Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30450 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30450 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 319/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO , che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
NOME COGNOME, PARMENTOLA NOME, NOME NOME COGNOME,
-intimati- avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3744/2021 depositata il 14/10/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In data 7 giugno 2004 NOME e NOME COGNOME citarono in giudizio RAGIONE_SOCIALE, dichiarando che, quali unici e legittimi eredi di COGNOME NOME, deceduto in Sorrento il 15/05/1979, erano divenuti proprietari di diversi beni immobili, parti residue di vendite di un appezzamento di terreno riportato in Catasto terreni di Sorrento, al foglio 3 partic. 400, acquistato il 12/11/1957 da COGNOME NOME unitamente ad COGNOME NOME, COGNOME NOME, e COGNOME NOME.
Gli odierni ricorrenti esposero che il loro dante causa, unitamente ad altri comproprietari, in data 2/12/1965, alienò a COGNOME NOME una zona di terreno di forma trapezoidale di mq. 1.500, distaccata dalla maggiore estensione del suolo già di sua proprietà, in base al tipo di frazionamento a firma del tecnico COGNOME e individuata con la partic. 699 del fol. 3. L’area residua rimasta di proprietà COGNOME venne riclassificata al fol. 3 part. 578.
Detta porzione divenne, dopo diverse vendite avvenute nel tempo, di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, per acquisto fattone dai signori COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME il 5/9/2002.
Secondo la prospettazione dei germani COGNOME, pertanto, il terreno nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE pari a mq. 276,74, al fol. 3 part. 578, era detenuto sine titulo.
Nel giudizio si costituì RAGIONE_SOCIALE chiedendo di rigettarsi la domanda, ed in subordine di dichiararsi l’intervenuta usucapione del terreno conteso ex 1158 c.c. ed in ulteriore subordine l’accessione invertita e art. 938 c.c. della porzione immobiliare di mq 276,74 o di quella parte che risultasse occupata dalle opere realizzate.
In via ulteriormente gradata fu proposta l’eccezione di usucapione abbreviata per l’acquisto in buona fede a non domino in base ad un titolo astrattamente valido. Al contempo venne chiesta l’autorizzazione a chiamare in causa i venditori NOME.
Il giudice di prime cure respinse la domanda dei germani COGNOME mentre accolse quella di usucapione formulata da RAGIONE_SOCIALE, ‘ sulla base della concordanza tra la documentazione prodotta e le dichiarazioni testimoniali di parte convenuta, le quali indicavano dimensione e forma del fondo, con descrizione dei confini che coincidevano con quelli riportati nella parte assertiva dell’atto di compravendita del 2.10.1965 ‘. Anche le dichiarazioni testimoniali confermavano la coincidenza della porzione immobiliare trasferita.
Si osservò, in forza del richiamato titolo che si divideva in due parti, che RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il fondo nell’attuale consistenza, indicata nella detta parte assertiva e identica a quella dei suoi danti causa che, a loro volta, avevano acquistato e posseduto dal 1983 la medesima porzione immobiliare.
Il giudice di prime cure concluse affermando che RAGIONE_SOCIALE avesse posseduto ‘ animo domini ‘ l’area contesa per un periodo
sufficiente al maturare dell’usucapione del diritto di proprietà, unendo il proprio possesso a quello dei suoi danti causa ai sensi dell’art. 1146 c.c.
La decisione di primo grado, che aveva riconosciuto l’intervenuta usucapione, affermò quindi che oggetto della vendita ai controricorrenti fossero entrambe le particelle (facendo leva sulla parte assertiva dell’atto, la perizia di parte, testimonianze, l’interpretazione della volontà delle parti).
La decisione venne impugnata e la Corte d’appello di Napoli rigettò l’appello.
Il giudice di secondo grado affermò in particolare che ‘dal dato acquisito dell’unitarietà del fondo dei danti causa della società appellata secondo le emergenze documentali tratte dalla precitata relazione tecnica dell’AVV_NOTAIO -che descriveva all’anno 1983 l’intera area recintata e confinante sul lato ovest con un fabbricato condominiale e non anche con il terreno COGNOME–COGNOME (part. 578) -le informazioni raccolte dai testi escussi hanno contribuito con assoluta chiarezza espositiva, finanche nel raffronto dei dettagli, che il terreno già dall’epoca dell’acquisto da parte dei COGNOME fosse interamente goduto e posseduto in via esclusiva da costoro e, in tale stato di fatto, trasferito in proprietà a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2002.
Così l’affermazione riportata nell’atto di acquisto dei COGNOME dell’anno 1983, secondo cui il terreno oggetto di compravendita ‘risultasse attualmente posseduto senza titolo da NOME COGNOME‘, si ritiene da un lato non possa che confermare che le due particelle, 699 e 578, costituissero da allora fino ad oggi un unicum omogeneo
senza divisioni strutturali, dall’altro lato che la disponibilità del bene da parte dell’appellante, in difetto di prova del mantenimento del possesso di costui in tempi successivi alla data di stipula dell’atto, dovesse riferirsi al momento antecedente al trasferimento di proprietà in favore dei COGNOME e non anche oltre.
Si affermò quindi, alla luce delle evidenze probatorie, che fossero emersi dati e fatti inconfutabili circa la dimostrazione dell’unitarietà del fondo e della sua intera recinzione sin dall’anno 1983, del confinamento del detto terreno sul lato Ovest con fabbricato condominiale e non anche con la proprietà residua degli appellanti, dell’esercizio del possesso con i requisiti della continuità, della pacificità e della non clandestinità da parte della società appellata e ancor prima dei suoi danti causa, per il ventennio prescritto dall’art. 1158 c.c. ai fini dell’acquisto della proprietà dei beni immobili.
Avverso la prefata decisione ricorrono i fratelli COGNOME con 7 motivi, resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, NOME è rimasto intimato.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380-bis, comma 2, cod. proc. civ.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente va esclusa un’eventuale situazione di incompatibilità a comporre il collegio giudicante da parte del
consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione accelerata del ricorso atteso.
Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione, come avvenuto nella specie, può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (v., Cass., Sez. Un., 10 aprile 2024, n. 9611).
Premesso quanto innanzi possono ora trattarsi i motivi di ricorso.
2.Con il primo motivo si censura la sentenza per violazione degli artt. 832 e 1470 c.c. e 132, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 e n. 4 c.p.c., per contraddittoria motivazione nell’aver ritenuto l’avvenuto trasferimento anche della particella 578 in contrasto con i titoli di proprietà e la nullità della sentenza per non aver riprodotto le parti della ctu idonee a giustificare la valutazione effettuata.
Secondo la prospettazione dei ricorrenti il fondo trasferito nel corso degli anni era la sola particella 699 sicché RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto esserne la legittima proprietaria.
Il giudice di merito nell’affermare che il fondo trasferito doveva considerarsi inglobare la particella 578 avrebbe reso una motivazione apparente perché non avrebbe indicato elementi utili a dar conto del proprio convincimento, non avrebbe sviluppato approfondita disamina logica e giuridica e avrebbe reso così impossibile un controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
Con il secondo motivo se denuncia la violazione degli artt. 832, 1470, 1376, 1362 e ss., 2697, 2699 e 2703 c.c. e art. 132, co 2, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per contraddittoria motivazione allorché la Corte di merito, sulla scorta di una allegazione difensiva (perizia giurata prodotta dalla parte), ha ritenuto sussistente c.d.’inglobamento’ di un fondo in altro fondo.
La Corte d’appello in quest’ottica avrebbe reso una motivazione apparente non indicando elementi utili a dar conto del proprio convincimento, non avrebbe sviluppato approfondita disamina logica e giuridica, rendendo così impossibile un controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento.
Con il terzo motivo si censura la decisione per violazione degli artt. 1470, 1376, 1362 c.c. nonché violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.
Il giudice di merito avrebbe violato le norme di cui innanzi per essere pervenuto a ritenere che la porzione di proprietà del terreno conteso con il rogito di compravendita intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE ed i
COGNOME, senza alcun richiamo ai titoli di trasferimento ma in forza della predetta perizia e degli esiti della prova per testi, unitamente al contenuto dell’atto di acquisto dei COGNOME del 1983, sarebbe stata trasferit a all’odierna controricorrente .
Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 1362, 2697, 2699 ,1141, 1143, c,c. e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.. e per aver erroneamente interpretato l’atto di acquisto del 1983, riconoscendo validità e valore ad una allegazione difensiva, per sostenere che l’affermazione riportata nell’atto di acquisto dei COGNOME del 17/2/1983 confermasse che le due particelle 699 e 578 costituissero fin da quella data un unico omogeneo senza divisioni strutturali.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione degli artt. 832, 1140, 1159, 164 e 2697 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c. oltre che 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.
Si contesta l’affermazione secondo cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto unire il possesso dei propri danti causa ex art. 1146 c.c. non essendovi, a parere dei ricorrenti, alcun titolo idoneo al trasferimento.
Con il sesto motivo si denuncia la violazione, ex art. 360, nn. 3 e 4 c.p. c. degli artt. 1470, 1140, 1141, 1146, 1158, 1163, 2697, 2699 c.c., 115 e 116 c.p.c. nonché 132 c.p.c., per aver il giudice di merito ritenuto sussistere l ‘animus possidendi per un periodo ultraventennale.
Con il settimo la violazione deli artt. art. 132, comma 2, c.p.c e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per vizio di motivazione apparente.
Il ricorso è infondato.
E’ opportuno trattare congiuntamente i l primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo afferendo a connessi profili relativi alla valutazione delle prove effettuate dal giudice di merito. Le censure sono infondate.
La Corte di Appello , all’esito della valutazione delle emergenze probatorie, ha ritenuto che fin dal 1983 la particella 578 fosse stata accorpata alla particella 699, ‘sì da creare disuguaglianza tra la consistenza originaria del fondo trasferito nell’anno 1965 con quello avuto a seguire nella disponibilità dei COGNOME e successivamente della loro avente causa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, come verificato nell’accertamento del C.T.U. ‘
Inoltre si è affermato che la circostanza per cui nella descrizione del fondo trasferito dai COGNOME a RAGIONE_SOCIALE nell’atto di compravendita del 5.9.2002 risultasse annoverato il confine con i beni COGNOME–COGNOME ad Ovest non potesse che confermare che, quanto ai titoli ed alle risultanze catastali, la consistenza del lotto avesse mantenuto identica conformazione rispetto alle proprietà e che la particella 578 fosse ricaduta nella disponibilità materiale di RAGIONE_SOCIALE.
Ancora si è osservato che dalla perizia giurata del 6.7.2004 a firma dell’AVV_NOTAIO, ‘non smentita dagli elementi probatori acquisiti né fondatamente contestata dalle parti’, constava che nel 1983 il lotto fosse recintato interamente e che sul lato ovest rilevasse il confine tra un fabbricato condominiale e non anche con il terreno costituente la particella 578.
E’ così stata rigettata la domanda principale di rivendicazione ed accolto quella riconvenzionale di usucapione sulla base dell’accertamento che la particella oggetto delle contrapposte domande fosse risultata parte della vendita e pertanto transitata in proprietà in capo a RAGIONE_SOCIALE, e per essa dei suoi danti causa, al cui possesso la società predetta ha unito il proprio, in forza della disposizione di cui all’art. 1146 c.c.
Ciò che si contesta , all’evidenza, è la valutazione che delle emergenze probatorie è stata data dal giudice di merito.
Per consolidato orientamento di legittimità, le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. descrivono i due momenti nei quali si articola il giudizio di diritto, ovvero quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto e quello afferente all’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata.
Più precisamente, il vizio di violazione di legge consiste nell’inesatta ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e si risolve nella negazione o affermazione erronea dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata, mentre il vizio di falsa applicazione di legge consiste o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista -pur rettamente individuata e interpretata- non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta,
conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra, invece, nell’àmbito applicativo dell’evocato paradigma processuale l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, la quale è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 9293/2023, Cass. n. 21844/2022, Cass. n. 14199/2012, Cass. n. 21944/2020).
I ricorrenti, con le prefate censure, mirano, attraverso la denuncia di pretese violazioni di norme di legge a sollecitare una diversa ricostruzione della quaestio facti rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello e ad ottenere un riesame del materiale probatorio, allo scopo di farne derivare una decisione diversa da quella cui è pervenuto il giudice distrettuale e conforme alle proprie aspettative. Si tenta, per questa via, di realizzare la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 12465/2022, Cass. n. 11261/2022, Cass. n. 8758/2017), così totalmente obliterandosi che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 33186/2023, Cass. n. 32398/2022, Cass. n. 15568/2020, Cass. n. 27475/2019).
Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova
testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014).
Nel caso di specie, infine, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico -argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Trattasi, in conclusione, di una ricostruzione del fatto e delle prove che i ricorrenti contestano contrapponendovi una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura
ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. S.U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013).
3 . Anche il sesto ed il settimo motivo devono essere respinti.
Con essi si contesta la ravvisata sussistenza dell’ animus possidendi nonché la valutazione della prova testimoniale attraverso la contestazione della valutazione delle emergenze probatorie effettuata dal giudice di merito. Così come rilevato per i precedenti strumenti impugnatori si è al cospetto di censure meritali per le quali valgono gli argomenti già esposti in relazione ai primi cinque motivi del ricorso nel precedente par. 2 cui si rinvia.
Circa la lamentata apparenza della motivazione si rinvia al paragrafo precedente.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza, liquidate in ragione del valore di lite. Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applicano gli ultimi due commi dell’art.96 c.p.c., contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un’ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 27947/23), l’una come ulteriore aggravamento della condanna alle spese, l’altra con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna altresì i ricorrenti, ai sensi dell’art. 96 III e IV comma c.p.c., al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore del controricorrente ed euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME