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Usucapione: la detenzione esclude il possesso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8161/2024, ha respinto il ricorso di due privati che chiedevano di essere riconosciuti proprietari per usucapione di un immobile costruito su suolo comunale. La Suprema Corte ha stabilito che, avendo uno dei ricorrenti riconosciuto la proprietà del Comune dichiarandosi affittuario in diverse comunicazioni, la loro posizione era di mera detenzione e non di possesso utile ai fini dell’usucapione. Di conseguenza, è stata confermata la decisione dei giudici di merito che negava l’acquisto della proprietà e ordinava la restituzione dei contributi pubblici percepiti per la ricostruzione dell’immobile.

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Usucapione: non basta costruire e abitare, serve l’animo da proprietario

L’usucapione è un concetto affascinante del nostro ordinamento: permette di diventare proprietari di un bene semplicemente possedendolo per un lungo periodo. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che non basta la mera disponibilità materiale del bene. È necessario il cosiddetto animus possidendi, ovvero l’intenzione di comportarsi come veri e propri proprietari. Se si riconosce il diritto altrui, ad esempio dichiarandosi affittuari, l’usucapione è preclusa. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti di Causa: una costruzione su suolo comunale

La vicenda ha origine da un’azione legale intentata da un Comune contro due cittadini, padre e figlio. L’ente pubblico chiedeva di dichiarare inefficace un atto con cui il padre aveva donato al figlio un immobile, sostenendo che tale edificio fosse stato costruito su un terreno di proprietà comunale.

I due privati si difendevano e, tramite una domanda riconvenzionale, chiedevano al Tribunale di essere dichiarati proprietari dell’immobile per intervenuta usucapione. La loro storia era complessa: a seguito del sisma del 1980, la loro abitazione era crollata e avevano ottenuto dal Comune la concessione di un’area su cui ricostruire, ricevendo anche contributi pubblici per i lavori.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al Comune, respingendo la richiesta di usucapione. La ragione principale? Dalla documentazione emergeva che i privati, in diverse comunicazioni inviate al Comune, si erano qualificati come “affittuari” del terreno, riconoscendo così la proprietà dell’ente e ponendosi in una posizione di semplice detenzione, incompatibile con il possesso richiesto per usucapire.

La Decisione della Corte: la detenzione è un ostacolo insormontabile per l’usucapione

La questione è giunta fino alla Corte di Cassazione, che ha confermato le sentenze precedenti e respinto il ricorso dei privati. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: chi ha la disponibilità materiale di un bene ma riconosce l’altrui diritto di proprietà su di esso è un mero detentore, non un possessore uti dominus (cioè “come proprietario”).

Le missive in cui uno dei ricorrenti si dichiarava affittuario sono state considerate una prova decisiva. Tale dichiarazione ha interrotto ogni possibile decorso del tempo utile per l’usucapione, poiché manifestava la consapevolezza di non essere il proprietario del suolo. Né l’atto di donazione del 2009 poteva sanare la situazione, essendo troppo recente per far maturare i termini di legge.

Le Motivazioni della Sentenza

L’ordinanza si fonda su tre pilastri argomentativi principali che hanno portato al rigetto del ricorso.

Detenzione vs. Possesso: un confine invalicabile

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra possesso e detenzione. La Corte ha chiarito che il riconoscimento del diritto altrui, manifestato esplicitamente qualificandosi come affittuari, configura una situazione di detenzione. Per trasformare la detenzione in possesso utile per l’usucapione, sarebbe stato necessario un atto di “interversione del possesso”, ovvero un’azione inequivocabile con cui il detentore manifesta l’intenzione di iniziare a possedere per sé, cosa mai avvenuta nel caso di specie.

La Giurisdizione sulla Restituzione dei Contributi Pubblici

I ricorrenti avevano anche contestato la competenza del giudice ordinario a decidere sulla restituzione dei contributi pubblici ricevuti per la ricostruzione, sostenendo che spettasse al giudice amministrativo. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, affermando che le controversie relative all’erogazione o alla restituzione di tali contributi (previsti dalla L. 219/1981 per i danni del terremoto) riguardano diritti soggettivi e non interessi legittimi. Pertanto, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.

L’inammissibilità della domanda di accessione invertita

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il tentativo dei ricorrenti di far valere l’istituto dell’accessione invertita. Questo meccanismo consente, in casi eccezionali, a chi costruisce in buona fede su un fondo altrui di diventarne proprietario. Tuttavia, i giudici hanno evidenziato la totale assenza di buona fede: i ricorrenti erano pienamente consapevoli di edificare su un terreno di proprietà comunale, come dimostrato dall’atto di donazione, dalla richiesta di sanatoria e dalle lettere inviate all’ente.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Corte di Cassazione offre un importante promemoria sui requisiti dell’usucapione. Non è sufficiente occupare un immobile per anni, ma è indispensabile farlo con l’atteggiamento e l’intenzione di un proprietario, senza mai riconoscere i diritti altrui. Qualsiasi atto o dichiarazione che riveli la consapevolezza della proprietà altrui trasforma il rapporto con il bene in mera detenzione, interrompendo il decorso del tempo e impedendo l’acquisto della proprietà a titolo originario.

È possibile ottenere l’usucapione di un bene se ci si è dichiarati affittuari?
No. Secondo la Corte di Cassazione, qualificarsi come affittuario in comunicazioni con il proprietario costituisce un esplicito riconoscimento del diritto altrui. Questo configura una situazione di mera detenzione e non di possesso utile ai fini dell’usucapione, poiché manca l’intenzione di comportarsi come proprietario (animus possidendi).

A quale giudice spetta decidere sulla restituzione di contributi pubblici per la ricostruzione post-terremoto?
La decisione spetta al giudice ordinario. La Corte ha stabilito che le controversie relative all’erogazione e alla restituzione dei contributi previsti dalla legge per la ricostruzione a seguito di eventi sismici riguardano diritti soggettivi dei cittadini e, di conseguenza, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario e non di quello amministrativo.

Costruire su un terreno altrui in malafede permette di invocare l’accessione invertita?
No. L’istituto dell’accessione invertita richiede, tra i suoi presupposti fondamentali, la buona fede del costruttore. Nel caso esaminato, la Corte ha escluso tale possibilità perché i ricorrenti erano pienamente consapevoli di edificare su un suolo di proprietà comunale, dimostrando quindi una totale assenza di buona fede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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