanza non potrebbe essere più posta in discussione nel presente giudizio.
Con il secondo motivo, il COGNOME lamenta invece la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 2909 e 2697 c.c., nonché il vizio della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte partenopea avrebbe erroneamente escluso l’esistenza di una preclusione derivante dall’accertamento svoltosi in sede possessoria, nell’ambito del precedente giudizio conclusosi con la sopra richiamata sentenza del Pretore di Napoli n. 4155/1998.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto perché entrambi attinenti al profilo della configurabilità di un giudicato derivante dalla decisione n. 4155/1998 del Pretore di Napoli, sono infondate.
Va ribadito, sul punto, il principio secondo cui ‘Il giudicato formatosi sulla domanda possessoria è privo di efficacia nel giudizio petitorio, avente ad oggetto l’accertamento dell’avvenuto acquisto del diritto di proprietà o di un altro diritto reale per usucapione, in quanto il possesso utile ad usucapire ha requisiti che non vengono in rilievo nei giudizi possessori, ove l’accoglimento della domanda prescinde dall’accertamento della legittimità del possesso ed offre tutela ad una mera situazione di fatto che ha i caratteri esteriori dei diritti sopra menzionati’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27513 del 02/12/2020, Rv. 659689; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21233 del 05/10/2009, Rv. 610215 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7747 del 20/07/1999, Rv. 528790).
Peraltro, nel caso di specie la Corte di Appello ha esaminato il contenuto della sentenza del Pretore di Napoli n. 4155/1998,
affermando che in quella sede era insorta controversia tra le parti in relazione non già alla comunione del vialetto, ma soltanto all’esercizio del transito sullo stesso, e che, in assenza del fascicolo dell’attore con relativi atti e documenti, non era stata conseguita la prova dello spoglio lamentato, né superata l’eccezione, frapposta da parte convenuta, di decadenza dall’azione possessoria (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). Poiché dunque quella prima controversia aveva avuto ad oggetto non la proprietà del vialetto, ma solo il diritto di transitarvi, ed era stata decisa nel senso del rigetto della domanda, non avendo la parte ricorrente conseguito la prova dello spoglio lamentato, né offerto la dimostrazione della tempestività dell’azione possessoria, la Corte di Appello ha escluso la configurabilità di un giudicato esterno rilevante ai fini del presente giudizio (cfr. pag. 6 della sentenza).
Con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la nullità della sentenza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 214 e 215 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato il tacito riconoscimento, da parte della società dante causa dell’odierno ricorrente, della tesi difensiva del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in base a documentazione proveniente da soggetti diversi dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai quali mancherebbe la prova della titolarità del potere di impegnare la società.
Con il quarto motivo, si duole invece della violazione o falsa applicazione degli artt. 2702, 1398, 2729 c.c., 214, 215 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe posto a fondamento della propria decisione documentazione non opponibile alla società, in mancanza della prova della titolarità del potere di impegnare quest’ultima in capo ai soggetti dai quali la predetta documentazione proviene.
Con il quinto motivo, il COGNOME lamenta altresì la nullità della sentenza e violazione o falsa applicazione degli artt. 16, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 2729 c.c., in relazione all’art, 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe omesso di fornire motivazione adeguata circa la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli indizi emergenti dalla corrispondenza prodotta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di cui anzidetto, e posta a base della decisione impugnata.
Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili. La Corte di Appello ha ritenuto ‘… provato che il detto viale sia stato utilizzato in maniera pacifica ed incontestata da parte dei dipendenti e visitatori del RAGIONE_SOCIALE dall’epoca della donazione avvenuta nel 1959 ed almeno fino al 1998, come confermato dai testimoni del RAGIONE_SOCIALE, nonché dal copioso carteggio intercorso tra gli anni tra i rappresentanti di ‘villa NOME‘ e ‘villa NOME‘, dal quale si evince che almeno fino al 1998 non vi sia stata alcuna contestazione circa la contitolarità del vialetto’ (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). Il giudice di secondo grado ha poi valorizzato alcune deposizioni, tra le quali in particolare quelle della custode e del marito, ritenendo che le dichiarazioni dei testi indicati dal RAGIONE_SOCIALE fossero maggiormente attendibili rispetto a quelle provenienti dai testi indicati dal RAGIONE_SOCIALE, perché confermate dalle ‘… numerose missive inviate alla RAGIONE_SOCIALE e da questa riscontrate, dalle quali emerge senza ombra di dubbio che la società ha sempre riconosciuto nel RAGIONE_SOCIALE il comproprietario del viale’ (cfr. pag. 8 della sentenza), tra le quali in particolare:
quella dell’8.4.1987, con la quale la società comunicava al direttore del museo la sua intenzione di automatizzare il cancello di
accesso al vialetto, sollecitando un assenso del destinatario della missiva;
quella del 19.2.1990, con la quale la società manifestava la sua intenzione di acquistare la piena proprietà del viale, definito ‘condominiale’ ;
quella del 28.2.1990, con la quale il direttore del RAGIONE_SOCIALE, riscontrando la richiesta di acquisto della proprietà esclusiva del bene di cui è causa, la rigettava, in base alla natura inalienabile dei beni oggetto della donazione del 1959, dalla quale il RAGIONE_SOCIALE traeva il proprio titolo.
La ratio della decisione, dunque, non risiede in un ragionamento di natura presuntiva, come sembrerebbe intendere l’odierno ricorrente, bensì si fonda su un complessivo apprezzamento delle risultanze istruttorie, nel quale la corrispondenza intercorsa tra RAGIONE_SOCIALE e società costituisce solo uno dei vari elementi valorizzati dal giudice di merito. A detto apprezzamento, il COGNOME contrappone una ricostruzione alternativa del fatto e delle prove, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre
a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
La motivazione della sentenza impugnata, inoltre, non è viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logicoargomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Infine, va anche rilevato che la Corte distrettuale ha evidenziato che la corrispondenza intercorsa tra società e RAGIONE_SOCIALE era stata prodotta dalla difesa di quest’ultimo sin dal primo atto difensivo, e dunque in allegato alla citazione introduttiva del giudizio, iscritta al ruolo generale il 22.9.2005, ed era stata disconosciuta dalla società convenuta soltanto con memoria istruttoria del 16.2.2007, e dunque tardivamente. Tale specifica statuizione non viene attinta adeguatamente dall’odierno ricorrente, il quale si limita ad affermare che il disconoscimento vi era stato, senza tuttavia indicare con precisione in quale momento del giudizio di merito, e con quale strumento processuale, esso sarebbe stato proposto, né evidenziare la sua tempestività rispetto alla produzione documentale oggi contestata.
Con il sesto motivo, il COGNOME lamenta la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 132, 116 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe ravvisato la durata ultraventennale del possesso esercitato dal RAGIONE_SOCIALE, senza fornire motivazione al riguardo.
Con il settimo ed ultimo motivo, si duole invece della violazione degli artt. 948, 1158, 2697 e 2730 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte partenopea avrebbe ravvisato i presupposti per il riconoscimento dell’usucapione del diritto di comproprietà del vialetto in capo al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in assenza di relativa prova.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto in quanto attinenti entrambi al profilo della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’usucapione, sono inammissibili.
La Corte di Appello ha ritenuto che il compendio istruttorio acquisito agli atti del giudizio di merito, articolato in documenti e deposizioni testimoniali, confermasse l’esercizio, da parte del RAGIONE_SOCIALE, di un possesso pacifico e ultraventennale sul vialetto di cui è causa, esercitato a far data dalla donazione, risalente al 1959, ed almeno sino al 1998. Trattasi di accertamento in punto di fatto, fondata su riscontri istruttori specificamente indicati in sentenza e sorretta da motivazione adeguata e idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico argomentativo seguito dal giudice di merito. Valgono, dunque, le considerazioni già esposte, sotto ambedue i profili suindicati (valutazione delle prove ed esistenza della motivazione), in occasione dello scrutinio del terzo, quarto e quinto motivo.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda