Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32519 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32519 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9231/2018 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, DI NOME COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrenti- contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO, IN NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME DI NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME
NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME SPA, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME COGNOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 746/2017 depositata il 17/02/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 1991 il Condominio di INDIRIZZO convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la condomina NOME COGNOME (proprietaria dell’appartamento al nono piano) per ottenere il rilascio della zona della terrazza occupata da una veranda e la riduzione in pristino.
La convenuta eccepì il difetto di legittimazione passiva per aver venduto (dopo la trascrizione della domanda giudiziale) il proprio appartamento a NOME COGNOME.
Disposta l’integrazione del contraddittorio, quest’ultimo domandò in via riconvenzionale l’accertamento della proprietà esclusiva delle terrazze a livello annesse all’appartamento, allegando che nel 1972 la sua dante causa aveva acquistato l’appartamento e le terrazze dal
costruttore dell’intero immobile. In via subordinata fece valere l’usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c.
In primo grado, ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di alcuni condomini, rigettata la domanda riconvenzionale, venivano accolte le domande del Condominio attore con compensazione delle spese.
In secondo grado, integrato il contraddittorio nei confronti di altri condomini e di un’altra figlia del convenuto, ricostruiti per quanto possibile i fascicoli di causa di ambo i gradi andati smarriti, è stata confermata, con sentenza n. 746/2017 della Corte d’Appello di Napoli, la pronuncia di primo grado.
Per giungere a tale conclusione, per quanto interessa, la Corte territoriale ha ritenuto infondata la censura sul rigetto della domanda riconvenzionale di usucapione abbreviata, ravvisando la mancanza del requisito della buona fede. Ha altresì escluso l’acquisto per usucapione ordinaria, mancando la prova dell’interversione del possesso da parte del dante causa della convenuta. Ha infine escluso che il manufatto realizzato rappresentare un uso legittimo del bene comune ai sensi dell’art. 1102 cc.
Contro la suddetta sentenza, ricorrono in cassazione NOME COGNOMEtitolare del diritto di abitazione) e NOME COGNOME proprietaria dell’appartamento (per averlo ereditato dal padre NOME COGNOME) con quattro motivi, illustrati da memorie.
Resiste il Condominio con controricorso e memorie.
Con nota depositata in prossimità dell’adunanza camerale del giugno 2024, la parte ricorrente ha chiesto di rinviare di qualche mese la decisione del ricorso, allegando trattative tra le parti per la composizione negoziale della controversia. Ciò è stato confermato dalla parte controricorrente.
Con ordinanza interlocutoria n. 15989/2014, la trattazione e decisione del ricorso sono state quindi rinviate al mese di ottobre 2024. In prossimità di questa adunanza camerale le parti hanno di nuovo
depositato memorie, ove si constata il fallimento del tentativo di transazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – È da accogliere l’eccezione di inammissibilità del controricorso per tardività sollevata dalle ricorrenti con la loro memoria (il ricorso è stato notificato il 15/3/18, il controricorso il 25/5/18). Si applica si badi bene – l’art. 370 c.p.c. nel testo anteriore alla modifica apportata dal d.lgs. 149/2022 (cfr., quanto alla disciplina transitoria, art. 35 co. 5 e 6 di quest’ultimo). L’inammissibilità del controricorso comporta, come logico corollario, l’inammissibilità delle memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c.
Come già affermato da Cass. n. 34791/2021 ai sensi 370, 1° co., c.p.c., alla parte contro la quale è diretto il ricorso, la quale non abbia depositato il controricorso nel periodo che va dalla scadenza del termine per la proposizione del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio – anche se soltanto ai fini della partecipazione alla discussione orale – o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 17030 del 16/06/2021).
A tale situazione deve senz’altro equipararsi quella in cui si è in presenza di un controricorso inammissibile per tardività.
2. – Passando adesso all’esame dei motivi di ricorso, il primo di essi (p. 7) denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 832, 948, 1117 c.c. e 102, 331, 354, 383 c.p.c., poiché l’ordine impartito dal giudice di primo grado di integrare il contraddittorio nei confronti di ogni condomino (a fronte della domanda riconvenzionale di acquisto della proprietà esclusiva del terrazzo preteso come comune dal Condominio attore in rilascio) non è andato a buon fine nei confronti di una serie di condomini. La parte ricorrente argomenta che verso più di un condomino il contraddittorio è radicalmente
mancato ed elenca una serie di sei persone nei confronti delle quali tale vizio si è verificato. La sentenza impugnata, p. 4, attesta sul punto: « Con ordinanza collegiale del 13/05/1997, il Tribunale adito aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini del fabbricato (…) . Solo parte dei condomini si era costituita ed aveva chiesto il rigetto della domanda riconvenzionale (…)».
La pronuncia sul primo motivo è rinviata al termine dell’esame degli altri motivi di ricorso, per ragioni di priorità logica.
3. – Il secondo motivo (p. 10) denuncia la violazione degli artt. 832, 948, 1117, 1176, 1140, 1141, 1143, 1146, 1147, 1159, 2643, 2644, 2652, 2653, 2729 c.c., per avere la Corte di appello escluso che fosse maturata, in capo alla COGNOME, dante causa di COGNOME, l’usucapione abbreviata per difetto di buna fede (con conseguente esclusione dell’acquisto della proprietà da parte di quest’ultimo),.
Il motivo è infondato.
La parte censurata della sentenza (p. 9-12) ha confermato analiticamente l’accertamento compiuto dal giudice di primo grado, ha accertato il difetto di buona fede ed ha così escluso l’avverarsi della fattispecie ex art. 1159 c.c., sulla base delle circostanze seguenti: (a) con atto del maggio 1991 NOME COGNOME ha acquistato la piena proprietà dell’appartamento con terrazze a livello, (b) l’atto di acquisto del 1972 della dante causa di quest’ultimo è titolo idoneo ex art. 1159 c.c. (vi è scritto che il bene oggetto comprende la terrazza in causa), (c) difetta la buona fede, poiché entrambi i titoli fanno « riferimento al regolamento condominiale, nel quale si stabiliva che ‘pur essendo di proprietà comune di tutti i condomini dell’edificio, sono riservate in uso esclusivo dei proprietari dei rispettivi appartamenti le terrazze a livello degli appartamenti stessi. Lo stesso dicasi per le terrazze a livello del decimo piano poste sul fronte di INDIRIZZO e su quello di INDIRIZZO che sono ad uso esclusivo dei proprietari di quel piano’. In particolare, nel richiamato contratto del 15/5/1972 che qui rileva, si precisava espressamente
che l’acquirente aveva accettato a titolo negoziale il regolamento di condominio che, in quanto avente natura contrattuale ed essendo stato regolarmente trascritto, era comunque vincolante ». La Corte di appello ha concluso pertanto che la domanda di usucapione abbreviata è stata correttamente disattesa.
La struttura dell’argomentazione del secondo motivo è la seguente: poiché il giudice di merito ha accertato i fatti X e tale accertamento è erroneo (cioè non corrisponde alla realtà delle cose), allora sono state violate le norme giuridiche Y . La parte ricorrente sovrappone la sua valutazione delle risultanze probatorie all’accertamento che il giudice di merito ha espresso in una motivazione che non si espone a censure di legittimità e confonde il ruolo della Corte di cassazione con quello di una terza istanza di merito. In altre parole (così, tra le molte, Cass. 3340/2019): « in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità» , se non nei limiti del vizio di motivazione.
In particolare, con riferimento al caso attuale, la ricorrenza della buona fede (che – come da lungo tempo affermato in giurisprudenza – spetta all’apprezzamento congruamente motivato del giudice di merito, cfr. Cass. n. 2961/1971; cass. n. 2468/1969) è stata esclusa con motivazione adeguata, in forza di una raggiunta prova contraria (ciò non è neppure più censurabile ex art. 360 n. 5 c.p.c., che ha espunto il vizio di motivazione dal novero dei motivi di ricorso). Si sollecita appunto un terzo grado di giudizio in punto di fatto, che il giudizio di legittimità non ammette.
4. – Il terzo motivo (p. 23) denuncia la violazione degli artt. 832, 948, 1117, 1140, 1141, 1143, 1146, 1158, 1164 c.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per avere la Corte di appello ritenuto necessaria la prova dell’interversione del possesso in capo alla dante causa, escludendo così che fosse maturata l’usucapione ordinaria.
Il motivo è inammissibile.
La parte censurata della sentenza (p. 13) statuisce che a fronte della notifica dell’atto di introduttivo il 19/3/1991 il ventennio rilevante avrebbe dovuto accorpare ex art. 1146 c.c. non solo il possesso esercitato dall’autrice acquirente dal 1972, ma anche quello esercitato dal precedente dante causa e costruttore dell’edificio, proprietario in forza di atto di acquisto del 22/6/1970: « Ebbene nulla è stato dedotto e provato in ordine all’animus domini e, quindi, alla intenzione del predetto (già titolare del diritto di uso esclusivo sul bene in questione in forza del regolamento condominiale), di comportarsi come pieno proprietario. ln sostanza, non è stata provata l’interversio possessionis, che non deve consistere in un atto di semplice volizione interna, ma si deve esteriorizzare in un modo che sia univoco e riconoscibile ».
Ne segue che il terzo motivo non coglie la ratio, incentrata sulla titolarità di un diritto di uso sulle terrazze condominiali in capo alle persone avvicendatesi nel ruolo di parte convenuta. L’inammissibilità è la sorte del motivo che non coglie la ratio (cfr. Cass. 19989/2017, cass. n. 8247/2024).
5. – Il quarto motivo (p. 27) denuncia, infine, la violazione degli artt. 832, 948, 1102, 1117, 1118, 11 20, 1122, 1127 c.c., omesso esame circa un fatto decisivo, nonché la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99, 101 co. 2 e 112 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto illegittima l’apposizione di veranda sulla terrazza, negando che ciò costituisca una legittima modalità d’impiego della
terrazza, comunque riservata all’uso esclusivo dell’appartamento del decimo piano.
La parte censurata della sentenza (p. 13 s.) afferma che l’utilizzo delle terrazze attraverso la realizzazione di infissi vetrati ad opera della parte convenuta «integri un uso illegittimo del bene comune, in quanto determinante una alterazione della destinazione della terrazza di cui si tratta. A ciò si aggiunga che gli infissi e le vetrate di cui si è detto contrastano con lo specifico interesse degli altri condomini a tutelare concretamente l’estetica del fabbricato ed il suo decoro, chiaramente desumibile proprio dalla riserva di proprietà comune dei terrazzi a livello ed in particolare di quelli di cui si tratta» .
Il quarto motivo è inammissibile per le stesse ragioni poste a base dell’omologa pronuncia sul secondo motivo. In particolare, si tratta – come appare evidente – di censura in fatto sull’uso legittimo del bene comune, che è riservato al giudice di merito e nel caso in esame risulta adeguatamente motivato.
– Ritornando sul primo motivo, esso è quindi inammissibile.
Infatti «Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti».
Nel caso attuale, si dovrebbe disporre la rimessione al giudice di primo grado per integrare il contraddittorio nei confronti di soggetti che – non essendo i proprietari dell’appartamento al nono piano, hanno interesse sostanziale alla conferma della sentenza impugnata, cioè dell’esito che è già attinto, in conseguenza dell’inammissibilità
del secondo, del terzo e del quarto motivo di ricorso. Si rientra quindi in una ipotesi in cui vi sarebbe un inutile aggravio di spese e un ingiustificato allungamento di tempi di definizione di un processo già annoso (iniziato da oltre un trentennio) senza che ciò comporti alcun beneficio alla garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr. Cass. 12515/18, 16858/19, 2434/20).
– Il ricorso è dunque rigettato, ma senza necessità di provvedere sulle spese (v. paragrafo n. 1).
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/10/2024.