Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5410 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5410 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13691/2019 R.G. proposto da :
COMUNE DI PRAIA A MARE, in persona del Sindaco p.t. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso anche disgiuntamente dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ed NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro p.t. ed RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., domiciliati ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che li rappresenta e difende
-controricorrenti- – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n.2148/2018 depositata il 6.2.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del giugno 2003 il Comune di Praia a Mare conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio, per sentire dichiarare che era divenuto proprietario di un’area di circa 10550 mq (nel catasto a foglio 29/b, particelle 109, 343, 177 e 181), indicata come facente parte del patrimonio disponibile dello Stato, per averla irreversibilmente trasformata fin dal 1966 mediante la realizzazione di un edificio destinato a Scuola Media Statale e delle annesse aree di accesso.
Le Amministrazioni convenute eccepivano l’inapplicabilità nel caso concreto dell’istituto dell’occupazione appropriativa per la natura demaniale dell’area, invocando l’applicazione dell’art. 4 del D.P.R. n. 327/2001, in base al quale i beni appartenenti al demanio non potevano essere espropriati, né usucapiti, fino a quando non ne veniva pronunciata la sdemanializzazione.
In via riconvenzionale, chiedevano la condanna del Comune di Praia a Mare al rilascio dell’area illegittimamente occupata, previa demolizione delle opere (scuola ed annesse aree di accesso) su essa esistenti, ed al risarcimento del danno anche non patrimoniale subito nei limiti dell’eventuale prescrizione maturata.
Dalla CTU espletata dall’ing. NOME COGNOME risultava che l’area in questione non faceva parte di quella dismessa dal demanio marittimo e trasferita ai beni patrimoniali dello Stato col decreto del Ministro della Marina Mercantile di concerto col Ministro delle
Finanze datato 30.6.1987, che il progetto per la realizzazione della Scuola Media Statale era stato approvato con deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Praia a Mare n. 1 del 20.1.1966; che i lavori di costruzione, iniziati il 21.12.1967, erano stati ultimati il 20.7.1970; che il corrispettivo dovuto dal Comune di Praia a Mare ai sensi dell’art. 1 comma 435 della L. n. 311/2004 ammontava ad € 136.728,00 per alcune particelle e ad € 68.364,00 per le rimanenti.
Il Tribunale di Catanzaro, con la sentenza parziale n. 841 del 22.3.2011, rigettava la domanda avanzata dal Comune di Praia a Mare qualificata come domanda di usucapione dell’area, ritenendo quest’ultima ricompresa nel demanio marittimo e quindi non usucapibile, né espropriabile, e la parte attrice faceva riserva d’impugnazione.
Con la sentenza definitiva n. 733 del 4.5.2015, il Tribunale di Catanzaro dichiarava che l’area era di proprietà dello Stato, e condannava il Comune di Praia a Mare al rilascio della stessa, con obbligo di demolizione delle costruzioni su essa realizzate illecitamente, ed al risarcimento del danno patrimoniale in favore delle Amministrazioni convenute per l’occupazione senza titolo (escluso il danno non patrimoniale), quantificato in 205.002,00 (pari ad € 41.018,40 per ciascuno dei cinque anni anteriori alla proposizione della domanda), oltre rivalutazione monetaria per ciascuna annualità ed interessi sulla somma via via rivalutata, nonché al pagamento delle spese processuali e di CTU.
Avverso la sentenza parziale e la sentenza definitiva proponeva appello il Comune di Praia a Mare, che contestava l’appartenenza dell’area al demanio marittimo, riproponeva la domanda di acquisto della proprietà dell’area per irreversibile trasformazione, in quanto la procedura avviata di trasferimento dell’area ex art. 56 bis del DL n. 69/2013 al Comune di Praia a Mare non si era ancora conclusa, e contestava la condanna al risarcimento danni, sostenendo che
l’amministrazione statale non aveva dimostrato i danni subiti, che non erano in re ipsa, ed aveva manifestato un palese disinteresse all’area in questione.
Si costituivano in secondo grado le Amministrazioni convenute, che sostenevano che l’area in questione, posta a ridosso dell’arenile e del lungomare, apparteneva al demanio marittimo, chiedendo il rigetto dell’appello.
Sospesa l’efficacia esecutiva della sentenza definitiva di primo grado, ed espletata una nuova CTU da parte dell’ing. NOME COGNOME sulla natura del terreno, la Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 2148/2018 del 5.11/6.12.2018, in parziale riforma delle sentenze impugnate, dichiarava cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di usucapione del Comune di Praia a Mare ed alla domanda riconvenzionale di rilascio dell’area in contestazione, confermava per il resto la sentenza definitiva, compensava per ½ le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio e condannava il Comune di Praia a Mare al pagamento in favore delle Amministrazioni convenute della residua metà delle spese processuali, ponendo le spese delle CTU espletate per metà a carico di parte attrice e delle convenute.
In particolare la Corte d’Appello, preso atto che col decreto n.14032/2017 del 20.9.2017 l’Agenzia del Demanio aveva trasferito al Comune di Praia a Mare, a titolo gratuito, la proprietà esclusiva di alcuni terreni interessati da opere pubbliche, tra i quali anche l’area in questione, riservandosi di richiedere gli indennizzi per l’abusiva occupazione, e provvedendo alla consegna dell’area il 25.9.2017, come da verbale di consegna, così completando la procedura di trasferimento ex art. 56 bis del DL n. 69/2013, dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla domanda di acquisizione della proprietà dell’area per irreversibile trasformazione, qualificata in primo grado come domanda di usucapione, ed alla riconvenzionale di rilascio dell’area medesima
con obbligo di demolizione delle opere su essa realizzate senza titolo.
Ritenendo comunque necessario esaminare la domanda di acquisto a titolo originario dell’area, riproposta dal Comune di Praia a Mare, per la sua potenziale incidenza sulla domanda di risarcimento danni accolta in primo grado, la Corte d’Appello, anzitutto escludeva la possibilità, in caso di illecito spossessamento, dell’acquisto dell’area oggetto di trasformazione irreversibile per la realizzazione di un’opera pubblica anche se preceduta da dichiarazione di pubblica utilità, da parte del Comune, per irreversibile trasformazione, richiamando l’orientamento espresso dalla sentenza n. 735/2015 delle sezioni unite della Corte di Cassazione.
Il giudice di secondo grado riteneva poi, che in astratto i terreni illegittimamente occupati dalla PA fossero usucapibili, e che l’area in questione, appartenesse, prima del trasferimento al Comune appellante del 20.9.2017, al patrimonio disponibile dello Stato, e non al demanio marittimo, richiamando le motivazioni addotte dal CTU incaricato nel giudizio di appello.
La Corte d’Appello riteneva, tuttavia, che il Comune di Praia a Mare avesse acquisito la detenzione dell’area controversa in virtù della dichiarazione di pubblica utilità del Prefetto di Cosenza, e che non avesse poi allegato e fornito prova dell’interversione di tale detenzione in possesso utile per usucapire, da intendere come manifestazione esteriore rivolta contro il possessore, dalla quale fosse desumibile la sua intenzione di esercitare il potere di fatto sull’area solo in nome proprio e non in nome altrui, richiamando l’orientamento espresso dalla sentenza n. 10289 del 27.4.2018 di questa Corte, e giudicando insufficiente il disinteresse mostrato dalle Amministrazioni convenute prima del giudizio, a superare la presunzione di volontà contraria all’impossessamento dell’area da parte di terzi.
Quanto al risarcimento danni, la Corte d’Appello rilevava che il Tribunale l’aveva correttamente collegato ad un illecito permanente, e limitato ai cinque anni della prescrizione dell’illecito aquiliano (Cass. sez. un. n. 735/2015), e che l’area prima del trasferimento era destinata a finalità pubblico-sociali e ad uso diretto o indiretto della collettività (vedi decreto di trasferimento n. 14032/2017), il che permetteva, in via presuntiva, di ritenere sussistente il danno conseguenza subito dallo Stato, per non avere potuto utilizzare diversamente l’area illegittimamente occupata dal Comune di Praia a Mare, ricavandone un reddito, trattandosi, peraltro, di un bene di rilevante valore economico, perché sito nei pressi di un’area oggetto di intensa urbanizzazione, con realizzazione di costruzioni di edilizia pubblica e privata di rilevante impatto, come emerso dalla CTU di primo e di secondo grado, posto che il Comune non aveva allegato alcun concreto elemento idoneo a superare la presunzione di redditività dell’area, limitandosi a fare riferimento ad un generico disinteresse delle Amministrazioni convenute.
Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte il Comune di Praia a Mare, affidandosi a due motivi, ed hanno resistito l’Agenzia del Demanio ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale il solo ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il Comune di Praia a Mare lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140 e ss., 2697, 1158 e ss. cod. civ., ed in relazione all’art. 360, comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame
e/o omessa motivazione di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa, dopo avere dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di acquisizione della proprietà dell’area per irreversibile trasformazione, e sulla riconvenzionale di rilascio delle Amministrazioni convenute per effetto del trasferimento della proprietà dell’area al Comune di Praia a Mare col decreto n.14032/2017 del 20.9.2017 dell’Agenzia del Demanio, nell’esaminare, per i potenziali effetti sulla condanna al risarcimento danni emessa in primo grado, la riproposta domanda qualificata dal Tribunale di Catanzaro come di usucapione, ha affermato che l’area oggetto di occupazione non rientrava nel demanio marittimo, bensì tra i beni del patrimonio disponibile dello Stato, ma ha escluso la sussistenza di un’adeguata prova dell’ animus possidendi in capo al ricorrente, per non avere allegato, né provato, come richiesto dall’art. 1141 comma 2° cod. civ., l’interversione della detenzione dell’area conseguita con la dichiarazione di pubblica utilità del Prefetto di Cosenza, in possesso esercitato in nome proprio e non più in nome altrui, escludendo, sotto questo profilo, che vi fosse stato un possesso uti dominus del Comune di Praia a Mare ultraventennale anteriore all’introduzione del giudizio, utile a fare maturare in suo favore l’usucapione, prima che la proprietà dell’area fosse trasferita al ricorrente col decreto ex art. 56 bis del DL n. 69/2013 del 20.9.2017 dell’Agenzia del Demanio.
Assume in contrario il ricorrente, che avrebbe posseduto in modo esclusivo, pacifico ed ininterrotto fin dal 1966 l’area, trasformandola irreversibilmente, realizzandovi, previa approvazione consiliare del progetto, la Scuola Media Statale ed altre infrastrutture di accesso alla stessa, e mantenendo allo scopo i contatti con tutte le autorità interessate alla costruzione della
scuola (Provveditorato Regionale delle Opere Pubbliche per la Calabria, Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione Edilizia Statale, Prefettura di Cosenza, Genio Civile di Cosenza, Intendenza di Finanza di Cosenza), come da documentazione acquisita, il tutto nella più totale inerzia delle Amministrazioni convenute, per cui non avrebbe esercitato sull’area la detenzione, ma ab origine il possesso.
Aggiunge poi il ricorrente, che l’impugnata sentenza non si sarebbe attenuta al principio per cui l’ animus possidendi necessario all’acquisto della proprietà per usucapione, non consiste nella convinzione di essere proprietario, ma nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facoltà, mentre la buona fede non é requisito utile all’usucapione (Cass. 6.5.2014 n.9671; Cass. 30.23.3022 n. 27847; Cass. 15.7.2002 n.10230).
Il motivo è infondato.
Anzitutto il ricorrente non coglie la ratio della decisione impugnata, che dopo aver opportunamente evidenziato che l’iniziale disponibilità dell’area in capo al Comune di Praia a Mare, da qualificare come detenzione, e non come possesso, é derivata dalla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera del Prefetto di Cosenza (vedi sulla qualificazione come detenzione dell’acquisizione della disponibilità di un bene immobile in virtù di una dichiarazione di pubblica utilità funzionale ad un’espropriazione poi non perfezionatasi o in virtù di un’occupazione d’urgenza, in motivazione Cass. sez. un. 12.1.2023 n. 651; nonché Cass. 27.4.2018 n. 10289; Cass. 12.10.2007 n. 21433; Cass. 12.5.2003 n.7271), si è pienamente conformata al principio già enunciato da questa Corte, a mente del quale, nei casi in cui il potere di fatto sulla cosa sia esercitato inizialmente dalla P.A. come detenzione in presenza di validi provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità, decreto di occupazione d’urgenza) – al fine di
conseguire l’accertamento dell’acquisto per usucapione del bene occupato, è necessario che la P.A. occupante alleghi e provi il previo mutamento della detenzione in possesso utile ad usucapionem , ex art. 1141, 2° comma cod. civ., cioè il compimento di idonee attività materiali di opposizione specificamente rivolte contro il proprietario-possessore, non essendo sufficienti né il prolungarsi della detenzione né il compimento di atti corrispondenti all’esercizio del possesso che di per sé denunciano unicamente un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene (così Cass. sez. 1^, ord. 12.12.2024 n. 32216, proprio tra le stesse parti ed in fattispecie analoga; Cass. 7.6.2022 n. 18361; Cass. ord. 27.4.2018 n. 10289).
Operato il corretto richiamo a tale principio, la Corte territoriale, con valutazione in fatto ad essa riservata, coerentemente motivata e non adeguatamente impugnata nella presente sede (Cass. 12.12.2024 n. 32216; Cass. 16.3.2016 n. 5211; Cass. 19.12.2011 n. 27521 del 19/12/2011), ha concluso nel senso dell’assenza di idonea prova -e, prima ancora, di idonea allegazione – in ordine alla sussistenza di condotte idonee a mutare l’originaria detenzione dell’odierna ricorrente in vero e proprio possesso.
Tali conclusioni – va aggiunto – non possono essere modificate in virtù delle allegazioni della ricorrente in ordine alla valenza che, ai fini dell’accertamento di una situazione pienamente possessoria, sarebbe stata rivestita dalla modifica dei luoghi mediante la realizzazione della Scuola Media Statale e delle infrastrutture di accesso alla stessa, dall’approvazione del progetto dell’opera da parte del Consiglio Comunale e dal mantenimento dei rapporti con le altre autorità coinvolte nella costruzione della scuola.
Infatti, se è vero che, ai fini della valutazione della sussistenza del mutamento di detenzione in possesso, è possibile valorizzare anche il compimento di attività materiali, qualora esse abbiano manifestato in modo inequivocabile e riconoscibile dall’avente
diritto l’esercizio di un potere sulla cosa esclusivamente nomine proprio (Cass. ord. 12.12.2024 n. 32216; Cass. ord. 26.8.2021 n.23458), è anche vero che nella specie, essendo l’occupazione iniziata a titolo di mera detenzione ed in virtù di un provvedimento amministrativo col quale il dominus titolare del suolo – lo Stato veniva anche ad autorizzare la realizzazione della Scuola Media Statale, è inevitabile concludere che anche detta realizzazione non poteva essere intesa come atto idoneo ad esprimere un animus possidendi contrapposto al proprietario, e quindi a mutare la detenzione in possesso.
Del tutto inconferente é poi il richiamo del ricorrente alla giurisprudenza di questa Corte, che considera necessaria, per la sussistenza dell’ animus possidendi ai fini dell’usucapione, l’intenzione di comportarsi come proprietario, e non la convinzione di essere proprietario, posto che l’infondatezza della domanda di usucapione non é stata basata sul fatto che il giudice di secondo grado abbia ritenuto il Comune di Praia a Mare privo della convinzione di essere proprietario dell’area oggetto di causa, ma sul fatto che quale detentore di tale area, non abbia allegato e provato l’interversione di tale detenzione in possesso, come richiesto dall’art. 1141 comma 2° cod. civ..
Quanto, infine, alla deduzione dell’ipotesi di cui all’art. 360, comma primo n. 5) c.p.c. – pure formulata nella rubrica del motivo ma sostanzialmente non argomentata nel suo sviluppo argomentativo è sufficiente evidenziare che -anche a non voler ritenere sussistente la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., in virtù del diverso esito formale delle decisioni di primo e di secondo grado – il motivo non viene in concreto a dedurre l’omesso esame di un fatto storico principale, o secondario oggetto di discussione delle parti e decisivo, ma solo l’inadeguata valutazione delle risultanze istruttorie, sollecitando un inammissibile sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove operata dal giudice di merito, fermo il
principio per cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. ord. 12.12.2024 n.32216; Cass. ord. 29.10.2018 n. 27415).
2) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2043, 2056 e 2697 cod. civ., ed in relazione all’art. 360, comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame e/o omessa motivazione di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti, individuato nella mancata prova del danno.
Il Comune di Praia a Mare impugna ulteriormente la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro, deducendo che la stessa avrebbe erroneamente ritenuto sussistente un danno da occupazione dell’area oggetto di causa, per non avere le Amministrazioni originariamente convenute potuto locare a terzi, o utilizzare tale area, quantificato in € 205.092,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, pur non avendo gli odierni controricorrenti provato la sussistenza di un qualsivoglia pregiudizio, ed in particolare di non aver potuto locare o diversamente utilizzare il bene, mostrandosi piuttosto del tutto disinteressati all’area in questione. Ulteriormente deduce il ricorrente, che nella specie il danno non poteva essere considerato in re ipsa, trattandosi comunque di un danno conseguenza, eventualmente dimostrabile anche per presunzioni.
Il motivo è infondato.
Anche in questo caso la censura non intercetta correttamente la ratio posta a base della decisione impugnata, la quale, invece, ha statuito in modo conforme ai principi enunciati dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 15.11.2022 n.33645).
La Corte territoriale, infatti, diversamente da quanto dedotto dal Comune ricorrente, non ha riconosciuto un danno in re ipsa, bensì, una volta accertato l’evento dannoso costituito dall’occupazione illegittima dell’area, è poi giunta a presumere – sulla scorta di un argomentato ragionamento -la sussistenza di un danno conseguenza, tenendo conto della collocazione dell’area in una zona ad alta urbanizzazione con costruzioni di edilizia pubblica e privata di rilevante impatto, risultanti da entrambe le consulenze tecniche espletate in primo e secondo grado, della natura dell’area -ritenuta ” bene di intrinseco e rilevante valore economico, strutturalmente destinato a garantire una significativa redditività connessa al suo uso o alla eventuale sua, probabilmente assai lucrosa, vendita ” – e della sua originaria destinazione a finalità pubblico-sociali e ad uso, diretto o indiretto, della collettività, risultante dal decreto di trasferimento dell’Agenzia Demaniale n.14032/2017. Ulteriormente l’impugnata sentenza, con valutazione in fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto neutro l’elemento, genericamente allegato dal ricorrente, del disinteresse delle Amministrazioni convenute, non ricondotto a precise scelte dello Stato, ed ha aggiunto che il Comune di Praia a Mare non ha allegato alcun concreto elemento idoneo a superare la presunzione di normale redditività dell’area in questione secondo le sue caratteristiche e la sua ubicazione.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del Comune ricorrente alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002 n.115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23.1.2025