Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11183 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11183 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24236/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in RAGUSA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CATANIA n. 1336/2021, depositata il 21/06/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE. agiva in giudizio innanzi al Tribunale di Ragusa per il regolamento di confini tra il terreno di sua proprietà e quello di proprietà del convenuto, NOME COGNOME.
Il Tribunale adìto rigettava la domanda e, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dal COGNOME, dichiarava la proprietà di quest’ultimo, per intervenuta usucapione ultraventennale, della striscia di terreno interposta tra un muretto a secco e il confine determinato sulla base dei titoli, in particolare risultante dagli atti di frazionamento della proprietà dei terreni lottizzati originariamente su una proprietà indivisa; condannava inoltre la società attrice all’arretramento della sua costruzione sino alla distanza di mt. 7,50 dal confine tra le due proprietà individuato nel muro a secco.
La pronuncia di prime cure veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di Catania, che rigettava integralmente il gravame.
Avverso la suddetta pronuncia ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE con cinque motivi.
Resiste con controricorso il Criscione.
A séguito della proposta del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis cod. proc. civ. e successivamente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Premesso che non sussiste incompatibilità del consigliere autore della proposta nella composizione del Collegio (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), osserva la Corte che per ragioni di priorità logica è opportuno prendere le mosse dal quinto motivo, di carattere procedurale e, potenzialmente assorbente. Con esso, infatti, la ricorrente deduce violazione dell’art. 158 cod. proc. civ., in relazione
all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.; lamenta la non corretta applicazione dei principi derivanti dalla sentenza della Corte Costituzionale (n. 41 del 17 marzo 2021) sulla dichiarazione di illegittimità degli artt. da 62 a 72 della legge 9 agosto 2013 n. 98, che dovrebbero essere circoscritti alla sola attività di partecipazione al Collegio ed all’apporto che il giudice ausiliario può garantire ai fini della adozione della decisione. Pertanto, si sostiene la violazione dell’art. 158 cod. proc. civ. poiché, nel caso di specie, il giudice ausiliario ha svolto attività ultronee a quelle di cui sopra, essendogli assegnato un preciso ruolo, nonché essendo stato incaricato della relazione al Collegio e, infine, dell’estensione del provvedimento.
Il motivo è infondato, come ripetutamente affermato da questa Corte (cfr. tra le tante, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 32065 del 2021 proprio in caso di sentenza scritta da un giudice ausiliare).
Con la conseguenza -rispetto al caso di specie -che la costituzione del collegio giudicante, cui ha partecipato, in qualità di relatore ed estensore, un giudice ausiliario, non è inficiata da alcun vizio, tale da compromettere la validità della sentenza impugnata.
1 bis Tanto precisato, è ora possibile scrutinare gli altri i mezzi di gravame.
Con il primo motivo di essi si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 950 e 1158 cod. civ., nonché degli artt. 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. La ricorrente si duole del riconoscimento alla controparte del diritto di proprietà per usucapione della piccola porzione, basato su comportamenti ed atti corrispondenti all’esercizio di tale diritto, necessari ai fini dell’usucapione, riferiti non alla piccola porzione contestata e oggetto di contestazione, bensì al lotto
«complessivamente considerato». Osserva che dalla prova testimoniale era rimasto escluso alcun atto o comportamento del COGNOME corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà sulla zona oggetto del rivendicato acquisto per usucapione.
2.1. Il motivo è inammissibile sotto vari profili.
2.2. Innanzitutto, si rileva l’inammissibilità della censura ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., vertendosi in un’ipotesi di «doppia conforme» (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01).
Inammissibilità che, peraltro, investe, come si vedrà, anche i successivi secondo e terzo mezzo di gravame.
2.3. Il motivo è, comunque, inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 n. 6 c.p.c
La censura, infatti, ruota attorno alla valutazione della prova testimoniale, della quale, tuttavia, la ricorrente aveva l’onere di trascriverne il contenuto per la parte di rilievo in questa sede; né indica dove e quando detta prova è stata assunta, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019, Rv. 656224 -02).
Fuori luogo, infine, il richiamo alla violazione dell’art. 116 cpc (cfr. SSUU n. 20867/2020 per le ipotesi in cui è ravvisabile detto vizio, certamente qui non ricorrente), all’art. 2697 cc (che ricorre nel caso indicato, per tutte, da Sez. L – , Sentenza n. 17313 del 19/08/2020) e al vizio di violazione di norme di diritto (sulla cui nozione si rinvia, per tutte, a Sez. 1 – , Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 cod. civ., 115 e 183 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ. Omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, n. 5) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta che la Corte d ‘ Appello abbia erroneamente ritenuto che il possesso ad usucapionem della piccola porzione di terreno in contestazione fosse risultato provato dalla sussistenza di fatti non specificamente contestati dalla società ricorrente, in relazione alle dichiarazioni rese dal procuratore legale all’udienza di prima comparizione ed al contenuto della prima memoria. A giudizio della ricorrente, la domanda di usucapione spiegata dal convenuto in via riconvenzionale era stata contestata dall’odierna ricorrente, come risulta sia dal verbale di udienza di prime cure, sia dalla prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Sul vizio di omesso esame, si rinvia a quanto già rilevato.
3.2. Per il resto, è opportuno precisare che il giudice di seconde cure aveva a sua volta ritenuto inammissibile il motivo di appello con il quale l’odierna ricorrente non aveva sottoposto a specifica critica la motivazione resa dal primo giudice, il quale aveva ritenuto come compiutamente dimostrata -attraverso le dichiarazioni dei testi e le risultanze della CTU, che accertava la costruzione del muretto a secco risalente ad epoca anteriore agli atti di frazionamento della proprietà indivisa l’utilizzaz ione della porzione di terra in contestazione, sebbene non nel suo utilizzo parcellizzato, bensì considerato nella complessiva estensione di fatto, così come individuata dal muretto a secco. Il che non significa, come affermato in ricorso, che l’allora convenuto si fosse limitato a dare prova del possesso sulla porzione di fondo già di sua indiscussa proprietà, ma che detto possesso si estendeva anche alla porzione di terra in contestazione.
Quanto all’esclusione dell’applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.: il giudice d’appello ha condiviso con il primo giudice non già l’assenza
di contestazione da parte della RAGIONE_SOCIALE, bensì la sua genericità, non idonea a contrastare l’allegazione dei fatti costitutivi rispettata, invece, dalla controparte (v. sentenza p. 5, righi 15-30).
3.3. Tanto chiarito, il motivo è inammissibile per difetto di interesse, vertendosi in un’ipotesi in cui la Corte ha deciso sulla base di una doppia ratio decidendi ( ex multis : Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5102 del 26/02/2024, Rv. 670188 – 01; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018, Rv. 648023 -01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 10012 del 15/04/2021, Rv. 660953 -01, in motiv.).
Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha desunto la prova del possesso ad usucapionem della porzione di terreno in contestazione anche dalle risultanze della prova per testi e dalla consulenza tecnica (v. p. 6): ne consegue che la ritenuta inammissibilità della censura contro questa ratio (v. sopra, primo motivo) rende inammissibile la censura contro la seconda ratio (fondata sulla genericità delle contestazioni).
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1165 e 2944 cod. civ. nonché dell’art. 1142 stesso codice in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 365 n. 5) cod. proc. civ. La ricorrente rileva che, dalle risultanze della CTU e dalla documentazione di parte (tavole del progetto edificatorio del 1991) si evinceva chiaramente che il confine tra i due lotti non coincideva con quello indicato col muretto: la superficie con finalità edificatoria coincideva con quella indicata nel titolo di proprietà. Inoltre, l’attuazione del progetto edificatorio sulla base dei confini descritti nei titoli risaliva, quanto meno, all’estate del 1994. Ne deriva che, diversam ente da quanto affermato nella motivazione censurata, l’evento interruttivo non è mai stato legato all’istanza di proroga, bensì al progetto edilizio
presentato nel 1991 dal COGNOME per ottenere la concessione edilizia, nonché dalla sua conforme realizzazione nel 1994: documento dal quale si evince, dunque, la piena conoscenza da parte del COGNOME della appartenenza della striscia di terreno trapezoidale alla società, in grado quindi – in quanto atto unilaterale non recettizio – di interrompere il termine dell’usucapione.
4.1. Anche il terzo motivo è inammissibile sia sotto il profilo dell’omesso esame (per le ragioni sopra esposte) sia per difetto di interesse. Partendo dall’art. 2945 , comma 1, cod. civ.: se anche si volesse attribuire alle tavole progettuali valore di atto interruttivo dell’usucapione, tale conclusione non sortirebbe nessun effetto utile per la ricorrente perché dette tavole -da quanto emerge dal ricorso -furono presentate in vista della concessione edilizia del 29.10.1991 (v. ricorso, p. 12). Pertanto, pur volendo far decorrere un nuovo termine da quella data, al momento della proposizione della domanda giudiziale (27.11.2012) era comunque decorso un altro ventennio. Del tutto privo di specificità è il motivo laddove collega l’evento interruttivo anche alla realizzazione delle strutture avvenuta nel 1994.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 950, 873 e 875 cod. civ. nonché dell’art. 1150 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta che non sussistono ragioni giustificatrici per imporre un ulteriore arretramento del fabbricato della società ricorrente rispetto al confine modificato dall’accertamento dell’usucapione poiché, come indicato da costante giurisprudenza della S.C. e come nel caso di specie, il soggetto che rivendica l’usucapione aveva rispettato il distacco regolamentare dal confine legale come risultante dagli atti di acquisto, allo stesso modo del confinante, non venendo perciò in rilievo una minore distanza tra i fabbricati.
5.1. Il motivo si rivela inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. ( Cass . Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361 -01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8247 del 2024).
L’osservanza della distanza regolamentare risultante dai titoli di acquisto è smentita dalla Corte d’Appello. La Corte territoriale a pag. 5 ha accertato, infatti, che secondo le misurazioni della CTU – mai contrastate dall’odierna ricorrente – la violazione delle distanze legali risulta comunque accertata «in minor misura» anche con riferimento al confine desumibile dai titoli.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo soccombenza.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 4 .000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%; condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ. , al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di €. 4 .000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda