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Usucapione servitù: possesso del dante causa vale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14538/2024, ha rigettato il ricorso di alcuni promittenti venditori, confermando l’avvenuta usucapione di una servitù di passaggio a favore del promissario acquirente. Il caso verteva su un preliminare di vendita non seguito dal definitivo e sulla successiva richiesta del compratore di accertare l’usucapione della servitù. La Corte ha chiarito che, ai fini del calcolo del ventennio necessario, l’attuale proprietario può sommare il proprio possesso a quello del suo dante causa (accessione nel possesso, art. 1146 c.c.), anche se al momento dell’inizio del passaggio non era ancora proprietario del fondo dominante. La decisione ha inoltre ribadito i criteri per definire una servitù come ‘apparente’ e quindi usucapibile.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Usucapione Servitù di Passaggio: l’Accessione del Possesso Fa la Differenza

L’usucapione di una servitù di passaggio è un tema centrale nel diritto immobiliare, spesso fonte di complesse controversie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14538/2024) offre chiarimenti fondamentali su un aspetto cruciale: la possibilità di sommare il proprio possesso a quello del precedente proprietario per raggiungere il ventennio necessario. Questa pronuncia ribadisce l’importanza del principio di accessione nel possesso, delineando con precisione i confini tra possesso utile ai fini dell’usucapione e semplici accordi precontrattuali.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da un preliminare di compravendita di un terreno stipulato nel 1992. I promittenti venditori citavano in giudizio il promissario acquirente poiché quest’ultimo, pur essendo stato immesso nel possesso del bene e avendovi costruito una pista carrabile, non si era presentato per la stipula del contratto definitivo. Gli attori chiedevano l’esecuzione del contratto o, in subordine, la sua risoluzione con risarcimento del danno.

La Domanda Riconvenzionale per Usucapione Servitù di Passaggio

Il convenuto si difendeva contestando la validità del preliminare e, soprattutto, avanzando una domanda riconvenzionale. Sosteneva di avere un diritto di passaggio sul terreno oggetto di causa, a servizio di un fondo contiguo di sua proprietà. Chiedeva quindi al tribunale di accertare l’avvenuta usucapione della servitù di passaggio, avendo esercitato il transito, sia a piedi che con mezzi meccanici, per oltre vent’anni.
I tribunali di primo e secondo grado accoglievano la domanda del convenuto, rigettando le pretese degli attori. La Corte d’Appello, in particolare, confermava che il passaggio era stato esercitato ‘da tempo risalente’ in modo pacifico e continuato, configurando una servitù apparente e quindi usucapibile.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Usucapione della Servitù

I promittenti venditori ricorrevano in Cassazione con quattro motivi. La Suprema Corte li ha rigettati tutti, confermando la decisione d’appello.

Primo Motivo: L’Accessione nel Possesso (Art. 1146 c.c.)

I ricorrenti sostenevano che il convenuto non potesse aver usucapito la servitù, in quanto aveva acquistato il fondo dominante solo nel 1985 e la domanda era stata proposta prima del decorso di un ventennio. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato l’art. 1146 c.c. (accessione nel possesso). Questo principio consente all’acquirente di un fondo di sommare il proprio periodo di possesso a quello del suo dante causa (il precedente proprietario) per completare il tempo necessario all’usucapione. Pertanto, è irrilevante che il convenuto non fosse proprietario del fondo dominante sin dall’inizio del periodo di possesso utile.

Secondo e Terzo Motivo: La Servitù Apparente

I ricorrenti contestavano il carattere ‘apparente’ della servitù e l’identità tra il possesso del dante causa (asseritamente solo pedonale) e quello del successore (anche carrabile). La Corte ha giudicato questi motivi un tentativo di riesaminare il merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Ha ribadito che la valutazione delle prove è compito del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva motivato in modo coerente, ritenendo la servitù apparente sulla base di un sentiero visibile, anche se formatosi naturalmente, che denotava in modo univoco e permanente la funzione di accesso al fondo dominante.

Quarto Motivo: La Natura della ‘Puntuazione’ Contrattuale

Infine, i ricorrenti lamentavano il rigetto della domanda risarcitoria, sostenendo che l’accordo preliminare fosse vincolante. La Cassazione ha chiarito la distinzione tra un ‘preliminare di preliminare’ (che può avere effetti vincolanti su alcuni punti) e le ‘mere puntuazioni’. Queste ultime, come nel caso di specie, rappresentano solo una traccia delle trattative senza alcun vincolo giuridico, quando le parti hanno solo iniziato a discutere un possibile affare.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su principi consolidati. Il rigetto del primo motivo si basa sulla corretta interpretazione dell’istituto dell’accessione nel possesso, che è fondamentale per garantire la continuità delle situazioni di fatto e la certezza dei diritti. L’acquirente ‘eredita’ la situazione possessoria del venditore, potendone sfruttare gli effetti ai fini dell’usucapione. Per quanto riguarda la natura della servitù, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica e sufficiente. L’apparenza non richiede opere imponenti, ma semplicemente segni visibili che rendano manifesta l’esistenza del peso sul fondo servente. Infine, la qualificazione dell’accordo come ‘mera puntuazione’ rientra nell’apprezzamento di fatto del giudice di merito, che ha correttamente concluso per l’assenza di un vincolo contrattuale definitivo tra le parti, escludendo così il diritto al risarcimento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che per l’usucapione di una servitù di passaggio, il calcolo del ventennio può beneficiare del possesso del precedente titolare del fondo dominante. In secondo luogo, ribadisce che la visibilità di un sentiero, anche se non costruito artificialmente, è sufficiente a qualificare una servitù come ‘apparente’ e, di conseguenza, usucapibile. Infine, mette in guardia sulla natura degli accordi stipulati durante le trattative immobiliari, sottolineando che non ogni accordo scritto (‘puntuazione’) costituisce un contratto preliminare vincolante.

È possibile usucapire una servitù di passaggio se non si è posseduto il fondo dominante per tutti i 20 anni necessari?
Sì, la legge lo consente attraverso l’istituto dell’accessione nel possesso (art. 1146 c.c.). Il proprietario attuale può sommare il periodo in cui ha posseduto il bene a quello del suo predecessore (il venditore) per raggiungere il termine di 20 anni richiesto per l’usucapione.

Cosa rende una servitù di passaggio ‘apparente’ e quindi acquistabile per usucapione?
Una servitù è ‘apparente’ quando la sua esistenza è manifestata da opere visibili e permanenti. Secondo la sentenza, anche un semplice sentiero formatosi naturalmente per effetto del calpestio continuo può essere sufficiente, a patto che il tracciato segnali in modo visibile, univoco e permanente la sua funzione di accesso al fondo dominante.

Un accordo scritto durante le trattative di una compravendita è sempre vincolante come un contratto preliminare?
No. La Corte distingue tra una ‘puntuazione vincolante’ (o ‘preliminare di preliminare’), in cui l’accordo su certi profili è irrevocabile, e le ‘mere puntuazioni’. Queste ultime, come nel caso analizzato, sono considerate semplici appunti di una trattativa in corso, senza alcun effetto vincolante per le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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