LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Usucapione post esproprio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7432/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di usucapione post esproprio. Il caso riguardava alcuni cittadini che rivendicavano la proprietà per usucapione di immobili già oggetto di un decreto di esproprio da parte di un ente pubblico. La Suprema Corte, allineandosi a una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, ha chiarito che il decreto di esproprio, una volta emesso e notificato, è di per sé sufficiente a trasformare il possesso del precedente proprietario in mera detenzione. Di conseguenza, viene a mancare l’elemento soggettivo del possesso (l’animus possidendi), requisito indispensabile per l’usucapione, rendendo la domanda infondata. La Corte ha precisato che l’inerzia dell’ente pubblico nel prendere materialmente possesso del bene non rileva ai fini della configurabilità di un possesso utile all’usucapione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Usucapione post esproprio: il decreto blocca l’acquisto del bene?

L’istituto dell’usucapione post esproprio rappresenta una questione giuridica complessa e di grande rilevanza pratica. Cosa succede se un cittadino continua a occupare un immobile dopo che questo è stato formalmente acquisito da un ente pubblico tramite un decreto di esproprio? Può, con il passare del tempo, diventarne nuovamente proprietario per usucapione? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 7432 del 20 marzo 2024, ha fornito una risposta chiara, basandosi su principi consolidati dalle Sezioni Unite.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di un gruppo di cittadini di veder accertato il loro acquisto per usucapione ventennale di alcuni immobili. La particolarità della vicenda risiedeva nel fatto che tali beni erano stati oggetto di un decreto di esproprio per pubblica utilità emesso dal Comune. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le domande dei cittadini, sebbene con motivazioni parzialmente diverse. Secondo i giudici di merito, l’esistenza di un valido decreto di esproprio impediva la configurazione di un possesso utile ai fini dell’usucapione, degradando la relazione di fatto con il bene a mera detenzione. I cittadini, ritenendo errata tale interpretazione, hanno proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte e l’impatto sull’usucapione post esproprio

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e consolidando un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Il fulcro della decisione si basa su un principio di diritto enunciato in una precedente e autorevole sentenza delle Sezioni Unite (n. 651/2023). Secondo la Corte, il decreto di esproprio, una volta validamente emesso e portato a conoscenza dell’interessato, è un atto idoneo a far acquisire la piena proprietà del bene al beneficiario (l’ente pubblico) e a estinguere ogni situazione di fatto e di diritto con esso incompatibile.

La trasformazione da possesso a detenzione

L’effetto principale del decreto di esproprio è quello di far venir meno l’ animus possidendi in capo al precedente proprietario o a chiunque occupi il bene. L’ animus possidendi è l’intenzione di comportarsi come proprietario, un requisito psicologico essenziale per il possesso e, di conseguenza, per l’usucapione. Con la notifica del provvedimento ablativo, l’occupante diventa legalmente consapevole che la proprietà del bene è stata trasferita all’ente pubblico. Di conseguenza, il suo potere di fatto sul bene non può più essere qualificato come possesso, ma si degrada a semplice detenzione. La detenzione, a differenza del possesso, non permette di acquistare la proprietà per usucapione.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la perdita dell’ animus possidendi è una conseguenza giuridica diretta del decreto di esproprio. È irrilevante che l’amministrazione pubblica non abbia materialmente preso possesso dell’immobile o non abbia compiuto alcuna attività su di esso. L’atto formale dell’esproprio è sufficiente a modificare la natura del rapporto tra l’occupante e il bene.

Perché l’occupante possa nuovamente iniziare a possedere utilmente per l’usucapione, sarebbe necessario un atto di interversio possessionis. Si tratta di un’azione inequivocabile con cui il detentore manifesta apertamente l’intenzione di comportarsi da quel momento in poi come unico ed esclusivo proprietario, opponendosi al diritto dell’ente espropriante. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno fornito prova di un simile atto. La Corte ha quindi concluso che, in assenza di un’interversione del possesso, la mera continuità nell’occupazione del bene dopo il decreto di esproprio configura una detenzione sine titulo (senza titolo), inidonea a far maturare l’usucapione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cruciale: un valido decreto di esproprio costituisce una barriera legale all’acquisto per usucapione. L’atto amministrativo prevale sulla situazione di fatto, estinguendo il possesso utile e trasformandolo in detenzione. Per gli ex proprietari o terzi occupanti, la possibilità di riacquistare il bene tramite usucapione è subordinata alla difficile prova di un atto formale di interversione del possesso, un’azione di aperta e inequivocabile opposizione al diritto del nuovo proprietario pubblico. Questa pronuncia offre quindi certezza giuridica, rafforzando l’efficacia degli atti di esproprio e chiarendo i limiti dell’istituto dell’usucapione in contesti di diritto pubblico.

È possibile acquisire per usucapione un immobile dopo che è stato emesso un decreto di esproprio?
No, di regola non è possibile. La sentenza chiarisce che il decreto di esproprio validamente emesso fa venir meno l’elemento psicologico del possesso (animus possidendi) in capo all’occupante, trasformando il rapporto con il bene in mera detenzione, che non è utile ai fini dell’usucapione.

Il fatto che la Pubblica Amministrazione non prenda materialmente possesso del bene espropriato consente al precedente proprietario di usucapirlo?
No. L’inerzia della Pubblica Amministrazione è irrilevante. L’effetto giuridico del decreto di esproprio, ovvero la perdita del possesso in capo all’occupante, si produce indipendentemente dal compimento di attività materiali da parte dell’ente pubblico sul bene.

Cosa serve per poter usucapire un bene dopo un decreto di esproprio?
Per poter iniziare un nuovo periodo di possesso utile all’usucapione, è necessario un atto di ‘interversione del possesso’. Si tratta di un’azione con cui chi occupa il bene (il detentore) manifesta in modo inequivocabile e riconoscibile all’esterno la volontà di comportarsi come proprietario, opponendosi apertamente al diritto dell’ente espropriante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati