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Usucapione e accessione: si può cambiare in corso?

La Corte di Cassazione ha stabilito che modificare la domanda di usucapione in corso di causa per includere il possesso del genitore defunto (accessione) non costituisce una domanda nuova. L’ordinanza chiarisce anche che un’offerta di acquisto, fatta dopo la maturazione dei termini, non interrompe l’usucapione già perfezionata, potendo essere vista come un tentativo di regolarizzare la situazione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Usucapione e Accessione: Unire il possesso del genitore non è una domanda nuova

L’istituto dell’usucapione è una delle questioni più dibattute nel diritto immobiliare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto chiarimenti cruciali su un aspetto processuale di grande rilevanza: è possibile, a causa già iniziata, modificare la propria difesa e chiedere di unire il proprio possesso a quello di un genitore defunto per maturare il tempo necessario all’usucapione? La Suprema Corte ha risposto affermativamente, delineando i confini tra una semplice precisazione della domanda e una inammissibile ‘domanda nuova’.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una causa intentata da un soggetto per ottenere il riconoscimento della proprietà di un terreno per intervenuta usucapione. In primo grado, il Tribunale rigettava la sua domanda. L’attore aveva basato la sua richiesta esclusivamente sul possesso personale e diretto del bene.

In appello, la situazione si ribaltava. La Corte d’Appello accoglieva la richiesta dell’uomo, ma sulla base di un presupposto diverso: al possesso personale dell’appellante veniva sommato quello esercitato in precedenza dal suo defunto padre. Questa operazione, nota come ‘accessione del possesso’ (art. 1146 c.c.), permetteva di raggiungere il ventennio necessario per usucapire.

La proprietaria formale del terreno, soccombente in appello, decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando principalmente una grave violazione delle regole processuali. A suo dire, l’appellante aveva introdotto un fatto nuovo (il possesso del padre) solo nelle fasi finali del giudizio di primo grado, configurando una ‘domanda nuova’, vietata dalla legge, che le aveva impedito di difendersi adeguatamente.

La questione giuridica e i motivi del ricorso

Il nodo centrale del ricorso verteva su due questioni principali:

1. La modifica della causa petendi: La ricorrente sosteneva che fondare la richiesta di usucapione non più solo sul possesso personale, ma anche su quello del padre, costituisse una mutatio libelli (modifica della domanda) inammissibile, in violazione del principio del contraddittorio.
2. L’interruzione dell’usucapione: La proprietaria evidenziava come il possessore avesse, in più occasioni, formulato offerte per l’acquisto del terreno. Tale comportamento, secondo la sua tesi, dimostrava la consapevolezza dell’altrui proprietà e l’assenza dell’animus possidendi, interrompendo di fatto il possesso utile ai fini dell’usucapione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo motivazioni dettagliate su entrambi i punti controversi.

Sulla presunta ‘domanda nuova’ e l’usucapione

La Corte ha chiarito un principio fondamentale del diritto processuale civile. I diritti reali, come la proprietà, sono ‘diritti autodeterminati’. Ciò significa che essi si identificano in base al loro contenuto (il diritto di godere e disporre di un bene), e non in base al titolo di acquisto (compravendita, donazione, usucapione, etc.).

Di conseguenza, se un soggetto agisce per far dichiarare il suo diritto di proprietà, il fatto che ne indichi la fonte prima nel proprio possesso esclusivo e poi in una combinazione del proprio possesso con quello del suo dante causa non modifica la domanda. L’oggetto del contendere rimane sempre lo stesso: l’accertamento del diritto di proprietà per usucapione. Invocare l’accessione del possesso (art. 1146 c.c.) non è una domanda nuova, ma una diversa allegazione probatoria a sostegno della medesima, originaria richiesta. La Corte d’Appello, pertanto, ha agito correttamente nel tenerne conto.

Sull’offerta di acquisto e l’interruzione del possesso

Anche il secondo motivo di doglianza è stato respinto. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: gli atti che possono interrompere l’usucapione, come una trattativa per l’acquisto del bene, sono irrilevanti se posti in essere quando il termine ventennale per usucapire si è già compiuto.

Una volta che il diritto di proprietà è stato acquisito per effetto del possesso prolungato, un’eventuale offerta di acquisto non può essere interpretata come una rinuncia al diritto già sorto. Piuttosto, può essere vista come la volontà del possessore di regolarizzare la situazione dal punto di vista formale (ad esempio, per ottenere un titolo idoneo alla trascrizione) o per eliminare il contenzioso. L’usucapione era già maturata e l’offerta non poteva avere l’effetto di ‘cancellare’ un diritto ormai entrato nel patrimonio del possessore.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due principi di notevole importanza pratica:

1. La domanda di usucapione può essere sostenuta da diversi fatti costitutivi (possesso personale, accessione, successione nel possesso) allegati anche in corso di causa, senza che ciò violi il divieto di ‘domande nuove’, poiché il bene della vita richiesto (la proprietà) rimane invariato.
2. Una volta maturato il termine per l’usucapione, il diritto di proprietà è acquisito. Atti successivi, come offerte di acquisto, non valgono come rinuncia tacita al diritto, ma possono al più essere interpretati come tentativi di formalizzare una situazione giuridica già consolidata.

È possibile modificare in corso di causa il fondamento della propria domanda di usucapione, aggiungendo il possesso del proprio genitore?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto di proprietà è un ‘diritto autodeterminato’, che si identifica per il suo contenuto e non per il titolo. Pertanto, invocare l’accessione del possesso (art. 1146 c.c.) per unire il proprio possesso a quello di un predecessore non costituisce una domanda nuova e inammissibile, ma solo una diversa specificazione dei fatti a sostegno della richiesta originaria.

Un’offerta di acquisto del bene interrompe il termine per l’usucapione?
Dipende dal momento in cui viene fatta. Se l’offerta di acquisto viene formulata quando il termine per l’usucapione è già decorso, essa non ha effetto interruttivo. La Corte ha chiarito che tale comportamento non configura una rinuncia al diritto già acquisito, ma può essere interpretato come un tentativo di regolarizzare la situazione o definire il contenzioso.

Chi agisce in giudizio per usucapione unendo il possesso del defunto genitore deve provare di aver accettato l’eredità?
Non necessariamente. La Corte afferma che la proposizione di una domanda giudiziale volta a tutelare un bene ereditario manifesta di per sé la volontà di accettare l’eredità. Grava sulla controparte, che contesta la qualità di erede, l’onere di eccepire e provare la mancata accettazione o l’esistenza di fatti che escludano un’accettazione tacita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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