Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7424 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7424 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 4551/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 1480/2022 depositata il 10/11/2022.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 06 febbraio 2024.
Proprietà
Lette le conclusioni del AVV_NOTAIO (rigetto del ricorso);
Rilevato che:
il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1066/2020, in accoglimento della domanda di usucapione di NOME, ha dichiarato l’attrice proprietaria dei beni immobili siti in Comune di Pontecagnano Faiano, intestati alla società RAGIONE_SOCIALE, ed ha rigettato la domanda riconvenzionale di rivendicazione della convenuta.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha ravvisato i requisiti per l’acquisto a titolo originario della proprietà dei terreni da parte dell’attrice in virtù dell’esercizio del possesso ventennale, pacifico e indisturbato, e del l’ animus possidendi.
Ed infatti, afferma il primo giudice, l’attrice ha documentato che, in data 14/07/1986, ha ottenuto la concessione edilizia n. 18/1986 per la realizzazione di un impianto polisportivo denominato ‘Mary RAGIONE_SOCIALE‘ ed ha chiesto di eseguire altre opere – lo spogliatoio anche se provvisorio (nel 1987), la cucina con annesso forno (nel 1990), un blocco spogliatoio (nel 1992), qualificandosi come proprietaria. Negli anni successivi, la parte, agendo sempre come proprietaria, ha realizzato delle opere abusive per le quali (nel 1995) ha presentato istanza di condono. Inoltre, nel 1998, essa è stata autorizzata dal Comune di Pontecagnano Faiano a realizzare, sempre sulle particelle intestate alla società RAGIONE_SOCIALE, un parcheggio temporaneo e, nel 1999, è stata autorizzata ad ampliarlo;
su impugnazione della società RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio della NOME, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha resp into l’appello ed ha confermato la sentenza di primo grado.
Nello specifico, disattendendo le censure de ll’appellante, la sentenza si fonda sui seguenti elementi salienti:
(a) sussiste la legittimazione ad agire della NOMEra NOME, la quale ha svolto domanda di usucapione della proprietà delle particelle intestate alla convenuta, prospettando di avere esercitato uti domina il possesso (ultra)ventennale sui terreni di proprietà della RAGIONE_SOCIALE;
(b) sulla base delle risultanze istruttorie (esame dei testimoni, c.t.u. e documenti), è provato che l’attrice ha acquistato , per usucapione ventennale, i terreni intestati alla convenuta;
(c) la domanda riconvenzionale di rivendicazione della società RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi assorbita per effetto dell’accoglimento della domanda di usucapione dell’attrice, riguardante le stesse particelle;
la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza d’appello.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso;
questa Corte ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., che è stata ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, la ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ., le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il AVV_NOTAIO ministero ha depositato una requisitoria scritta ed ha concluso per il rigetto del ricorso;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘ Violazione e/o falsa applicazione di norme ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 24
cost., nonché 81 e 100 c.p.c. ‘ – è basato sulla constatazione che l’attrice , durante l’intero giudizio, si è qualificata come ‘titolare e gestore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ , senza dimostrare quale fosse il titolo che la legittimava all’esercizio dell’azione.
Su tale premessa, la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato il difetto di legittimazione attiva dell’attrice appellata;
1.1. il motivo è infondato;
1.2. va data continuità al principio di diritto, ripetutamente enunciato da questa Corte di legittimità (cfr., tra le tante, Sez. 2, Sentenza n. 14177 del 27/06/2011, Rv. 618438 -01; Sez. 3, Sentenza n. 14468 del 30/05/2008, Rv. 603170 -01; Sez. 2, Sentenza n. 11284 del 10/05/2010, Rv. 613149 – 01), secondo cui la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell ‘ azione diretta all ‘ ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall ‘ azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza.
Nella fattispecie concreta in esame, la sentenza impugnata ha riconosciuto la legittimazione ad agire della NOMEra NOME, la quale ha svolto domanda di usucapione della proprietà delle particelle intestate alla convenuta, prospettando di avere esercitato uti domina il possesso (ultra)ventennale sui terreni di proprietà della RAGIONE_SOCIALE
Nessuna incidenza ai fini della legittimazione ad agire assume la circostanza che l’attrice si sia qualificata come ‘titolare e gestore’ della RAGIONE_SOCIALE, posto che, come dianzi accennato, ai fini della verifica della titolarità in capo all’attrice della prerogativa di
promuovere l’azione di usucapione rileva esclusivamente la prospettazione di quest’ultima di avere acquistato a titolo originario il compendio immobiliare;
2. il secondo motivo -‘ Violazione e/o falsa applicazione di norme ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 1158, 1163, 1167, 2943 e c.c., nonché 115 c.p.c. ‘ -ascrive alla Corte di RAGIONE_SOCIALE l’erronea applicazione delle norme in materia di usucapione, in tema di riparto dell’onere della prova e l’ erronea valutazione delle risultanze probatorie che – questa la tesi della ricorrente – se bene interpretate, avrebbero attestato l’assenza, in capo alla NOMEra COGNOME, del possesso ventennale, continuo, non interrotto, pacifico e pubblico, necessario ai fini dell’ usucapione;
2.1. il motivo è inammissibile;
2.2. a proposito delle censure di cui agli artt. 115, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., è il caso di ricordare l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U., 30/09/2020, n. 20867, che menziona: Cass. Sez. U., 05/08/2016, n. 16598; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34474, con richiami pure a Cass. 19/06/2014, n. 13960, e a Cass. 20/12/2007, n. 26965), per il quale «n tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.» (in senso conforme, ex multis , Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass. 11/10/2016, n. 20382;
Cass. 28/02/2018, n. 4699; Cass. 03/11/2020, n. 24395; Cass. 26/10/2021, n. 30173);
2.3. inoltre, l’ art. 2697, cod. civ., viene in considerazione solo nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in base alla scissione della fattispecie in fatti costitutivi e mere eccezioni.
Nel caso concreto, la Corte di merito, attenendosi alla regola di riparto dell’onere della prova, ha valutato le risultanze istruttorie e, con apprezzamento logicamente motivato, incensurabile in cassazione, ha ritenuto provato da parte dell’attrice l’acquisto a titolo originario, per usucapione ventennale, dei terreni intestati alla convenuta.
È chiaro che la ricorrente, che pure lamenta un error in iudicando , in realtà intende ottenere una diversa ricostruzione dei fatti di causa, censurando l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito .
Si tratta di una critica inammissibile giacché l’ipotetica erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa, non integra il vizio di violazione di legge;
il terzo motivo -‘Violazione e/o falsa applicazione di norme ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 948 c.c. e ss. ‘ -censura la sentenza impugnata per avere ritenuto assorbita la domanda riconvenzionale di rivendicazione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE;
3.1. il motivo è infondato;
3.2. la Corte d’appello, nel disattendere uno specifico rilievo dell’appellante (quinto motivo di gravame), ha correttamente statuito (cfr. pag. 12 della sentenza) che «la domanda riconvenzionale di rivendicazione avanzata dalla società RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi assorbita dalla conferma del riconosciuto acquisto per
usucapione in favore di COGNOME NOME delle particelle rivendicate», il che significa che l’accoglimento della domanda principale di usucapione comporta l’implicito rigetto della domanda riconvenzionale di rivendicazione del medesimo compendio immobiliare;
il quarto motivo -‘ Violazione e/o falsa applicazione di norme ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c.’ – , censura la sentenza impugnata per avere omesso di motivare sulla domanda, proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE nell’atto di appello, secondo cui la NOMEra NOME, a tutto concedere, non avrebbe usucapito il diritto di proprietà, ma un diritto reale differenze come, ad esempio, il diritto di superficie;
4.1. il motivo è infondato;
4.2. in disparte la prospettabile inammissibilità della doglianza riconducibile a ciò, che la violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., integra un error in procedendo che la parte ha erroneamente sussunto entro il parametro dell’ error in iudicando di cui al n. 3 del primo comma de ll’art. 360, cod. proc. civ., in ogni caso il rilievo critico è privo di pregio.
Detto che la Corte d’appello ha pronunciato , accogliendola, sulla domanda di usucapione del diritto di proprietà prospettata dell’attrice , a prescindere dal riferimento all’art. 112, cod. proc. civ., come si desume dal testo del ricorso per cassazione -nel quale (pag. 48) si stigmatizza «il difetto di motivazione sul punto inerente la natura del diritto usucapito» -, il fulcro del rilievo della ricorrente riguarda il fatto che la Corte di merito non ha illustrato per quale ragione l’attrice avrebbe usucapito il diritto di proprietà sulle indicate particelle piuttosto che il diritto di superficie sugli immobili abusivi costruiti nel corso degli anni sugli appezzamenti di terreno di proprietà della convenuta.
Al riguardo questa Corte rileva che l’oggetto della domanda è l’usucapione del diritto di proprietà dei terreni e non l’usucapione della proprietà superficiaria degli immobili abusivi; i giudici di merito, sulla scorta di un accertamento di fatto incensurabile in questa sede, hanno riconosciuto nel comportamento dell’attrice i tratti tipici della possessio ad usucapionem del diritto di proprietà dei terreni, la cui manifestazione può senz’altro consistere nell’esercizio dello ius aedificandi che -è bene ricordarlo – trova fonte nel diritto di proprietà, del quale rappresenta una facoltà ex art. 832, cod. civ. (Sez. 2, Sentenza n. 23130 del 12/11/2015, Rv. 637159 – 01);
5. il quinto motivo -‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in relazione alla natura del diritto usucapito ‘ -ascrive alla sentenza impugnata di non avere esaminato un fatto decisivo, e cioè che non è stata acquisita la prova che l’attrice abbia esercitato prerogative dominicali per intero sulle particelle in contestazione, dato che la medesima attività dalla stessa posta in essere consisterebbe nell’invasione di una piccola parte degli appezzamenti di terreno di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE con manufatti abusivi.
Con la precisazione che le Sezioni Unite (sentenza n. 3873/2018) hanno chiarito che, concettualmente e giuridicamente, la costruzione realizzata su un bene altrui produce, alternativamente, l’accessione oppure, in casi particolari, l’usucapione non dell’intero terreno gravato dal manufatto, bensì della sola proprietà superficiaria della medesima costruzione;
5.1. il motivo è inammissibile;
5.2. opera, infatti, la previsione d ‘ inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all ‘ art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere
impugnata ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la sentenza di appello ‘ che conferma la decisione di primo grado ‘ e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
La ricorrente non indica , ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., sotto quale aspetto siano tra loro diverse le ragioni di fatto su cui si fondano, rispettivamente, la sentenza di primo grado e la sentenza di rigetto dell ‘ appello ( ex multis , Cass. n. 5947 del 2023);
in conclusione, rigettati il primo, il terzo e il quarto motivo, dichiarati inammissibili il secondo e il quinto motivo, il ricorso è rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e si liquidano con distrazione, come richiesto in memoria;
8. poiché il ricorso è deciso in conformità della proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis , cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000. Cfr. Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023, Rv. 668909 -01; Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023, Rv. 668850 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 27947 del 04/10/2023, Rv. 669107 -01);
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.800,00, più € 200,00, per esborsi, oltre al 15 per cento per il rimborso delle spese generali, e agli accessori di legge , con distrazione a favore dell’AVV_NOTAIO dichiaratosi anticipatario.
Condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 4.800,00, in favore della controricorrente e di un ‘ ulteriore somma di € 3.000,00, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 6 febbraio 2024.