Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14538 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14538 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ordinanza
sul ricorso n. 19867/2019 proposto da:
NOME NOME, NOME NOME, NOME NOME, NOME NOME, difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOME, difeso da ll’ avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n. 267/2019 del 2/4/2019.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Narrano i promittenti venditori attori (NOME COGNOME, anche come procuratore speciale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) la vicenda seguente: è stipulato nel luglio 1992 un preliminare di compravendita di un terreno (particella n. 153) al prezzo di £ 60.000.000 (da versare per metà entro la fine del 1992 e il resto entro l’ottobre 1993) ; pur sollecitato a ciò, non si presenta alla stipula del definitivo il promissario acquirente NOME COGNOME, il quale nel frattempo -immesso nella
detenzione del bene – ha costruito sul terreno una pista carrabile, recidendo alberi. Nel 1994 i promittenti venditori convengono dinanzi al Tribunale di Barcellona P.G. il promissario acquirente in un’azione ex art. 2932 c.c. , con domanda di condanna al pagamento del prezzo concordato. In subordine domandano la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno, quantificato nella entità del prezzo . Il convenuto contesta l’esistenza del preliminare (la bozza da lui redatta non è stata mai sottoscritta dagli attori), allega l’esistenza sul terreno di un diritto di passaggio anche carrabile a servizio di un fondo contiguo (particella n. 152, di cui egli condivide la proprietà con la moglie), nonché a vantaggio di immobili di terzi, domanda in via riconvenzionale l’accertamento della servitù di passaggio (di cui chiede altresì l’ampl iamento fino a m 10 previo pagamento dell’indennità ex art. 1053 c.c., rispetto all’esercizio originario entro una fascia oscillante tra i m 2,5 e 3). Con una seconda azione giudiziaria, gli attori domandano il rilascio del fondo (previa istanza di sequestro giudiziario, già rigettata nel corso del primo giudizio) e il risarcimento del danno. Il convenuto precisa di non avere mai contestato la proprietà del fondo in capo agli attori, in riconvenzionale domanda l’accertamento dell’usucapione della servitù di passaggio (come nel primo giudizio). Riunite le due cause, in primo grado vengono rigettate le domande attoree ed accolta la riconvenzionale di accertamento della servitù di passaggio, mentre è rigettata la domanda di ampliamento di quest’ultima.
L’appello è rigettato. La Corte di appello (p. 8) condivide la valutazione complessiva degli elementi istruttori compiuta dal Tribunale: il passaggio vantato dal convenuto sul fondo degli attori è stato esercitato «da tempo risalente», sia a piedi che con mezzi meccanici. Si configura una servitù apparente, come tale usucapibile per esercizio ultraventennale del possesso pacifico e continuato.
Ricorrono i promittenti venditori attori (COGNOME) con quattro motivi. Resiste il promissario acquirente convenuto (COGNOME) con controricorso.
Ragioni della decisione
1. – Il primo motivo (p. 16) denuncia che Corte di appello ha motivato il rigetto dell’appello sulla base di elementi di fatto nuovi e che la pronuncia è ultra petita. La censura muove dall’idea che il convenuto non possa vantare un possesso ultraventennale utile ad usucapire la servitù di passaggio a vantaggio di un fondo che egli ha acquistato solo nel 1985, mentre la correlativa domanda riconvenzionale (di accertament o dell’usucapione) è stata proposta prima del decorso di un ventennio, cioè nel 1994 (ed è stata poi reiterata nel 1998). In altre parole, si argomenta che non è possibile per il convenuto usucapire la servitù, poiché al momento in cui è iniziato l’asservimento del fondo all ‘altro fondo (oggi di proprietà del convenuto), il fondo preteso dominante non è ancora di proprietà di costui, bensì di altri. Per superare tale ostacolo, la Corte di appello ha affermato senza supporto probatorio che il convenuto ha posseduto il fondo che si pretende dominante sin dal 1970/1972. Si deduce violazione degli artt. 1158, 1160, 1140, 1144, 1146 c.c., nonché nullità della sentenza ex art. 112, 115, 116, 345 c.p.c.
Il primo motivo non è fondato.
La Corte di appello si è limitata ad accertare ciò che era rilevante al fine di pronunciarsi sul l’usucapione della servitù , cioè che sul fondo di proprietà degli attori è stato esercitato il passaggio carrabile in modo pacifico e continuato nel ventennio antecedente al giudizio, a vantaggio del fondo acquistato nel 1985 dal convenuto, consentendo a quest’ultimo di unire ex art. 1146 c.c. il possesso del suo dante causa (anteriore al 1985) al proprio. In sostanza, il motivo impiega la censura di violazione di norme di diritto per chiedere a questa Corte di dischiudere una fase di accertamento nuovo e ulteriore. Tuttavia, l’accertamento compiuto dalla Corte di appello è sta to espresso in una motivazione che non presta il fianco a censure in sede di legittimità. Sulla base di tale accertamento, la valutazione giuridica compiuta dalla Corte territoriale è in linea con la giurisprudenza sulla accessione nel possesso di servitù da parte dell’acquirente di fondo dominante (cfr.
Cass. 18909/2012). Ne segue infine che irrilevante è l’argomentazion e concernente la situazione giuridica soggettiva del convenuto rispetto al fondo dominante, anteriormente all’acquisto del 1985.
Il primo motivo è rigettato.
2. – Il secondo motivo (p. 26) censura ex art. 1158 e 1146 c.c. che la Corte di appello ha ritenuto che il contenuto e il tipo del possesso del successore a titolo particolare siano identici al possesso esercitato dal dante causa. Il motivo è imperniato su una valutazione della testimonianza di NOME COGNOME secondo la quale anteriormente al 1985 il passaggio era solo pedonale e solo successivamente anche carrabile.
Il terzo motivo (p. 28) denuncia ex art. 1158 e 1161 c.c. che la Corte di appello abbia ritenuto erroneamente sussistente il carattere apparente della servitù.
Il secondo ed il terzo motivo sono da esaminare congiuntamente. Essi sono infondati.
I due motivi esibiscono fondamentalmente la stessa struttura del motivo precedente: attraverso la censura di violazione di norme di diritto, la parte sovrappone il proprio apprezzamento delle caratteristiche del passaggio esercitato sul fondo a ll’apprezzamento diverso (esercizio da tempo risalente, sia a piedi che con mezzi meccanici) che la Corte di appello ha espresso in una motivazione risoluta e coerente, che quindi non si espone a critiche valevoli in sede di giudizio di legittimità (cfr. l’art. 116 c.p.c. : il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento). Sulla base di tale accertamento, corretta è la valutazione giuridica compiuta dalla Corte territoriale sui tratti di apparenza della servitù, rinvenuti in un sentiero pur formatosi naturalmente per effetto del calpestio, poiché il tracciato denota la funzione di accesso al fondo dominante in modo visibile, univoco e permanente (in linea con Cass. 29555/2023, tra le più recenti).
Il secondo ed il terzo motivo sono rigettati.
3. – Il quarto motivo (p. 32) denuncia la violazione degli artt. 1337, 1338 c.c., 1173 e 1175 c.c. poiché la Corte di appello ha rigettato la domanda risarcitoria (p. 10). Si censura che la puntuazione intervenuta tra le parti sia stata considerata solo un atto preparatorio, destinato a fissare solo le intenzioni, senza alcun effetto vincolante per le parti, con la conseguenza del rigetto della domanda di risoluzione del contratto, formulata in subordine, nonché della domanda di risarcimento da inadempimento.
Il quarto motivo è infondato.
Esso si lascia disattendere sulla base di una lettura adeguata dello stesso orientamento di questa Corte che i ricorrenti pensano di poter invocare a loro vantaggio, poiché Cass. SU 4628/2015 distingue chiaramente l’ipotesi del c.d. preliminare di preliminare, cioè «una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l’accordo è irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare secondo buona fede ulteriori punti», dalla ipotesi – concretizzatasi nel caso di specie, così come apprezzato dalla Corte di appello con motivazione risoluta e coerente – di «mere puntuazioni in cui le parti hanno solo iniziato a discutere di un possibile affare e senza alcun vincolo fissano una possibile traccia di trattative».
Il quarto motivo è rigettato.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che
liquida in € 4.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma il 10/4/2024.