Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34222 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34222 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
R.G.N. 24475/2022
C.C. 6/11/2024
DIRITTI REALI
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24475/2022 ) proposto da:
NOME e LA COGNATA NOME, rappresentate e difese, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL
-ricorrenti principali –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima, in Roma, INDIRIZZO; -ricorrente incidentale –
COGNOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale apposta su foglio separato materialmente allegato al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pecEMAIL
-controricorrenti –
Avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste n. 272/2022, pubblicata il 30 giugno 2022 e notificata l’8 luglio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 novembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie depositate da tutte le parti.
RITENUTO IN FATTO
1. Cont NOME e NOME convenivano in giudizio (con atto di citazione notificato il 23 novembre 2018), dinanzi al Tribunale di Udine, NOME e NOME NOME, esponendo: -di essere proprietari del fondo in Ramanzacco -frazINDIRIZZO, INDIRIZZO censito al catasto al foglio 5 map. 118, per averlo acquistato da COGNOME NOME con atto di compravendita del 14 maggio 1992; – che detto immobile era confinante a sud con i mappali 119 e 352 di proprietà delle predette parti convenute, le quali li avevano acquistati nel 2018 da COGNOME COGNOME che a sua volta li aveva comprati in precedenza dalla citata COGNOME NOME; – che, pertanto, i menzionati fondi erano appartenuti , fin dal 1977, all’unica proprietaria COGNOME NOMECOGNOME la quale aveva realizzato un immobile adibito ad abitazione con accesso principale
dalla suddetta INDIRIZZO, poi venduta a loro, un fienile al grezzo sul mappale 119 e un ingresso secondario sul mappale 352 con portale in cemento e cancello in ferro rivolto verso il torrente Grivò; – che, per raggiungere dalla casa l’ingresso secondario a sud e da lì la strada sterrata sull’argine del torrente INDIRIZZO -alla fine degli anni settanta la citata COGNOME aveva realizzato un percorso, nella prima parte in cemento e ghiaia e poi sterrato che partiva da INDIRIZZO, attraversava la parte sud dei fondi, passava accanto al rustico e conduceva al cancello posto a sud; – che essi avevano utilizzato quel percorso attraverso i mappali 119 e 352 per recarsi dalla propria casa alla strada sterrata sull’argine del torrente; -che il Cont Steven, nel maggio 2018, aveva bloccato il cancello all’ingresso a sud con catena e lucchetto; – che la servitù di passaggio si sarebbe dovuta ritenere costituita per destinazione del padre di famiglia o acquistata per usucapione; – che, inoltre, le parti convenute avevano preteso di ampliare l’esercizio della servitù di passaggio costituita con l’atto di compravendita del 1992 a carico del mappale 118, determinandone un ingiusto aggravamento; tutto ciò premesso, chiedevano accertarsi che la suddetta servitù era stata costituita per destinazione del padre di famiglia o che, in ogni caso, ne avevano acquistato il diritto a titolo di usucapione, nonché che fosse accertata l’estinzione della servitù sul mappale 118 per prescrizione ai sensi dell’art. 1073 c.c., poiché il relativo diritto non era stato mai esercitato.
Si costituivano in giudizio le convenute, le quali, oltre a contestare quanto dedotto in citazione invocando il rigetto delle domande con la stessa formulate, proponevano domanda riconvenzionale, chiedendo l’accertamento che
la controversa servitù si estendeva, per acquisto intervenuto a titolo di usucapione, alla diramazione della stradina posta sul lato est, con estensione dell’accertamento al loro dante causa COGNOME COGNOME del quale chiedevano la chiamata in causa.
Autorizzata quest’ultima, il COGNOME Steven si costituiva facendo presente che gli attori avevano già instaurato una causa nei suoi confronti conclusasi con una sentenza di rigetto, chiedendo, comunque, la reiezione delle loro pretese ed aderendo alla domanda riconvenzionale delle convenute.
Con sentenza n. 637/2021 l’adito Tribunale di Udine rigettava le domande principali ed accoglieva quella riconvenzionale delle convenute, con condanna degli attori al pagamento delle spese giudiziali in favore delle stesse convenute, spese che invece erano compensate con riguardo al rapporto processuale instauratosi con il terzo chiamato in causa.
Decidendo sul gravame avanzato dagli attori soccombenti, cui resistevano tutte le parti appellate (con formulazione di appello incidentale da parte del Cont Steven in ordine al capo della pronuncia sulla disposta compensazione delle spese), la Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 272/2022, accoglieva parzialmente l’appello principale e, riformando per quanto di ragione la sentenza di prime cure, rigettava la domanda riconvenzionale accolta dalla sentenza impugnata al capo 2) del dispositivo, accertando che non sussisteva il diritto di passaggio delle convenute originarie sulla diramazione della stradina in questione; rigettava gli ulteriori motivi dell’appello principale e, assorbito quello incidentale, confermava nel resto l’impugnata decisione,
compensando integralmente tra tutte le parti le spese del doppio grado di giudizio (con la conseguente condanna delle appellate, in solido, alla restituzione, in favore degli appellanti, degli importi pagati in esecuzione della condanna alla rifusione delle spese di lite pronunciata con la sentenza di primo grado).
Avverso la suddetta sentenza di appello hanno formulato ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, NOME e NOME NOME
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione successivo, sulla base di due motivi.
Gli intimati COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito ad entrambi i ricorsi con due distinti controricorsi.
Il Consigliere delegato della Sezione, in persona del dr. NOME COGNOME ha proposto definirsi entrambi i ricorsi ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sul presupposto della ravvisata inammissibilità o, comunque, manifesta infondatezza di tutti i motivi con tali ricorsi dedotti.
Con due distinte istanze, sottoscritte dai rispettivi difensori muniti di una nuova procura speciale, le ricorrenti principali COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME da un lato, e il ricorrente incidentale COGNOME StevenCOGNOME dall’altro, hanno chiesto la decisione dei rispettivi ricorsi ai sensi del comma 2 dell’indicato art. 380 -bis c.p.c.
Il giudizio è stato, conseguentemente, fissato per l’adunanza camerale nelle forme dell’art. 380 -bis.1. c.p.c., in prossimità della quale le parti hanno depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo le ricorrenti NOME e NOME NOME censurano la sentenza impugnata -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione o falsa applicazione degli artt. 115, comma 1, c.p.c. e 2697, comma 1, c.c., per avere la Corte territoriale posto a fondamento della propria decisione la circostanza di fatto mai contestata che la diramazione in magrone di cemento fosse esistente già dal 1992.
Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza impugnata per la violazione degli artt. 115, comma 1, e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 111 Cost., in ragione della motivazione perplessa ed illogica con cui la Corte territoriale ha ritenuto inesistenti le prove decisive emerse nel corso dell’istruttoria svolta nel giudizio di prime cure.
Con il terzo motivo le ricorrenti prospettano -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 2729, comma 1, c.c., per avere la Corte territoriale operato una presunzione illegittima nella parte in cui ha escluso l’esistenza della diramazione per il solo fatto che questa non sia stata citata nell’atto di compravendita a favore del terzo chiamato.
Con il quarto motivo le ricorrenti lamentano -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione degli artt. 1140, comma 2, c.c. e 1158 cc., per avere la Corte territoriale, in ragione del mancato riconoscimento in ordine alla possibilità di possedere anche per mezzo di altra persona, ritenuto insussistente il ventennio di possesso necessario ai fini dell’usucapione.
Con il quinto e ultimo motivo le ricorrenti denunciano -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697, comma 2, c.c., per avere la Corte territoriale violato la disposizione che imponeva alla controparte di provare gli asseriti atti di tolleranza.
RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo il ricorrente COGNOME denuncia -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l’omesso esame relativo all’accertamento dell’acquisto per usucapione ex art. 1158 c.c., avuto riguardo al possesso ultraventennale esercitato da tutti i precedenti proprietari, della servitù di transito posta a favore dei fondi delle sigg.re NOME COGNOME ed NOME COGNOME (contrassegnati dai mappali 119 e 352 del Foglio 5 del Comune di Remanzacco) e a peso del fondo dei sigg.ri NOME COGNOME ed NOME COGNOME (contrassegnato dal mappale 118 del Foglio 5 del Comune di Remanzacco), servitù che si estendeva anche sulla diramazione che dalla stradina posta lungo il lato est dei fondi la collega all’ingresso principale e al giardino di proprietà delle menzionate sigg.re COGNOME e COGNOME.
In particolare, il citato ricorrente censura che la Corte di appello avrebbe omesso di prendere in esame talune circostanze di fatto introdotte dalle parti convenute e da esso stesso, quale terzo chiamato in causa nel giudizio di primo grado, rappresentate: a) dal documento attestante la richiesta di volturazione della concessione edilizia; b) dalle risultanze processuali acquisite con la deposizione dei testi COGNOME e COGNOME; c) dalla fotografia prodotta dal teste COGNOME e acquisita dal Tribunale all’udienza del 26 ottobre 2020.
Con il secondo e ultimo motivo il ricorrente prospetta -ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale, con la sentenza impugnata, pretermesso ed espunto dall’ iter logico argomentativo seguito nella sua decisione il materiale probatorio indicato nella descrizione del precedente motivo, pervenendo in tale modo -attraverso un giudizio non logicamente motivato -ad una decisione opposta a quella adottata dal giudice di prime cure.
ESAME MOTIVI RICORSO PRINCIPALE
I cinque motivi di detto ricorso – siccome all’evidenza connessi – possono essere esaminati congiuntamente.
Essi risultano inammissibili -o, in ogni caso, manifestamente infondati – perché con gli stessi, in effetti, si contestano il giudizio di fatto e le risultanze probatorie come motivatamente apprezzate dalla Corte distrettuale, perciò insindacabili in questa sede, con riferimento:
-all’accertamento della data in cui sarebbe stata costituita la diramazione oggetto della domanda riconvenzionale proposta nel giudizio dinanzi al Tribunale (primo motivo);
alla logicità e coerenza della motivazione resa con riguardo a detta circostanza (secondo motivo);
alla valutazione della prova documentale in relazione all’esistenza del diritto reale oggetto della stessa riconvenzionale (terzo motivo);
alla ravvisata esclusione del decorso del ventennio utile ad usucapionem (quarto motivo);
– alla rilevata sussistenza della prova della tolleranza del passaggio in questione (quinto motivo, per mero errore materiale indicato come sesto).
Orbene, la Corte di secondo grado, all’esito di una complessiva rivalutazione delle prove, documentali ed orali, acquisite agli atti del giudizio di merito ha confermato il rigetto della domanda principale, ritenendo del pari infondata quella riconvenzionale, originariamente accolta invece dal Tribunale (dichiarando compensate per intero tra le parti le spese del doppio grado, con ordine di restituzione di quelle medio tempore corrisposte dalle stesse ricorrenti agli appellanti COGNOME NOME e COGNOME NOME, in esecuzione della condanna disposta a carico di questi ultimi con la decisione di prime cure).
Nel caso di specie, la Corte di appello, con la sentenza qui impugnata, ha preso in debita considerazione il fatto storico centrale relativo alla prova inerente l’acquisto per usucapione anche del tratto della pretesa servitù coincidente con la controversa diramazione, rilevando sulla base delle emergenze istruttorie più adeguate e convincenti (ivi comprese le deposizioni testimoniali considerate più attendibili) -che, al di là della circostanza che il passaggio sulla diramazione non era previsto nel titolo presupposto di provenienza e nemmeno nell’atto di compravendita a favore del Cont Steven concluso il 7 luglio 1998 (nel quale si poneva riferimento alla sola lunghezza del passaggio a carico del mappale 118), non era rimasta acquisita la prova che fosse stata esercitata una servitù ulteriore su un altro possibile percorso mediante un possesso rispondente a tutte le condizioni previste dall’art. 1158 c.c.
A tal proposito la Corte territoriale ha valorizzato la catena degli atti di trasferimento, rapportando questi ultimi con la situazione dei luoghi e giungendo alla conclusione che non era rimasta acquisita la prova che la diramazione fosse stata già esistente prima del 1998, rimarcando che – ove anche fosse stato ritenuto che la diramazione era stata costruita nel 1992 -era rimasto escluso che il Cont Steven (quale dante causa delle ricorrenti La Mura -La Cognata) potesse aver avuto il possesso prima dell’acquisto del fondo dominante avvenuto nel 1998 e, comunque, fino al 2001, sulla base di un apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità.
A tal proposito la Corte triestina ha dato anche atto che il Cont NOME aveva ricevuto – nel luglio 1998 -procura generale dal nipote NOME NOME, domiciliato in Svizzera, per seguire i lavori di ristrutturazione di un fabbricato sito sul mapp. n. 119 di quest’ultimo, valutando poi idoneamente che, in virtù dei rapporti che sussistevano tra zio e nipote anche per effetto del rilascio di detta procura, il fatto che il Cont NOME non si fosse opposto al transito del Cont NOME sulla diramazione sul mapp. 118, in cui ricadeva la sua proprietà, nelle sporadiche occasioni in cui quest’ultimo rientrava in Italia, non poteva certo considerarsi un comportamento implicante un riconoscimento del possesso del medesimo Cont Steven.
Pertanto, facendosi partire l’inizio del possesso effettivo dal 2001 (da quando, cioè, COGNOME NOME non era più procuratore generale di COGNOME StevenCOGNOME che aveva poi conferito procura da tale anno al padre COGNOME NOME), ne conseguiva che, al momento del trasferimento della
proprietà alle Mura -La Cognata con l’atto di compravendita del 21 giugno 2018, non era maturato il termine ventennale necessario per l’usucapione, e così anche avendo riguardo all’atto di introduzione del giudizio di primo grado del novembre 2018 con atto di citazione proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Dunque, la motivazione della sentenza impugnata non risulta affatto viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è univocamente idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale, essendo stato manifestato adeguatamente l’iter logico -argomentativo per pervenire alla decisione (cfr., ex multis , Cass. Sez. U n. 8053/2014 e Cass. n. 7090/2022).
Inoltre, va rimarcato che i profili di illogicità, perplessità e incomprensibilità sollevati -in particolare con il secondo motivo -sono estranei al perimetro della censura motivazionale deducibile in Cassazione, per effetto della novella del 2012 che ha modificato il testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., consentendo soltanto la denuncia dell’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e non più la deduzione di un vizio di motivazione insufficiente.
Così come va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, esula dal vizio di legittimità ex art. 360, n. 5 c.p.c. (così come da quello di cui al n. 4 della stessa norma) qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ai sensi dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la
valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 91/2014 e Cass. n. 15276/2021).
ESAME MOTIVI RICORSO INCIDENTALE
Il primo motivo è inammissibile -e, comunque, manifestamente infondato -perché, sussumendo la relativa censura sotto il n. 5 dell’art. 360 c.p.c., il ricorrente fa valere con la deduzione di un’asserita omissione di fatti decisivi, sul presupposto che non sarebbero state prese in considerazione tutte le risultanze istruttorie indicate con il motivo stesso.
Senonché, per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. SU n. 8053/2014 e Cass. n. 17005/2024), l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Nel caso di specie, la Corte di appello, con la sentenza qui impugnata, ha -come già si è evidenziato nell’esaminare il ricorso proposta dalle signore COGNOME e COGNOME, sulla scorta della valorizzazione delle risultanze probatorie ritenute idonee ed utili ai fini del conseguimento di un consapevole convincimento -accertato che l’inizio di un possesso valido ‘ad usucapionem’ in capo al dante causa delle ricorrenti dovesse considerarsi, al più, decorrente dal 2001, con l’effetto che, al momento del trasferimento della proprietà alle citate Mura -La Cognata con l’atto di
compravendita del 21 giugno 2018, non era maturato il termine ventennale necessario per l’usucapione, e così anche con riferimento a quello relativo all’instaurazione del giudizio di primo grado, avvenuta nel novembre 2018, da opera di COGNOME NOME e COGNOME NOME
Il secondo motivo è inammissibile perché si risolve nella confutazione delle valutazioni probatorie operate con adeguata motivazione -dalla Corte di appello friulana in relazione al fatto involto dal primo motivo e nella inammissibile sollecitazione ad un riapprezzamento delle stesse nella presente sede di legittimità.
Del resto, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 27000/2016 e Cass. n. 6774/2022) che, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.
Nessuna di queste evenienze è rinvenibile nella sentenza qui impugnata.
CONCLUSIONI
In definitiva, entrambi i ricorsi vanno respinti, con conseguente condanna di ciascuna delle parti ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME (che si sono costituiti con due distinti controricorsi, articolati in difese non del tutto sovrapponibili in relazione ai diversi motivi formulati con ambedue i ricorsi), liquidate come in dispositivo.
Le spese vanno compensate per intero con riferimento al rapporto processuale instauratosi tra i ricorrenti, entrambi direttamente e reciprocamente soccombenti.
Risultando la presente decisione adottata in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 1, c.p.c., devono essere adottate – distintamente a carico di entrambe le parti ricorrenti -anche le statuizioni condannatorie previste dal citato art. 380 -bis, all’ultimo comma, nei termini sempre specificati in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ognuna delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del presente giudizio tra le ricorrenti principali e il ricorrente incidentale.
Condanna distintamente le parti ricorrenti principali NOME e NOME NOME, in solido fra loro, e la parte ricorrente incidentale COGNOME NOME, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate, a carico di ciascuno ed in favore dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Condanna, altresì, sempre distintamente, le citate ricorrenti principali, in solido, e la suddetta parte ricorrente incidentale al pagamento -ciascuna, ancora in favore degli indicati controricorrenti ed ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. -dell’ulteriore somma di euro 5.000,00, nonché, in applicazione dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento, ognuna, della somma di euro 3.000,00, in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda