Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7083 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7083 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 37886/2019 proposto da:
COGNOME NOME, quale erede di NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze 2397/2019 depositata il 08/10/2019.
PROPRIETÀ USUCAPIONE
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 13 marzo 2024.
Rilevato che:
con atto di citazione notificato il 20/04/2012, NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Grosseto, il Comune di Castiglione della Pescaia (in seguito, ‘Comune’) ; sull’assunto di essere proprietario di terreni siti nel Comune, in località La Valle, censiti come in atti, della superficie di 8.109 mq, abusivamente occupati fin dagli anni ’60 dal Comune che, senza procedere all’e sproprio né concludere una compravendita, vi aveva realizzato un mattatoio con annesso magazzino, chiese la condanna dell’ente territoriale al rilascio dei beni ovvero, in alternativa, alla corresponsione di un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, determinata a norma dell’art. 42bis , d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (t.u. espropri).
Costituendosi in giudizio, il Comune contestò la domanda e svolse domanda riconvenzione di usucapione del terreno;
il Tribunale di Grosseto, istruita la causa con una c.t.u. volta a determinare il valore del terreno e l’indennità di occupazione, e con l’escussione di testimoni, con sentenza n. 39/2018, accolse la domanda dell’attore e respinse la riconvenzione del Comune;
proposta impugnazione dal soccombente, la Corte di Firenze, nella resistenza di NOME COGNOME, erede dell’attore, ha accolto l’appello : per l’effetto, ha respinto la domanda di parte attrice e , in accoglimento della riconvenzionale dell’appellante, ha dichiarato l’acquisto per usucapione degli immobili contesi in favore del Comune di Castiglione della Pescaia;
questo, in sintesi, il percorso argomentativo della sentenza d’appello :
(i) sussistono i presupposti dell’usucapione (art. 1158, cod. civ.): il possesso non contestato dei beni per oltre venti anni, a decorrere quanto meno dall’inizio dei lavori nell’area ( novembre 1964), volti alla realizzazione dell’opera pubblica . Possesso acquisito pacificamente, senza violenza e con il consenso del proprietario. Per contro, il proprietario, per oltre quaranta anni, non ha vantato il diritto di proprietà e, solo con la lettera del 31/08/2011, a distanza di 47 anni dall’inizio dell’altrui possesso, ha chiesto il rilascio de l terreno;
l’ animus possidendi : anche a volere ritenere nullo, per difetto di forma, il contratto stipulato dalle parti nel maggio del 1964 mediante lo scambio di proposta e accettazione, la circostanza che vi sia stato comunque un accordo sulla conclusione della vendita al prezzo pattuito di lire 300 a mq, in linea con la giurisprudenza di legittimità, è elemento idoneo al fine di ritenere sorretto da ll’ animus rem sibi habendi il rapporto di fatto dell’ accipiens con la res .
Manca invece la prova che l’attore, prima di introdurre la presente causa (iniziata nel 2012), abbia interrotto il decorrere del tempo utile all’usucapione. Inoltre, nella specie non viene in rilievo il profilo , valorizzato dall’appellata, della mancanza di prova della interversio possessionis: infatti, il Comune ha sempre goduto del bene uti dominus e non come detentore;
(ii) è privo di pregio il rilievo del Tribunale di Grossetto secondo cui non sarebbe stato possibile calcolare il termine utile all’usucapione, anteriormente a ll’entrata in vigore del l’istituto della cd. occupazione acquisitiva (art. 42bis , d.P.R. n. 137 del 2001), in quanto, prima di allora, il proprietario, che (come nella specie) subiva l’occupazione di fatto da parte della P.A., non poteva esercitare il proprio diritto dominicale.
E questo perché la questione cruciale circa la possibilità o meno di applicare, nel caso in esame, l’istituto della cd. occupazione sanante,
trova una risposta senz’altro negativa in mancanza del necessario presupposto dell’avvio , da parte della RAGIONE_SOCIALE, di una procedura espropriativa poi risultata illegittima.
Nel caso di specie il Comune non ha esercitato un potere autoritativo né promosso l’espropriazione, ma , agendo iure privatorum , ha coltivato una ‘ trattativa privatistica ‘ con la proprietà che si è conclusa con lo scambio di proposta e accettazione scritte, nel maggio 1964, il che ha reso superfluo il ricorso ai poteri espropriativi;
(iii) è irrilevante, quindi, l’argomento dell’appellata in ordine alla decorrenza del tempo necessario ai fini dell’usucapione a fare data dall’entrata in vigore del t.u. espropri (ossia dal 30/06/2003), giacché solo con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 42 -bis del medesimo decreto, che riguarda l’illegittimo ese rcizio ablativo da parte della P.A., tale data assume la valenza di dies a quo del termine utile ad usucapionem;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi.
Il Comune di Castiglione della Pescaia ha resistito con controricorso;
questa Corte ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., che è stata ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, la ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ., le parti hanno depositato memorie;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001, nonché dell’art. 1, del protocollo addizionale della convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 10, Cost., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ – censura la sentenza impugnata che, trascurando la normativa europea e la giurisprudenza della Corte EDU e della Cassazione, non ha considerato che l’apprensione da parte della P.A. di beni di proprietà privata in assenza di un titolo comporta un’occupazione abusiva degli stessi beni, costituente illecito permanente, sanabile sempre con atto positivo, costituito da una transazione o da una compravendita con il privato ovvero con il ricorso all’istituto dell’ordinanza di acquisizione sanante ex art. 42bis, d.PR. n. 327 del 2001;
2. il secondo motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001, nonché dell’art. 2935 c.c. , in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ – censura la sentenza impugnata che ha affermato che l’attività iure privatorum della RAGIONE_SOCIALE non darebbe origine ad un illecito permanente, donde la ravvisata inapplicabilità della sospensione ex art. 2935, cod. civ., del termine utile ad usucapionem fino all’entrata in vigore de lla menzionata normativa in tema di espropriazione per pubblica utilità, in palese contrasto con la giurisprudenza secondo cui il termine inziale del possesso utile all’usucapione non può che coincidere con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 327/2001 (ossia il 30/06/2003), il cui art. 43 ha espunto dall’ordinamento la cd. occupazione acquisitiva.
Con la conseguenza che, nella specie, comunque, al momento dell’inizio del presente giudizio (atto di citazione notificato il 26/04/2012) il termine per usucapire non era ancora trascorso;
2.1. il primo e il secondo motivo, suscettibili di esame congiunto perché ruotano interno al medesimo asse concettuale, sono infondati;
2.2. va data continuità all’indirizzo nomofi lattico (Sez. 2 -Ordinanza n. 18445 del 28/06/2023, Rv. 667972 -01, in connessione con Sez. 1 – Sentenza n. 11147 del 04/07/2012, Rv. 623086 -01) secondo cui «L ‘ occupazione usurpativa di un fondo da parte della PRAGIONE_SOCIALE. è compatibile con l ‘ usucapione del fondo medesimo da parte dell ‘ ente occupante, in quanto la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo, che connota detta occupazione, lascia intatta la facoltà del proprietario di rivendicare il bene, col limite di diritto comune dell ‘ intervenuta usucapione; non rileva, in senso contrario, la facoltà di acquisizione sanante ex art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, essendo l ‘ acquisto postumo del diritto di proprietà logicamente incompatibile con l ‘ intervenuto acquisto retroattivo del medesimo diritto a titolo di usucapione».
Si è anche chiarito (Sez. 1 – Sentenza n. 12961 del 24/05/2018, Rv. 648566 -01, ) che, per quanto qui rileva, in caso di cd. occupazione usurpativa (nella quale, diversamente dall’ipotesi dell ‘ occupazione acquisitiva od accessione invertita, manca la dichiarazione di pubblica utilità), resta esclusa l ‘ acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, e va riconosciuto al proprietario – rimasto tale nonostante la manipolazione, illecita, del bene da parte dell ‘ amministrazione – la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell ‘ ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell ‘ immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell ‘ art. 2043, cod. civ., e, trattandosi di un ‘ ipotesi d ‘ illecito permanente, lo stesso viene a cessare, solo, per effetto della restituzione, di un accordo transattivo, (o, come è avvenuto nella specie) della compiuta usucapione da parte dell ‘ occupante che lo ha trasformato, ovvero della rinunzia del proprietario al suo diritto;
2.3. tornando all’esame dei motivi, il giudice d’appello , attenendosi a questo principio di diritto, ha individuato il nodo cruciale della controversia (cfr. pagg. 6 e 7 della sentenza) nella possibilità o meno di applicare alla vicenda sostanziale in esame la c.d. acquisizione sanante; dopodiché, contraddicendo l’antitetica affermazione del Tribunale di Grosseto, la Corte di Firenze ha negato la sussistenza dei presupposti dell’occupazione sanante, in mancanza dell’avvio di una procedura espropriativa.
Ad avviso della Corte d’appello, il Comune non ha mai esercitato un potere autoritativo né i poteri espropriativi disciplinati dal d.P.R. n. 327 del 2001 , ma ha agito iure privatorum e, nella prima metà degli anni ’60 , ha coltivato una trattativa privatistica con la proprietà documentata da un ampio carteggio finalizzato alla cessione del terreno -che si è conclusa, nel maggio del 1964, con lo scambio della proposta e dell’accettazione , che non ha reso necessario l’esercizio, da parte del Comune, di poteri espropriativi.
È appena il caso di notare che il dictum della Corte di Firenze, che involge aspetti giuridici e fattuali incompatibili con la diversa prospettazione della parte – la quale, giova ripeterlo, richiama la figura dell’occupazione acquisitiva, che il giudice fiorentino invece ha escluso – ha una diretta ricaduta sulla decorrenza del termine per usucapire nonché su quello ( ex art. 2935, cod. civ.), correlato al primo, a partire dal quale il proprietario dei terreni poteva agire per fare valere i propri diritti;
3. il terzo motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001, nonché degli artt. 1141, 1326, 1351 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ – censura la sentenza impugnata che ha ritenuto che il Comune avrebbe cominciato ad esercitare sui terreni un possesso utile all’usucapione a partire dal 1964, a seguito del carteggio con il proprietario, senza considerare che non può
essere posto a fondamento del possesso uno scambio epistolare contenente condizioni negoziali appena abbozzate, che è inidoneo a far nascere un accordo ex art. 1351, cod. civ., nonché ai sensi del r.d. n. 2440 del 1923, il quale richiede che i contratti con la RAGIONE_SOCIALE. rivestano la forma scritta ad substantiam e che siano consacrati in un unico documento;
il quarto motivo -‘Omesso esame dell’offerta di acquisto del terreno occupato dall’opera pubblica da parte del Comune di Castiglione della Pescaia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.’ -censura la sentenza impugnata per avere omesso di valutare la circostanza (comprovata dalle prove per testi) secondo cui il Comune ha continuato a riconoscere l ‘altrui proprietà dei terreni appresi e trasformati per tutta la durata della loro occupazione, fino a poco prima dell’inizio della causa, il che esclude in radice l’ animus rem sibi habendi che deve sorreggere l’acquisto della proprietà per usucapione;
4.1. il terzo e il quarto motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono inammissibili;
4.2. i due rilievi critici tendono a sollecitare da parte di questa Corte una rivalutazione di merito degli esiti probatori cui è pervenuto il giudice d’appello, il che, tuttavia, è inammissibile in sede di legittimità.
La giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 18445/2023, cit., che, in motivazione, menziona Cass. n. 4035/2007, Cass. n. 11410/2010 e Cass. n. 356/2017) è, infatti, univoca nell’affermare che, in tema di possesso ‘ ad usucapionem ‘ , non è censurabile in sede di legittimità – ove congruamente motivato ed immune da vizi giuridici (come verificatosi nella specie) -l ‘ apprezzamento del giudice del merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli
estremi del possesso idoneo ad usucapire (cfr. anche Sez. 2, Sentenza n. 26633 del 18/10/2019 – Rv. 655654 -01, secondo cui «L’ accertamento relativo alla qualificazione del possesso ed alla determinazione del decorso del tempo utile al verificarsi dell’usucapione è devoluto al giudice del merito ed il relativo apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici»).
La Corte di Firenze, senza incorrere in vizi logici, ha spiegato con chiarezza le ragioni per le quali ha ravvisato la sussistenza degli elementi essenziali (possesso per venti anni ed animus possidendi ) dell’acquisto della proprietà del terreno per usucapione;
in conclusione, il ricorso è rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, tenuto conto che il valore della lite è pari a € 486.540,00 (pari all’indennizzo chiesto dall’attrice) ;
7. poiché il ricorso è deciso in conformità della proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis , cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023, Rv. 668909 -01; Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023, Rv. 668850 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 27947 del 04/10/2023, Rv. 669107 -01);
8 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 12.000,00, più € 200,00, per esborsi, oltre al 15 per cento per il rimborso delle spese generali, e agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 12.000,00, in favore del controricorrente e di una ulteriore somma di € 3.000,00, in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2024.