Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1388 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1388 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14721/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente- contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente- nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1856/2019, depositata il 20/09/2019. 11/12/2024
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Trapani NOME COGNOME, chiedendo di accertare che un terreno sito in Marettimo è di propria proprietà esclusiva e per l’effetto di accertare l’illegittima occupazione del predetto da parte del convenuto, condannandolo al relativo rilascio. L’attore ha sostenuto che la proprietà gli spetterebbe quanto alla quota di metà per successione testamentaria dalla nonna materna NOME COGNOME e quanto alla restante quota a seguito dell’acquisto fatto in data 22 maggio 2009 dalle zie NOME COGNOME e NOME COGNOME; l’attore ha poi chiesto che venisse dichiarata la nullità/inefficacia dell’atto di donazione del terreno da parte di NOME COGNOME in favore del convenuto, in quanto la donazione sarebbe nulla avendo ad oggetto un bene altrui. Il convenuto si è costituito e ha chiesto in via riconvenzionale che fosse dichiarato il proprio acquisto della proprietà per usucapione del terreno.
Con la sentenza n. 642/2014, il Tribunale di Trapani ha dichiarato che COGNOME è proprietario del fondo (l’attore ha fornito ‘la prova del possesso continuato del fondo, proprio e dei propri danti causa, almeno a far data dal 1971’), ha rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto, ha dichiarato la nullità dell’atto di donazione e ha condannato COGNOME a restituire il fondo in favore di COGNOME.
La sentenza è stata appellata da NOME COGNOME, lamentando l’errata individuazione del bene oggetto dell’azione di rivendica, l’errata valutazione delle risultanze istruttorie e il mancato raggiungimento della prova del possesso per il tempo necessario a usucapire la quota pervenuta a COGNOME per successione testamentaria da
NOME COGNOME. Con la sentenza n. 1856/2019, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, unicamente riformando la pronuncia relativa alle spese del primo grado di giudizio, che sono state compensate tra le parti. La Corte d’appello, per quanto interessa il presente giudizio, ha confermato l’accertamento in fatto compiuto dal primo giudice: ha ritenuto che dalle deposizione testimoniali è emerso come l’appellato, e prima di lui i suoi danti causa, abbiano esercitato il possesso continuo, pacifico, pubblico e ininterrotto del fondo per oltre venti anni e che le contraddizioni esistenti tra alcune deposizioni sono marginali e irrilevanti; la Corte ha poi ritenuto che il contenuto delle deposizioni testimoniali non prova invece che NOME COGNOME abbia coltivato il fondo in modo continuo e che ne abbia quindi esercitato il possesso ultraventennale.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Gli intimati COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (questi ultimi quali eredi di NOME COGNOME e NOME COGNOME, a loro volta eredi di NOME COGNOME) non hanno proposto difese.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi, tra loro connessi.
Il primo motivo contesta, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: il giudice d’appello non ha minimamente considerato una circostanza, evidenziata dal ricorrente nell’atto di appello e nella comparsa conclusionale, ossia che ‘tutti i resistenti, al pari dei loro parenti e congiunti testimoni’, a differenza del ricorrente, ‘non sono residenti nell’isola di Marettimo’.
Il secondo motivo contesta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nonché motivazione assente o solo apparente: con il terzo motivo d’appello il ricorrente ha contestato il mancato
raggiungimento della prova del possesso utile per l’usucapione della quota pervenuta a COGNOME per successione testamentaria da NOME COGNOME e la motivazione di rigetto del motivo è solo apparente, in quanto il giudice si è limitato a dire che tale possesso ultraventennale sarebbe stato provato, senza indicare quali sono le affermazioni dei testimoni che tale possesso proverebbero.
3) Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 115 c.p.c, 832, 1158, 1140 e 2697 c.c., motivazione perplessa e contraddittoria: la Corte d’appello ha violato le norme relative all’onere della prova che spetta all’attore in rivendica che voglia dimostrare l’acquisto a titolo originario a mezzo di usucapione, incorrendo in una motivazione perplessa e contraddittoria; la stessa Corte d’appello ha affermato, ai fini della compensazione delle spese, la particolare difficoltà di ricostruire i fatti di causa e il contrasto tra le deposizioni testimoniali, il che avrebbe dovuto condurre al rigetto della domanda avversaria.
I motivi non possono essere accolti.
La censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., fatta valere con il primo e il secondo motivo di ricorso, è inammissibile: ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie, quando la sentenza d’appello è fondata sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione non può essere proposto per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. Questa Corte ha poi specificato che, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774/2016 e Cass. n. 5947/2023), indicazione che manca nei motivi del ricorrente.
La censura di apparenza della motivazione, fatta valere con il secondo e il terzo motivo, è infondata. Quanto al secondo motivo, la Corte d’appello ha argomentato il rigetto del terzo motivo di gravame, affermando che la prova del possesso ultraventennale da parte di NOME è stato provato, indicando le deposizioni testimoniali dalle quali tale prova ha ricavato, con motivazione sì succinta, ma non apparente (cfr. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8038/2018). La stessa conclusione vale per la censura di contraddittorietà della motivazione sollevata con il terzo motivo: l’affermazione della Corte in sede di provvedimento sulle spese circa la difficoltà della ricostruzione dei fatti e del contrasto tra le deposizioni testimoniali non si pone in “contrasto irriducibile’ con l’affermazione della raggiunta prova del possesso ultraventennale di COGNOME.
Inammissibile, infine, è la censura di violazione degli artt. 115 c.p.c, 832, 1158, 1140 e 2697 c.c., che si sostanzia in una inammissibile richiesta a questa Corte di legittimità di una valutazione delle prove differente rispetto a quella compiuta dai giudici di merito.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento alle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione