Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1923 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1923 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35086/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, gusta procura speciale in atti
–
ricorrente –
contro
DI
FIORE
SALVATORE
e
COGNOME
NOME
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO PALERMO n. 1837/2019 depositata il 19/09/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME e NOME COGNOME citavano avanti il Tribunale di Palermo NOME e NOME COGNOME, esponendo: di essere proprietari, in regime di comunione dei beni, di un appartamento al secondo piano di un edificio sito in Palermo, INDIRIZZO, da loro abitato sin dal 1988; che l’immobile era stato realizzato nel 1983 e a quella data l’unica rete fognaria esistente nella zona era costituita dall’impianto comunale ubicato nella INDIRIZZO; che i proprietari dello stabile in costruzione avevano chiesto e ottenuto da COGNOME NOME, comproprietario di un immobile adiacente all’edificio, l’autorizzazione a collegare lo scarico fognario della costruenda palazzina alla tubazione già esistente proveniente dall’immobile di proprietà del COGNOME, posta in una stradella di proprietà comune con sbocco alla rete fognaria di INDIRIZZO; che le convenute, nel procedere alla ristrutturazione dell’immobile in comproprietà con COGNOME NOME avevano rotto arbitrariamente la tubazione di scarico di pertinenza del fabbricato ove è ubicato l’edificio l’immobile di loro proprietà provocando deflusso e spargimento di liquami, intimando anche ai proprietari degli appartamenti dell’edificio di collocare la tubazione di scarico fognario in altro luogo. Ritenendo di avere acquisito per usucapione il diritto di mantenere lo scarico fognario del loro appartamento nel modo e nel luogo a suo tempo concordato con COGNOME NOME, gli attori chiedevano al Tribunale di Palermo il riconoscimento del loro diritto
a mantenere il collegamento alla tubazione fognaria e la condanna delle convenute al ripristino dell’impianto stesso arbitrariamente interrotto.
Si costituivano in giudizio le convenute, eccependo – per quanto in questa sede rileva – che l’ immobile di proprietà degli attori era stato costruito in assenza di concessione edilizia, tanto da difettare di accatastamento, per cui non poteva riconoscersi alcun diritto reale in vantaggio dello stesso; che il COGNOME NOME, proprietario solo di una piccola quota del fabbricato adiacente non avrebbe comunque potuto consentire l’allaccio senza il consenso degli altri comproprietari; che nessuna usucapione era comunque avvenuta, considerando che il tubo costituente l’allaccio era di recente fattura e non installato oltre 20 anni addietro. Chiedevano in via riconvenzionale il risarcimento del danno conseguente al malfunzionamento della fossa Imhoff installata dagli attori in maniera irregolare e non conforme alle prescrizioni di legge per lo smaltimento dei liquami, che aveva provocato infiltrazioni di umidità lungo le pareti del loro immobile.
Con sentenza n. 1844/2015, il Tribunale di Palermo rigettava le domande attoree, sul presupposto della natura abusiva dello scarico fognario realizzato dagli attori oggetto della domanda di usucapione; accoglieva di contro la domanda riconvenzionale e condannava gli stessi a rimuovere la fossa IMHOFF, stante la natura irregolare e il carattere precario dell’impianto.
Avverso tale decisione proponevano appello NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Nella resistenza delle COGNOME, con sentenza n. 1837/2019 la Corte di Appello di Palermo, in accoglimento del gravame e in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava in favore degli appellanti l’avvenuto acquisto per usucapione della servitù di scarico
costituita dal collegamento della tubazione fognaria proveniente dalla loro proprietà alla conduttura di pertinenza dell’immobile di proprietà delle RAGIONE_SOCIALE, condannando queste ultime all’integrale ripristino della predetta servitù di scarico.
Avverso tale decisione NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi e illustrato da memoria.
NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo le ricorrenti deducono l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.c., in quanto la Corte di Appello di Palermo non avrebbe tenuto in alcun conto il carattere abusivo dello scarico fognario realizzato dagli attori in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative, posto che nella sentenza di primo grado la domanda di usucapione era stata rigettata proprio sul rilievo del carattere abusivo di tale scarico.
2.Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1158 e 2697 c.c., in quanto la Corte distrettuale avrebbe basato il suo convincimento esclusivamente sulle circostanze riferite dal teste NOME COGNOME, parente della COGNOME, in difetto di prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva.
Con il terzo motivo le ricorrenti deducono, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1061 c.c., data l’assenza di motivazione della Corte di appello sull’esistenza di opere visibili e dunque del requisito della apparenza necessario ai fini dell ‘ acquisto della servitù.
4.Il quarto motivo è volto ad evidenziare la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di valutare altre risultanze istruttorie delle quali le attuali ricorrenti avevano dedotto la decisività, ossia tre testimonianze che avevano concordemente confermato la circostanza che il tubo in questione fosse di recentissima costruzione, circostanza assolutamente incompatibile con quanto sostenuto dagli intimati, ossia che lo stesso tubo convogliasse le acque di scarico bianche e nere di un intero edificio sin dall’anno 1983.
5.Il primo motivo è fondato.
La decisione impugnata, trascurando del tutto di considerare la questione relativa alla natura abusiva dello scarico realizzato dalle ricorrenti, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative, è incorsa nel vizio di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per o messo esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo.
Nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., le ricorrenti hanno indicato le sedi processuali nelle quali la questione è stata dedotta e discussa in giudizio.
La decisività della stessa ai fini dell’accoglimento dell’appello emerge poi con evidenza dal fatto che il primo giudice ha rigettato le domande attore proprio perché era risultato abusivo lo ‘ scarico fognario realizzato dagli attori in assenza delle necessarie autorizzazioni e oggetto della domanda di usucapione ‘, come si legge nella sentenza impugnata.
6.Anche il terzo motivo, con il quale le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1061 c.c. , che per ragioni di priorità logica deve essere esaminato a questo punto, appare fondato.
Il requisito dell’apparenza della servitù non è stato preso in alcuna considerazione dalla Corte di Appello di Palermo, specie alla luce di quanto riportato in ricorso, ossia dell’affermazione in atti del la visibilità dello scarico e della negazione di tale caratteristica in sede di interrogatorio formale del COGNOME, il quale ha dichiarato che invece il tubo era incassato a una cinquantina di centimetri da terra.
Si deve ricordare che in tema di servitù usucapibili, questo Giudice ha affermato che il requisito dell’apparenza ‘ deve risultare in modo chiaro e inequivoco, senza necessità di particolare ricerca o indagini da parte di colui che subisce la servitù stessa, e si configura come presenza di segni visibili indicativi del collegamento tra l’esercizio della servitù e le opere permanenti che ne sono nel mezzo necessario e ne rivelano non equivocamente la sussistenza (nella specie, in ordine all’acquisto per usucapione di una servitù di scarico, la decisione impugnata, confermata dal S.C., aveva escluso che tubi esterni ed un pozzetto di raccolta posto nel preteso fondo dominante integrassero il requisito dell’apparenza, in quanto privi di qualsiasi valore sintomatico circa la collocazione della tubazione sotterranea nel fondo che si assumeva asservito) ‘ (Cass. n. 1028/1984). E, ancora: ‘ il requisito dell’apparenza, che, insieme con quello della permanenza, condiziona l’usucapibilità della servitù (art. 1061 cod. civ.), postula una situazione oggettiva di fatto, rivelatrice di per sè stessa dall’assoggettamento di un fondo ad un altro per l’esistenza di opere inequivocabilmente destinate all’esercizio della servitù. Tali opere debbono, pertanto, essere visibili – in modo da rendere palese a chiunque la presenza di una modificazione esteriore, rivolta a
determinare il vincolo di asservimento di uno dei due fondi all’altro ma non necessariamente situate sul fondo servente, potendosi il requisito dell’apparenza della servitù desumere da qualsiasi elemento di fatto, ancorché emergente dal fondo dominante, il quale dia la visione certa, all’esterno, dell’asservimento del fondo vicino (nella specie, in applicazione di tali principi, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha cassato la decisione dei giudici di merito, che avevano ritenuto intervenuta l’usucapione, poiché dalla sentenza impugnata risultava l’esistenza di tubazioni sotterranee per lo scarico delle acque, ma non quella di manufatti esterni che indicassero il rapporto di subordinazione tra i fondi )’ (Cass. n. 3695/1989).
Nulla è dato evincere nella decisione gravata circa tale accertamento, che il giudice del merito è tenuto a compiere.
7.Il secondo e il quarto motivo, che investono -sia pure sotto angolature diverse – il profilo della prova degli elementi costitutivi dell’acquisto a titolo originario della servitù, devono essere dichiarati assorbiti, poiché il giudice del rinvio dovrà riesaminare le difese svolte dalle ricorrenti.
8.In conclusione, vanno accolti il primo e il terzo motivo di ricorso; dichiarati assorbiti il secondo e il quarto; la decisione impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Appello di Palermo, che -in diversa composizione -si uniformerà ai principi di diritto sopra posti e deciderà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo, dichiara assorbiti il secondo e il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione