Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5410 Anno 2025
RAGIONE_SOCIALE Ord. Sez. 2   Num. 5410  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13691/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Sindaco  p.t.  NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso  anche  disgiuntamente    dagli  avvocati  NOME  COGNOME (CODICE_FISCALE) ed NOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso,
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del Ministro  p.t.  ed  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante p.t., domiciliati ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE RAGIONE_SOCIALEO STATO (P_IVA), che li rappresenta e difende
-controricorrenti- – avverso  la  SENTENZA  RAGIONE_SOCIALEa  CORTE  D’APPELLO  di  CATANZARO n.2148/2018 depositata il 6.2.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del giugno 2003 il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, per sentire dichiarare che era divenuto proprietario di un’area di circa 10550 mq (nel catasto a foglio 29/b, particelle 109, 343, 177 e 181), indicata come facente parte del patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALEo Stato, per averla irreversibilmente trasformata fin dal 1966 mediante la realizzazione di un edificio destinato a RAGIONE_SOCIALE Media RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEe annesse aree di accesso.
Le  Amministrazioni  convenute eccepivano l’inapplicabilità  nel  caso concreto  RAGIONE_SOCIALE‘istituto  RAGIONE_SOCIALE‘occupazione  appropriativa  per  la  natura demaniale RAGIONE_SOCIALE‘area, invocando l’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 del D.P.R. n. 327/2001, in base al quale i beni appartenenti al demanio non potevano  essere  espropriati,  né  usucapiti,  fino  a  quando  non  ne veniva pronunciata la sdemanializzazione.
In  via  riconvenzionale,  chiedevano  la  condanna  del  RAGIONE_SOCIALE  di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE al rilascio RAGIONE_SOCIALE‘area illegittimamente occupata, previa demolizione  RAGIONE_SOCIALEe  opere  (scuola  ed  annesse  aree  di  accesso)  su essa esistenti, ed al risarcimento del danno anche non patrimoniale subito nei limiti RAGIONE_SOCIALE‘eventuale prescrizione maturata.
Dalla CTU espletata dall’AVV_NOTAIO risultava che l’area in  questione  non  faceva  parte  di  quella  dismessa  dal  demanio marittimo  e  trasferita  ai  beni  patrimoniali  RAGIONE_SOCIALEo  Stato  col  decreto del  Ministro  RAGIONE_SOCIALEa  Marina  Mercantile  di  concerto  col  Ministro  RAGIONE_SOCIALEe
RAGIONE_SOCIALE datato 30.6.1987, che il progetto per la realizzazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE  Media  RAGIONE_SOCIALE  era  stato  approvato  con  deliberazione  del Consiglio comunale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE n. 1 del 20.1.1966; che i lavori di costruzione, iniziati il 21.12.1967, erano stati ultimati il 20.7.1970; che il corrispettivo dovuto dal RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 comma 435 RAGIONE_SOCIALEa L. n. 311/2004 ammontava ad €  136.728,00  per  alcune  particelle  e  ad  €  68.364,00  per  le rimanenti.
Il  Tribunale  di  Catanzaro,  con  la  sentenza  parziale  n.  841  del 22.3.2011, rigettava la domanda avanzata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE qualificata come domanda di usucapione RAGIONE_SOCIALE‘area, ritenendo quest’ultima ricompresa  nel demanio  marittimo  e  quindi  non usucapibile,  né  espropriabile,  e  la  parte  attrice  faceva  riserva d’impugnazione.
Con la sentenza definitiva n. 733 del 4.5.2015, il Tribunale di Catanzaro dichiarava che l’area era di proprietà RAGIONE_SOCIALEo Stato, e condannava il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE al rilascio RAGIONE_SOCIALEa stessa, con obbligo di demolizione RAGIONE_SOCIALEe costruzioni su essa realizzate illecitamente, ed al risarcimento del danno patrimoniale in favore RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni convenute per l’occupazione senza titolo (escluso il danno non patrimoniale), quantificato in 205.002,00 (pari ad € 41.018,40 per ciascuno dei cinque anni anteriori alla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda), oltre rivalutazione monetaria per ciascuna annualità ed interessi sulla somma via via rivalutata, nonché al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e di CTU.
Avverso  la  sentenza  parziale  e  la  sentenza  definitiva  proponeva appello il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, che contestava l’appartenenza RAGIONE_SOCIALE‘area al demanio marittimo, riproponeva la domanda di acquisto RAGIONE_SOCIALEa proprietà RAGIONE_SOCIALE‘area per irreversibile trasformazione, in quanto la procedura avviata di trasferimento RAGIONE_SOCIALE‘area ex art. 56 bis del DL n. 69/2013 al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE non si era ancora conclusa, e  contestava  la  condanna  al  risarcimento  danni,  sostenendo  che
l’amministrazione statale non aveva dimostrato i danni subiti, che non erano in re ipsa, ed aveva manifestato un palese disinteresse all’area in questione.
Si costituivano in secondo grado le Amministrazioni convenute, che sostenevano che l’area in questione, posta a ridosso RAGIONE_SOCIALE‘arenile e del  lungomare,  apparteneva  al  demanio  marittimo,  chiedendo  il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello.
Sospesa l’efficacia esecutiva RAGIONE_SOCIALEa sentenza definitiva di primo grado, ed espletata una nuova CTU da parte RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO sulla natura del terreno, la Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 2148/2018 del 5.11/6.12.2018, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALEe sentenze impugnate, dichiarava cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di usucapione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE ed alla domanda riconvenzionale di rilascio RAGIONE_SOCIALE‘area in contestazione, confermava per il resto la sentenza definitiva, compensava per ½ le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio e condannava il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni convenute RAGIONE_SOCIALEa residua metà RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, ponendo le spese RAGIONE_SOCIALEe CTU espletate per metà a carico di parte attrice e RAGIONE_SOCIALEe convenute.
In particolare la Corte d’Appello, preso atto che col decreto n.14032/2017 del 20.9.2017 l’RAGIONE_SOCIALE aveva trasferito al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, a titolo gratuito, la proprietà esclusiva di alcuni terreni interessati da opere pubbliche, tra i quali anche l’area in questione, riservandosi di richiedere gli indennizzi per l’abusiva occupazione, e provvedendo alla consegna RAGIONE_SOCIALE‘area il 25.9.2017, come da verbale di consegna, così completando la procedura di trasferimento ex art. 56 bis del DL n. 69/2013, dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla domanda di acquisizione RAGIONE_SOCIALEa proprietà RAGIONE_SOCIALE‘area per irreversibile trasformazione, qualificata in primo grado come domanda di usucapione, ed alla riconvenzionale di rilascio RAGIONE_SOCIALE‘area medesima
con  obbligo  di  demolizione  RAGIONE_SOCIALEe  opere  su  essa  realizzate  senza titolo.
Ritenendo comunque necessario esaminare la domanda di acquisto a titolo originario RAGIONE_SOCIALE‘area, riproposta dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, per la sua potenziale incidenza sulla domanda di risarcimento danni accolta in primo grado, la Corte d’Appello, anzitutto escludeva la possibilità, in caso di illecito spossessamento, RAGIONE_SOCIALE‘acquisto RAGIONE_SOCIALE‘area oggetto di trasformazione irreversibile per la realizzazione di un’opera pubblica anche se preceduta da dichiarazione di pubblica utilità, da parte del RAGIONE_SOCIALE, per irreversibile trasformazione, richiamando l’orientamento espresso dalla sentenza n. 735/2015 RAGIONE_SOCIALEe sezioni unite RAGIONE_SOCIALEa Corte di Cassazione.
Il  giudice  di  secondo  grado  riteneva  poi,  che  in  astratto  i  terreni illegittimamente occupati dalla PA fossero usucapibili, e che l’area in  questione,  appartenesse,  prima  del  trasferimento  al  RAGIONE_SOCIALE appellante  del  20.9.2017,  al  patrimonio  disponibile  RAGIONE_SOCIALEo  Stato,  e non al demanio marittimo, richiamando le motivazioni addotte dal CTU incaricato nel giudizio di appello.
La Corte d’Appello riteneva, tuttavia, che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE avesse acquisito la detenzione RAGIONE_SOCIALE‘area controversa in virtù RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di pubblica utilità del AVV_NOTAIO, e che non avesse poi allegato e fornito prova RAGIONE_SOCIALE‘interversione di tale detenzione in possesso utile per usucapire, da intendere come manifestazione esteriore rivolta contro il possessore, dalla quale fosse desumibile la sua intenzione di esercitare il potere di fatto sull’area solo in nome proprio e non in nome altrui, richiamando l’orientamento espresso dalla sentenza n. 10289 del 27.4.2018 di questa Corte, e giudicando insufficiente il disinteresse mostrato dalle Amministrazioni convenute prima del giudizio, a superare la presunzione di volontà contraria all’impossessamento RAGIONE_SOCIALE‘area da parte di terzi.
Quanto al risarcimento danni, la Corte d’Appello rilevava che il Tribunale l’aveva correttamente collegato ad un illecito permanente, e limitato ai cinque anni RAGIONE_SOCIALEa prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘illecito aquiliano (Cass. sez. un. n. 735/2015), e che l’area prima del trasferimento era destinata a finalità pubblico-sociali e ad uso diretto o indiretto RAGIONE_SOCIALEa collettività (vedi decreto di trasferimento n. 14032/2017), il che permetteva, in via presuntiva, di ritenere sussistente il danno conseguenza subito dallo Stato, per non avere potuto utilizzare diversamente l’area illegittimamente occupata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, ricavandone un reddito, trattandosi, peraltro, di un bene di rilevante valore economico, perché sito nei pressi di un’area oggetto di intensa urbanizzazione, con realizzazione di costruzioni di edilizia pubblica e privata di rilevante impatto, come emerso dalla CTU di primo e di secondo grado, posto che il RAGIONE_SOCIALE non aveva allegato alcun concreto elemento idoneo a superare la presunzione di redditività RAGIONE_SOCIALE‘area, limitandosi a fare riferimento ad un generico disinteresse RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni convenute.
Avverso  tale  sentenza  ha  proposto  tempestivo  ricorso  a  questa Corte il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a due motivi, ed hanno resistito l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Nell’imminenza RAGIONE_SOCIALE‘adunanza camerale il solo ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
Col  primo  motivo  il  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE  a  RAGIONE_SOCIALE  lamenta,  in relazione all’art. 360, comma primo n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140 e ss., 2697, 1158 e ss. cod. civ., ed in relazione all’art. 360, comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame
e/o omessa motivazione di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa, dopo avere dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di acquisizione RAGIONE_SOCIALEa proprietà RAGIONE_SOCIALE‘area per irreversibile trasformazione, e sulla riconvenzionale di rilascio RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni convenute per effetto del trasferimento RAGIONE_SOCIALEa proprietà RAGIONE_SOCIALE‘area al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE col decreto n.14032/2017 del 20.9.2017 RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, nell’esaminare, per i potenziali effetti sulla condanna al risarcimento danni emessa in primo grado, la riproposta domanda qualificata dal Tribunale di Catanzaro come di usucapione, ha affermato che l’area oggetto di occupazione non rientrava nel demanio marittimo, bensì tra i beni del patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALEo Stato, ma ha escluso la sussistenza di un’adeguata prova RAGIONE_SOCIALE‘ animus possidendi in capo al ricorrente, per non avere allegato, né provato, come richiesto dall’art. 1141 comma 2° cod. civ., l’interversione RAGIONE_SOCIALEa detenzione RAGIONE_SOCIALE‘area conseguita con la dichiarazione di pubblica utilità del AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO, in possesso esercitato in nome proprio e non più in nome altrui, escludendo, sotto questo profilo, che vi fosse stato un possesso uti dominus del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE ultraventennale anteriore all’introduzione del giudizio, utile a fare maturare in suo favore l’usucapione, prima che la proprietà RAGIONE_SOCIALE‘area fosse trasferita al ricorrente col decreto ex art. 56 bis del DL n. 69/2013 del 20.9.2017 RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Assume in contrario il ricorrente, che avrebbe posseduto in modo esclusivo, pacifico ed ininterrotto fin dal 1966 l’area, trasformandola irreversibilmente, realizzandovi, previa approvazione  consiliare  del  progetto,  la  RAGIONE_SOCIALE  Media  RAGIONE_SOCIALE  ed altre infrastrutture di accesso alla stessa, e mantenendo allo scopo i  contatti  con  tutte  le  autorità  interessate  alla  costruzione  RAGIONE_SOCIALEa
scuola  (RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE),  come  da  documentazione  acquisita,  il  tutto nella più totale inerzia RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni convenute, per cui non avrebbe esercitato sull’area la detenzione,  ma ab origine il possesso.
Aggiunge poi il ricorrente, che l’impugnata sentenza non si sarebbe attenuta al principio per cui l’ animus possidendi necessario all’acquisto  RAGIONE_SOCIALEa  proprietà  per  usucapione,  non  consiste  nella convinzione di essere proprietario, ma nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facoltà, mentre  la  buona  fede  non  é  requisito  utile  all’usucapione  (Cass. 6.5.2014  n.9671;  Cass.  30.23.3022  n.  27847;  Cass.  15.7.2002 n.10230).
Il motivo è infondato.
Anzitutto il ricorrente non coglie la ratio RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata, che dopo aver opportunamente evidenziato che l’iniziale disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘area in capo al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, da qualificare come detenzione, e non come possesso, é derivata dalla dichiarazione di pubblica utilità RAGIONE_SOCIALE‘opera del AVV_NOTAIO (vedi sulla qualificazione come detenzione RAGIONE_SOCIALE‘acquisizione RAGIONE_SOCIALEa disponibilità di un bene immobile in virtù di una dichiarazione di pubblica utilità funzionale ad un’espropriazione poi non perfezionatasi o in virtù di un’occupazione d’urgenza, in motivazione Cass. sez. un. 12.1.2023 n. 651; nonché Cass. 27.4.2018 n. 10289; Cass. 12.10.2007 n. 21433; Cass. 12.5.2003 n.7271), si è pienamente conformata al principio già enunciato da questa Corte, a mente del quale, nei casi in cui il potere di fatto sulla cosa sia esercitato inizialmente dalla P.A. come detenzione in presenza di validi provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità, decreto di occupazione d’urgenza) – al fine di
conseguire l’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘acquisto per usucapione del bene occupato, è necessario che la P.A. occupante alleghi e provi il previo mutamento RAGIONE_SOCIALEa detenzione in possesso utile ad usucapionem , ex art. 1141, 2° comma cod. civ., cioè il compimento di idonee attività materiali di opposizione specificamente rivolte contro il proprietario-possessore, non essendo sufficienti né il prolungarsi RAGIONE_SOCIALEa detenzione né il compimento di atti corrispondenti all’esercizio del possesso che di per sé denunciano unicamente un abuso RAGIONE_SOCIALEa situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene (così Cass. sez. 1^, ord. 12.12.2024 n. 32216, proprio tra le stesse parti ed in fattispecie analoga; Cass. 7.6.2022 n. 18361; Cass. ord. 27.4.2018 n. 10289).
Operato il corretto richiamo a tale principio, la Corte territoriale, con valutazione in fatto ad essa riservata, coerentemente motivata e non adeguatamente impugnata nella presente sede (Cass. 12.12.2024 n. 32216; Cass. 16.3.2016 n. 5211; Cass. 19.12.2011 n. 27521 del 19/12/2011), ha concluso nel senso RAGIONE_SOCIALE‘assenza di idonea prova -e, prima ancora, di idonea allegazione – in ordine alla sussistenza di condotte idonee a mutare l’originaria detenzione RAGIONE_SOCIALE‘odierna ricorrente in vero e proprio possesso.
Tali conclusioni – va aggiunto – non possono essere modificate in virtù RAGIONE_SOCIALEe allegazioni RAGIONE_SOCIALEa ricorrente in ordine alla valenza che, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘accertamento di una situazione pienamente possessoria, sarebbe stata rivestita dalla modifica dei luoghi mediante la realizzazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE Media RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEe infrastrutture di accesso alla stessa, dall’approvazione del progetto RAGIONE_SOCIALE‘opera da parte del Consiglio Comunale e dal mantenimento dei rapporti con le altre autorità coinvolte nella costruzione RAGIONE_SOCIALEa scuola.
Infatti, se è vero che, ai fini RAGIONE_SOCIALEa valutazione RAGIONE_SOCIALEa sussistenza del mutamento di detenzione in possesso, è possibile valorizzare anche il compimento di attività materiali, qualora esse abbiano manifestato in  modo  inequivocabile e riconoscibile dall’avente
diritto l’esercizio di un potere sulla cosa esclusivamente nomine proprio (Cass. ord. 12.12.2024 n. 32216; Cass. ord. 26.8.2021 n.23458), è anche vero che nella specie, essendo l’occupazione iniziata a titolo di mera detenzione ed in virtù di un provvedimento amministrativo col quale il dominus titolare del suolo – lo Stato veniva anche ad autorizzare la realizzazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE Media RAGIONE_SOCIALE, è inevitabile concludere che anche detta realizzazione non poteva essere intesa come atto idoneo ad esprimere un animus possidendi contrapposto al proprietario, e quindi a mutare la detenzione in possesso.
Del tutto inconferente é poi il richiamo del ricorrente alla giurisprudenza di questa Corte, che considera necessaria, per la sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘ animus possidendi ai fini RAGIONE_SOCIALE‘usucapione, l’intenzione di comportarsi come proprietario, e non la convinzione di essere proprietario, posto che l’infondatezza RAGIONE_SOCIALEa domanda di usucapione non é stata basata sul fatto che il giudice di secondo grado abbia ritenuto il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE privo RAGIONE_SOCIALEa convinzione di essere proprietario RAGIONE_SOCIALE‘area oggetto di causa, ma sul fatto che quale detentore di tale area, non abbia allegato e provato l’interversione di tale detenzione in possesso, come richiesto dall’art. 1141 comma 2° cod. civ..
Quanto, infine, alla deduzione RAGIONE_SOCIALE‘ipotesi di cui all’art. 360, comma primo n. 5) c.p.c. – pure formulata nella rubrica del motivo ma sostanzialmente non argomentata nel suo sviluppo argomentativo è sufficiente evidenziare che -anche a non voler ritenere sussistente la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., in virtù del diverso esito formale RAGIONE_SOCIALEe decisioni di primo e di secondo grado – il motivo non viene in concreto a dedurre l’omesso esame di un fatto storico principale, o secondario oggetto di discussione RAGIONE_SOCIALEe parti e decisivo, ma solo l’inadeguata valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie, sollecitando un inammissibile sindacato di legittimità sulla valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove operata dal giudice di merito, fermo il
principio per cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di  per  sé,  il  vizio  di  omesso  esame  di  un  fatto  decisivo  qualora  il fatto  storico,  rilevante  in  causa,  sia  stato  comunque  preso  in considerazione  dal  giudice,  ancorché  la  sentenza  non  abbia  dato conto  di  tutte  le  risultanze  probatorie  (Cass.  ord.  12.12.2024 n.32216; Cass. ord. 29.10.2018 n. 27415).
2) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli  articoli  1223,  1226,  2043,  2056  e  2697  cod.  civ.,  ed  in relazione  all’art.  360,  comma  primo  n.  5)  c.p.c.,  l’omesso  esame e/o omessa motivazione di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti, individuato nella mancata prova del danno.
Il RAGIONE_SOCIALE impugna ulteriormente la decisione RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Catanzaro, deducendo che la stessa avrebbe erroneamente ritenuto sussistente un danno da occupazione RAGIONE_SOCIALE‘area oggetto di causa, per non avere le Amministrazioni originariamente convenute potuto locare a terzi, o utilizzare tale area, quantificato in € 205.092,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, pur non avendo gli odierni controricorrenti provato la sussistenza di un qualsivoglia pregiudizio, ed in particolare di non aver potuto locare o diversamente utilizzare il bene, mostrandosi piuttosto del tutto disinteressati all’area in questione. Ulteriormente deduce il ricorrente, che nella specie il danno non poteva essere considerato in re ipsa, trattandosi comunque di un danno conseguenza, eventualmente dimostrabile anche per presunzioni.
Il motivo è infondato.
Anche  in  questo  caso  la  censura  non  intercetta  correttamente  la ratio posta a base RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata, la quale, invece, ha statuito in modo conforme ai principi enunciati dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 15.11.2022 n.33645).
La Corte territoriale, infatti, diversamente da quanto dedotto dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente, non ha riconosciuto un danno in re ipsa, bensì, una volta accertato l’evento dannoso costituito dall’occupazione illegittima RAGIONE_SOCIALE‘area, è poi giunta a presumere – sulla scorta di un argomentato ragionamento -la sussistenza di un danno conseguenza, tenendo conto RAGIONE_SOCIALEa collocazione RAGIONE_SOCIALE‘area in una zona ad alta urbanizzazione con costruzioni di edilizia pubblica e privata di rilevante impatto, risultanti da entrambe le consulenze tecniche espletate in primo e secondo grado, RAGIONE_SOCIALEa natura RAGIONE_SOCIALE‘area -ritenuta ” bene di intrinseco e rilevante valore economico, strutturalmente destinato a garantire una significativa redditività connessa al suo uso o alla eventuale sua, probabilmente assai lucrosa, vendita ” – e RAGIONE_SOCIALEa sua originaria destinazione a finalità pubblico-sociali e ad uso, diretto o indiretto, RAGIONE_SOCIALEa collettività, risultante dal decreto di trasferimento RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE Demaniale n.14032/2017. Ulteriormente l’impugnata sentenza, con valutazione in fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto neutro l’elemento, genericamente allegato dal ricorrente, del disinteresse RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni convenute, non ricondotto a precise scelte RAGIONE_SOCIALEo Stato, ed ha aggiunto che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE non ha allegato alcun concreto elemento idoneo a superare la presunzione di normale redditività RAGIONE_SOCIALE‘area in questione secondo le sue caratteristiche e la sua ubicazione.
Il  ricorso  deve  quindi  essere respinto,  con conseguente condanna del  RAGIONE_SOCIALE  ricorrente  alla  rifusione  in  favore  dei  controricorrenti RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
Stante il tenore RAGIONE_SOCIALEa pronuncia, va dato atto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma  1quater del  D.P.R.  n.  115/2002,  RAGIONE_SOCIALEa  sussistenza  dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto  per  il  ricorso  a  norma  del  comma  1-bis  RAGIONE_SOCIALEo  stesso  art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai  sensi  RAGIONE_SOCIALE‘art.  13  comma  1 quater del  D.P.R.  30  maggio  2002 n.115, si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23.1.2025