Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7432 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 7432 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
SENTENZA
sul ricorso 20052/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE); COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE); COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) in proprio e quali procuratori generali di COGNOME NOME, tutti domiciliati in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, giusta procura in atti;
contro
ROMA CAPITALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato negli uffici dell’Avvocatura Comunale in ROMA INDIRIZZO, giusta procura in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 282/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data 20/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso; per la parte ricorrente l’AVV_NOTAIO, riportandosi agli scritti difensivi già depositati, ha insistito per l’accoglimento del ricorso; per la parte resistente nessuno è comparso.
Svolgimento del processo
Questa Corte, con l’ordinanza interlocutoria n. 19758/2022 così espose:
<>
All’approssimarsi della nuova pubblica udienza, fissata per il 6/7/2023, i ricorrenti depositavano memoria illustrativa e il P.G. le sue conclusioni scritte.
A cagione d’impedimento del relatore la causa veniva rinviata a nuovo ruolo.
Rifissata la pubblica udienza del 16/1/2024 il P.G. ha depositato le sue conclusioni scritte riportandosi alle precedenti, con le quali aveva chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Per priorità logica conviene esaminare il secondo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1158 e 2697 cod. civ., nonché dell’art. 115 cod. proc. civ.
Assumono gli esponenti che la sussistenza del decreto di esproprio, in assenza di attività materiali, attraverso le quali la pubblica amministrazione incida sul possessore del bene, non è idonea a far venir meno il rapporto possessorio dell’espropriato con la ‘res’, in quanto <> (vengono citate le sentenze nn. 25594/2013 e 5293/2000 di questa Corte).
Il motivo, che, in effetti, prendeva fondamento da un contrasto giurisprudenziale sul punto, deve essere disatteso alla luce del principio di diritto di recente formulato dalla Sezioni unite (Sentenza n. 651 del 12/01/2023), le quali hanno enunciato i seguenti principi di diritto.
(a) In tema di espropriazione per pubblica utilità, in base alla disciplina introdotta dal d.lgs. n. 327 del 2001, l’esecuzione del decreto di esproprio -con la immissione in possesso del beneficiario dell’esproprio entro il termine perentorio di due anni, mediante la formale redazione di un verbale – assurge a condizione sospensiva di efficacia del decreto stesso (artt. 23, comma 1, e 24, comma 1, d.lgs. cit.), con la conseguenza che, in mancanza, detto
decreto diventa definitivamente inefficace e non si realizza l’effetto estintivo della proprietà e degli altri diritti gravanti sul bene (salvo il potere dell’autorità espropriante di emanare una nuova dichiarazione di pubblica utilità entro i successivi tre anni, cui dovrà seguire un nuovo decreto di esproprio). Ove, invece, il decreto di esproprio sia tempestivamente eseguito, il beneficiario dell’espropriazione acquista la proprietà e il possesso del bene e l’espropriato o il terzo che continuino ad occuparlo o a utilizzarlo si trovano in una situazione di fatto che non è configurabile come possesso “ad usucapionem” (art. 24, comma 4, d.lgs. cit.). Tale disciplina si applica anche in caso di cessione volontaria delle aree, poiché, ai sensi dell’art. 45 d.lgs. cit., la menzionata cessione produce gli stessi effetti del decreto di esproprio e, quindi, determina il passaggio della proprietà solo a seguito dell’immissione in possesso con le modalità e nei termini indicati (Rv. 666632 -02).
(b) In tema di espropriazione per pubblica utilità, nelle controversie soggette al regime giuridico previgente al d.lgs. n. 327 del 2001 (per essere la dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima del 30 giugno 2003), il decreto di esproprio validamente emesso è idoneo a far acquisire al beneficiario dell’espropriazione la piena proprietà del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto e di diritto con essa incompatibile, con la conseguenza che, anche quando all’adozione del menzionato decreto non segua l’immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva di detto decreto comportano ugualmente la perdita dell'”animus possidendi” in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto -nel caso in cui continui ad occupare il bene -si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione se non a seguito di un atto di interversione del
possesso, fermo restando il diritto di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene (Rv. 666632 – 01).
Alla Luce dei riportati principi di diritto il motivo si appalesa dunque infondato, poiché il fondo risultava assoggettato a decreto d’espropriazione, non potendo assumere rilievo la circostanza che la pubblica amministrazione non avesse compiuto attività materiali.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 39, 100 e 112 cod. proc. civ., per avere la sentenza confermato il giudizio di litispendenza espresso dal Tribunale, così omettendo di pronunciarsi nel merito della domanda, che i ricorrenti reputano diversa sul presupposto che, decaduta la dichiarazione di pubblica utilità emessa dal Comune di Roma per il decorso di quattro anni, senza che la pubblica amministrazione abbia iniziato i lavori, i fabbricati edificati sarebbero stati usucapiti, in quanto non appartenenti al patrimonio indisponibile, bensì a quello disponibile dell’ente pubblico.
La doglianza resta assorbita (in senso improprio) dal rigetto del secondo motivo, invero, pur ove si reputi versare in ipotesi di patrimonio disponibile dell’ente pubblico, il decreto d’esproprio, per quel che si è sopra chiarito, costituisce circostanza impediente il possesso utile ad usucapire e, di conseguenza, la Corte d’appello non ha mancato di statuire.
3 La preesistenza di contrasto giurisprudenziale e la novità della questione, che hanno imposto la statuizione delle Sezioni unite, costituisce ragione idonea a compensare per intero le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e compensa per intero le spese tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024.