Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11976 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11976 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16777/2022 R.G. proposto da :
COGNOME e COGNOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME
-ricorrenti- contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
nonché contro
NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME NOME ed NOMECOGNOME quali eredi di NOME, avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n.476/2022 depositata il 3.5.2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.4.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 26.11.2009, COGNOME NOME conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME. L’attore deduceva di aver acquistato da COGNOME NOME, con atto del notaio NOME COGNOME del 18.2.2009, un terreno sito in Catanzaro Lido, località INDIRIZZO, tra la INDIRIZZO e la INDIRIZZO (particella 68 del foglio 92), e di aver appreso, soltanto in seguito, che una porzione dello stesso veniva utilizzata da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME per il parcheggio delle proprie autovetture, nonché per il deposito e lo scarico di materiali. Pertanto, l’COGNOME, risultata vana la richiesta di liberazione della porzione del suo fondo, domandava l’accertamento del suo esclusivo diritto di proprietà su di essa e la condanna dei convenuti all’immediato rilascio della porzione abusivamente occupata o, in subordine, la condanna di COGNOME NOME alla restituzione del prezzo da lui ricevuto ed al risarcimento dei danni subiti per l’evizione.
Si costituivano i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, spiegando domanda riconvenzionale volta all’accertamento della maturata usucapione dell’area adibita a parcheggio. Si costituiva, poi, il figlio dei predetti, COGNOME NOME, chiedendo l’accoglimento della domanda articolata dai genitori.
Si costituiva altresì COGNOME NOME, eccependo che la porzione di terreno in contestazione non era stata oggetto del contratto di compravendita stipulato con l’attore.
Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 875/2016, accoglieva la domanda di rivendicazione di COGNOME NOME, respingeva la riconvenzionale di usucapione dei Citraro-Murriale, e ritenendo assorbite le domande degli attori verso COGNOME NOME, dichiarava compensate le spese di primo grado, condannando invece i CitraroMurriale alle spese processuali a favore di COGNOME NOME.
COGNOME NOME e NOME proponevano appello avverso la predetta sentenza. Resisteva al gravame NOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME rimanevano contumaci in secondo grado.
Con la sentenza n. 476/2022 del 22.4/3.5.2022, la Corte di Appello di Catanzaro rigettava il gravame, condannando gli appellanti al pagamento delle spese di secondo grado a favore di COGNOME NOME
La Corte distrettuale affermava la formazione del giudicato interno sul capo della sentenza di prime cure che aveva dichiarato l’infondatezza dell’eccezione, sollevata dal COGNOME, secondo la quale la porzione del fondo per cui è causa non sarebbe stata ricompresa nella particella oggetto del contratto di compravendita. Inoltre, la Corte territoriale dichiarava infondata la censura relativa all’accertato mancato acquisto per usucapione della predetta porzione, attesa la mancata emersione, dall’istruttoria espletata, dell’esercizio di un potere di fatto sulla porzione controversa integrante gli estremi del possesso ad usucapionem .
Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso a questa Corte, sulla scorta di tre motivi, e COGNOME NOME ha resistito con controricorso. COGNOME NOME é rimasto intimato mentre non vi é prova del perfezionamento delle notifiche a mezzo posta tentate nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale entrambe le parti costituite hanno depositato memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre dare atto che, ancorché non risultino acquisiti gli avvisi di ricevimento delle notifiche nei confronti degli eredi di COGNOME NOME, la manifesta infondatezza ed inammissibilità del ricorso fa ritenere superflua l’integrazione del contraddittorio sia in relazione al principio della ragionevole durata del processo (vedi in motivazione Cass. ord. 2.4.2024 n.8694; Cass. ord. 25.7.2022 n. 23129), sia in relazione al fatto che nessun beneficio potrebbe derivare agli eredi di NOME NOME con la partecipazione al giudizio, dato anche che le domande subordinate di risoluzione della compravendita e risarcimento danni contro di lui avanzate in primo grado da COGNOME NOME in relazione alla prestata garanzia per evizione, ritenute assorbite dal Tribunale di Catanzaro in ragione dell’accoglimento dell’azione di rivendica di COGNOME NOME contro COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, non sono state riproposte nel giudizio di secondo grado.
1) Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 81 c.p.c. e 24, comma 1° Cost. La Corte territoriale, ritenendo erroneamente che si fosse formato il giudicato interno sul punto, avrebbe omesso di esaminare l’eccezione sollevata da COGNOME NOME, disattesa nel giudizio di primo grado e ripresa dagli appellanti in secondo grado a sostegno della domanda di
usucapione, secondo la quale la porzione di terreno in contestazione non sarebbe stata ricompresa nell’oggetto del contratto di compravendita del notaio NOME COGNOME del 18.2.2009 tra COGNOME NOME ed COGNOME NOME. Secondo i ricorrenti, da ciò conseguirebbe, in via ulteriore, la carenza di legittimazione processuale dell’COGNOME, parimenti non rilevata dal Giudice di secondo grado.
Il primo motivo di ricorso, per la parte in cui lamenta la violazione dell’art.112 c.p.c., per non essersi la Corte d’Appello pronunciata sul secondo motivo di appello di COGNOME NOME e COGNOME NOME, col quale i predetti avevano chiesto di riformare la sentenza di primo grado, rigettando la rivendica di COGNOME NOME nei loro confronti della porzione della particella 68 del foglio 92 del NCT del Comune di Catanzaro, oggetto della loro riconvenzionale di usucapione, tenendo conto che in primo grado lo stesso dante causa di COGNOME NOME, COGNOME NOME, aveva eccepito di non essere proprietario (e quindi possessore) di quella porzione e di non averla quindi venduta ad COGNOME NOME, é infondato.
I ricorrenti, infatti, si soffermano solo sul capoverso di pagina 17 della sentenza impugnata, nel quale la Corte d’Appello ha erroneamente indicato che su quell’eccezione si sarebbe formato il giudicato interno per mancata impugnazione, non avvedendosi che col secondo motivo di appello la questione della mancata inclusione di quella porzione nel terreno venduto il 18.2.2009 da COGNOME NOME ad Ursino NOME era stata fatta propria dagli appellanti, e che quell’eccezione era stata sollevata in primo grado da COGNOME NOME solo allo scopo di vedere respinte le domande subordinate di COGNOME NOME di risoluzione della compravendita del 18.2.2009 e di risarcimento danni per evizione contro di lui avanzate, per l’ipotesi, non verificatasi, in cui fosse accolta la riconvenzionale di usucapione dei Citraro-Murriale, domande che il Tribunale di Catanzaro aveva ritenuto assorbite a seguito dell’accoglimento
dell’azione di rivendica dell’Ursino nei confronti degli occupanti di quella porzione, e che non erano state riproposte in secondo grado, senza quindi alcuna formazione sul punto di un giudicato interno.
I ricorrenti, però, omettono di considerare la motivazione con la quale il giudice di secondo grado alle pagine 23 e 24, smentendo l’errata affermazione di giudicato interno sull’eccezione sollevata in primo grado da COGNOME Enrico contenuta a pagina 17, ed affrontando senz’altro il merito del secondo motivo di appello, ha sottolineato che nel giudizio di primo grado i coniugi COGNOME avevano dedotto di avere iniziato a possedere la porzione del terreno in questione nel 1973 quando già esso era stato acquistato da COGNOME NOME, indicato da COGNOME NOME come suo dante causa, senza contestare la validità del titolo di proprietà di COGNOME NOME, aderendo alla tesi di quest’ultimo della non inclusione di quella porzione nel terreno dal medesimo venduto ad COGNOME Alessandro il 18.2.2009 solo nella comparsa conclusionale dell’11.1.2016 e quindi tardivamente. La Corte d’Appello ha poi testualmente motivato che ‘ Deve fugarsi ogni dubbio rispetto al fatto che la porzione di fondo sia stata oggetto dell’acquisto effettuato dall’COGNOME, posto che, come rilevato dal tribunale, la planimetria allegata all’atto di compravendita del 18.2.2009 ha appalesato l’infondatezza dell’eccezione di NOME COGNOME. Del resto, nella lettera del 23.9.2009, in relazione all’occupazione di parte del fondo compravenduto denunciata da NOME COGNOME a NOME COGNOME, con lettera del 15.9.2009, questi, per il tramite del proprio difensore, si é reso disponibile a collaborare ‘… nel quadro di una strategia concordata che sia utile a rimuovere gli effetti pregiudizievoli del contegno illegittimo tenuto dai soggetti da Lei indicati, al fine di ristabilire in favore del suo cliente il sereno godimento del bene immobile che ci occupa’.
Ulteriormente il giudice di secondo grado, all’ultimo capoverso di pagina 24, ha ricordato che gli appellanti nell’atto di citazione in
appello, dopo avere ricordato che COGNOME NOME aveva negato di avere venduto la porzione in questione ad Ursino Alessandro, avevano riconosciuto non solo che tale porzione era ricompresa nella particella oggetto del trasferimento a titolo derivativo, ma soprattutto che nel momento in cui essi avevano asseritamente iniziato ad avere il possesso della porzione, essa apparteneva a COGNOME NOME, che l’aveva acquistata nel 1963 e che l’aveva poi venduta ad Ursino Alessandro nel 2009.
Ne deriva che non é sostenibile che la Corte d’Appello abbia omesso di pronunciarsi sul secondo motivo di appello degli attuali ricorrenti, per avere ritenuto intervenuto il giudicato interno sull’eccezione di non inclusione della porzione oggetto di causa nel terreno venduto nel 2009, sollevata in primo grado da COGNOME NOMECOGNOME
Nella parte in cui col primo motivo i ricorrenti lamentano, invece, la violazione degli articoli 81 c.p.c. (in tema di sostituzione processuale) e 24 della Costituzione (diritto di difesa), la censura é invece inammissibile, perché non si confronta con la sopra esposta motivazione dell’impugnata sentenza. I ricorrenti, infatti, non solo incorrono in una palese confusione tra i concetti di difetto di legittimazione attiva (da valutare sulla base dei fatti affermati dal preteso titolare del diritto, Ursino NOME, che ha sempre sostenuto di essere proprietario della particella 69 del foglio 92 del NCT del Comune di Catanzaro, comprensiva della porzione controversa, per acquisto fattone nel 2009 da COGNOME NOME) e difetto di titolarità effettiva della proprietà della porzione (che i ricorrenti vorrebbero basare sull’eccezione sollevata in primo grado da COGNOME NOME di non inclusione della porzione in questione nella particella suindicata), ma non tengono conto della motivazione addotta dall’impugnata sentenza, che ha al contrario riconosciuto che la particella menzionata, comprensiva della porzione oggetto di causa, é stata prima acquistata da NOME il 26.2.1966 da
parte di COGNOME NOME, e poi rivenduta da quest’ultimo ad Ursino Alessandro nel 2009, ritenendo quindi infondata l’eccezione che in primo grado aveva sollevato il COGNOME allo scopo di non incorrere in responsabilità per evizione.
2) Con la seconda doglianza, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 111, comma 6° Cost., 132, comma 2°, n. 4) c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. La sentenza di secondo grado sarebbe affetta dal vizio di carente, illogica o contraddittoria motivazione in quanto, malgrado gli appellanti avessero articolato un motivo di gravame che richiamava espressamente l’eccezione formulata dal COGNOME in prime cure, la Corte territoriale ha ritenuto che la sentenza del Tribunale di Catanzaro dovesse considerarsi non impugnata in parte qua , con conseguente formazione del giudicato interno.
Il secondo motivo, col quale si sostiene la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., per omessa motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero determinato la formazione del giudicato interno, circa l’inclusione della porzione oggetto di causa nella particella venduta da COGNOME NOME ad Ursino Alessandro nel 2009, come se gli appellanti non avessero proposto il secondo motivo di appello, col quale avevano fatto propria l’eccezione sollevata in primo grado da COGNOME NOMECOGNOME che aveva negato di essere proprietario della porzione della quale gli appellanti intendevano ottenere l’usucapione ed il rigetto dell’azione di rivendica di COGNOME NOME accolta in primo grado, é inammissibile per difetto di interesse.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata, come nella specie, si fonda su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è da sola sufficiente a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le
censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. ord. 9.3.2025 n. 6281; Cass. 28.6.2023 n. 18403; Cass. 27.7.2017 n. 18641; Cass. 14.2.2012 n. 2108; Cass. 3.11.2011 n. 22753).
Nel caso in esame, i ricorrenti hanno censurato la sola errata motivazione dell’impugnata sentenza relativa al giudicato interno, ma non la successiva motivazione di merito, che ha confermato l’accoglimento dell’azione di rivendica di COGNOME NOME, evidenziando che l’atto di compravendita del 2009 a corpo comprendeva, in base alla planimetria allegatavi, anche la porzione controversa, e spiegando anche che l’onere probatorio di COGNOME Alessandro risultava limitato alla dimostrazione di avere acquistato la porzione con un titolo idoneo, in quanto i COGNOME-Murriale non avevano contestato tempestivamente il titolo di proprietà del dante causa di COGNOME NOME, COGNOME NOME, ed avevano assunto di possedere la porzione controversa solo dal 1973, ossia da epoca successiva all’acquisto della proprietà di COGNOME NOME.
3) Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., si censura la pronuncia di seconde cure per violazione o in ogni caso falsa applicazione dell’art. 1158 cod. civ. Il Giudice di secondo grado, pur correttamente rilevando, sulla base delle risultanze istruttorie, lo svolgimento di un’attività ultraventennale degli odierni ricorrenti sulla porzione di fondo per cui è causa, non avrebbe compiuto il passaggio logico successivo, consistente nell’accoglimento dell’eccezione di usucapione formulata da COGNOME NOME e NOME.
Il terzo motivo é con tutta evidenza inammissibile, perché pur richiamandosi nella rubrica la violazione dell’art. 1158 cod. civ., non si assume in realtà un’errata nozione dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti da quella norma ai fini della maturazione
dell’usucapione ordinaria della proprietà immobiliare, ma si auspica una rivalutazione in sede di legittimità delle risultanze istruttorie, palesemente non consentita, lamentando genericamente e cripticamente la confusione tra quei requisiti.
In realtà l’impugnata sentenza ha approfonditamente esaminato le prove testimoniali e le foto prodotte, ritenendo che la prova del parcheggio occasionale di autovetture dei Citraro-Murriale in uno spazio non delimitato, né interdetto a terzi, la pulizia solo talvolta effettuata dai predetti, e l’impiego solo occasionale per il deposito di materiali edili occorsi per la costruzione della casa ed il rifacimento di un bagno dei predetti, non abbiano consentito di accertare la durata ultraventennale e frequenza continuativa del possesso uti domini , né la volontà dei predetti di escludere i terzi dal godimento della porzione, con conseguente rigetto della domanda di usucapione.
Le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico dei ricorrenti in solido ed in favore del controricorrente NOME NOMECOGNOME mentre nulla va disposto per le altre parti processuali.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, respinge il ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e li condanna in solido al pagamento in favore di COGNOME NOME delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidandole in € 200,00 per spese ed € 4.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-
quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio del 24.4.2025