Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8161 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8161 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18654/2020 R.G. proposto da
NOME E NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO,
con domicilio eletto in Roma, alla Via
INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO
.
-RICORRENTE –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Benevento, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE- avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 6326/2019, pubblicata in data 31.12.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE Montecalvo Irpino ha convenuto in giudizio COGNOME NOME e NOME dinanzi al Tribunale di Ariano Irpino, chiedendo di dichiarare l’inefficacia dell’atto di donazione per notar Romei del 20.07.2009 . n.38709, con cui NOME COGNOME aveva donato al NOME NOME l’immobile in Montecalvo
Oggetto:
usucapione
I convenuti hanno resistito, instando in via riconvenzionale per la declaratoria di usucapione dell’immobile.
All’ esito il Tribunale ha accolto le domande del RAGIONE_SOCIALE, respingendo la riconvenzionale.
Su appello dei COGNOME, la Corte distrettuale di Napoli ha confermato la decisione.
La sentenza ha affermato che gli appellanti avevano riconosciuto la proprietà del bene in capo al RAGIONE_SOCIALE, avendo dichiarato che l’immobile ricadeva nel patrimonio disponibile dell’ente e che a seguito del sisma del 1980, che aveva provocato il crollo della loro abitazione dei convenuti, avevano ottenuto dall’amministrazione la concessione del bene in fitto, con conseguente attenuazione del l’onere probatorio della proprietà gravante sull’ente comunale.
Ha ritenuto infondata la domanda di usucapione, rilevando che, dall’ampio carteggio acquisito al processo, emergeva che i COGNOME si erano dichiarati affittuari, riconoscendo una situazione di detenzione incompatibile con l’ esercizio del possesso uti dominus, evidenziando che l’ultima missiva risaliva al 1999, da cui non era decorso il termine necessario per l’usucapione , reputando, infine, irrilevante l’assoluzione dei convenuti in sede penale per il reato di false attestazioni circa la titolarità dei beni per intervenuta usucapione, non contenendo la pronuncia alcun accertamento sulla titolarità del bene.
Ha concluso che la donazione eseguita da NOME COGNOME in favore del NOME NOME era inefficace e che i convenuti avevano
indebitamente percepito il contributo per la ricostruzione del fabbricato, escludendo anche l’acquisto del suolo per accessione invertita mancando la buona fede dei convenuti.
Ha infine respinto l’eccezione di prescrizione del diritto alla restituzione delle somme incamerate dai convenuti, affermando che il dies a quo coincideva con il momento di incasso delle somme e non con la data del rilascio del parere favorevole alla concessione del buono contributo da parte della commissione comunale competente.
Per la cassazione della sentenza NOME e NOME COGNOME propongono ricorso in tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE di Montecalvo Irpino resiste con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., lamentando che la Corte d’appello abbia posto a carico dei convenuti l’onere della prova della proprietà della part. 189 , assumendo che gli attuali ricorrenti avevano, inoltre, provato di avere usucapito l’intero immobile, avendovi realizzato una costruzione mediante l’impiego del buono contributo dopo aver ottenuto la concessione edilizia in sanatoria, dando infine prova che detta costruzione insisteva sulle sole part. 439 e 454.
La Corte avrebbe omesso di considerare che NOME COGNOME non aveva mai inviato alcuna missiva al RAGIONE_SOCIALE e non aveva mai ammesso di aver semplicemente detenuto l’immobile, avendone acquisito il possesso in virtù del rogito di donazione.
Il motivo è infondato.
La Corte di merito ha dato atto che la domanda di rivendica aveva ad oggetto le particelle nn. 439 e 514, nate dal frazionamento del mappale n. 187, porzioni di cui ha disposto la restituzione, senza adottare alcuna statuizione riguardo alla part. 189.
Interpretando le risultanze processuali, il giudice di merito ha posto in rilievo che l’intero fabbricato era stato realizzato sul suolo comunale, contrapponendo alle deduzioni difensive dei ricorrenti correnti un diverso accertamento fattuale, incensurabile in cassazione , basato sul contenuto dell’atto di donazione e sulla porzioni diverse da quelle rivendicate e che, pertanto,
anche il buono contributo era stato percepito illegittimamente.
La sentenza ha, inoltre, evidenziato che i COGNOME, a sostegno alla domanda di usucapione, avevano affermato che il bene ricadeva nel patrimonio disponibile del comune; inoltre, NOME COGNOME, in varie missive si era qualificato affittuario e perciò detentore, riconoscendo che il suolo apparteneva all’Amministrazione comunale, con conseguente attenuazione dell’onere probatorio della proprietà (Cass. 28865/2021; Cass. 15539/2015).
Il fatto che NOME COGNOME non si fosse mai dichiarato detentore non poteva far sì che fosse considerato possessore, poiché, essendo NOME COGNOME affittuario del suolo, non era configurabile un possesso pieno in capo ai familiari e, inoltre, non poteva ritenersi in alcun caso perfezionata l’usucapione abbreviata, poiché, in disparte ogni altra questione, la donazione era stata perfezionata nel 2009, per cui alla data della domanda (2010) non era decorso il termine decennale di legge.
Appare – infine inconferente il richiamo all’art. 2697 c.c. poiché la pronuncia non si fonda sul criterio formale di riparto dell’onere della prova, ma sulla congiunta valutazione di tutti gli elementi acquisiti in istruttoria. L’art. 2697 c.c. è invece invocabile solo ove il giudice abbia posto detto onere a carico di una parte che non ne era gravata in base alla scissione della fattispecie tra fatti costitutivi e mere eccezioni (Cass. 13395/2018; Cass. 26769/2018) non quando, sulla base del materiale istruttorio, abbia ritenuto
indimostrato il diritto in contestazione nell’esercizio del potere di prudente apprezzamento delle risultanze processuali (Cass. 18092/2020; Cass. 13395/2018; Cass. 15107/2013).
Quanto poi all’insussistenza dei presupposti per l’usucapione del suolo, il relativo accertamento si fonda sulla qualità di mero detentore dichiarata dallo stesso NOME COGNOME, che non aveva esercitato un possesso pieno, non essendo dedotto il compimento di atti di interversione; come ha sottolineato la pronuncia, dalla data dell’ultima missiva con cui il convenuto si era dichiarato affittuario non era decorso il termine di venti anni per la maturazione dell’acquisto a titolo originario.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 37 L. 219/1981, sostenendo che la domanda di restituzione del contributo ex L. 219/1981 apparteneva alla giurisdizione del giudice amministrativo e che pertanto, nessun rimborso poteva essere disposto dalla Corte di merito.
Il motivo è infondato.
Deve premettersi che la questione di giurisdizione può essere decisa dalla presente Sezione semplice, poiché su di essa si sono già pronunciate le Sezioni unite (art. 374, comma primo, c.p.c.).
Con riguardo ai contributi contemplati dalla legge 14 maggio 1981 n. 219 e successive modificazioni, per la ricostruzione o riparazione di immobili colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, l’attività dell’amministrazione, ai fini del riconoscimento e della quantificazione dei contributi, è rigorosamente vincolata ai criteri predisposti dalla legge a tutela delle posizioni dei singoli danneggiati, le quali, pertanto, hanno consistenza di diritti soggettivi, e come tali sono tutelabili davanti al giudice ordinario, non avendo rilievo la circostanza che la prevista commissione comunale debba esprimere parere anche in merito alla compatibilità urbanistica delle opere di ricostruzione o riparazione, trattandosi di un’attività amministrativa diversa,
diretta alla salvaguardia degli interessi pubblici inerenti all’assetto urbanistico del territorio (Cass. s.u. 1082/1991; Cass. 4188/1996; Cass. s.u. 182/2001; Cass. 2369/2002; Cass. 6405/2004; Cass. 21000/2005).
Di conseguenza, sia la domanda di erogazione, proposta dal privato in possesso dei relativi requisiti di legge, sia la domanda di restituzione per carenza originaria o sopravvenuta dei presupposti per l’erogazione, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c., lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto tardiva la domanda di accessione invertita, sebbene fondata sulle stesse allegazioni dedotte tempestivamente e comunque formulata allo scopo di ottenere il rigetto delle domande del RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile, poiché, oltre ad un sintetico rilievo di tardività della domanda, non integrante un’autonoma ratio decidendi, la Corte di merito ha negato, nel merito, che i ricorrenti avessero acquistato il suolo per accessione invertita, evidenziando che la costruzione non era stata realizzata in buona fede sulla base di una pluralità di elementi, analiticamente esaminati (atto di donazione, richiesta di concessione in sanatoria, missive nelle quali il ricorrente si era dichiarato mero affittuario dell’immobile), che comprovavano la piena consapevolezza dei COGNOME di edificare su fondo altrui.
Il motivo non affronta il merito della questione decisa sicché, essendo inconferente, ne va dichiarata l’inammissibilità.
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese processuali.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad € 4000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda