Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12784 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12784 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15844/2023 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in TRIESTE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
NOME (pt. NOME), NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME (pt. NOME)
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 225/2023 depositata il 26/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME citarono davanti al Tribunale di Trieste NOME NOME e le altre persone indicate in epigrafe con intimati per essere dichiarati proprietari per usucapione di una striscia di terreno della strada di accesso alla loro abitazione. NOME COGNOME, proprietario intavolato pro quota della strada, intervenne in giudizio opponendosi alla domanda. Il Tribunale accolse la domanda. La Corte di Appello di Trieste, con la sentenza n.225 del 2023, ha respinto l’appello di NOME COGNOME e confermato la decisione di primo grado osservando che il possesso e la relativa durata ultraventennale -contestati dal Tull- erano stati dimostrati dagli originari attori mediante testimonianze dalle quali era emerso che, a far data dagli anni 70 del 1990, essi avevano utilizzato il terreno come parcheggio, avevano provveduto alla manutenzione del terreno, vi avevano realizzato opere in particolare di piantumazione di alberi, nessun altro aveva utilizzato il terreno, gli attori avevano escluso i terzi dall’uso del terreno; l’esclusività del possesso, in particolare, era stata dimostrata mediante atti di un procedimento possessorio promosso e vinto dagli attori nel 2013 contro la figlia di NOME COGNOME per reagire alla di lei condotta consistita nel passare attraverso il terreno mediante l’apertura di un varco di accesso alla strada. La Corte di Appello ha poi escluso che, a fronte delle
testimonianze, potessero avere rilievo alcune fotografie prodotte dal Tull a dimostrazione del suo assunto per cui il terreno era usato come parcheggio anche da parte di terzi e per cui la piantumazione aveva avuto luogo solo nel 2012, trattandosi di fotografie ‘che non dimostrano il parcheggio anche da parte di soggetti diversi ed evidenziano invece il mutamento dei luoghi a seguito delle opere eseguite dagli appellati’;
contro
la citata sentenza della Corte di Appello di Trieste NOME COGNOME ricorre con due motivi avversati da NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso;
la causa perviene al Collegio a seguito di istanza di decisione formulata dal ricorrente in relazione alla proposta di definizione della causa ex art. 380 bis c.p.c. per inammissibilità o manifesta infondatezza dei motivi di ricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica di ‘violazione dell’art. 2712 c.c.’, si lamenta che la Corte di appello avrebbe ritenuto erroneamente prive di valenza probatoria le fotografie malgrado le stesse dimostrassero che nel 2012 non vi erano le piantumazioni che controparte sosteneva di aver effettuato più di vent’anni prima della data di esercizio della azione di usucapione né vi era alcun tipo di recinzione.
Il motivo è inammissibile riducendosi ad un tentativo di far rivalutare da questa Corte di legittimità cosa le fotografie mostrino dopo che il giudice del merito le ha valutate e ha dato conto del fatto che esse ‘evidenziano il mutamento dei luoghi a seguito delle opere eseguite dagli appellati’. La revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice del merito è attività certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. (Cass. Su 24148/2013);
con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione artt. 1158 e 1163 c.c. per avere la Corte di appello ritenuto utile, ai fini
della usucapione, un possesso che si è espresso solo con il parcheggio, la pulitura e la piantumazione del terreno.
Il motivo è inammissibile per ragioni analoghe a quella per cui è stato dichiarato inammissibile il primo motivo.
Si deduce violazione di legge ma alla deduzione è sottesa questa struttura argomentativa: poiché il giudice di merito ha accertato i fatti X e tale accertamento non corrisponde alla realtà delle cose, allora sono state violate le norme giuridiche Y. Tale struttura scambia il ruolo della Corte di cassazione per quello di una terza istanza di merito.
La Corte di Appello ha accertato che il possesso si è estrinsecato nel parcheggio, nella manutenzione, nella piantumazione e, oltre, nel ‘mutamento dei luoghi a seguito delle opere eseguite’ e che il possesso si è estrinsecato ‘escludendo gli altri’ (v. sentenza pagina 9). La Corte di Appello ha fatto riferimento ad una azione giudiziaria intrapresa dagli attuali controricorrenti contro la figlia del ricorrente per impedirle di passare dal terreno.
La Corte di Appello ha così, motivatamente, ritenuto raggiunta la prova del possesso del bene, da parte dei controricorrenti, “uti domini”, in base ad una pluralità di elementi dimostrativi della corrispondenza del potere di fatto dagli stessi esercitato all’immagine della potestà di godimento del proprietario e, al contempo, indicativi dell’intenzione dei possessori di esercitare sulla striscia di terreno in questione una relazione materiale configurabile in termini di ” ius excludendi alios “. La Corte di Appello ha svolto un accertamento di fatto, insuscettibile di rivalutazione in questa sede, basato sul complesso dei poteri esercitati sul bene, da parte dei possessori;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod.
proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque
infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma. Il ricorrente va condannato al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 2000,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 3000,00, in favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida in € 2000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 2000,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’8 maggio 2025.