Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10940 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10940 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17580/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME;
-intimato – avverso la sentenza n. 35/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 22/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME citò in giudizio NOME COGNOME perché costei fosse condannata ad arretrare il proprio fabbricato, consistente in quattro piani fuori terra, posto a distanza inferiore rispetto a quella imposta dal regolamento edilizio comunale, oltre ad avere aperto vedute e sporti illegali al secondo e al terzo piano e procurato danni
all’immobile dell’attore attraverso i lavori da costei svolti, dei quali chiese il risarcimento.
La convenuta resistette alla domanda eccependo di avere edificato l’immobile anteriormente all’entrata in vigore del regolamento edilizio locale e che, in ogni caso, aveva usucapito il diritto a mantenere l’immobile alla distanza in atto. Inoltre, in via riconvenzionale, chiese che l’attore fosse, a sua volta condannato a rispettare le distanze legali.
Il Tribunale adito, rigettate nel resto tutte le altre domande, condannò la convenuta ad arretrare la quarta elevazione fino a raggiungere la distanza legalmente prevista.
La Corte d’appello di Messina rigettò l’impugnazione di NOME COGNOME subentrata alla NOME per successione.
NOME COGNOME ricorre sulla base di quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria. La controparte è rimasta intimata.
Con il primo motivo viene denunciato l’omesso esame id un fatto controverso e decisivo, addebitandosi alla sentenza impugnata di avere confermato quella di primo grado che aveva rigettato la domanda riconvenzionale di NOME COGNOME dante causa dell’odierna ricorrente, senza avere adeguatamente tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che l’avrebbe dovuto indurre a <>.
La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilità
In presenza di ‘ doppia conforme ‘, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Peraltro, a volere prescindere da ogni altra considerazione, l’omesso esame non sarebbe stato, in ogni caso, qui supponibile, non vertendosi in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di decisività, bensì di rivendicazione di un diverso apprezzamento del complesso delle emergenze di causa (cfr., ex multis, Cass. n. 18886/2023).
6. A questo punto per ragioni di comodità espositiva conviene esaminare il terzo motivo.
Con l’anzidetta censura la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1031 e 1158 cod. civ.
Si espone che la Corte di merito aveva confermato la sentenza di primo grado, la quale aveva rigettato l’eccezione d’usucapione, sollevata dalla convenuta al fine di paralizzare la domanda di arretramento proposta dall’COGNOME.
Tenuto conto dell’accertamento effettuato dalla Polizia locale del Comune di Capo d’Orlando il 3/1/1981, la dante causa dell’esponente aveva già realizzato <>. Da una tale constatazione la sentenza avrebbe dovuto inferire che <>.
7. Il motivo è fondato.
La Corte di Messina conferma che per la terza elevazione messa in atto dalla dante causa della Calanna era <>.
Questa Corte ha reiteratamente affermato che, al fine della determinazione del “dies a quo” per l’usucapione del diritto di mantenere una determinata opera a distanza illegale, deve farsi riferimento non al momento di inizio della costruzione, ma a quello in cui questa sia venuta ad esistenza, con la realizzazione di elementi strutturali ed essenziali, idonei a rivelare, anche al titolare del fondo servente, l’esistenza di uno stato di fatto coincidente con l’esercizio di un diritto reale di servitù (Sez. 2, n. 12733, 09/05/2024, Rv. 671500 -02; conf., ex plurimis, Cass. n. 11052/2016).
Or non v’è dubbio che la Corte d’appello non ha svolto alcuna indagine al fine di verificare se la realizzazione degli elementi strutturali poco sopra descritti fosse tale da rendere palese agli occhi del vicino che il di lui fondo sarebbe venuto a essere gravato da una situazione di fatto che, protratta per il ventennio di legge, si
sarebbe potuta cristallizzare nella servitù di sopportare che la quarta elevazione dell’altra parte fosse posta a distanza illegale.
Si rende pertanto necessario nuovo esame.
Il secondo e il quarto motivo, con i quali si deduce <> per il mancato espletamento di consulenza tecnica d’ufficio <>, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in punto di regolamento delle spese, restano assorbiti in senso proprio dall’accoglimento del terzo motivo.
Cassata, pertanto, la sentenza impugnata in relazione al terzo motivo, il Giudice del rinvio, che si individua nella Corte d’appello di Messina, in altra composizione, riesaminerà la vicenda facendo applicazione del principio di diritto sopra richiamato. Regolerà, inoltre, il capo delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il primo e assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia, anche per il regolamento del capo delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Messina, in altra composizione.
Così deciso nella camera di consiglio del 23 gennaio 2025.