Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19493 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19493 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
RIFFESER COGNOME
– intimato –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TRENTO, SEZ.DIST. DI BOLZANO, n. 17/2023, depositata il 15/02/2023;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8167/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonchè contro
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Trento -Sez. dist. di Bolzano confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Bolzano con la quale il primo giudice aveva rigettato la domanda di usucapione promossa da NOME COGNOME con riferimento a due particelle fondiarie , l’una di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME (p.lla 145/2), l’altra di proprietà di NOME COGNOME (p.lla 146/1), site in Selva di Val Gardena.
A sostegno della sua pretesa, l’attore sosteneva di aver coltivato da oltre vent’anni, ininterrottamente e pubblicamente, le pp.ff. 145/2 e 146/1 adiacenti a fondi di sua proprietà, considerato e trattato i predetti terreni come parte del suo maso, eseguendo tutti i lavori necessari per la loro gestione.
Il Tribunale di Bolzano aveva ritenuto non provato il possesso ad usucapionem : per la p.lla 146/1 vi era un rapporto obbligatorio, mentre per la p.lla 145/2 la fruizione da parte dell’attore sarebbe avvenuta in ragione della tolleranza della proprietà.
La pronuncia di primo grado veniva appellata da NOME COGNOME solamente nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME
La Corte d’Appello di Trento – Sez. dist. di Bolzano, applicando i principi espressi da questa Corte in merito ai requisiti del possesso ad usucapionem , ha ritenuto che l’appellante non aveva provveduto in alcun modo ad impedire ai proprietari tavolari l’esercizio del diritto di proprietà, al fine di esprimere il pieno utilizzo della cosa uti dominus , limitandosi egli a descrivere l’utilizzo delle particelle di cui è causa nella forma della mera coltivazione.
La sentenza d’appello è impugnata per la cassazione da NOME COGNOME e il ricorso affidato a due motivi.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME E’ rimasto intimato NOME COGNOME
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, il ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, non sussiste nessuna incompatibilità a comporre il Collegio per il consigliere NOME COGNOME autore della proposta ex art. 380 bis cpc (v. SSUU n. 9611/2024).
Sempre preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti per mancanza di data certa della procura (v. controricorso pag. 7).
Questa Corte, anche a sezioni unite, ha già avuto modo di chiarire che il fatto puro e semplice che la procura contenga riferimenti ad attività tipiche del giudizio di merito, o sia redatta priva di data, non implica, di per sé, che la stessa debba ritenersi invalida. La firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso. Tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione (per tutte: Sez. U – , Sentenza n. 36057 del 09/12/2022, Rv. 666374 – 01).
Nel caso di specie, la procura rilasciata in un atto materialmente congiunto al ricorso contiene l’espresso riferimento sia alla sentenza impugnata n. 17/2023 della Corte d’Appello di Trento, Sezione
distaccata di Bolzano, decisa in data 01.02.2023; sia il riferimento alla difesa nel giudizio di cassazione. Il requisito di specificità è soddisfatto.
Passando ai motivi di ricorso, con il primo di essi si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1141, 1159bis e 1158 del codice civile. Violazione o falsa applicazione del regolamento edilizio del Comune di Selva di Val Gardena. Il ricorrente censura la pronuncia nella parte in cui ha ritenuto insussistente il possesso ad usucapionem da parte dell’odierno ricorrente per non avere egli recintato l’appezzamento di terreno pure da sempre posseduto in maniera esclusiva, ininterrotta, pubblica e pacifica. Tale affermazione, prosegue il ricorrente, non tiene conto del fatto che il regolamento edilizio della Val Gardena vieta la recinzione dei terreni nelle zone agricole (art. 50bis ).
Il motivo è infondato.
Innanzitutto, non è condivisibile l’interpretazione del regolamento edilizio prospettata nel mezzo di gravame: la norma regolamentare riportata, infatti, non contiene il divieto assoluto di recinzione -che peraltro non sarebbe comunque legittimamente imposto, in quanto è la legge dello Stato a consentire al proprietario di recintare il proprio fondo: art. 841 cod. civ. – bensì la realizzazione delle recinzioni alle condizioni e modalità prescritte dal Regolamento.
Tanto precisato, la censura non ha pregio: la Corte territoriale non ha escluso il possesso ad usucapionem sol perché le particelle in contestazione non erano state recintate dall’allora appellante (v. sentenza p. 14, 1° e 2° capoverso): semmai, facendo corretta applicazione dei principi costantemente espressi da questa Corte, il giudice di seconde cure ha rilevato che l’istante non aveva né provveduto alla recinzione né aveva in alcun modo espresso lo ius excludendi alios ( ex multis : Cass. Sez. 2, n. 1796 del 20 gennaio 2022;
Sez. 6-2, n. 6123 del 5 marzo 2020; Sez. 2, n. 17376 del 3 luglio 2018; Sez. 2, n. 18215 del 29 luglio 2013), non essendo la mera coltivazione dei fondi sufficiente per l’acquisto della proprietà per usucapione (di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21695 del 2024; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4819 del 2024). In definitiva, la censura, così come formulata, non è idonea a scalfire la motivazione della Corte altoatesina, posto che, come si è detto, il regolamento locale si limita a regolamentare le modalità di installazione delle recinzioni, ma non pone divieti assoluti, né potrebbe porli, posto che è la legge dello Stato a consentire al proprietario di recintare il proprio fondo (art. 841 cc)
2. Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1141, 1159bis , 1158 e 2697 del codice civile. Lamenta il ricorrente l’inversione dell’onere della prova operata dalla Corte territoriale che, in violazione del dettato di cui all’art. 1141 cod. civ., ha preteso dalla parte usucapiente la prova del l’esercizio dello ius excludendi alios , laddove, invece, secondo la norma citata il possesso ad usucapionem a favore del Comploi sarebbe presunto, spettando quindi alle controparti dimostrare che lo stesso fosse mero detentore.
Il motivo è inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (sulla sorte del motivo di ricorso che non coglie la ratio decidendi : Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8247 del 2024; Cass . Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361 – 01).
La Corte d’Appello ha escluso un possesso utile all’usucapione non ritenendo sufficiente l’attività di coltivazione del fondo. La giurisprudenza richiamata a pag. 9 del ricorso non è pertinente perché si riferisce a diversa fattispecie fattuale (abitazione: v. cass. 11286/1998; oppure fondo in cui l’attore e il suo dante causa avevano utilizzato i terreni ‘ realizzando delle recinzioni ‘: v. cass. 26984/2013) .
In conclusione, il ricorso va respinto, con aggravio di spese secondo la regola della soccombenza, come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti , che liquida in €. 4.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, parte ricorrente al pagamento di €. 4.000,00 in favore dei controricorrenti ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., nonché al pagamento di €. 2.000,00 in favore della cassa delle ammende, ex art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024.