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Usucapione: la lunga durata esclude la tolleranza

La Corte di Cassazione conferma la decisione della Corte d’Appello che aveva riconosciuto l’acquisto di un terreno per usucapione. La Corte ha stabilito che un rapporto con il bene protratto per quasi trent’anni, unito ad atti di dominio come la locazione a terzi, è incompatibile con una situazione di mera tolleranza da parte del proprietario originario, consolidando così il possesso utile ai fini dell’usucapione.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Usucapione e Tolleranza: Quando il Tempo Trasforma la Detenzione in Possesso

L’usucapione rappresenta uno dei modi più antichi di acquisto della proprietà, basato sul possesso prolungato di un bene. Tuttavia, la linea di confine tra un possesso valido per usucapire e una mera detenzione basata sulla tolleranza del proprietario è spesso sottile e fonte di complesse controversie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo punto, stabilendo che una relazione di fatto con un immobile, protratta per decenni, è di per sé un elemento che tende a escludere la semplice tolleranza.

I Fatti di Causa: Una Controversia Trentennale su un Terreno

La vicenda ha origine da un’azione legale avviata nel 2012, con cui una signora rivendicava la proprietà di una porzione di terreno, chiedendo in subordine che ne venisse accertato l’acquisto per usucapione. Il convenuto si opponeva, chiamando in causa i suoi danti causa per essere manlevato in caso di soccombenza.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda. La Corte di Appello, invece, ribaltava la decisione, accogliendo la domanda subordinata di usucapione. Secondo i giudici di secondo grado, era stata fornita la prova di un possesso continuo e ininterrotto, iniziato dal padre dell’attrice nel 1982 e proseguito da lei, per un periodo complessivo di quasi trent’anni. Contro questa sentenza, il convenuto soccombente proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo principalmente che l’utilizzo del fondo fosse avvenuto per mera tolleranza degli aventi diritto e non costituisse quindi un possesso valido ai fini dell’usucapione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Usucapione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso principale, confermando la sentenza della Corte di Appello. I giudici hanno ritenuto infondate le censure del ricorrente, che miravano a una rivalutazione del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità. La Corte ha invece validato il percorso logico-giuridico seguito dai giudici d’appello, i quali avevano correttamente escluso la configurabilità della tolleranza.

Le Motivazioni: Perché la Lunga Durata Esclude la Tolleranza?

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del concetto di tolleranza in relazione alla durata del possesso. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: sebbene la tolleranza possa giustificare l’uso di un bene altrui, essa è difficilmente compatibile con una relazione che si protrae per un tempo eccezionalmente lungo.

Nello specifico, la Corte ha evidenziato due elementi fattuali decisivi:

1. La durata della relazione: Il rapporto con il terreno, iniziato nel 1982 e proseguito fino al 2011, è stato considerato di per sé un fattore che indebolisce fortemente l’ipotesi della tolleranza. Secondo la giurisprudenza, la tolleranza si configura più plausibilmente in contesti di relazioni personali strette (come quelle familiari) e per periodi limitati.
2. Gli atti di dominio: Il possessore non si era limitato a coltivare il fondo. Un atto cruciale è stato quello di averlo locato a terzi nel 2004. Questi ultimi avevano addirittura “trasformato radicalmente il tipo di coltivazione del terreno da mais a vivaio di piante ornamentali”. Questo comportamento è un chiaro esercizio di poteri tipici del proprietario e manifesta in modo inequivocabile l’ animus possidendi, ovvero l’intenzione di possedere il bene come proprio.

Inoltre, la Corte ha respinto l’argomentazione secondo cui i periodi di mancata coltivazione avrebbero interrotto il possesso, accogliendo la tesi della Corte d’Appello che li aveva giustificati come “riposo ciclico di cui i terreni hanno bisogno”, una pratica agricola normale che non inficia la continuità del possesso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui, nelle controversie sull’usucapione, la durata del rapporto con il bene è un indicatore fondamentale. Un utilizzo prolungato per decenni, specialmente se accompagnato da atti di gestione economica come l’affitto a terzi, rende estremamente difficile per il proprietario formale sostenere che tale utilizzo fosse basato sulla sua mera e passiva tolleranza. La decisione sottolinea che il possesso si manifesta attraverso un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà, e quando tale attività è evidente, continuata e pubblica, il trascorrere del tempo può consolidare il diritto a favore di chi ha effettivamente curato e utilizzato il bene.

Un lungo periodo di utilizzo di un terreno altrui è sufficiente per l’usucapione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che una relazione con il bene protratta per un lungo periodo (nel caso di specie, quasi trent’anni) è un elemento fondamentale che rende incompatibile la situazione con la mera tolleranza del proprietario, rafforzando così il possesso necessario per l’usucapione.

Se permetto a qualcuno di usare il mio terreno per molto tempo, posso sempre rivendicare che si trattava di tolleranza?
Diventa molto difficile. La Corte chiarisce che la tolleranza è difficilmente configurabile in una relazione di lunga durata, a meno che non sussistano particolari legami (es. familiari) che la rendano plausibile. Atti di dominio da parte di chi utilizza il bene, come concederlo in affitto a terzi, escludono quasi certamente la possibilità di invocare la tolleranza.

La coltivazione non continuativa di un fondo impedisce l’usucapione?
No, non necessariamente. La Corte ha ritenuto che la sospensione della coltivazione per alcuni periodi non interrompe la continuità del possesso, se può essere giustificata da normali pratiche agricole come il “riposo ciclico” del terreno, necessario per migliorare la produttività. Ciò che conta è la possibilità per il possessore di tornare a esercitare il suo potere di fatto sul fondo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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