Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13395 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13395 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27860/2019 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 337/2019 depositata il 20/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Palermo, domandando il riconoscimento del diritto di servitù -per intervenuta usucapione -a mantenere il proprio fabbricato a distanza inferiore da quella legale rispetto al confine dei fondi limitrofi appartenenti ai convenuti. Spiegavano domanda riconvenzionale i COGNOME e la COGNOME, volta all’arretramento dell’abitazione avversaria e delle opere edili contenute nella particella n. 601, di proprietà avversaria.
Il Tribunale accoglieva la domanda principale, respingendo quelle riconvenzionali.
I soccombenti proponevano gravame. Nella resistenza delle controparti, con sentenza n. 337, depositata il 20 febbraio 2019, la Corte d’appello di Palermo accoglieva parzialmente l’impugnazione, condannando l’COGNOME e la COGNOME ad arretrare la sopraelevazione realizzata sul fabbricato di cui alla particella n. 748 fino alla linea di confine, nonché a chiudere le aperture insistenti sul prospetto ovest del medesimo fabbricato.
I giudici di secondo grado, per quel che ancora interessa, rilevavano che la sopraelevazione avrebbe dovuto considerarsi a tutti gli effetti una nuova costruzione, sicché avrebbe potuto essere eseguita solo nel rispetto della normativa sulle distanze legali dal confine, all’epoca della sua realizzazione. Quanto alle vedute, sarebbe spettato agli appellati dimostrare di godere della relativa servitù e la connessa eccezione sarebbe stata tardiva, perché proposta soltanto con la memoria ex art. 183 comma 6° c.p.c.
Ricorrono in cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME con due motivi.
Resistono NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME con controricorso e ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
In prossimità della presente udienza, i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, si adduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Partinico nonché della circolare del RAGIONE_SOCIALE dei lavori RAGIONE_SOCIALE n. 2474 del 31 gennaio 1973, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione all’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. Si denuncia che la Corte di appello avrebbe disatteso le conclusioni della CTU.
1.a. Il motivo è inammissibile.
L’accenno all’art. 8 delle norme tecniche di attuazione del PRG di Partinico nonché alla circolare del RAGIONE_SOCIALE non è accompagnata dal richiamo testuale delle suddette norme.
1.b. Per giurisprudenza costante di questa Suprema Corte, nel caso in cui siano dedotti vizi relativi a regolamenti comunali, è necessario che le disposizioni rilevanti siano trascritte o allegate, in quanto per le norme giuridiche di rango secondario non opera il principio iura novit curia , ad eccezione dei regolamenti comunali edilizi che, in quanto disciplinanti le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrativi del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche, sicché spetta al giudice acquisirne conoscenza d’ufficio, quando la loro violazione sia dedotta dalla parte (Sez. 6-2, n.7715 del 9 marzo 2022).
La doglianza riguarda non il regime dei confini, ma il concetto di volume tecnico della sopraelevazione, secondo le norme tecniche di attuazione del PRG e dunque le relative norme invocate avrebbero dovuto esser trascritte o allegate.
1.c. In ogni caso, il motivo è carente di specificità, in quanto non chiarisce quale sia stata la violazione di legge addebitata alla Corte d’appello.
Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (tra le tante, v. Sez. 1, n. 3340 del 5 febbraio 2019).
Nel caso in esame, come detto, il motivo non indica neppure in qual modo sarebbero state violate le norme invocate.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 183 comma 6° c.p.c., giacché la sentenza di appello avrebbe errato nel ritenere tardiva la domanda di usucapione del diritto di veduta dalle aperture del proprio immobile. Si sarebbe in realtà trattato di un’eccezione riconvenzionale di usucapione, a seguito delle domande formulate dai convenuti in via riconvenzionale.
La doglianza è manifestamente infondata.
2.a. In base a quanto risulta dalla sentenza impugnata, l’originaria domanda dei ricorrenti riguardava il diritto a mantenere il proprio fabbricato a distanza inferiore a quella legale, per intervenuta usucapione. Ad essa i convenuti contrapponevano la domanda volta
ad ottenere l’arretramento del fabbricato e delle opere edili. La domanda contenuta nella memoria ex art. 183 comma 6° c.p.c., riguardante il diritto di aprire le vedute è evidentemente ulteriore ed aggiuntiva rispetto all’originaria, senza essere modificativa della stessa. Non è dunque applicabile alla fattispecie l’invocato filone giurisprudenziale, che ha elaborato il concetto di novità della domanda ammessa anche in presenza della variazione di entrambi gli elementi oggettivi della stessa ( petitum e causa petendi ), purché la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Sez. U., n. 22404 del 13 settembre 2018; Sez. 3, n. 4031 del 16 febbraio 2021; Sez. 3, n. 30455 del 2 novembre 2023).
Il ricorso principale va in definitiva rigettato.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. La Corte d’appello avrebbe errato nell’aver ritenuto carenti di interesse NOME COGNOME e NOME COGNOME a proporre appello, pur a fronte dell’accoglimento della domanda avversaria.
3.a. Con il secondo motivo del ricorso, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si contesta ancora la ritenuta carenza di interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME a proporre appello, pur a fronte dell’accoglimento della domanda avversaria, con la conseguente condanna dei medesimi alle spese del grado.
3.b. I due motivi -scrutinabili congiuntamente, considerata la loro continenza logico sistematica -sono infondati.
Infatti, come correttamente affermato dalla Corte d’appello, non essendo NOME COGNOME e NOME COGNOME più proprietari del fondo interessato dalla domanda avversaria, non sarebbero stati attinti dall’accoglimento della domanda avversaria e quindi neppure
avrebbero potuto avere interesse ad impugnare una statuizione che non li riguardava.
L’ultimo rilievo concerne la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché la condanna degli stessi alle spese sarebbe stata fondata sull’erroneo presupposto della soccombenza per entrambi i gradi del giudizio.
Il motivo è meritevole di accoglimento.
4.a. Effettivamente, una volta ritenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME carenti di interesse ad impugnare, il giudice di secondo grado sarebbe dovuto essere coerente ed eliminare la condanna alle spese dei gradi di merito.
A tanto provvede questa Corte, cassando sul punto la sentenza impugnata e pronunziando nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto di tutti i restanti motivi.
Al rigetto del ricorso principale consegue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese di lite nei confronti di NOME COGNOME, come liquidate in dispositivo, mentre vanno integralmente compensate quelle fra i ricorrenti e NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Si dà atto che sussistono i presupposti processuali per dichiarare che i ricorrenti principali sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso principale, rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, pronunziando nel merito, elimina il capo f) di cui alla sentenza impugnata.
Condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali a favore di NOME COGNOME, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3.000 (tremila) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Compensa le spese fra i ricorrenti e NOME COGNOME e NOME
COGNOME.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2024, nella camera di consiglio