Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21675 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23318/2021 R.G. proposto da: NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ.DIST. DI SASSARI n. 45/2021 depositata il 04/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/04/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda che NOME ha proposto innanzi al Tribunale di Sassari nei confronti di NOME COGNOME, per chiedere di accertare che il confine con la proprietà del convenuto era costituito da una stradina, della quale era proprietà per usucapione del primo tratto mentre per l’ulteriore tratto, di proprietà del NOME, aveva acquistato per usucapione il diritto di servitù di passaggio.
Si costituì il convenuto per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale, chiese dichiararsi la proprietà dell’area in contestazione e, in subordine, l’accertamento e la costituzione della servitù di passaggio sull’area di proprietà dell’attrice.
Il Tribunale accolse, per quanto di ragione, la domanda dell’attrice, determinò il confine tra le due proprietà ed accertò che un tratto della strada rientrava nella proprietà di NOME ed il restante tratto nella proprietà di NOME.
La sentenza fu impugnata in via principale dal convenuto NOME COGNOME ed in via incidentale dalla NOME.
La Corte d’appello, con sentenza del 4.2.2020, rigettò l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, dichiarò che l’attrice NOME aveva acquistato per usucapione un tratto di strada corrente lungo il confine, individuato secondo le indicazioni fornite dal CTU.
La Corte territoriale, sulla base dei titoli di proprietà, dell’esame dei luoghi e della documentazione aerofotogrammetrica, individuò il confine tra le due proprietà ed accertò che la stradina corrente sul confine era posta per un primo tratto sul fondo del convenuto NOME e, nel restante tratto sulla proprietà NOME. Rilevò che il primo giudice, dopo aver tracciato i confini, non si era pronunciato sulla domanda
dell’attrice di acquisto per usucapione del tratto di strada che ricadeva nella sua proprietà; pertanto, incontestata la proprietà dell’attrice della p.lla 238, quanto alla domanda di usucapione, la Corte valorizzò le deposizioni dei testi, secondo cui la strada era stata utilizzata dall’attrice e dai suoi danti causa per oltre un ventennio. Quanto al tratto ricadente nella proprietà di NOME, per il quale era stato richiesto l’accertamento dell’acquisto per usucapione della servitù di passaggio, venne dato rilievo alle dichiarazioni dei testi che avevano dato atto dell’esercizio continuativo del passaggio da parte dell’attrice per il termine previsto per il maturare dell’usucapione.
Il NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
NOME ha resistito con controricorso
Alla proposta di definizione anticipata, formulata dal consigliere delegato ex art. 380 bis e comunicata alle parti, è seguita la richiesta di decisione avanzata dal COGNOME.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo di ricorso, si denunzia la violazione degli artt. degli artt. 132 n. 5 e 156 e 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 perché il dispositivo avrebbe fatto riferimento all’ ‘ipotesi 304B della relazione peritale in atti’, senza individuare dettagliatamente i dati catastali del bene oggetto della dichiarazione di acquisto per usucapione. Ne consegue, secondo il ricorrente, che non sarebbe suscettibile di trascrizione la sentenza perché l’ area non sarebbe individuata catastalmente.
Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche
integrando questo con la motivazione, sicchè, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una RAGIONE_SOCIALE due parti del provvedimento, che va interpretata secondo l’unica statuizione in esso contenuta (RAGIONE_SOCIALEzione civile sez. VI, 17/07/2015, n.15088; RAGIONE_SOCIALEzione civile sez. II, 11/07/2007, n.15585).
Nel caso di specie, il richiamo alla CTU, e, specificamente all’ipotesi 304B della relazione peritale in atti, rende identificabile l’area oggetto dell’accertamento dell’acquisto per usucapione da parte della NOME.
2 Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perché la sentenza sarebbe viziata da di extrapetizione, avendo la Corte d’appello attribuito a parte attrice un bene della vita diverso da quello oggetto della domanda giudiziale. Secondo il ricorrente, la domanda dell’attrice era limitata all’accertamento dell’acquisto per usucapione della proprietà della stradina, della quale aveva individuato i confini mentre la Corte d’Appello avrebbe attribuito, non il bene richiesto, ma quello risultante dalla relazione peritale, con violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Il motivo è infondato.
L’attrice aveva chiesto l’accertamento dei confini tra le due proprietà e l’acquisto per usucapione del tratto di strada ricadente nella sua proprietà sicchè non è incorsa nel vizio di extrapetizione la sentenza della Corte d’appello che, all’esito della determinazione del confine, ha determinato l’area usucapita per possesso ultraventennale dell’attrice.
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo
di domanda ogni richiesta RAGIONE_SOCIALE parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. sez. VI, 27/11/2017, n.28308)
3 Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c. e per violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., per motivazione contraddittoria e apparente in relazione all’acquisto per usucapione della proprietà e della servitù della stradina. Ciò che si censura è la contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, in quanto non osserverebbe il “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost., sussistendo un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, oltre che perplessa e obiettivamente incomprensibile.
Il motivo è infondato.
La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del
semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. Cass. civile sez. un., 30/01/2023, n.2767 e altre ivi richiamate).
Nel caso di specie, la motivazione consente di cogliere compiutamente l’iter logico della decisione, fondata sui titoli di proprietà, sull’esame dei luoghi e della documentazione aerofotogrammetrica, né è ravvisabile alcun contrasto tra dispositivo e motivazione.
Sulla base degli accertamenti svolti dal CTU, la Corte ha individuato il confine tra le due proprietà ed accertato che la stradina corrente sul confine era posta per un primo tratto sul fondo del convenuto NOME e, nel restante tratto sulla proprietà NOME.
Quanto alla domanda di acquisto per usucapione, la Corte di merito ha esaminato le deposizioni dei testi, traendo il convincimento che la strada era stata utilizzata dall’attrice e dai sui danti causa per oltre un ventennio. Quanto al tratto ricadente nella proprietà NOME, per il quale era stato richiesto l’accertamento dell’acquisto per usucapione della servitù di passaggio, è stato dato rilievo alle dichiarazioni dei testi che avevano dato atto dell’esercizio continuativo del passaggio da parte dell’attrice nel termine previsto per il maturare dell’usucapione.
4 Con il quarto motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 194 e 195 c.p.c., degli artt. 87 e 90
disp. att. c.p.c., sotto il profilo dell’omessa motivazione perché la Corte d’appello avrebbe aderito alle risultanze della CTU, di cui era stata dedotta la nullità per violazione RAGIONE_SOCIALE norme del procedimento e per l’erroneità RAGIONE_SOCIALE conclusioni.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, esso difetta di specificità perché si limita a generiche censure attinenti i vizi del procedimento e le risultanze della CTU, senza allegare gli atti ed i documenti su cui il ricorso si fonda, in violazione dell’art.366, comma 1, n.6 c.p.c.
Il motivo mira, in sostanza, al riesame RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali degli accertamenti svolti dal perito ad alle conclusioni cui è pervenuto.
Sul punto, questa Corte ha, in diverse occasioni affermato che il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, e, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione RAGIONE_SOCIALE fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le argomentazioni accolte. Le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in tal caso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ( ex multis Cass. Civ., Sez. I 3.4.2007, n.8355)
5 Con il quinto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c., la violazione degli artt.115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per incongrua
valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie da cui non sarebbe emersa la prova dell’usucapione sebbene l’attrice si fosse limitata ad allegare di aver posseduto, da tempo immemorabile, il bene in questione, senza specificare e provare né il momento né le circostanze con cui è avvenuto l’impossessamento. Secondo il ricorrente, le dichiarazioni testimoniali non avevano nemmeno specificato le modalità significative dell’esercizio del possesso in modo tale da rivelarne l’animus possidendi.
Il motivo è inammissibile perché mira, anch’esso, in sostanza, al riesame RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie, sotto lo schermo dell’omesso esame di fatti decisivi e della valutazione degli artt.115 c.p.c. e 116 c.p.c.
A tal riguardo, occorre ricordare che per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115, è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art.115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art.116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione RAGIONE_SOCIALE prove” (Cssazione civile sez. un., 30/09/2020, n.20867).
Il motivo mira in sostanza a sollecitare un diverso apprezzamento del fatto, anche sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi, che hanno
ad oggetto la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che, soprattutto dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., limita la censura per cassazione all’omesso esame del ‘fatto storico’ decisivo per il giudizio, escludendo dal sindacato di legittimità la valutazione degli elementi istruttori, con cui si sollecita una diversa valutazione da parte del giudice di merito.
6 Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 115 c.p.c., 832 c.c., 1158 c.c., 1141 c.c., 1061 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. perché non sarebbe stata dimostrato lo svolgimento di attività corrispondente al diritto di proprietà e, quanto all’usucapione del diritto di servitù, mancherebbe il requisito dell’apparenza.
Il motivo è infondato.
L’acquisto per usucapione è stato accertato non solo attraverso l’utilizzo del tracciato da parte dell’attrice in tutta la sua estensione ma anche sulla base dalla circostanza che la strada fosse stata incorporata in un unicum inscindibile e senza soluzione di continuità alla proprietà dell’attrice e, viceversa delimitata, sul lato opposto verso la proprietà NOME, da muro a secco continuo , privo di varchi ed accessi verso la suddetta strada.
Quanto all’altro aspetto, secondo un costante orientamento di questa Corte, il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile; ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo viceversa
essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù (tra le varie, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7004 del 17/03/2017; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11834 del 06/05/2021).
Nel caso in esame, la Corte d’appello ha ravvisato l’apparenza della servitù nel senso inteso dalla giurisprudenza laddove ha affermato che ‘ tutti i testi riferivano della sua esistenza ben visibile e percepibile anche nella sua specifica destinazione a consentire ai NOME l’accesso alla loro casa muovendo dalla strada vicinale INDIRIZZO di Lioni ‘ (v. sentenza pag. 18). 7 Con il settimo motivo di ricorso, si deduce, infine, la nullità della sentenza per motivazione apparente e al di sotto del minimo costituzionale, ai sensi dell’art.132, n.4 c.p.c. , 111 Cost , in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c. con riferimento alla censura (quinto motivo di appello) con cui si deduceva la omessa motivazione della sentenza di primo grado sulla domanda di rivendicazione di una porzione di terreno occupata sine titulo dalla NOME.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello, contrariamente a quanto si assume, ha esaminato la censura con cui era stato dedotto il vizio di omessa pronuncia in ordine alla domanda di arretramento RAGIONE_SOCIALE opere costruite dall’attrice fino al confine e, pur avendo accertato che il Tribunale non si era pronunciato su tale domanda, l’ha rigettata nel merito osservando perché le opere insistevano sulla proprietà dell’attrice, come si ricavava dalle foto in atti (v. pagg. 19 e 20 sentenza). La motivazione, sintetica, esiste e soddisfa il minimo costituzionale, mentre la critica sollecita ancora una volta accertamenti fattuali.
In conclusione il ricorso va respinto, con inevitabile aggravio di spese per la parte soccombente.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ.. (novellato dal D. Lgs n.149 del 2022.), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme ex art.96, comma 3 e 4 c.p.c., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art.96, comma 4 c.p.c. in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13, comma 1-bis, del DPR n.115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art.96, comma 3 c.p.c., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di Euro 2.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell art.96, comma 4, c.p.c. – al pagamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell” dell’art.13, comma 1-quater del DPR n.115 del 2002,, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13, comma 1-bis, del DPR n.115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione