Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6839 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 6839 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 26736/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali -nonché
COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME
-intimati-
avverso la sentenza n. 215/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata in data 29/03/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME Udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso: rigettare il ricorso principale, accogliere il ricorso incidentale e, per l’effetto, cassare la sentenza e rinviare alla stessa Corte d’Appello in diversa composizione. Udito l’avvocato NOME COGNOME su delega scritta dell’avvocato
NOME COGNOME per i ricorrenti.
Fatti di causa
NOME NOME e NOME COGNOME insorsero con opposizione di terzo avverso sentenza, passata in giudicato, con la quale il Tribunale di Nicosia aveva costituito una servitù di passaggio gravante sul fondo di NOME COGNOME e NOME COGNOME e posta a vantaggio del fondo di NOME e NOME COGNOME prospettando che il percorso del passaggio imposto dal giudice si collocava all’interno di una porzione di terreno di circa 600 mq, il cui diritto di proprietà gli attori avevano usucapito.
I coniugi COGNOMECOGNOME oltre a chiedere il rigetto della domanda, avanzarono riconvenzionale al fine di ottenere la rideterminazione del confine e l’apposizione dei termini.
I germani COGNOME chiesero il rigetto della domanda.
Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti nei confronti delle quali era stata pronunciata la sentenza fatta oggetto dell’opposizione, l’adito Tribunale rigettata l’opposizione, regolò il confine, dispose l’apposizione dei termini e condannò gli opponenti alla restituzione della porzione di terreno indebitamente occupata.
La Corte d’appello di Caltanissetta rigettò l’impugnazione principale di NOME NOME e NOME COGNOME, nonché quella incidentale di NOME e NOME COGNOME.
2.1. Per quel che qui ancora rileva è opportuno precisare che la Corte nissena:
rigettò la pretesa subordinata di acquisto per usucapione speciale di cui all’art. 1159 bis cod. civ. per assenza dei presupposti di legge, mancando la prova che quello stacco di terreno, di limitata superficie, fosse stato effettivamente destinato in concreto all’attività agricola;
rigettò la pretesa di acquisto per usucapione ventennale per mancata prova del possesso, il quale, comunque non si sarebbe potuto protrarre per il ventennio di legge, poiché dalla data di acquisto dei danti causa degli appellanti (14/10/1982) al 12/4/2002 non erano decorsi vent’anni, affermando costituire atto interruttivo del possesso <>, escludendo, inoltre, incongruità della motivazione di primo grado a riguardo dl giudizio d’inattendibilità del teste NOME COGNOME
rigettò la pretesa secondo la quale il Tribunale aveva errato nel determinare i confini sulla base della relazione di consulenza espletata in altro giudizio (procedura esecutiva), al quale gli appellanti erano rimasti estranei.
NOME COGNOME e NOME Raffaele propongono ricorso sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso, in seno al quale avanzano ricorso incidentale fondato su un solo motivo.
All’approssimarsi della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato memorie e il Pubblico ministero, in persona del
Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1158 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
I ricorrenti sostengono che il Giudice d’appello non s’era avveduto che dello stacco di terreno di cui si discute, intestato all’epoca a NOME COGNOME, dante causa dei COGNOME, gli esponenti avevano <>; di talché, proprio perché il vigneto costituiva l’opera visibile e permanente, avrebbe dovuto desumersi il possesso continuato, mentre era errato affermare che il possesso avrebbe potuto decorrere solo dall’acquisto dai Vallone.
Sotto altro profilo, si soggiunge, la Corte locale non s’era avveduta che l’art. 1158 cod. civ., a differenza dell’art. 1061 cod. civ., richiede solo il possesso continuato.
Il ‘fatto storico’ dell’esistenza della vigna, ancor prima del 1982, aveva costituito questione dibattuta fra le parti, che sul punto avevano articolato mezzi di prova. A tal fine i ricorrenti richiamano la deposizione dei testi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
4.1. La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
4.1.2. La Corte di Caltanissetta ha spiegato che gli esponenti, sulla base delle emergenze di causa, non avevano provato di avere posseduto il lembo di terreno a far data dal lontano 1975, potendosi, a tutto concedere, fissarsi un possibile decorso solo dal
14/10/1982, costituente il momento dell’acquisto da parte dei danti causa dei ricorrenti.
4.1.3. Quanto alle critiche mosse alle conclusioni tratte dal Giudice del merito dall’esame delle testimonianze non può che ribadirsi quanto da tempo, con stabile giurisprudenza, questa Corte afferma a proposito della dedotta violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per vero qui neppure evocati direttamente.
In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Rv. 659037 -02).
In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la
diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Rv. n. 659037 -01).
4.1.4. Deve negarsi che la sentenza, falsamente applicando l’art. 1158 cod. civ., abbia affermato la necessità dell’apparenza delle opere, richiesta dal codice al fine di cui all’art. 1061, avendo, ben diversamente, escluso essere rimasto provato il possesso ‘ad usucapionem’ ad immagine della proprietà, rivendicato dai ricorrenti.
4.1.5. Quanto alla coltivazione del fondo, fermo che sulla base delle insindacabili conclusioni di merito non può ritenersi provato che la stessa sia stata praticata dagli esponenti, come più volte chiarito da questa Corte, non è sufficiente, ai fini della prova del possesso “uti dominus” del bene, la sua mera coltivazione, poiché tale attività è pienamente compatibile con una relazione materiale fondata su un titolo convenzionale o sulla mera tolleranza del proprietario e non esprime, comunque, un’attività idonea a realizzare esclusione dei terzi dal godimento del bene che costituisce l’espressione tipica del diritto di proprietà (cfr. Cass. nn. 1796/2022, 6123/2020, 17376/2018, 18215/2013, 7500/2006).
4.1.6. Inoltre, è il caso di precisare che il vizio di omesso esame di un fatto controverso e decisivo non può integrare improprio strumento al fine di richiedere in sede di legittimità un’alternativa ricostruzione della vicenda nel suo complesso. Deve trattarsi, all’evidenza, di uno o più fatti controversi e decisivi ignorati dal giudice. Per contro, il complessivo apprezzamento dell’insieme delle emergenze di causa, non è in alcun modo sindacabile in questa sede.
4.1.7. Infine, la denuncia di violazione di legge sostanziale non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (ex multis, S.U. n. 25573, 12/11/2020). E ancora, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 3340, 05/02/2019).
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2943 cod. civ.
Si assume che l’apposizione dei punti fissi da parte del c.t.u. non poteva giudicarsi idonea a interrompere il ventennio, trattandosi di fatto che non interferiva con l’esercizio del potere possessorio degli esponenti, in quanto riguardante la determinazione del confine nella procedura esecutiva alla quale gli esponenti erano estranei.
5.1. Dichiarato inammissibile il primo motivo, lo scrutinio della censura risulta vano e, di conseguenza, essa resta assorbita in senso improprio.
Con il terzo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.
I ricorrenti addebitano alla Corte locale di avere <>, basandosi sulle risultanze di una consulenza tecnica svolta in altro giudizio, al quale gli esponenti non avevano partecipato.
6.1. Il motivo deve essere rigettato.
Questa Corte ha avuto modo di più volte chiarire che il giudice del merito può legittimamente tenere conto, ai fini della decisione, delle prove acquisite in un altro processo a condizione che la relativa documentazione venga ritualmente acquisita al giudizio al fine di farne oggetto di valutazione critica delle parti e stimolare la valutazione giudiziale su di esse -nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE. ha cassato la sentenza di merito per avere fatto riferimento ai risultati di una consulenza tecnica d’ufficio svoltasi in altra causa, senza indicarne neppure gli estremi -(Sez. 1, n. 9843, 07/05/2014, Rv. 631137 -01; conf. Cass. nn. 23132/2004, 31312/2021).
I ricorrenti si affannano a sostenere l’illegittimità dell’accertamento peritale per difetto di contraddittorio; tuttavia, non affermano con la dovuta specificità che la pertinente documentazione non sia stata acquisita al giudizio e fatta oggetto del dibattito processuale.
Con il quarto motivo, denunciante violazione e/o falsa applicazione dell’art. 950 cod. civ., si addebita alla sentenza di avere determinato il confine sulla base delle mappe catastali, invece che sulla scorta del complesso probatorio.
Si sostiene che la Corte di merito, confermando la sentenza di primo grado, che aveva attribuito rilievo decisivo alla relazione di consulenza, altro non aveva fatto che assegnare valore decisivo al posizionamento catastale, al quale il consulente aveva fatto
riferimento. Ne era conseguita la violazione dei criteri di scelta di cui all’art. 950 cod. civ., che pone solo quale risorsa residuale il ricorso alle mappe catastali. Per contro, ove si fosse dato il rilievo dovuto alle deposizioni, si sarebbe dovuto giungere a diversa conclusione.
7.1. Il motivo è infondato e, pertanto, merita rigetto.
La sentenza, a pag. 12, sia pure in forma sintetica, mostra di condividere le risultanze delle consulenze tecniche, confermando, sia pure implicitamente, un giudizio di maggiore affidabilità delle risultanze di esse, rispetto alle acquisizioni di prove ulteriori. Non si versa, pertanto, nell’ipotesi prospettata dai ricorrenti, che avrebbe implicato la violazione delle priorità probatorie dettate dall’art. 950 cod. civ. Così sarebbe stato se la Corte di merito avesse affermato che, a dispetto o a prescindere da ogni altra emergenza, il confine andava regolato secondo le risultanze catastali.
Si è più volte condivisamente affermato che il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe catastali (art. 950 cod. civ.) è consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obbiettiva di altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilità) risultino, secondo l’incensurabile apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine, con la conseguenza che la parte che eventualmente si dolga del ricorso, da parte del giudicante, a tale mezzo sussidiario di prova ha l’onere di indicare gli specifici elementi alla cui stregua andrebbe, invece, difformemente accertata la linea di confine controversa (Sez. 2, n. 28103, 30/12/2009, Rv. 610962; conf., Cass. nn. 10121/2002, 16235/2003).
Gli elementi indicati dai ricorrenti, costituiti da estrapolazioni da asserite dichiarazioni testimoniali rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME appaiono sommamente aspecifiche, sia per difetto di autosufficienza, che per intrinseca inconcludenza, in quanto da esse non è dato trarre un compiuto e alternativo assetto dei luoghi.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1159 bis cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per avere la sentenza impugnata negato il sussistere dei presupposti di cui alla norma indicata, poiché: il Comune di Troina, nel quale il fondo insiste, è notoriamente paese montano; non trattavasi di una striscia isolata di terreno, bensì di una parte di un vero e proprio fondo rustico coltivato a vigneto (5.000 mq); il possesso si era protratto per oltre quindici anni.
8.1. Il motivo è in parte infondato e per altra parte inammissibile.
La Corte d’appello ha correttamente richiamato il principio di diritto enunciato in sede di legittimità, secondo il quale per l’applicazione dell’usucapione speciale di cui all’art. 1159-bis cod. civ. -introdotta dalla l. n. 346 del 1976 con la finalità di incoraggiare lo sviluppo e salvaguardare il lavoro agricolo – non è sufficiente che il fondo sia iscritto nel catasto rustico, ma è necessario che esso, quanto meno all’atto dell’inizio della “possessio ad usucapionem”, sia destinato in concreto all’attività agraria, atteso che tale usucapione può avere ad oggetto soltanto un fondo rustico inteso come entità agricola ben individuata ed organizzata, che sia destinata ed ordinata a una propria vicenda produttiva. Ne consegue che l’art. 1159-bis cod. civ. non è applicabile, né in via analogica, trattandosi di norma eccezionale rispetto a quella di cui all’art. 1158 cod. civ., né in base ad
un’interpretazione estensiva, tenuto conto delle finalità perseguite dal legislatore, qualora il possesso protratto venga dedotto ai fini dell’acquisizione di limitate superfici, ancorché facenti parti di maggiori fondi coltivati o coltivabili siti in zone montane, che non siano di per sé idonee a costituire un’autonoma unità produttiva (Sez. 2, n. 20451, 28/8/2017, Rv. 645104; ma già conf. Cass. n. 8778/2010).
Costituisce mera apodittica congettura l’affermazione dei ricorrenti secondo la quale quella striscia di terreno di 600 mq fosse stata destinata in concreto ad attività agraria.
In ogni caso, resta insoddisfatto il requisito della idoneità dello stacco di cui si discute, peraltro di dimensioni assai modeste, a costituire unità produttiva autonoma.
Con il ricorso incidentale viene denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92, co. 2, cod. proc. civ., per avere la sentenza compensato le spese del grado d’appello tra i vittoriosi NOME/COGNOME e i soccombenti COGNOME/NOMECOGNOME senza spiegarne la ragione.
9.1. La critica censoria è fondata.
Poiché la domanda d’usucapione avanzata dagli odierni ricorrenti principali è stata rigettata e, per contro, accolta quella di regolamento dei confini proposta dagli odierni ricorrenti incidentali, la disposta compensazione fra le anzidette parti, in assenza di motivazione di sorta che possa giustificarla, vìola l’art. 92 cod. proc. civ., nel testo applicabile ‘ratione temporis’.
In ragione dell’accoglimento del ricorso incidentale la sentenza deve essere cassata con rinvio. Il Giudice del rinvio, che s’individua nella Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
11. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
accoglie il ricorso incidentale e rigetta quello principale, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto ricorso incidentale, e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio di giorno 5 dicembre 2024.