Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1768 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 1768 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15192/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME GENOVESE NOMECOGNOME NOME, CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE N. 45/62, in persona dell’amministratore rag. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura a margine del ricorso,
-ricorrenti principali-
nonché da
COGNOME, elett.te domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso incidentale,
-ricorrente incidentale-
nonché da
NOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO COGNOME NOME INDIRIZZO. 154/3DE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende per procura a margine del ricorso incidentale,
-ricorrenti incidentali-
contro
NOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce ai controricorsi, -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n.360/2020 depositata il 9.4.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5.12.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel procedimento n. 568/2011 RG del Tribunale di Chiavari Terragni NOME, proprietaria del terreno a foglio 37, particella 299
del NCT del Comune di San Colombano Certenoli (GE), acquistato nel 1972, avendo realizzato a sue spese nel 1978 un muro di sostegno per stabilizzare la sovrastante strada comunale per l’Anchetta, sconfinando per circa 44 mq sulla particella 306, che con una sua porzione fiancheggiava quella strada, chiedeva nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che nel 2010 avevano acquistato dal fallimento di COGNOME NOME, e da sua moglie, COGNOME NOME, la particella 306, di accertare l’usucapione della proprietà maturata in suo favore sulla porzione di tale particella posta proprio a fianco della strada comunale, meglio individuata col colore viola nella planimetria prodotta del geom. NOME COGNOME che aveva sempre provveduto a tenere pulita ed utilizzato per parcheggiarvi la propria autovettura, chiudendola con una catenella lungo il confine con la strada comunale.
In tale procedimento si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano il rigetto della domanda di usucapione della COGNOME e la condanna della stessa alla rimozione della catenella di delimitazione lato strada comunale.
Nel procedimento n. 354/2012 RG del Tribunale di Chiavari COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Pasquale, COGNOME Giacomo, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, proprietari di immobili ricompresi nelle case A, B e C del Supercondominio Villa Oneto di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO, costruite in base alla licenza edilizia n. 163/1974, in origine rilasciata a COGNOME NOME e COGNOME NOME, ed alla concessione in variante n.204/1978 (recante solo modifiche interne) rilasciata al costruttore COGNOME NOME, chiedevano nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che con atto del notaio NOME COGNOME del 29.3.2010, rep. n.14061, racc. n. 7316, avevano acquistato dal fallimento di COGNOME NOME, e da sua moglie, COGNOME NOME, la proprietà delle particelle 720, 727 e 306,
di accertare l’usucapione della proprietà maturata in loro favore su tali particelle, o in subordine di accertare l’usucapione in loro favore della servitù di parcheggio sulle particelle 720, 727 e sulla porzione della particella 306 rappresentata dalla rampa di accesso al piazzale, avendo sempre utilizzato da oltre 20 anni tali particelle come parcheggio delle loro autovetture provvedendo alla pulizia e manutenzione ordinaria e straordinaria, o di accertare che erano comproprietari di quelle tre particelle in quanto pertinenze delle loro abitazioni, o di accertare che erano titolari del diritto reale di parcheggio sulle predette aree ai sensi ed in proporzione all’art. 41 sexies della L. 6.8.1967 n. 765, con condanna dei convenuti alla rimozione dei paletti, catenelle e manufatti posti a limitazione del parcheggio su dette aree.
Anche in questo secondo giudizio si costituivano NOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano il rigetto delle domande degli attori, e la loro condanna alla rimozione di ogni impedimento all’esercizio del parcheggio sul mappale 306 del foglio 37 del NCT del Comune di San Colombano Certenoli.
Nel procedimento n. 2074/2012 RG del Tribunale di Chiavari COGNOME NOME e COGNOME NOME, comproprietari in base all’atto del notaio NOME COGNOME del 20.7.2001, rep. n. 24590, racc. n. 3359, rispettivamente per 2/3 e per 1/3 dell’appartamento di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO, ricompreso nel Condominio di INDIRIZZO n. INDIRIZZO–INDIRIZZO, e di un terreno seminativo arborato di are 0,19 indicato nell’atto di acquisto come particella 745, ma in realtà asseritamente ricadente per mq 3,75 sulla particella 745 e per mq 15,25 sulla particella 306, (terreno trasferito ai loro danti causa NOME COGNOME e NOME con scrittura privata autenticata dal notaio NOME COGNOME del 9.4.1983, rep. n. 10811, dal costruttore del complesso del RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, e da sua moglie, COGNOME NOME, in sostituzione del posto auto di 19 mq, loro in
precedenza promesso con la vendita dell’appartamento condominiale effettuata per atto del notaio Solimena del 14.8.1980, rep. n. 283345, racc. n. 7524), chiedevano nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che con atto del notaio NOME COGNOME del 29.3.2010, rep. n. 14061, racc. n. 7316, avevano acquistato dal fallimento di COGNOME NOME, e da sua moglie, COGNOME NOME, la proprietà della particella 306, di accertare l’usucapione ordinaria, o in subordine l’usucapione abbreviata ex art. 1159 cod. civ., della proprietà maturata in loro favore su tale porzione della particella 306, o della servitù di passaggio e parcheggio sulla medesima porzione a favore della loro proprietà, con ordine ai Candio-Quartara di rimuovere qualsiasi ostacolo frapposto a tale godimento. Assumevano in particolare gli attori di questo giudizio, di essere stati autorizzati dal Comune a praticare dei fori per la posa di paletti già nel 2001, di avere collocato un cartello con la scritta ‘ proprietà privata ‘, delimitando la porzione solo con strisce bianche per terra, e di avere poi collocato i paletti e le catenelle di chiusura della porzione a terzi nel 2012, esercitando sull’area in questione il parcheggio esclusivo.
Anche in questo terzo giudizio si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, che chiedevano il rigetto delle domande degli attori e, la condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME alla rimozione dei paletti infissi nel terreno e delle catenelle apposte, che limitavano la loro proprietà, nonché la condanna degli stessi al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c..
Disposta la riunione dei tre procedimenti, ed espletate le prove testimoniali richieste, il Tribunale di Genova, subentrato dopo la soppressione al Tribunale di Chiavari, con la sentenza n. 10144/2015, rigettava le domande avanzate da tutti gli attori dei giudizi riuniti, condannava COGNOME NOME alla rimozione delle catene apposte sulla porzione della particella 306 che fiancheggiava la strada comunale per l’Anchetta, condannava COGNOME Giacomo e
COGNOME NOME alla rimozione di ogni impedimento (paletti, catenelle e quant’altro) posto sulla particella 306 a limitazione del diritto di proprietà di NOME NOME e COGNOME NOME, rigettava la domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. avanzata da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, condannava COGNOME NOME al pagamento in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME delle spese processuali del procedimento n.568/2011 RG, liquidate in € 43,60 per spese ed € 4.800,00 per compensi, oltre accessori, e condannava in solido tutti gli altri attori dei procedimenti riuniti n. 354/2012 RG e n.2074/2012 RG al pagamento delle spese processuali in favore di NOME NOME e COGNOME NOME, liquidandole in €100,70 per spese ed € 15.540,00 per compensi oltre accessori.
Avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 10144/2015 proponevano separati appelli, contro COGNOME NOME e COGNOME NOME, la prima attrice, COGNOME NOME, che radicava davanti alla Corte d’Appello di Genova il procedimento n. 907/2015 RG, alcuni degli attori del secondo giudizio di primo grado, ossia COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che radicavano il procedimento n. 976/2015 RG, nel quale interveniva volontariamente ad adiuvandum a favore degli appellanti il Condominio di INDIRIZZO di San Colombano Certenoli (GE), nonché COGNOME NOME e COGNOME NOME, che radicavano il procedimento n.990/2015 RG.
Si costituivano nel giudizio di secondo grado COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME che chiedevano il rigetto degli appelli, e nel procedimento n.990/2015 RG della Corte d’Appello di Genova, proponevano appello incidentale per ottenere la condanna di COGNOME Giacomo e COGNOME NOME al risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. ed al pagamento delle spese processuali del procedimento n.907/2015 RG del Tribunale di Chiavari, che non erano state
liquidate separatamente dalle spese del procedimento n. 354/2012 RG del Tribunale di Chiavari.
La Corte d’Appello di Genova, ordinata la riunione dei procedimenti n.990/2015 e n. 976/2015 RG a quello per primo introdotto n. 907/2015 RG, sospesa l’esecutività provvisoria della sentenza di primo grado, disponeva l’espletamento di una CTU per rappresentare in modo chiaro in foto ed in pianta lo stato dei luoghi e l’eventuale presenza di segni di delimitazione (paletti, catenelle, recinzioni e simili) delle aree destinate a parcheggio con la specificazione dei materiali impiegati ai fini della loro datazione, per accertare se i terreni oggetto dell’invocata usucapione fossero interni, o esterni a recinzioni del Supercondominio Villa Oneto di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO se esistessero distacchi, piazzole, o aree parcheggio e simili del Supercondominio, diverse dalle particelle oggetto di causa, e per accertare se una porzione della particella 306 fosse occupata da un muro e stabilire in base alle pratiche edilizie, o ai materiali, la datazione del manufatto, e per individuare se al di là del muro vi fosse altra proprietà della COGNOME.
Con la sentenza n. 360/2020 del 14.1/9.4.2020, la Corte d’Appello di Genova, rigettava gli appelli principali e l’appello incidentale, confermando con motivazione parzialmente diversa la sentenza di primo grado, e compensava tra le parti le spese processuali di secondo grado.
La sentenza di secondo grado, quanto alla porzione della particella 306 posta proprio a fianco della strada comunale per l’Anchetta (porzione rappresentata in verde tratteggiato nella planimetria allegato 11 alla CTU), sulla base delle testimonianze raccolte, ha ritenuto che non sia stata fatta oggetto di coltivazione, ma solo tenuta pulita dalla Terragni (attività questa di per sé non indicativa per giurisprudenza costante di un possesso ad usucapionem ), che sia stata utilizzata per il parcheggio di più autovetture anche di
soggetti non autorizzati dalla COGNOME (cacciatori e cercatori di funghi) e che catenelle e cartelli volti ad escluderne l’accessibilità da parte di terzi non siano stati apposti prima del 2008 (deposizioni COGNOME, COGNOME e COGNOME), avendo comunque ammesso anche i testi di parte attrice COGNOME e COGNOME che avevano riferito della chiusura della porzione con catenelle già nel periodo precedente che vi parcheggiavano anche auto di proprietari sconosciuti, ha riconosciuto che in base alla CTU le fondazioni del muro di sostegno si trovavano per 14 mq solo nel sottosuolo della particella 306, ed é quindi pervenuta al rigetto della domanda di usucapione riproposta dalla COGNOME, perché la stessa non ha provato di avere esercitato sulla porzione in questione un possesso continuato, pacifico ed esclusivo ultraventennale come proprietaria prima dell’inizio del giudizio nel 2011, dato che tale porzione, per lungo tempo non delimitata lungo la strada comunale fiancheggiante e liberamente accessibile, é stata utilizzata a parcheggio anche da parte di terzi. La sentenza ha inoltre rammentato che, comunque, in caso di contrasto tra le testimonianze su una determinata circostanza, l’impossibilità di stabilire in base ad altri elementi probatori la prevalenza di una di esse rispetto alle altre, doveva indurre il giudice a ritenere non raggiunta la prova idonea a far accogliere la domanda di usucapione, ed ha rimarcato che era la COGNOME ad avere l’onere di provare di avere parcheggiato in modo esclusivo la sua auto sull’area in questione, o di avere personalmente autorizzato alla sosta i fruitori della medesima, mentre era sufficiente a contrastare la tesi del di lei possesso esclusivo, la circostanza che avessero parcheggiato sulla porzione cacciatori, accompagnati dai cani da caccia, o cercatori di funghi, estranei alla Terragni, a prescindere dalla loro specifica identità. La sentenza di secondo grado, -quanto alla porzione della particella 306 oggetto delle domande di COGNOME Giacomo e COGNOME NOME avanzate nel procedimento n. 990/2015 RG del Tribunale di
Chiavari e riproposte in appello, porzione rappresentata in viola tratteggiato nella planimetria allegato 11 alla CTU e posta tra la strada comunale per l’INDIRIZZO e la rampa di accesso al Supercondominio INDIRIZZO di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO, ha respinto la domanda di usucapione ordinaria ventennale per la mancata prova dell’esercizio di un possesso esclusivo da parte degli stessi, sia in quanto i testi COGNOME ed COGNOME avevano riferito di avere usualmente parcheggiato il motorino su tale area anni prima, sia in quanto trattandosi secondo la CTU di un’area posta a fianco della strada comunale era liberamente accessibile da chiunque, non bastando certo ad escludere l’utilizzo di terzi le strisce bianche per terra ed il cartello ‘ proprietà privata ‘ riferiti dal teste COGNOME, sia in quanto gli stessi attori avevano ammesso che solo nel 2012 avevano apposto i paletti e la catenella di chiusura dell’area in questione non consentendone l’uso a parcheggio da parte di terzi, mentre in precedenza la mancanza di chiusura del sedime impediva anche di ritenere che i terzi che avessero usato talora l’area lo avessero fatto per mera tolleranza di COGNOME Giacomo e COGNOME NOME. Quanto alla domanda subordinata di usucapione abbreviata della stessa porzione a non domino ex art. 1158 ( rectius 1159) cod. civ., avanzata in primo grado da COGNOME Giacomo e COGNOME NOME nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. e ritenuta tempestiva perché riferita a diritti reali autodeterminati, e riproposta in appello, la stessa veniva respinta in quanto l’atto del notaio NOME COGNOME del 20.7.2001, rep. n. 24590, racc. n. 3359, costituente l’asserito titolo di acquisto dei predetti non era astrattamente idoneo a determinare il trasferimento della proprietà della particella 306 per una superficie di 15,25 mq a favore di NOME NOME e COGNOME NOME. Ciò statuiva la sentenza impugnata non solo perché il titolo di acquisto degli attori si riferiva alla particella 745, e non alla reclamata particella 306, ma anche
perché in quell’atto la particella 745 era indicata come confinante col muro di sostegno condominiale sormontato da una ringhiera e direttamente con la strada comunale per l’Anchetta, mentre nella realtà, dalla stessa relazione del tecnico di parte, geometra NOME COGNOME che sul punto non era stato smentito, risultava che tra la particella 745 e la menzionata strada comunale, era interposta una piccola porzione della particella 306, rimasta sempre di proprietà del costruttore COGNOME NOME, e di sua moglie, COGNOME NOME, fino alla vendita a favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME con atto del notaio Piana del 29.3.2010, porzione che, peraltro, secondo l’espletata CTU, aveva un’estensione di 8,80 mq e non già di mq 15,23 ( rectius 15,25 mq) come sostenuto dagli attori.
Veniva poi ritenuta inidonea, a fondare la domanda di usucapione abbreviata in questione, anche la scrittura privata autenticata dal notaio COGNOME ( rectius NOME COGNOME) del 9.4.1983, col quale l’area contesa sarebbe stata trasferita da COGNOME NOME e sua moglie COGNOME NOME ai danti causa di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ossia NOME e NOME, sia in quanto il contenuto di tale scrittura privata non era stato trasfuso nel titolo di acquisto dei COGNOME–COGNOME, sia in quanto anche quella scrittura privata si riferiva solo alla particella 745 e non alla particella 306.
Quanto alla riconvenzionale subordinata riproposta dai GulinoPadovani di usucapione della servitù irregolare di parcheggio sulla porzione in questione della particella 306, l’impugnata sentenza ribadiva la mancata prova del possesso esclusivo, e dopo avere ricordato la più recente giurisprudenza di questa Corte, favorevole alla costituzione convenzionale della servitù di parcheggio qualora dall’esame del titolo emergesse l’attribuzione del vantaggio direttamente al fondo dominante per la sua migliore utilizzazione e non alla persona del beneficiario (Cass. 18.3.2019 n. 7561; Cass. 6.7.2017 n.16698; Cass. n. 8737/2001), e dopo avere ravvisato
l’utilità reale per l’appartamento dei COGNOME–COGNOME della servitù in questione, sottolineava che, sempre in base alla sentenza n. 7561/2019 di questa Corte, era anche necessario che la servitù di parcheggio convenzionale non determinasse la privazione di ogni utilità della proprietà del fondo servente, e riteneva insussistente tale secondo elemento, in quanto il sedime servente, per la sua modestissima estensione, sarebbe stato svuotato di ogni utilità, o possibilità di utilizzo per i proprietari, NOME NOME e NOME, se fosse stato gravato del vincolo a favore di una pluralità di condomini.
Aggiungeva poi la sentenza impugnata che la servitù di parcheggio richiesta dai COGNOME–COGNOME sarebbe stata comunque da negare nel merito, anche alla luce delle risultanze testimoniali, e richiamava, a conferma, la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 90 del 20.1.2017, che in un’ipotesi analoga aveva respinto la domanda relativa alla servitù di parcheggio, evidenziando che dalle prove testimoniali era emersa la possibilità di chiunque di lasciare la propria autovettura sull’area ed era mancata quindi la prova del possesso esclusivo e della presenza di segni visibili.
Quanto alle domande di usucapione della proprietà, o in subordine della servitù di parcheggio sulle particelle 720, 727 e sulla porzione della particella 306 rappresentata dalla rampa di accesso al piazzale, riproposte da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME contro COGNOME NOME e COGNOME NOME, la sentenza impugnata ha ricordato che al contrario di quanto ritenuto in primo grado, gli attori ben potevano agire come condomini singoli per fare accertare loro diritti di proprietà, o di servitù, sussistendo un litisconsorzio necessario solo in caso di pluralità soggettiva dal lato passivo e non dal lato attivo. La sentenza impugnata ha poi respinto tali domande per difetto di un possesso esclusivo ultraventennale a parcheggio, basandosi
sulle deposizioni dei testi COGNOME, COGNOME e COGNOME che avevano riferito del parcheggio da parte di chiunque sulle aree adibite a parcheggio (individuate nella CTU in un’area di mq 38 sulla particella 727, per il resto destinata a passaggio pedonale, a rampa di discesa ed a pianerottolo e sentiero di accesso alla particella 720, adibita a giardino della proprietà Candio-Quartara, ed in un’area di 26,40 mq sulla particella 306) fino alla delimitazione delle stesse con paletti, avvenuta, per ammissione degli stessi appellanti, solo nel 2012, e sulle risultanze della CTU, che aveva evidenziato che la particella 720 era un terrapieno incolto confinante coi caseggiati non adibito a parcheggio rimasto incolto fino al 2010 ed interessato poi dai lavori di consolidamento del muro fatti eseguire dai Candio-Quartara secondo i testi COGNOME, COGNOME e COGNOME, e per le particelle 727 e 306 aveva confermato la parziale destinazione a parcheggio ma non esclusivo, emergente anche dalle deposizioni COGNOME, COGNOME e COGNOME, che comunque a loro volta non avevano potuto riferire di un uso a parcheggio a favore dei soli condomini e con esclusione dei proprietari COGNOMECOGNOME, a loro volta condomini del Supercondominio Villa Oneto di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO , prima del 2012.
La Corte d’Appello ha poi indicato come irrilevante la circostanza riferita dal teste COGNOME ex amministratore, e dal geometra COGNOME, che la manutenzione delle aree in questione fosse stata inserita tra le spese condominiali in conformità al regolamento condominiale, non potendo ciò incidere sulla titolarità delle aree, che non sono state interdette a terzi.
Il giudice di secondo grado ha poi ritenuto, che il fatto che il geometra COGNOME, progettista del complesso condominiale, abbia dichiarato in sede testimoniale di avere inserito le aree desinate a parcheggio nel progetto edilizio come ‘ stalli condominiali ‘, abbia dato conferma che, al momento della costituzione del condominio e
dei frazionamenti, non vi era stata la necessaria accortezza nell’armonizzare quanto previsto progettualmente (la previsione nell’originario progetto edilizio del 1974 di aree pertinenziali a parcheggio di mq 98,38 per la casa A, di mq 98,38 per la casa B e di mq 32, 27 per la casa C) con l’esatta individuazione delle parti comuni condominiali, mediante il necessario aggiornamento catastale e la cessione delle aree destinate a parcheggio, ma ancora intestate al costruttore-venditore COGNOME NOMECOGNOME in modo da consentire la piena corrispondenza coi successivi atti pubblici di trasferimento delle proprietà individuali degli appartamenti del Supercondominio e l’individuazione delle pertinenze. La Corte d’Appello ha quindi escluso che vi sia stata la costituzione del vincolo pertinenziale, di natura reale per i terreni utilizzati a parcheggio oggetto di causa, vincolo che non può essere basato solo sul contenuto dei progetti e delle pratiche edilizie, le cui previsioni, coi conformi aggiornamenti catastali, non sono confluiti negli atti di costituzione del condominio, né negli atti di vendita delle singole unità immobiliari. Il giudice di secondo grado, confermando sul punto la sentenza del Tribunale di Genova, ha osservato poi che le aree pertinenziali a parcheggio indicate nel progetto allegato alla prima licenza edilizia, la n. 163/1974, rilasciata in origine a COGNOME NOME e COGNOME NOME, non potevano riferirsi alla particella 306, che solo successivamente era stata separatamente identificata ed acquistata da COGNOME NOME.
La Corte d’Appello ha anche escluso che le aree utilizzate per parcheggio, in assenza di atti di trasferimento da parte del costruttore proprietario a favore del Supercondominio, possano essere entrate tra le parti comuni di esso ex art. 1117 cod. civ., a nulla rilevando le clausole di stile inserite nei singoli atti di acquisto dei condomini.
Quanto alla riproposta domanda di COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME contro COGNOME NOME e COGNOME NOME di accertamento del loro diritto reale di parcheggio ai sensi della L.n.765/1967 sulle medesime aree, per nullità degli atti di trasferimento di tali aree destinate a parcheggio ex art. 41 sexies della L. n. 1150/1942, che in primo grado era stata respinta per prescrizione decennale, la Corte d’Appello la rigettava col rilievo che tali aree non erano mai state individuate, né cedute con funzione di parcheggio in nessuno dei titoli di acquisto dei condomini del Supercondominio Villa Oneto di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO né in sede di costituzione del condominio, essendo rimaste aree libere di proprietà del RAGIONE_SOCIALE fino al suo fallimento ed alla cessione da parte sua e di sua moglie a COGNOME NOME e COGNOME NOME con l’atto del notaio NOME COGNOME del 29.3.2010, rep. n.14061, racc. n.7316.
Quanto alla riproposta domanda subordinata di usucapione della servitù di parcheggio sui mappali 727 (per una superficie di mq 38) e 306 (per una superficie di mq 26,40) di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME contro COGNOME NOME e COGNOME NOME, la Corte d’Appello richiamava le argomentazioni già esposte in ordine al rigetto dell’analoga domanda subordinata avanzata dai soli COGNOME NOME e COGNOME NOME e riteneva assorbita, se ammissibile la questione dell’intervento ad adiuvandum del Condominio INDIRIZZO n. INDIRIZZO.
Relativamente alle spese processuali dei giudizi di primo grado in cui erano stati parte i COGNOME, la Corte d’Appello respingeva l’appello incidentale di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME ritenendo che il Tribunale di Genova, per la notevole entità dell’importo liquidato, avesse effettuato una liquidazione unica del compenso spettante ai COGNOME–COGNOME nei procedimenti
n.354/2012 RG e n. 2074/2012 RG del Tribunale di Chiavari, competendo alle parti soccombenti procedere ad una diversa ripartizione interna di quanto unitariamente liquidato, in considerazione del doppio giudizio dei quali i soli COGNOME erano stati parti in primo grado.
Quanto alle spese processuali di secondo grado, la Corte d’Appello riteneva che ricorressero gravi ed eccezionali motivi giustificanti la compensazione tra tutte le parti, per l’obiettiva difficoltà delle cause e dell’impegno difensivo delle contrapposte difese, per la complessità e difficoltà di ricostruzione e lettura del materiale probatorio tecnico documentale acquisito (documentazione catastale e progettuale e titoli di proprietà), che aveva reso necessario in secondo grado l’espletamento di una CTU.
Veniva infine dato atto della sussistenza dei presupposti per l’imposizione di un ulteriore contributo unificato a carico degli appellanti principali ed incidentali, se dovuto.
Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi a questa Corte lo stesso giorno per primi COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME ed il Condominio Villa Oneto n. 45/62 con sei motivi, e tale ricorso va qualificato come principale, poi COGNOME NOME con quattro motivi, e per ultimi autonomamente COGNOME NOME e COGNOME NOME con cinque motivi, dovendosi qualificare come incidentali i ricorsi successivi al primo, ed hanno resistito con separati controricorsi sia al ricorso principale che ai due ricorsi incidentali COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Con memoria indicata come ex art. 378 c.p.c. (ma in realtà ex art. 381 bis.1 c.p.c.) in data 7.5.2024 i ricorrenti, tranne COGNOME NOMECOGNOME hanno depositato numerosi documenti, dei quali i controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità perché non rientranti nella previsione dell’art. 372 c.p.c..
A seguito di revoca dell’incarico conferito dagli originari ricorrenti all’avv. NOME COGNOME e del decesso di COGNOME NOME, si é costituito per tutti gli originari ricorrenti e per COGNOME NOME quale unico erede di COGNOME NOME, l’avv. NOME COGNOME
All’esito dell’adunanza camerale del 23.5.2024, questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 23.5/4.7.2024, rinviava a nuovo ruolo per la rimessione della causa alla pubblica udienza, per la sua particolare complessità e perché poneva questioni di rilievo nomofilattico in ordine all’usucapione del diritto di proprietà di aree destinate a parcheggio, o del diritto di servitù di parcheggio delle medesime aree.
La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità della produzione documentale effettuata il 7.5.2024 dai ricorrenti, per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso di COGNOME NOME, del quarto e quinto motivo del ricorso proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e dal Condominio Villa Oneto n. 45/62, e per il rigetto del ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con cassazione e rinvio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione in relazione ai motivi accolti.
Nell’imminenza della pubblica udienza del 5.11.2024 tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c. la riunione dei due ricorsi incidentali a quello principale per primo proposto di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e del Condominio INDIRIZZO n. INDIRIZZO/INDIRIZZO.
Sempre in via preliminare va dichiarata l’inammissibilità della produzione documentale effettuata con le memorie ex art. 378 c.p.c. ( rectius ex art. 381 bis.1 c.p.c.) depositate da COGNOME
NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e dal Condominio Villa Oneto n. 45/62, nonché da COGNOME NOME e COGNOME NOME il 7.5.2024. In base all’art. 372 c.p.c., infatti, la regola generale secondo la quale non é consentita nel giudizio di cassazione la produzione di atti e documenti nuovi, che non siano stati già prodotti nelle pregresse fasi merito, é derogabile solo quando essi riguardino la nullità della sentenza impugnata, o l’ammissibilità del ricorso, o del controricorso, e la giurisprudenza consolidata di questa Corte interpreta la nullità della sentenza impugnata come riferibile ai fini dell’applicazione dell’art. 372 c.p.c. solo alla mancanza dei requisiti essenziali di forma e di sostanza della sentenza, e non ai casi in cui la nullità riguardi il procedimento e solo in via riflessa il provvedimento finale del giudizio (vedi in tal senso Cass. n.14347/2023; Cass. n.21355/2022; Cass. n. 4415/2020; Cass. n.2899/2018; Cass. n.24048/2017), mentre nella specie i documenti tardivamente depositati sarebbero volti a supportare la fondatezza delle domande avanzate, o comunque a contrastare la ricostruzione in fatto fornita dai giudici di merito.
Irrilevante é poi nel presente giudizio la pendenza del giudizio di querela di falso riferita nella memoria del 21.11.2024 del nuovo legale dei ricorrenti, in quanto l’eventuale falsità degli atti del giudizio di merito, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere per giurisprudenza consolidata di questa Corte come motivo di revocazione (Cass. sez. lav. 17.2.2023 n. 5058; Cass. 6.11.2020 n. 24846; Cass. 29.1.2019 n.2343; Cass. 16.1.2009 n. 986).
Passando al merito, si ritiene opportuno esaminare il ricorso principale e quelli incidentali secondo l’ordine di introduzione dei giudizi di primo grado.
Col primo motivo di ricorso incidentale COGNOME NOMECOGNOME alla quale é subentrato quale unico erede il figlio COGNOME NOME
lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 1158 cod. civ., la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o meramente apparente motivazione, l’omessa valutazione e ponderazione di tutte le prove orali e l’omessa valutazione dell’attendibilità dei testi di parte convenuta, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame di plurimi fatti decisivi per il giudizio che asseritamente dimostravano la sussistenza dei requisiti dell’ animus possidendi e del corpus in capo a COGNOME NOME, individuati nella pulizia dell’area in questione per oltre venti anni, nella delimitazione della stessa da un lato mediante la costruzione su richiesta della COGNOME ed a sue spese di un muro di contenimento e dall’altro mediante l’installazione di paletti uniti da catenella e di un cartello di proprietà privata da oltre venti anni e dall’utilizzo dell’area in questione quale parcheggio e dalla notorietà locale della sua proprietà esclusiva sull’area.
Tale primo motivo é palesemente inammissibile, anzitutto per la violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., ai sensi dell’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., in quanto vi é stata una doppia pronuncia conforme in primo ed in secondo grado della domanda della COGNOME di usucapione della proprietà della porzione della particella 306 posta a fianco della strada comunale per l’Anchetta (porzione rappresentata in verde tratteggiato nella planimetria allegato 11 alla CTU), supportata dall’articolata motivazione riportata a pagina 5 di questa sentenza, che non può certo dirsi mancante, meramente apparente, o insanabilmente contraddittoria, avendo pienamente spiegato le ragioni della decisione adottata. Totalmente infondate sono le doglianze di violazione degli articoli 2697 e 1158 cod. civ., in quanto la Corte d’Appello ha correttamente posto a carico dell’attrice COGNOME
l’onere di provare di avere esercitato il possesso esclusivo come proprietaria per oltre venti anni prima dell’inizio del giudizio sulla porzione in questione, e sulla base della valutazione delle prove testimoniali e documentali acquisite, ha ritenuto non assolto tale onere probatorio, non potendosi poi lamentare la violazione dell’art. 2697 cod. civ. sol perché l’apprezzamento delle risultanze probatorie non é andato nel senso auspicato dalla ricorrente.
Ugualmente inammissibile é la doglianza di violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.. Come ribadito dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. n.20867/2020), per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre); parimenti la pronuncia rammenta che la violazione dell’art. 116 c.p.c. è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione abbia
invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento.
Nel caso di specie, al contrario, la COGNOME ha invocato le violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., in combinazione con la violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., allo scopo di ottenere da questa Corte, giudice di legittimità, una rivalutazione del materiale probatorio che valorizzi diversamente le attività svolte in funzione dell’accoglimento della sua domanda di usucapione attraverso un terzo grado di giudizio di merito.
2) Col secondo motivo la COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ., sotto il profilo dell’omessa considerazione delle prove documentali versate in atti (in particolare sulla costruzione a sue spese del muro di sostegno), la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, la motivazione insufficiente e/o meramente apparente e l’omessa valutazione dell’attendibilità dei testimoni indotti da NOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME denunciati per falsa testimonianza.
Anche tale motivo é inammissibile per le ragioni già esposte relativamente al primo motivo della COGNOME circa le violazioni degli articoli 115, 116 c.p.c. e 2697 cod. civ. ed il vizio di motivazione, e va aggiunto solo che il muro di sostegno realizzato a sue spese dalla COGNOME non é stato ritenuto decisivo ai fini dell’accoglimento della sua domanda di usucapione, in quanto il suo sconfinamento dalla particella 299 alla 309, accertato dal CTU, ha riguardato solo il sottosuolo della porzione della particella 309 non oggetto della domanda di usucapione, che riguardava la parte fruibile a parcheggio, che sul lato opposto al muro di sostegno, ossia sul fronte strada comunale, é risultata liberamente accessibile da parte di terzi e si é accertato essere di fatto utilizzata anche da cacciatori e cercatori di funghi che vi parcheggiavano le loro autovetture,
essendo quindi mancato il possesso esclusivo uti domina della Terragni su tale porzione.
Quanto alla doglianza inerente al giudizio di attendibilità espresso dalla Corte d’Appello sui testimoni indotti dai convenuti, va ricordato che è inammissibile, in sede di legittimità, ‘ proporre una lettura del compendio istruttorio alternativa rispetto a quella prescelta dal giudice di merito, posto che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla attendibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, di quelle considerate più idonee a sorreggere la motivazione, richiedono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite salvo quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a contestare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione presa ‘ (Cass. 12.11.2024 n. 29174; Cass. 19.4.2023 n. 10506; Cass. 18.5.2020 n. 9058; Cass. 12.2.2008 n. 3267).
3) Col terzo motivo la COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ. sotto il profilo dell’omessa considerazione delle risultanze della CTU, la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omessa valutazione delle risultanze della CTU su fatti decisivi, rappresentati dalla presenza sulla porzione della particella 306 oggetto della sua domanda di usucapione di un grande abete
piantato dalla COGNOME negli anni ’70 dello scorso secolo, dalla delimitazione della stessa da parte del muro di contenimento da lei costruito nel 1978 e sul lato opposto a fianco della strada comunale da una catenella e dall’installazione su essa tra il 1975 ed il 1977 di una fossa biologica a servizio della sua abitazione.
Sulle violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., 2697 cod. civ. e 360 comma primo n. 5) c.p.c. vanno richiamate le argomentazioni ed i richiami giurisprudenziali già compiuti, mentre quanto al vizio di motivazione, l’attuale formulazione dell’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. comporta la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, per cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; l’anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. sez. un. 7.4.2014 n. 8053). Nel caso di specie, come desumibile dall’articolata motivazione già riportata a pagina 5 di questa sentenza, la Corte d’Appello ha compiutamente espresso il proprio convincimento nella valutazione ad essa riservata delle risultanze istruttorie e del rispettivo peso, e non ricorre alcuna delle carenze motivazionali ancora sindacabili in sede di legittimità, puntandosi ancora una volta inammissibilmente ad ottenere un nuovo e più soddisfacente giudizio di merito.
Col quarto motivo la ricorrente, in via subordinata, lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 115 c.p.c. e la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’omessa pronuncia.
Si duole la COGNOME, al pari del suo erede, che la Corte d’Appello abbia omesso di pronunciarsi sul quinto motivo di appello, col quale aveva lamentato di essere stata condannata dalla sentenza del Tribunale di Genova al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado, liquidate in € 43,60 per spese ed €4.800,00 per compensi, oltre accessori, importo quest’ultimo palesemente sproporzionato rispetto allo scaglione applicabile (era stato indicato nell’atto di citazione introduttivo il valore della causa, mai contestato, di € 428,00) ed alle tariffe del D.M. n. 55/2018, dato che per le cause di valore fino ad € 1.100,00 il compenso medio liquidabile sarebbe stato per le quattro voci di € 630,00, aumentabile per la particolare difficoltà dell’80% ad € 1.134,00 ed ulteriormente aumentabile del 20% in quanto il difensore della controparte aveva patrocinato due soggetti con la stessa posizione processuale, fino ad un massimo di € 1.360,80. Aggiunge la Terragni che la Corte d’Appello si é limitata a rigettarle l’appello senza addurre alcuna motivazione concernente le liquidate spese processuali di primo grado, e che non é ravvisabile sul punto neppure una motivazione implicita della sentenza impugnata, dal momento che le spese processuali di secondo grado sono state invece compensate tra tutte le parti delle cause riunite in ragione dell’obiettiva difficoltà delle cause e dell’impegno difensivo delle contrapposte difese, stante la complessità e difficoltà di ricostruzione e di lettura del materiale probatorio, che ha richiesto l’espletamento di apposita CTU in secondo grado, motivazione ritenuta integrare i gravi ed eccezionali motivi e che avrebbe dovuto portare alla compensazione delle spese processuali anche per il giudizio di primo grado.
Il quarto motivo fatto valere dalla COGNOME é fondato e merita accoglimento, in quanto l’impugnata sentenza ha omesso qualsivoglia pronuncia sul quinto motivo di appello della COGNOME, concernente la misura delle spese processuali poste a suo carico
dalla sentenza di primo grado, avendo solo compensato, tra le parti dei giudizi riuniti, con la motivazione indicata dalla ricorrente, le spese processuali del giudizio di secondo grado, per cui a seguito della cassazione con rinvio che si dispone per questo solo motivo, la Corte d’Appello di Genova in diversa composizione dovrà provvedere sul punto limitatamente alle spese di primo grado della Terragni sulla base dell’esito finale della lite.
Si passa ora all’esame del ricorso principale di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e del Condominio Villa Oneto n. 45/62.
Col primo motivo essi lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 1158 cod. civ., la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi ai fini dell’accoglimento della loro domanda di usucapione della proprietà delle particelle 720, 727 e 306, identificate nel fatto che da oltre venti anni i condomini del Supercondominio Villa Oneto di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO ed i loro ospiti, incaricati, o soggetti da loro autorizzati, avrebbero utilizzato, transitato e parcheggiato sulle aree in questione, senza ricevere contestazioni dagli intestatari delle stesse Supercondominio Villa Oneto di San Colombano Certenoli (GE), INDIRIZZO e nel fatto che i condomini si sarebbero occupati della manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree in questione, deliberando e sostenendo le relative spese.
Questo motivo, inammissibile ex art. 348 ter c.p.c. quanto alla violazione dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. per ‘doppia conforme ‘ , va altresì ritenuto inammissibile anche per le lamentate violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., 2697 e 1158
cod. civ. per le argomentazioni ed i richiami giurisprudenziali già compiuti nel trattare del ricorso incidentale della COGNOME. Quanto al lamentato vizio di motivazione, alle pagine 8 e seguenti di questa sentenza é già stata riportata l’articolata motivazione con la quale la Corte d’Appello ha confermato il rigetto delle domande di usucapione in questione, motivazione tutt’altro che mancante, meramente apparente, illogica, o irrimediabilmente contraddittoria, e quanto ai limiti del sindacato motivazionale in sede di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. si rinvia alla giurisprudenza di questa Corte già richiamata (Cass. sez. un. 7.4.2014 n.8053), sottolineando che in realtà il motivo tende inammissibilmente a conseguire un nuovo giudizio di merito sulle domande avanzate e non a far valere vizi di legittimità.
2) Col secondo motivo i ricorrenti principali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 1158 cod. civ., la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione. Si dolgono i medesimi che la Corte d’Appello, giudicando erroneamente attendibili i testi indotti dalla parte convenuta, abbia posto a loro carico l’onere di provare che le aree destinate a parcheggio in questione non fossero state utilizzate da terzi estranei al condominio, ossia circostanze negative, violando l’art. 2697 cod. civ. e l’art. 1158 cod. civ., non considerando che quelle aree erano state delimitate dal Condominio mediante guard rail, ringhiera in ferro e muro di contenimento e che nell’assemblea condominiale del 14.6.2003 era stata deliberata la delimitazione dei parcheggi con strisce bianche.
In realtà la Corte d’Appello ha respinto le domande in esame, in quanto ha ritenuto che gli attuali ricorrenti principali non abbiano fornito la prova a loro carico ex art. 2697 cod. civ. del possesso esclusivo uti domini delle aree di parcheggio in questione, dal
momento che non é stato inibito con recinzioni, catenelle, o altri impedimenti, il libero accesso a tali aree da parte di terzi, che le hanno effettivamente utilizzate a loro volta come parcheggio, e che gli interventi manutentivi posti in essere dai condomini a proprie spese e le strisce bianche tracciate sul posto non hanno comunque impedito la fruibilità delle aree anche da parte di terzi. Non vi é stata quindi alcuna violazione dell’art. 2697 cod. civ., né dell’art. 1158 cod. civ., che ai fini dell’usucapione della proprietà richiede che il possesso uti dominus ultraventennale abbia carattere di esclusività, mentre quanto alle censure della motivazione si é chiaramente al di fuori dei limiti di sindacato ancora possibili secondo la sentenza delle sezioni unite di questa Corte del 7.4.2014 n. 8053.
3) Col terzo motivo i ricorrenti principali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ. sotto il profilo dell’omessa considerazione delle prove documentali elencate versate in atti, relative agli interventi di manutenzione dei quali i condomini si erano fatti carico ed all’apposizione delle strisce bianche sulle aree di parcheggio, la violazione dell’art. 1158 cod. civ., la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione.
Anche tale motivo é inammissibile per le ragioni già esposte relativamente al primo motivo della COGNOME circa le violazioni degli articoli 115, 116 c.p.c. e 2697 cod. civ. e la motivazione non può certo dirsi mancante, meramente apparente, o insanabilmente contraddittoria, avendo la Corte d’Appello pienamente spiegato le ragioni della decisione adottata. In particolare la sentenza impugnata ha spiegato che l’effettuazione di interventi manutentivi deliberati e pagati dai condomini non é di per sé indicativa della titolarità in capo ad essi della proprietà delle aree adibite a
parcheggio, e che decisiva ai fini del rigetto é stata la circostanza che fino al 2012 non erano mai stati apposti paletti e catenelle che inibissero a terzi l’accesso alle aree, che pertanto non sono state utilizzate a parcheggio in via esclusiva dagli attuali ricorrenti principali per un tempo superiore al ventennio.
4) Col quarto motivo COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ed il Condominio Villa Oneto n.45/62, lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ. sotto il profilo dell’omessa considerazione delle risultanze della CTU, la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omessa valutazione delle risultanze della CTU comprovanti i seguenti fatti decisivi: a) il mappale 306 é suddiviso in diverse zone ad utilizzo differente, tra cui una rampa di accesso al Condominio ed ai parcheggi, aree pianeggianti a bordo strada idonee alla sosta dei veicoli, nonché un terreno pianeggiante costituente porzione dei parcheggi posti alla fine della rampa di accesso ai fabbricati A e B, sul quale avviene anche l’accesso dei condomini per il raggiungimento della scalinata; b) il mappale 727 é suddiviso in diverse zone ad utilizzo differente, tra cui parcheggi posti alla fine della rampa di accesso ai fabbricati A e B e superfici destinate al passaggio dei condomini; c) il mappale 720 é suddiviso in due aree urbane (sub. 1 di 106 mq e sub. 2 di 76 mq), indicate nel 1993 come distacchi condominiali dal geom. NOME COGNOME nell’ambito della procedura fallimentare Montereggio; d) i condomini e l’amministratore avevano sempre ritenuto condominiali la porzione a sud del mappale 306, la porzione ad ovest del mappale 306, la rampa di accesso al parcheggio sul mappale 306 ed il parcheggio antistante il fabbricato A.
Per le violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., 2697 cod. civ. e 360 comma primo n. 5) c.p.c. valgono le considerazioni ed i richiami giurisprudenziali già esposti, mentre non é affatto vero che la Corte d’Appello non abbia considerato la CTU che ha fatto espletare in secondo grado, avendo ripetutamente richiamato le planimetrie e le foto ad essa allegate e le misurazioni compiute dall’ausiliario relativamente alle singole porzioni destinate a parcheggio, e tenuto conto della non corrispondenza palesata tra le aree che nell’originario progetto edilizio del 1974 dovevano essere destinate a parcheggio e le porzioni delle particelle 306, 720 e 727 oggetto di causa, e del fatto che all’iniziale progettazione non ha fatto seguito, da parte del costruttore-venditore COGNOME NOMECOGNOME in sede di costituzione del Supercondominio e nei singoli atti di vendita degli appartamenti in esso ricompresi, una coerente gestione delle particelle che circondano il Supercondominio, con frazionamento e trasferimento delle stesse a fini di parcheggio dei condomini. Naturalmente non competeva al CTU, ma alla Corte d’Appello, valutare se nell’articolata situazione di fatto dei luoghi di causa fossero maturati, o meno i presupposti dell’usucapione della proprietà delle aree destinate a parcheggio a favore dei singoli condomini che hanno agito contro i proprietari delle particelle 306, 720 e 727, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
5) Col quinto motivo i ricorrenti principali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ., sia sotto il profilo dell’illegittima inversione dell’onere della prova, sia sotto il profilo dell’omessa considerazione delle risultanze della CTU, la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione e la violazione e falsa applicazione degli articoli 818 e 1117 cod. civ., ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. l’omessa valutazione delle
risultanze della CTU comprovanti: a) che i progetti edilizi originari e le successive varianti relativi alla costruzione delle tre case del Supercondominio prevedevano apposite aree pertinenziali, asseritamente insistenti sulle particelle 306 e 727; b) che insieme a tali ultime particelle, rimaste intestate al costruttore COGNOME NOME, c’era anche la particella 708, che non era stata ceduta a COGNOME NOME e COGNOME NOME. Si dolgono i suddetti ricorrenti che l’impugnata sentenza non abbia considerato le porzioni oggetto delle domande come pertinenze delle abitazioni condominiali da loro acquistate, automaticamente trasferite pro quota insieme ad esse, e che non le abbia ritenute ricomprese fra i beni comuni del Supercondominio, interpretando come formule di stile i riferimenti del tutto generici contenuti nei singoli atti di acquisto riportati alle pagine 48-50 dell’atto di appello.
Per quanto attiene alle lamentate violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c., 2697 cod. civ. e 360 comma primo n. 5) c.p.c. si rinvia alle argomentazioni ed ai richiami giurisprudenziali già esposti.
Relativamente alle asserite violazioni dell’art. 818 cod. civ. (regime di trasferimento automatico del bene pertinenziale insieme al bene principale) e dell’art. 1117 cod. civ., che elenca i beni che si presumono comuni nel condominio, i ricorrenti non si confrontano con la motivazione addotta dalla sentenza impugnata.
La Corte d’Appello, ha infatti evidenziato, con accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede, che non vi é stata la necessaria accortezza nell’armonizzare quanto previsto progettualmente (la previsione nell’originario progetto edilizio del 1974 di aree pertinenziali a parcheggio di mq 98,38 per la casa A, di mq 98,38 per la casa B e di mq 32, 27 per la casa C, senza riferimenti specifici a particelle catastali, come invece ritenuto dai ricorrenti principali) con l’esatta individuazione delle parti comuni condominiali, mediante il necessario aggiornamento catastale e la cessione delle aree destinate a parcheggio, ma ancora intestate al
costruttore-venditore COGNOME NOME, in modo da consentire la piena corrispondenza coi successivi atti pubblici di trasferimento delle proprietà individuali degli appartamenti del Supercondominio e l’individuazione delle pertinenze. La Corte d’Appello ha quindi escluso che vi sia stata la costituzione del vincolo pertinenziale, di natura reale per i terreni utilizzati a parcheggio oggetto di causa, vincolo che non poteva essere basato solo sul contenuto dei progetti e delle pratiche edilizie, le cui previsioni, coi conformi aggiornamenti catastali, non erano confluite negli atti di costituzione del condominio, né negli atti di vendita delle singole unità immobiliari.
La Corte d’Appello ha poi escluso che le aree utilizzate per parcheggio, in assenza di atti di trasferimento da parte del costruttore proprietario a favore del Supercondominio, possano essere entrate tra le parti comuni di esso ex art.1117 cod. civ., a nulla rilevando per la loro totale genericità le clausole di stile inserite nei singoli atti di acquisto dei condomini.
Avverso tali motivazioni i ricorrenti non hanno mosso critiche specifiche, né hanno segnalato specifiche violazioni dei criteri interpretativi commesse dal giudice di secondo grado nell’intendere gli atti di acquisto dei condomini, limitandosi a contrapporvi inammissibilmente una propria diversa interpretazione.
Col sesto motivo, erroneamente indicato come settimo, i ricorrenti principali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 1102 cod. civ. e dell’art. 41 sexies della L. 6.8.1967 n. 768 e la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente, o insufficiente motivazione.
Si dolgono i ricorrenti principali, in relazione alla domanda che avevano avanzato in via di estremo subordine, di accertamento del
loro diritto reale di parcheggio e/o servitù di parcheggio ex art. 41 sexies della L. 6.8.1967 n. 765, che il giudice di secondo grado non abbia considerato che l’art. 18 della L.6.8.1967 n. 765 e l’art. 26 della L. 28.2.1985 n. 47 creano in capo agli acquirenti degli appartamenti di immobili di nuova costruzione un diritto reale d’uso sull’area e comportano la nullità di tutte le pattuizioni negoziali che sottraggano ai condomini l’uso del parcheggio, senza bisogno di trascrizione, determinando nella specie la nullità dell’acquisto da parte di NOME NOME e COGNOME NOME delle particelle 306, 720 e 727 per atto del notaio NOME COGNOME del 29.3.2010, rep. n. 14061, racc. n. 7316. Lamentano i ricorrenti che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto come mai individuate né cedute in funzione di parcheggio, negli atti di acquisto dei condomini, le aree pertinenziali previste nelle licenze edilizie del 1974 per ciascuna casa del Supercondominio, pur avendo la CTU espletata individuato le aree di sedime destinate a parcheggio di 38 mq sul mappale 727 e di 26,40 mq sul mappale 306.
Ulteriormente si dolgono i ricorrenti principali che l’impugnata sentenza abbia escluso la costituzione in loro favore anche della servitù di parcheggio sui mappali 727 e 306, da un lato richiamando la sentenza n. 7561 del 18.3.2019 di questa Corte (e le conformi Cass. 6.7.2017 n. 16698 e Cass. n. 8737/2001), che ne consente la costituzione in base a titolo dal quale risulti che l’ utilitas attribuita sia di carattere reale a favore del fondo dominante, e dall’altro ritenendo che la modestissima estensione delle aree di sedime da destinare a parcheggio (mq 38 per il mappale 727 e mq 26,40 per il mappale 306), anche in relazione al numero dei condomini fruitori, fosse tale da fare venire meno qualsiasi residuo uso a favore dei proprietari dei fondi COGNOME NOME e COGNOME NOME, benché in realtà secondo la CTU la particella 727 fosse di 123 mq e la particella 306 di 320 mq, sicché comunque residuava un’ampia utilità per i proprietari di tali
particelle anche escludendo le aree contrassegnate per il parcheggio.
Per le violazioni degli articoli 116 c.p.c. e 2697 cod. civ. e del vizio di motivazione si rinvia alle argomentazioni già svolte circa l’inammissibilità del ricorso.
Quanto alle lamentate violazioni degli articoli 1102 cod. civ. (sull’uso della cosa comune) e dell’art. 41 sexies della L. 6.8.1967 n. 768, le doglianze sono infondate. Anzitutto la CTU espletata in secondo grado non ha affatto riconosciuto la riferibilità delle aree di pertinenza indicate nell’originario progetto presentato per la licenza edilizia del 1974 a specifiche particelle catastali, e le aree di sedime di mq 38 sul mappale 727 e di 26,40 mq sul mappale 306, che l’ausiliario ha rilevato, sono quelle che sono state di fatto marcate dai condomini con strisce bianche rilevate dall’ausiliario e non le aree di pertinenza che sono state indicate solo genericamente in quel progetto e non sono state seguite, secondo la Corte d’Appello, da un atto di asservimento, né da frazionamenti, né dall’attribuzione da parte del costruttore COGNOME NOME al Supercondominio, o ai condomini, di specifiche ed individuate particelle destinate a parcheggio, sicché non sono state oggetto di trasferimento aree di uso comune a parcheggio. La Corte d’Appello, pertanto, nell’escludere l’esistenza del diritto reale di parcheggio ex art. 41 sexies della L. 6.8.1967 n.765, si é uniformata a quell’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che subordina il sorgere del vincolo di pertinenzialità a parcheggio alla circostanza che l’area esista e sia specificamente individuata (vedi Cass. 25.5.2017 n. 13210; Cass. 11.2.2009 n. 3393; Cass. 26.10.2007 n. 22496).
Quanto alla motivazione addotta dalla Corte d’Appello per negare la costituzione per usucapione della servitù di passaggio a favore degli appartamenti dei condomini ricorrenti sulle aree delle particelle 727 e 306 marcate da strisce bianche, va evidenziato che
essa si basa su una duplice ratio. La prima ratio é data dal fatto che secondo la giurisprudenza di questa Corte la costituzione della servitù di parcheggio può avvenire per titolo negoziale, in quanto attraverso l’interpretazione del titolo è possibile stabilire se l’ utilitas propria del parcheggio del veicolo sia accordata a beneficio della proprietà di un fondo (fondo dominante), nel qual caso sussistendo il requisito dell’inerenza é configurabile un diritto reale di servitù, o invece sia accordata a beneficio di singole persone (vedi in tal senso Cass. 18.3.2019 n. 7561; Cass. 6.7.2017 n. 16698; Cass. 8737/2001), mentre non può avvenire per usucapione se non vi sono opere visibili e permanenti che permettano ai terzi di individuare il fondo, diverso dal fondo servente, beneficiato dall’utilitas, e di escludere quindi la natura meramente personale dell’utilità del parcheggio. Tale prima ratio ha trovato recentemente conferma nel principio di diritto espresso dalla sentenza n. 3925 del 13.2.2024 delle sezioni unite di questa Corte, secondo il quale ‘ In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione ‘. La seconda ratio sul punto dell’impugnata sentenza é costituita dal fatto che l’estensione molto ridotta delle aree di sedime destinate all’auspicata servitù di parcheggio (mq 38 sul mappale 727 e mq 26,40 sul mappale 306), unita al numero elevato dei condomini fruitori, farebbe venire meno qualsiasi residuo uso a favore dei proprietari dei fondi COGNOME NOME e COGNOME NOME rendendo quindi inipotizzabile la costituzione di una servitù di parcheggio, che non può mai annullare
completamente le facoltà riconosciute al proprietario (il principio si trova confermato da ultimo in Cass. sez. un. 13.2.2024 n.3925).
Tale seconda ratio é effettivamente errata rispetto alla maggiore estensione delle particelle 727 (123 mq) e 306 (320 mq), essendo le aree destinate a parcheggio nel primo caso solo di 38 mq e nel secondo solo di 26,40 mq, e residuando quindi ampie facoltà di uso delle porzioni residue a favore dei proprietari NOME NOME e COGNOME NOME, ma la prima ratio non é stata censurata e rimane quindi valida, discendendo da ciò l’inammissibilità del motivo (vedi sull’inammissibilità del motivo che censuri solo una delle rationes decidendi Cass. n. 4293/2016).
Si passa ora all’esame del ricorso incidentale di COGNOME NOME e COGNOME NOME
1) Col primo motivo i predetti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ., la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione, la violazione del principio di non contestazione e l’ultrapetizione, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omessa considerazione di dei fatti decisivi identificati in: a) la volontà delle parti della scrittura privata autenticata dal notaio NOME COGNOME del 9.4.1983 (COGNOME NOME, COGNOME NOME ed i danti causa dei ricorrenti, NOME COGNOME e NOME COGNOME) di cedere/acquistare quale posto auto annesso all’appartamento già ceduto con l’atto di compravendita del notaio Solimena del 14.8.1980 un’area pianeggiante di 19 mq insistente sui mappali 745 (ex 726/b) e 306; b) l’esistenza di macroscopici errori di rappresentazione a livello catastale, con conseguente necessità di procedere ad una ricostruzione dell’area oggetto di causa conforme all’originaria volontà delle parti deducibile dagli atti di proprietà ed agli atti di aggiornamento
catastale susseguenti; c) la puntuale ricostruzione tecnica dell’area oggetto di causa operata nella perizia del geom. NOME COGNOME mai contestata, e nelle note del CTP ing. COGNOME contenenti puntuali contestazioni al metodo utilizzato dal CTU.
Rilevato che anche in questo caso il vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. é inammissibile ex art. 348 ter c.p.c. per l’esistenza di una doppia pronuncia conforme di rigetto della domanda di usucapione ordinaria di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e richiamati gli argomenti ed i precedenti giurisprudenziali già esposti per quanto concerne le violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 cod. civ. ed i limiti di censurabilità del vizio di motivazione, si deve rilevare che le articolate motivazioni addotte dall’impugnata sentenza (vedi pagine 6 e 7 di questa sentenza) non possono certo considerarsi inesistenti, o meramente apparenti, solo perché non conformi agli auspici dei suddetti ricorrenti incidentali. Essi con questo motivo ripropongono pedissequamente le tesi sostenute nell’atto di citazione di primo grado (vedi pagine 2 e 3 di questa sentenza), limitandosi a sostenere che la relazione tecnica del geometra NOME COGNOME da loro prodotta non sarebbe stata contestata, per cui ad essa la Corte d’Appello si sarebbe dovuta attenere nell’individuazione dell’effetto traslativo prodotto dalla scrittura privata autenticata dal notaio NOME COGNOME il 9.4.1983, e quindi nel loro atto di acquisto del 20.7.2001, che ad essa aveva fatto richiamo. In realtà tale relazione tecnica é stata considerata dall’impugnata sentenza nella parte in cui ha riconosciuto che tra la particella trasferita con quella scrittura privata (la 745 di estensione di gran lunga inferiore a 19 mq) e la strada comunale per l’Anchetta, indicata come confine al pari del muro di contenimento condominiale, esisteva una porzione della particella 306, ma la Corte d’Appello ha spiegato che per questioni di estensione di superficie, di non corrispondenza coi dati catastali e dei confini, e per la mancata menzione nell’atto del
9.4.1983 della particella 306, non era possibile avallare la tesi del geom. COGNOME in punto di effetto traslativo convenzionale, ed ha attribuito peso determinante al dato certo ed ammesso dagli stessi ricorrenti, che essi solo nel 2012 avevano apposto i paletti e la catenella a delimitazione dell’area contesa, non potendo quindi vantare un possesso esclusivo per il periodo anteriore, in cui la stessa era stata utilizzata a parcheggio anche da terzi, e tale ratio decidendi non é stata fatta oggetto di censura.
Col secondo motivo COGNOME Giacomo e COGNOME NOME lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1159 e 1346 cod. civ., degli articoli 115 e 116 c.p.c.. nonché dell’art. 2697 cod. civ., e sotto il profilo della mancata considerazione delle prove documentali versate in atti e della mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché dell’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione.
Si dolgono i ricorrenti incidentali suddetti del rigetto della loro domanda subordinata di usucapione abbreviata da parte della Corte d’Appello con la motivazione già riportata alle pagine 6 e 7 di questa sentenza, sostenendo che si sarebbe dovuta dare prevalenza ai dati reali dei confini e dell’estensione della porzione di terreno loro ceduta in forza del richiamo nel loro atto di acquisto del notaio NOME COGNOME del 20.7.2001, rep. n. 24590, racc. n.3359, alla scrittura privata autenticata dal notaio NOME COGNOME del 9.4.1983, piuttosto che ai dati ideali catastali in quella riportati, ed aggiungono che era sufficiente il richiamo a tale scrittura privata nel loro atto di acquisto del 20.7.2001, anche se della scrittura privata non era stato trasfuso il contenuto.
Premesso che per le violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2697 cod. civ. e per i limiti di censurabilità della motivazione valgono le argomentazioni ed i richiami giurisprudenziali già compiuti, la sentenza impugnata, con accertamento in fatto non sindacabile in
questa sede, ha ritenuto che la scrittura privata autenticata dal notaio NOME COGNOME del 9.4.1983, richiamata nell’atto di acquisto di COGNOME NOME e COGNOME NOME (atto del notaio NOME COGNOME del 20.7.2001, rep. n. 24590, racc. n. 3359), menzionando solo la particella 745, l’estensione di 19 mq, e l’indicazione di due soli confini (il muro di contenimento con ringhiera condominiale e la strada comunale per l’Anchetta), e non la particella 306 che con una sua porzione separava la particella 745 dalla strada comunale per l’Anchetta, ed aveva altresì secondo l’espletata CTU un’estensione diversa da quella che secondo i ricorrenti andava sommata all’estensione della particella 745 per raggiungere i 19 mq indicati nella scrittura privata, non ha consentito di identificare con certezza la porzione destinata a parcheggio oggetto di trasferimento, per cui non si é basata soltanto sui dati ideali catastali. A ciò va aggiunto, che anche per l’usucapione abbreviata, COGNOME Giacomo e COGNOME NOME avrebbero dovuto dimostrare, non solo l’astratta idoneità del titolo convenzionale col quale gli eredi di NOME COGNOME e NOME avevano trasferito loro il terreno annesso all’appartamento, ma anche il possesso esclusivo ultradecennale sullo stesso prima dell’inizio del giudizio, mentre é stato accertato e non é più contestato che essi solo nel 2012 hanno apposto i paletti e la catenella a delimitazione del terreno, che in precedenza é stato utilizzato a parcheggio anche da terzi.
3) Col terzo motivo i ricorrenti incidentali COGNOME Giacomo e COGNOME NOME lamentano. in ordine al rigetto della loro domanda di usucapione, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 1158 cod. civ. e la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione, l’omessa valutazione e ponderazione di tutte le prove orali e l’omessa valutazione dell’attendibilità dei
testimoni di parte convenuta, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame dei seguenti fatti decisivi: a) l’utilizzo dell’area in questione come posto auto effettuato da COGNOME NOME e COGNOME NOME e dai loro danti causa e da persone da loro autorizzate a partire dal 1983; b) la delimitazione dell’area in questione mediante strisce bianche e con la scritta ‘P.P.’ (proprietà privata), non essendoci la necessità di inibirne l’accesso con catene per la notorietà locale che si trattasse di proprietà esclusiva loro e prima di loro dei danti causa, COGNOME; c) la sussistenza dei titoli di proprietà dell’area; d) l’esistenza di errori nella rappresentazione catastale dell’area e l’identificabilità in loco della stessa.
Rilevato che anche in questo caso il vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. é inammissibile ex art. 348 ter c.p.c., per l’esistenza di una doppia pronuncia conforme di rigetto della domanda di usucapione ordinaria di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e richiamati gli argomenti ed i precedenti giurisprudenziali già esposti per quanto concerne le violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2697 cod. civ., il motivo é comunque inammissibile, perché lungi dall’ipotizzare una violazione dell’art. 1158 cod. civ. in tema di usucapione ordinaria, punta ad ottenere una rivalutazione del fatto in sede di legittimità, peraltro senza contrastare efficacemente l’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello che fino al 2012 l’accesso all’area in questione non é stato precluso ai terzi, che ne hanno fatto a loro volta uso come parcheggio, non potendosi ritenere superflua la prova del possesso esclusivo uti dominus ultraventennale solo perché in zona i possessori siano considerati anche proprietari dell’area da usucapire. Si é già ricordato, peraltro, che la scelta dei mezzi probatori ai quali attribuire maggior peso ai fini della formazione del convincimento e la valutazione dell’attendibilità dei testimoni sono riservati al giudice di merito.
4) Col quarto motivo i ricorrenti incidentali COGNOME Giacomo e COGNOME NOME lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. sotto il profilo dell’illegittima inversione dell’onere della prova, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 cod. civ. e la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente ed insufficiente motivazione.
Si dolgono il COGNOME e la COGNOME che l’impugnata sentenza avrebbe posto a loro carico l’onere di provare la circostanza negativa che sull’area oggetto della loro domanda di usucapione non parcheggiassero auto diverse dalle loro e da quelle dei soggetti da loro autorizzati, escludendo che il parcheggio di terzi potesse avvenire solo per loro tolleranza nonostante l’esistenza fin dal 1980 di strisce bianche di delimitazione, ed attribuendo peso determinante alla mancata interclusione dell’accesso di terzi all’area tramite una catenella prima del 2012, e quindi alla mancata prova di un possesso esclusivo di tale area da parte dei GulinoPadovani.
Il motivo é infondato, in quanto la Corte d’Appello si é limitata a rilevare che in base alle prove testimoniali raccolte (in particolare la deposizione Cartero) ed alle ammissioni degli stessi COGNOME, fino al 2002 l’area in questione non era stata interdetta all’accesso ed all’uso a parcheggio di terzi, per cui ha ritenuto non fornita dagli attori, sui quali incombeva l’onere probatorio, la dimostrazione ai fini dell’usucapione della proprietà dell’area di un possesso esclusivo ultraventennale, e del resto come già sopra esposto, se un’area non viene recintata, o comunque resa inaccessibile ai terzi, non é ipotizzabile alcuna usucapione, né quella della proprietà dell’area, per difetto di un possesso esclusivo uti dominus, né quella di un diritto reale di servitù di parcheggio, che presuppone un titolo negoziale e che non é desumibile dalla
sola presenza sul preteso fondo servente delle strisce di delimitazione dei posti auto, di per sé inidonee a mostrare che l’ utilitas del parcheggio sia a favore di uno specifico fondo dominante e non semplicemente dei fruitori del parcheggio stesso a titolo personale.
Col quinto motivo i ricorrenti incidentali COGNOME COGNOME e COGNOME NOME lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 cod. civ., degli articoli 1027 e ss. cod. civ. e la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e contraddittorietà manifesta, nonché l’omessa e/o apparente, o insufficiente motivazione.
Si dolgono i suddetti ricorrenti che l’impugnata sentenza abbia escluso la costituzione in loro favore anche della servitù di parcheggio sulla porzione di 15,25 mq della particella 306, da un lato richiamando la sentenza n. 7561 del 18.3.2019 di questa Corte (e le conformi Cass. 6.7.2017 n. 16698 e Cass. n.8737/2001), che ne consente la costituzione in base a titolo dal quale risulti che l’ utilitas attribuita sia di carattere reale a favore del fondo dominante, e dall’altro ritenendo che la modestissima estensione dell’area di sedime da destinare a parcheggio (mq 26,40 per il mappale 306) anche in relazione al numero dei condomini fruitori fosse tale da fare venire meno qualsiasi residuo uso a favore dei proprietari della particella 306, NOME NOME e COGNOME NOME, benché in realtà secondo la CTU la particella 306 fosse di 320 mq. Aggiungono i COGNOME–COGNOME che erroneamente l’impugnata sentenza abbia richiamato la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 90 del 20.1.2017 a conforto della sua decisione di rigetto della domanda di usucapione della servitù di parcheggio, in quanto quella sentenza si riferiva ad un’ipotesi in cui non era stata data prova dell’esistenza di segni visibili del parcheggio, mentre nel caso in esame era stata provata l’esistenza fin dal 1980 delle
strisce bianche di delimitazione dei posti auto sull’area in questione.
Quanto alle violazioni degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2697 cod. civ. ed ai limiti di censurabilità del vizio di motivazione, vanno richiamati gli argomenti ed i precedenti giurisprudenziali già esposti, mentre in ordine alla censura concernente la mancata costituzione per usucapione della servitù di parcheggio sulla porzione di mq 15,25 della particella 306 vanno qui richiamate le motivazioni riportate alle pagine 25 e 26 di questa sentenza, relative al sesto motivo di ricorso proposto dai ricorrenti principali COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti principali COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME ed a carico dei ricorrenti incidentali COGNOME NOME e COGNOME NOME per il ricorso autonomamente presentato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale di COGNOME NOME, respinti gli altri suoi motivi, respinge il ricorso principale di COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME respinge il ricorso incidentale di COGNOME Giacomo e COGNOME NOMECOGNOME cassa l’impugnata sentenza in relazione all’unico motivo accolto del ricorso incidentale di COGNOME NOME e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità. Condanna in solido i ricorrenti principali COGNOME NOME, COGNOME GiacomoCOGNOME NOMECOGNOME NOME
ed il Condominio Villa Oneto n. 45/62 al pagamento in favore dei loro controricorrenti, COGNOME NOME e COGNOME NOME, delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 5.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, e condanna in solido i ricorrenti incidentali COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento in favore dei loro controricorrenti, COGNOME NOME e COGNOME NOME, delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 5.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Visto l’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002 dà atto che sussistono i presupposti per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti principali COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, ed a carico dei ricorrenti incidentali COGNOME NOME e COGNOME NOME per il ricorso autonomamente presentato, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 5.11.2024