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Usucapione suolo pubblico: no a diritto di superficie

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13129/2025, ha stabilito che non è possibile acquisire per usucapione il diritto di superficie su un suolo pubblico. Nel caso esaminato, una società aveva costruito su un terreno acquistato nel 1984, il cui atto di vendita era stato poi dichiarato inefficace. La Corte ha rigettato la richiesta della società, negando sia l’usucapione abbreviata, data la natura demaniale del bene, sia il diritto all’indennizzo per le opere realizzate, poiché la società non poteva essere considerata in buona fede, essendo a conoscenza della natura pubblica del terreno indicata nell’atto di acquisto.

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Usucapione suolo pubblico: la Cassazione chiarisce i limiti

L’acquisto di un terreno per edificare è un passo fondamentale per qualsiasi impresa costruttrice, ma cosa accade se quel terreno si rivela essere di proprietà dello Stato? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 13129/2025, affronta un caso emblematico di usucapione suolo pubblico, delineando i confini invalicabili per l’acquisizione di diritti reali su beni appartenenti alla collettività e negando tutele a chi costruisce senza la dovuta diligenza.

I fatti del caso

La vicenda ha inizio nel lontano 1984, quando una società acquista un terreno edificabile tramite un atto pubblico, ottenendo successivamente la voltura della concessione edilizia e realizzando diverse costruzioni. La situazione si complica nel 1992, quando il Consiglio di Stato conferma la legittimità del diniego di approvazione degli atti di vendita da parte dell’Intendenza di Finanza, rivelando la natura pubblica del suolo.

Nel 1995, il Tribunale dichiara inefficace il contratto di compravendita e condanna la società alla restituzione del terreno e al risarcimento dei danni per occupazione abusiva. Dopo aver rilasciato il fondo nel 2000, la società, nel 2001, cita in giudizio il Ministero dell’Economia e l’Agenzia del Demanio chiedendo il riconoscimento del diritto di superficie sulle costruzioni o, in alternativa, un indennizzo per le opere realizzate.

Le decisioni dei giudici di merito e il problema dell’usucapione suolo pubblico

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le pretese della società. I giudici di merito hanno escluso la possibilità di acquisire per usucapione suolo pubblico il diritto di superficie, evidenziando che i beni demaniali non possono essere oggetto di possesso utile a tal fine. Inoltre, è stata negata la buona fede della società costruttrice, elemento indispensabile per ottenere un indennizzo. L’atto di acquisto del 1984, infatti, menzionava espressamente la natura pubblica del suolo, rendendo la società consapevole, o quantomeno colpevolmente ignara, della reale situazione giuridica del bene.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando entrambi i motivi di ricorso presentati dalla società.

In primo luogo, i giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: il diritto di superficie, come altri diritti reali, può essere usucapito solo su beni privati. Non è possibile l’usucapione suolo pubblico o di beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, a meno che non sia intervenuto un atto formale di sdemanializzazione. In questo caso, non solo mancava tale atto, ma la Pubblica Amministrazione aveva intrapreso ripetute azioni giudiziarie per recuperare il bene, dimostrando una volontà contraria a qualsiasi dismissione.

In secondo luogo, la Corte ha escluso il diritto all’indennizzo previsto dall’art. 936 c.c. per il costruttore di buona fede. La buona fede non può essere invocata quando l’ignoranza della situazione giuridica del fondo deriva da colpa grave. La società, essendo un operatore professionale, avrebbe dovuto conoscere la natura pubblica del terreno, chiaramente indicata nel contratto di acquisto. La consapevolezza che il fondo apparteneva a un soggetto pubblico esclude la buona fede necessaria per ottenere l’indennizzo, anche a fronte dell’esercizio del cosiddetto ius tollendi (diritto di rimozione) da parte dell’Amministrazione.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza la tutela accordata ai beni pubblici, sottolineando che non possono essere acquisiti tramite il possesso prolungato. La decisione serve da monito per gli operatori del settore immobiliare: la diligenza nell’accertare la natura giuridica di un terreno prima dell’acquisto e della costruzione è un requisito imprescindibile. La mera menzione della natura pubblica di un bene in un atto notarile è sufficiente a escludere la buona fede dell’acquirente, precludendogli non solo l’acquisto per usucapione di qualsiasi diritto, ma anche la possibilità di ottenere un indennizzo per le opere eventualmente realizzate.

È possibile acquisire tramite usucapione un diritto di superficie su un terreno di proprietà dello Stato?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che il diritto di superficie non è usucapibile se riguarda beni appartenenti al demanio pubblico o al patrimonio indisponibile dello Stato, a meno che non vi sia stato un formale atto di sdemanializzazione.

Il costruttore che edifica su un suolo pubblico ha diritto a un indennizzo per le opere realizzate?
No, il diritto all’indennizzo previsto per il costruttore di buona fede (art. 936 c.c.) non spetta se la costruzione avviene su suolo pubblico e il costruttore ignora con colpa la situazione giuridica del fondo. La consapevolezza della natura pubblica del bene esclude la buona fede.

Cosa è sufficiente per escludere la buona fede di un acquirente riguardo alla natura pubblica di un terreno?
Secondo la Corte, è sufficiente che l’atto di acquisto menzioni espressamente la natura patrimoniale pubblica del bene. Questa indicazione rende l’acquirente consapevole, o quantomeno colpevolmente ignaro, dell’appartenenza del fondo a un soggetto pubblico, escludendo così la sua buona fede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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