Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19755 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19755 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
SENTENZA
sul ricorso 16947-2020 proposto da:
LISTRO COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME e rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2722/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata in data 09/12/2019
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME udito il P.G., nella persona del sostituto dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato l’8.10.2004 Listro NOME evocava in giudizio COGNOME Salvatore, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola, chiedendo l’accertamento del confine tra il fondo dell’attore, che egli aveva acquistato dall’Agenzia del Demanio con atto pubblico del 19.11.2003, e quelli dei convenuti, nonché la declaratoria dell’inesistenza, sul suo terreno, di qualsiasi diritti di servitù in favore di terzi.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME, chiedendo, rispettivamente, il primo, il riconoscimento del diritto di passaggio su una stradina esistente sul fondo del Listro, per usucapione, e gli altri, la costituzione di analoga servitù in via coattiva.
Si costituiva altresì NOMECOGNOME dichiarandosi estraneo al giudizio in quanto egli utilizzava altro accesso dalla via pubblica per raggiungere la sua proprietà.
Si costituivano infine COGNOME NOME e COGNOME NOME, chiedendo accertarsi l’esistenza di servitù di passaggio sul fondo attoreo, a vantaggio della loro proprietà, costituita per usucapione.
Con sentenza n. 332/2012 il Tribunale dichiarava la nullità dell’atto di citazione per contrasto con gli artt. 163, terzo comma, e 164, quarto comma, c.p.c.
Avverso detta decisione spiegava appello principale il COGNOME, riproponendo le domande non accolte in prime cure; spiegavano altresì appello incidentale COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOMECOGNOME chiedendo a loro volta l’accoglimento delle domande riconvenzionali formulate in prime cure; si costituivano altresì COGNOME NOME e COGNOME NOME, riproponendo la domanda di usucapione della servitù di passaggio non esaminata dal Tribunale; rimaneva infine contumace Greco NOME.
Con la sentenza impugnata, n. 2722/2019, la Corte di Appello di Catania riformava la decisione di prime cure, accertando il confine tra i fondi, rigettando la domanda principale di negatoria servitutis , dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale di costituzione di servitù coattiva spiegata da NOME e NOME, rigettando quella analoga proposta da NOME e NOME ed accogliendo invece quella, sempre proposta in via riconvenzionale, di riconoscimento del diritto di transito per usucapione, in favore dei fondi di proprietà di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Secondo la Corte distrettuale, i confini esistenti tra i fondi corrispondevano a quelli effettivi, non essendovi stati sconfinamenti.
Inoltre, era stata raggiunta la prova dell’esercizio, da oltre un ventennio, del transito, da parte di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e si era dunque costituita per usucapione la servitù di passaggio sul fondo Listro dai predetti invocata in via riconvenzionale. Era invece infondata la domanda di costituzione di servitù coattiva in favore dei fondi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME, in quanto i rispettivi fondi non erano risultati interclusi rispetto alla pubblica via.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME, affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso il Drago NOME.
Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’udienza pubblica, ambo le parti costituite hanno depositato memoria ed il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
All’udienza pubblica è comparso il P.G., nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’inammissibilità del ricorso. Sono comparsi l’avv. NOME COGNOME per la parte ricorrente, che ha invocato l’accoglimento del ricorso, e l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per la parte controricorrente, il quale ha invece chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 166 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe riconosciuto, in favore anche di COGNOME NOME e COGNOME NOME, una servitù di passaggio costituita per usucapione, senza considerare che essi non avevano spiegato appello incidentale avverso la sentenza di prime cure invocando l’accoglimento della loro
domanda riconvenzionale, a differenza di quanto aveva invece fatto NOME.
La censura è infondata.
La sentenza impugnata dà atto che COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME e NOME avevano spiegato appello incidentale, chiedendo l’accoglimento delle domande riconvenzionali formulate in prime cure, mentre COGNOME NOME e COGNOME NOME, pur non avendo proposto a loro volta appello incidentale, avevano riproposto la domanda di usucapione della servitù di passaggio non esaminata dal Tribunale.
Poiché la decisione di prime cure non aveva esaminato nel merito né la domanda principale né quelle riconvenzionali, essendosi il Tribunale limitato a dichiarare nulla la citazione introduttiva del giudizio per violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c., va ribadito il principio secondo cui ‘In materia di impugnazioni, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’art. 346 c.p.c.’ (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25840 del 23/09/2021, Rv. 662488; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11653 del 16/06/2020, Rv. 658137; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7940 del 21/03/2019, Rv. 653280). In presenza di decisione di prime cure in punto di rito, dunque, poiché nessuna delle domande, principali e riconvenzionali, era stata esaminata dal Tribunale, neppure in via implicita, le parti appellate avevano il solo onere di riproporre, ex art. 346 c.p.c., le domande non esaminate dal
Tribunale, non essendo richiesta la formale proposizione di appello incidentale. Poiché anche COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano riproposto la loro domanda riconvenzionale, la Corte di Appello ha correttamente esaminato anche quest’ultima. Nessuna violazione della norma processuale, dunque, si configura in relazione allo scrutinio operato dal giudice di seconda istanza, che non ha pronunciato oltre il devolutum .
Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 1158 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato i presupposti per il riconoscimento dell’usucapione della servitù di passaggio, senza considerare il reale stato dei luoghi, con particolare riferimento alle dimensioni della stradella, del tutto diverse da quelle indicate dagli attori in via riconvenzionale, ed alla natura non interclusa dei loro fondi.
Con il terzo motivo, invece, il COGNOME contesta la violazione dell’art. 1158 c.c., perché la Corte catanese avrebbe trascurato di tener conto che i beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato e degli altri Enti pubblici, come era il fondo oggi di proprietà COGNOME sino al momento in cui quest’ultimo lo ha acquistato, non possono essere oggetto di usucapione.
Con il quarto motivo, inoltre, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 1158 c.c., perché la Corte distrettuale avrebbe omesso di considerare che nel caso di specie difettava il requisito temporale necessario per potersi configurare l’acquisto del diritto di passaggio per usucapione.
Tra le tre censure, suscettibili di esame congiunto in quanto tutte relative alla statuizione con la quale la Corte di Appello ha ritenuto configurabile l’acquisto per usucapione di una servitù di passaggio in
favore dei fondi di proprietà di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Salvatore, sono fondate la terza e la quarta.
A norma dell’art. 828, secondo comma, c.c., infatti, ‘I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano’ . Essi dunque non possono costituire oggetto di usucapione, neppure ai fini della configurazione di un diritto reale minore su di essi incidente, essendo comunque necessario, a tal fine, un atto formale promanante dalla Pubblica Amministrazione, idoneo a modificare il regime giuridico del cespite, o comunque il verificarsi di eventi tali da escludere la permanenza della sua appartenenza al patrimonio indisponibile dello stato (cd. sdemanializzazione, espressa o tacita, quest’ultima ove ammissibile).
E’ ben vero che questa Corte ha affermato il principio secondo cui ‘L’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale discende non solo dalla esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad servizio pubblico, ma anche dalla concreta utilizzazione dello stesso a tale fine’ (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26402 del 16/12/2009, Rv. 610544; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24563 del 03/12/2010, Rv. 614925 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21137 del 02/10/2020, Rv. 659314), ma nella specie non emerge dalla lettura della sentenza impugnata, né risulta dedotto nei motivi di ricorso in esame, che il terreno alienato dall’Agenzia del Demanio in favore del COGNOME, che prima dell’acquisto ne era concessionario, fosse destinato ad uno specifico utilizzo, che di fatto non si sia mai realizzato, né viene indicata la data in cui esso avrebbe cessato di appartenere al demanio. Al contrario, il ricorrente deduce (cfr. pagg. 23 e s.) che il bene di sua proprietà appartenesse, prima della sua sdemanializzazione, al demanio marittimo, indicando anche i documenti dai quali detta qualità
emergerebbe; tale natura, non contestata specificamente dal controricorrente, esclude anche la possibilità di configurare una sdemanializzazione tacita, poiché in tema di demanio marittimo va ribadito il principio secondo cui ‘Ai sensi dell’art. 35 cod. nav., la sdemanializzazione dei beni del demanio marittimo non può avvenire per facta concludentia, ma solo per legge o mediante l’adozione, ad opera dell’autorità competente, di un formale provvedimento che ha efficacia costitutiva, essendo basato su una valutazione tecnicodiscrezionale in ordine ai caratteri naturali dell’area ed alle esigenze locali, finalizzata a verificare la sopravvenuta mancanza di attitudine di determinate zone a servire agli usi pubblici del mare. Pertanto, non rilevano né il possesso del bene da parte del privato, improduttivo di effetti ed inidoneo all’acquisto della proprietà per usucapione, né il non uso dell’ente proprietario, con la conseguenza che l’accertamento giudiziale della non ricorrenza dei presupposti fattuali di appartenenza di un bene al suddetto demanio è del tutto privo di utilità’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 4839 del 19/02/2019, Rv. 652758; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10817 del 11/05/2009, Rv. 608265 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12945 del 09/06/2014, Rv. 631500).
Nel caso specifico, non è controverso che il COGNOME abbia acquistato la proprietà del terreno sul quale dovrebbe insistere la servitù di transito oggetto di causa giusta atto pubblico del 19.11.2003 e che in precedenza egli fosse concessionario di detto bene, e come tale titolare del diritto di prelazione sul suo acquisto. Le due circostanze emergono, rispettivamente, la prima dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), e la seconda dal contenuto del ricorso (cfr. pag. 4 dello stesso), non specificamente contestato dalla parte controricorrente. Ne discende che la Corte di Appello avrebbe dovuto indagare sulla data in cui il cespite, già compreso nel demanio
marittimo, ha cessato di appartenere al demanio, o al patrimonio indisponibile, dello Stato, poiché solo a decorrere da tale data è configurabile l’esercizio di possesso utile ad usucapionem . Poiché nel caso di specie il requisito temporale richiesto ai fini della prescrizione acquisitiva non era certamente integrato a decorrere dall’acquisto del bene da parte del Listro, risalente soltanto al 2003, occorreva verificare, ai fini della configurabilità di un possesso anteriore a tale data, utile ai fini della prescrizione acquisitiva del diritto di transito di cui è causa, la data in cui il bene era uscito dal demanio o patrimonio indisponibile. Tale accertamento è totalmente mancato, avendo la Corte di Appello ritenuto conseguita la prova del transito ultraventennale senza aver condotto alcun apprezzamento in relazione allo statuto proprietario del fondo servente, senza considerare che l’eventuale condotta esercitata, sul bene pubblico, dal Drago, dalla Varvaro e dal Castelli, in epoca precedente al momento in cui esso ha perso la sua natura demaniale, è irrilevante ai fini della configurazione del possesso utile ad usucepionem .
Nemmeno è possibile richiamare nel caso di specie, ai fini del mantenimento del diritto di transito in favore dei predetti soggetti, il cd. immemorabile, dovendosi dare continuità al principio secondo cui detto istituto ‘… non più applicabile ai rapporti privatistici in quanto abrogato dal codice civile del 1865 e non richiamato in vigore dall’attuale codice civile, è invece operante nei rapporti di diritto pubblico e in particolare in quelli che hanno a oggetto beni demaniali; esso, a differenza dello usucapione, non è un modo di acquisto del diritto, ma costituisce una presunzione di legittimità del possesso attuale, fondata sulla vetustas, e cioè sul decorso di un tempo talmente lungo che si sia perduta memoria dell’inizio di una determinata situazione di fatto, senza che ci sia memoria del contrario, di modo che
la presunzione di corrispondenza dello stato di diritto allo stato di fatto implica che rispetto a quest’ultimo si presuma esistente il titolo legittimo e che, conseguentemente, possa ritenersi la legittimità dell’esercizio di diritti il cui acquisto non sarebbe attualmente possibile da parte di coloro che li esercitano. Perché possa ritenersi realizzata la prova di siffatta situazione, essa deve provenire da soggetti appartenenti ad almeno due generazioni, vale a dire non solo dagli ultracinquantenni della generazione attuale ma anche, secondo il loro ricordo, dai rispettivi genitori’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 587 del 14/01/2019, Rv. 652298, che in virtù del richiamato principio ha ritenuto l’istituto dell’immemorabile inapplicabile alla servitù di uso pubblico esercitata su di un terreno di proprietà privata; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4051 del 13/06/1983, Rv. 429002; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2289 del 18/06/1976, Rv. 381083; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3508 del 23/10/1975, Rv. 377686; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 837 del 26/03/1973, Rv. 363131). Infatti ‘Caratteristica fondamentale dell’immemoriale e che sia stato smarrito il ricordo del momento in cui e nata la situazione di possesso che si pretende di affermare come legittima: esso pertanto non può essere invocato quando sia nota la data di inizio della situazione in contestazione’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2289 del 18/06/1976, Rv. 381084; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2000 del 24/07/1964, Rv. 302870). Nel caso specifico, non risulta dalla sentenza impugnata, né viene dedotto dal controricorrente, che l’esercizio del transito sul cespite già appartenente al demanio dello Stato, e poi ceduto al Listro nel 2003, risalga ad un momento temporale risalente nel tempo ad almeno due generazioni precedenti a quella cui appartengono le parti del presente giudizio, né che si sia persa la memoria del momento in cui detto esercizio abbia avuto inizio.
La Corte distrettuale ha dunque errato nel configurare l’usucapione di un diritto di servitù su un bene oggi di proprietà privata, valorizzando a tal fine l’esercizio di una condotta risalente ad un momento antecedente alla sua alienazione, senza tener conto della impossibilità di configurare un possesso utile ad usucapionem su un cespite ricompreso nel demanio, o nel patrimonio indisponibile, dello Stato, e dunque senza indagare sul momento in cui il bene di cui si discute avrebbe perso la sua natura demaniale.
La ravvisata fondatezza del terzo e quarto motivo conduce all’assorbimento della seconda doglianza, di per sé attinente alla valutazione di fatto operata dal giudice di merito.
Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente posto a carico del Listro le spese del doppio grado del giudizio di merito.
La censura è assorbita dall’accoglimento del terzo e quarto motivo del ricorso. Il giudice del rinvio, infatti, dovrà procedere ad un nuovo esame della fattispecie, procedendo ad accertare il momento in cui il bene ritenuto servente ha perso la sua originaria natura demaniale e considerando che solo da tale data esso può, in astratto, costituire oggetto di usucapione a favore di terzi, sia quanto al diritto di proprietà che in relazione ad altri diritti reali minori.
Il governo delle spese, tanto del giudizio di merito, inclusa la fase di rinvio, che del presente giudizio di legittimità, dovrà essere operato alla luce dell’esito complessivo della controversia (cfr. Cass. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6522 del 20/03/2014, Rv. 630212; cfr. anche, in termini, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9587 del 12/05/2015, Rv. 635269; Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 18125 del 21/07/2017, Rv. 645057;
Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 16431 del 19/06/2019, Rv. 654608; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24482 del 09/08/2022, Rv. 665389).
Con il sesto motivo, infine, il ricorrente si limita a dare atto che il ricorso è stato notificato a tutte le parti del giudizio di appello, nonostante la richiesta di cassazione della decisione di seconde cure soltanto in relazione al riconoscimento della servitù di passaggio in favore di Drago, Vivaro e Castelli.
La censura non contiene alcuna specifica contestazione al contenuto della decisione della Corte distrettuale, onde la stessa è inammissibile, perché configura un ‘non motivo’ . Sul punto, va data continuità al principio secondo cui ‘ La proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un non motivo’ (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020, Rv. 658556).
In definitiva, vanno accolti il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbiti il secondo ed il quinto e rigettati gli altri. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catania, in differente composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo e quarto motivo del ricorso, dichiara assorbiti il secondo ed il quinto e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catania, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 08 luglio 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME
IL RELATORE NOME COGNOME