Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15943 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15943 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
ordinanza
sul ricorso 2390/2020 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliati a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE Cosenza, RAGIONE_SOCIALE, difesi da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliati a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ;
-controricorrenti- avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro 146/2019 del 29/1/2019.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME, NOME ed NOME COGNOME (quest’ultimo quale procuratore speciale di NOME COGNOME) convengono dinanzi al Tribunale di Cosenza l’RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), centrale e locale (Cosenza) per l’accertamento dell’acquisto per usucapione di un fondo. I convenuti
propongono riconvenzionale di rilascio del fondo. Il Tribunale rigetta la domanda principale ed accoglie la riconvenzionale. La Corte di appello conferma.
Ricorrono in cassazione gli attori con sette motivi, illustrati da memoria. Resistono i convenuti con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
– Il primo motivo (p. 9) censura il rigetto della censura di ultrapetizione, argomentata poiché il Tribunale ha disposto il rilascio a fronte di una domanda di accertamento della proprietà. Si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 183 c.p.c.
Il primo motivo non è fondato.
Esso afferma i vizi di ultrapetizione e di disconoscimento della tardività della domanda, limitandosi a contestare il potere dei giudici di merito di interpretare la domanda giudiziale, che in questo caso è stato argomentato congruamente così (p. 7): «i convenuti hanno proposto «un’inequivoca (e tempestiva) domanda riconvenzionale di rilascio . Tale domanda, di natura personale e non reale, era perfettamente ammissibile, anche se non accompagnata da una domanda di accertamento della proprietà, e il tribunale non è andato ultra petita nell’accoglierla».
Il primo motivo è rigettato.
– Il secondo motivo (p. 11) denuncia per erroneità l’accertamento che gli attori non hanno mai posseduto uti domini, fondato sul fatto che costoro sono detentori in forza di un rapporto obbligatorio con il proprietario del terreno. Si deduce violazione degli artt. 1140, 1141, 1158, 1164 e 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché omesso esame di fatto decisivo.
Il terzo motivo (p. 19) denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, cioè che l’impegno di NOME COGNOME a rilasciare (indicativo secondo gli accertamenti di merito del difetto dell’animus di possedere uti dominus), espresso nella lettera del 9/2/1995, concerne solo una piccola parte di terreno. Si deduce altresì la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Il quarto motivo (p. 20) denuncia una valutazione travisata delle prove testimoniali e l’attendibilità incondizionata riposta in una consulenza di parte al fine di constatare il difetto di prova del possesso uti dominus. In relazione alla lettera menzionata nel motivo precedente, si sostiene che l’animus di uno dei compossessori giova o pregiudica solo costui. Si deduce violazione degli artt. 116 c.p.c., 1140, 1141, 1144, 1158, 1310, 2697 c.c.
Il quinto motivo (p. 22) denuncia la valutazione travisata delle prove testimoniali e l’attendibilità incondizionata riposta in una consulenza di parte. Si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 1140, 1141, 1144, 1158, 2697 c.c.
Il sesto motivo (p. 24) denuncia ex art. 112 c.p.c. l’omessa pronuncia sulla censura di difetto di prova del possesso da parte degli attori, specialmente di NOME COGNOME.
Il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo sono da esaminare congiuntamente.
Essi sono inammissibili , poiché sono accomunati dall’idea che: (a) si possa ottenere un accoglimento del ricorso se si prospettano come errori di diritto quelli che in realtà sono (pretesi) errori commessi nella ricostruzione e apprezzamento della situazione di fatto rilevante in causa; (b) si possa aprire la prospettiva di un ulteriore accertamento in fatto relativo alla stessa controversia dinanzi al giudice di rinvio, nonostante che l’apprezzamento dei fatti rilevanti compiuto nei precedenti gradi di giudizio, come in questo caso, abbia trovato la propria espressione in una motivazione effettiva, resoluta e coerente, senza che i giudici di merito siano tenuti a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante e senza che la corte di legittimità debba impegnarsi a fare proprio l’apprezzamento, che rimane del giudice di merito anche dopo aver superato il vaglio del giudizio di legittimità (cfr. l’aggettivo possessivo «suo», impiegato in modo pregnante dall’art. 116 co. 1 c.p. c.). Il terzo motivo è
prima ancora inammissibile ex art. 348-ter co. 5 c.p.c. Il sesto motivo è prima ancora inammissibile per difetto di specificità: non sunteggia adeguatamente il motivo di appello sul quale si censura l’omessa pronuncia, inoltre impiega l’art. 112 c.p.c. fuo ri luogo.
Il settimo motivo (p. 24) denuncia ex art. 112 c.p.c. l’omessa pronuncia sulla domanda di usucapione poiché gli eredi di NOME COGNOME sono state indicati come contumaci nell’intestazione, mentre in realtà si sono costituiti.
Il settimo motivo è inammissibile per difetto di specificità: non sunteggia adeguatamente il motivo di appello sul quale si censura l’omessa pronuncia. Inoltre, il rigetto della domanda di usucapione non viene meno per l’irregolarità della indicazione nell’intestazione della sentenza della parte che l’ha formulata.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 3.500 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma il 15/5/2024.
Il presidente
NOME COGNOME