Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4819 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4819 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1828/2021 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME e NOME -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentalenonché RAGIONE_SOCIALE
intimato avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1593/2020 depositata il 28/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/11/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Marsala accolse la domanda di acquisto di un terreno per usucapione proposta da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e rigettò la domanda di risarcimento danni proposta da quest’ultima contro il terzo chiamato in causa, la società RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di Palermo, adita dalla società soccombente, con sentenza del 28.10.2020, in riforma della sentenza di primo grado, ribaltò l’esito della lite e rigettò la domanda del NOME perché non ritenne integrata la prova del possesso ad usucapionem dalla mera coltivazione dei terreni, che, peraltro, non erano stati identificati dai testi escussi in giudizio. Dichiarò assorbite le censure sul rigetto della domanda di garanzia proposta contro l’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME sulla base di quattro motivi contrastati con controricorso dal l’RAGIONE_SOCIALE , che propone a sua volta ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
NOME ha resistito con ricorso al ricorso incidentale , mentre l’RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, l’RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 1158 c.c. e l’omesso esame del giudicato esterno costituito dalla ordinanza in sede cautelare del Tribunale di Marsala del 27.5.2008, nel quale si darebbe atto, in via incidentale, dell’avvenuta usucapione del terreno in favore del ricorrente. Si osserva inoltre che i testi escussi in quel
giudizio avrebbero confermato sia la consistenza dei terreni su cui sarebbe stato esercitato il possesso, sia la loro estensione, considerato che nel tempo la situazione sarebbe rimasta immutata. Il motivo è inammissibile.
Come affermato dalle Sezioni Unite con sentenza del 24.7.2013, n.17931, nel giudizio per cassazione – che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art.360, comma 1 c.p.c. -il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronunzia da parte della impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 360, comma 1, n.4 c.p.c. ( con riferimento all’art.112 c.p.c.), purchè nel motivo si faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge.
Nel caso in esame, il ricorrente lamenta una omessa pronuncia su una eccezione (di giudicato esterno) senza però denunciare la nullità della sentenza ma limitandosi ad argomentare sul vizio di motivazione o sulla violazione di legge.
In ogni caso, la Corte d’appello ha affrontato la questione del giudicato esterno ed ha accertato la mancata corrispondenza delle aree oggetto dell’ordinanza con quelle oggetto del presente giudizio,
sia in relazione alla superficie sia in merito alla mancata identificazione dei lotti oggetto del provvedimento del Tribunale di Marsala così da poterli distinguere con quelli oggetti della domanda di usucapione (pag. 6 della sentenza impugnata).
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione 115 c.p.c. e 116 c.p.c. per l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie, con riferimento alle dichiarazioni dei testi sull’esercizio del possesso da parte del ricorrente.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione 115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art.260, comma 1, n.3 c.p.c., per erronea valutazione della prova testimoniale sull’estensione dei terreni I motivi, che vanno trattati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
Come affermato dalle Sezioni Unite con sentenza del 30/09/2020, n.20867, la violazione dell’art. 115 c.p.c. è ravvisabile solo ove il giudice abbia deciso in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, ponendo a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza avente ad oggetto la valutazione delle prove proposte dalle parti, qualora il giudice abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art.116 c.p.c.
Quanto alla dedotta violazione dell’art.116 c.p.c., essa è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore
che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art.360, comma 1, n.5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
Nel caso in esame il vizio dedotto non ricorre perché i motivi sono volti a censurare la valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art.1158 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., sotto il profilo del percorso argomentativo della Corte d’appello in ordine alla prova del possesso.
Il motivo è inammissibile ex 360 bis, n.1 c.p.c., perché la Corte d’appello ha deciso in conformità alla giurisprudenza di legittimità sul valore della coltivazione del fondo in tema di usucapione e il ricorso non offe alcun elemento per mutare orientamento.
Per costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, ai fini dell’acquisto della proprietà di un fondo per usucapione non basta la prova della sua coltivazione, trattandosi di attività materiale che non esprime in modo inequivocabile l’intento del coltivatore di possedere uti dominus , ma occorre che essa sia accompagnata da univoci elementi indiziari da cui sia possibile dedurre l’esercizio di una signoria di fatto sul bene (cfr. Cass. N.4931/2022; Cass. 1796/2022; Cass. 6123/2020; Cass. 17376/2018; Cass. 18215/2013).
Il motivo, sotto lo schermo della violazione di legge, ancora una volta critica la valutazione degli elementi istruttori da parte della Corte d’appello sull’inidoneità della mera coltivazione ai fini del possesso ad usucapionem e quindi non coglie nel segno.
Va, a questo punto, esaminato il ricorso incidentale.
Con l’unico motivo, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di pronunciare sulla domanda di rilascio dei terreni da parte dell’attore, già proposta con la domanda riconvenzionale e ritualmente riproposta con l’atto d’appello da parte della RAGIONE_SOCIALE Il motivo è fondato.
La società convenuta aveva spiegato in via riconvenzionale domanda di rilascio dei fondi (lo attesta stesso ricorso principale del NOME a pag. 4) ed aveva proposto uno specifico motivo di appello ribadendo la richiesta (v. pag. 19 ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE).
Ciononostante, l a Corte d’appello ha omesso di pronunciare sulla domanda di rilascio dei terreni, dimenticandosi letteralmente della questione ad essa specificamente sottoposta. L’error in procedendo è evidente, non essendo assolutamente concepibile un rigetto implicito della domanda da parte del giudice di merito, come semplicisticamente dedotto dal ricorrente.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o
infondatezza (ex multis Cassazione civile sez. III, 08/05/2023, n.12131).
Nel caso in esame, come è evidente, non sussiste nessuna incompatibilità tra il rigetto della domanda di usucapione e la condanna al rilascio dei terreni illegittimamente occupati dall’attore , ma anzi vi è stretta connessione tra le due pronunce.
Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione per l’esame della domanda tralasciata, l’individuazione esatta dei terreni (se necessario) e per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto
Roma, 16 novembre 2023. Il Presidente