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Usucapione servitù: quando la domanda è tardiva

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13395/2024, ha rigettato il ricorso di un proprietario che aveva introdotto tardivamente una domanda per l’usucapione di una servitù di veduta. La Corte ha chiarito che una sopraelevazione è una nuova costruzione e che una domanda giudiziale non può essere modificata in corso di causa introducendo un diritto nuovo e distinto, come l’usucapione servitù di veduta rispetto a quella per il mantenimento a distanza illegale. La domanda, essendo aggiuntiva e non una semplice modifica, è stata dichiarata inammissibile.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Usucapione servitù: quando una domanda diventa inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13395/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti alla modifica delle domande in corso di causa, in particolare quando si tratta di usucapione servitù. La vicenda, nata da una controversia sulle distanze tra edifici, dimostra come un errore procedurale possa compromettere la tutela di un diritto, anche se potenzialmente fondato nel merito. Analizziamo i dettagli di questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I fatti di causa: la costruzione e la controversia sulle distanze

I proprietari di un immobile avevano citato in giudizio i loro vicini per ottenere il riconoscimento di una servitù, acquisita per usucapione, che consentisse loro di mantenere il proprio fabbricato a una distanza inferiore a quella legale dal confine. I vicini, non solo si opponevano, ma presentavano una domanda riconvenzionale chiedendo l’arretramento dell’edificio avversario.

Inizialmente, il Tribunale aveva dato ragione ai primi, accogliendo la loro domanda e respingendo quella dei vicini. La situazione, però, si è ribaltata in secondo grado.

La decisione della Corte d’Appello: la sopraelevazione come nuova costruzione

La Corte d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado. I giudici hanno condannato i proprietari originari ad arretrare una sopraelevazione realizzata sul loro fabbricato e a chiudere alcune aperture. La motivazione chiave è stata che la sopraelevazione doveva essere considerata a tutti gli effetti una “nuova costruzione” e, come tale, soggetta al rispetto delle normative sulle distanze legali vigenti al momento della sua edificazione.

Inoltre, la Corte ha dichiarato tardiva, e quindi inammissibile, la domanda di usucapione del diritto di veduta, poiché era stata introdotta solo in una memoria successiva all’atto di citazione iniziale.

Il ricorso in Cassazione e l’inammissibilità della nuova domanda di usucapione servitù

I proprietari soccombenti in appello hanno presentato ricorso in Cassazione, basandolo principalmente su due motivi. Il primo, relativo alla violazione di norme tecniche locali, è stato dichiarato inammissibile per carenza di specificità e per non aver trascritto le norme regolamentari invocate, come richiesto dalla giurisprudenza.

La tardività della domanda di servitù di veduta

Il punto cruciale della decisione riguarda il secondo motivo. I ricorrenti sostenevano che la loro domanda di usucapione del diritto di veduta non fosse una domanda nuova, ma una semplice eccezione riconvenzionale sorta in risposta alle difese dei vicini. La Suprema Corte ha respinto categoricamente questa tesi.

La domanda originaria riguardava esclusivamente il diritto a mantenere il fabbricato a distanza illegale. La successiva richiesta, contenuta nella memoria ex art. 183 c.p.c., di vedersi riconoscere anche il diritto di aprire e mantenere vedute, è stata qualificata come una domanda “ulteriore ed aggiuntiva”. Essa introduceva un petitum e una causa petendi diversi e non poteva essere considerata una semplice modifica o precisazione della domanda iniziale.

Il ricorso incidentale e la carenza di interesse

Interessante anche la gestione del ricorso incidentale presentato da due dei vicini. Essi contestavano la loro condanna alle spese, sostenendo di non avere più interesse ad agire poiché non erano più proprietari dell’immobile. La Cassazione ha ritenuto infondati i motivi relativi alla carenza di interesse, ma ha accolto quello sulle spese, affermando che, una volta accertata la mancanza di interesse a impugnare, il giudice avrebbe dovuto eliminare anche la condanna alle spese, non essendoci più soccombenza.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di principi consolidati di procedura civile. La distinzione tra emendatio libelli (una consentita precisazione o modifica della domanda originaria) e mutatio libelli (un’inammissibile introduzione di una domanda nuova) è fondamentale. Nel caso di specie, la richiesta di usucapire una servitù di veduta ha cambiato sia l’oggetto della domanda (petitum) sia la sua causa giuridica (causa petendi), configurando una mutatio libelli non permessa dopo i termini iniziali del processo. La Corte ha sottolineato che la nuova domanda non era connessa alla vicenda sostanziale originaria in modo da giustificarne l’ammissione, e avrebbe compromesso le potenzialità difensive della controparte. Per quanto riguarda le spese legali, la Corte ha applicato il principio secondo cui la condanna alle spese presuppone la soccombenza; venuta meno quest’ultima a causa della carenza di interesse a impugnare, anche la condanna deve essere eliminata.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque affronti un contenzioso civile: l’importanza di definire con precisione e completezza tutte le proprie richieste fin dal primo atto del giudizio. Tentare di aggiungere nuove domande in corso d’opera, anche se apparentemente collegate alla controversia principale, espone al rischio di vedersele dichiarare inammissibili per tardività. La decisione evidenzia inoltre che la sopraelevazione di un edificio è legalmente equiparata a una nuova costruzione, con tutte le conseguenze che ne derivano in materia di distanze. Infine, conferma che chi non ha più un interesse diretto e attuale in una causa non può essere considerato soccombente e, di conseguenza, non può essere condannato al pagamento delle spese processuali.

È possibile aggiungere una nuova domanda di usucapione nel corso di una causa già iniziata?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una domanda per l’usucapione di un diritto diverso (in questo caso, servitù di veduta) rispetto a quello originario (servitù per il mantenimento a distanza inferiore) costituisce una domanda nuova e non una semplice modifica. Se presentata tardivamente, come nella memoria ex art. 183 c.p.c., è inammissibile.

Una sopraelevazione è considerata una nuova costruzione ai fini delle distanze legali?
Sì, la Corte d’appello, con una decisione confermata implicitamente dalla Cassazione, ha ritenuto che la sopraelevazione debba essere considerata a tutti gli effetti una nuova costruzione. Pertanto, deve rispettare la normativa sulle distanze legali in vigore al momento della sua realizzazione.

Chi non è più proprietario di un immobile può essere condannato alle spese se l’appello viene respinto per carenza di interesse?
No. La Corte ha accolto il motivo di ricorso su questo punto, affermando che una volta accertata la carenza di interesse a impugnare (perché i soggetti non erano più proprietari del fondo), il giudice deve eliminare la loro condanna al pagamento delle spese di lite, essendo venuto meno il presupposto della soccombenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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