Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19802 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19802 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1917/2021 R.G. proposto da: COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME con elezione di domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con elezione di domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
– controricorrente-
nonché
COGNOME
avverso la sentenza n. 1962/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE pubblicata il 19/10/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. COGNOME NOME evocava in giudizio innanzi al Tribunale di Livorno COGNOME, proponendo actio negatoria servitutis volta a sentir accertare l’inesistenza del diritto di passaggio con mezzi agricoli esercitato dal convenuto sul fondo di proprietà dell’attore sito in Campiglia Marittima, località Caldanelle, partita 4335, foglio 58, particella 37. Sollevata dal COGNOME domanda riconvenzionale di usucapione della servitù di passaggio, il contraddittorio veniva esteso a COGNOME NOME, comproprietario del fondo preteso servente, e, dopo il suo decesso, ai relativi eredi, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che restavano contumaci. Il contraddittorio veniva ancora integrato nei confronti di NOME, moglie del COGNOME in regime di comunione dei beni, nonché a COGNOME NOME e COGNOME NOME anche nella loro qualità di comproprietari del terreno supposto servente, in forza di donazione ricevuta in vita dal defunto genitore. Successivamente, interveniva in giudizio COGNOME Stefano, quale acquirente da COGNOME Ivo del fondo preteso dominante, che faceva proprie le conclusioni e domande dell’originario convenuto ed attore in via riconvenzionale. Istruita la causa con l’espletamento della prova per testi, il Tribunale, con sentenza n. 1534/2014, accoglieva la domanda riconvenzionale di usucapione della servitù di passaggio, rigettando l’ actio negatoria proposta dall’attore.
Ric. 2021 n. 1917 sez. S2 – ud. 17/06/2025
2. Sul gravame interposto da COGNOME Giuliano e NOME, e nella resistenza del solo COGNOME, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1962/2020, pubblicata in data 12.10.2020, dichiarata la nullità della pronuncia di primo grado in relazione a profili di natura processuale non più rilevanti nella presente sede di legittimità, respingeva nuovamente l’ actio negatoria servitutis ed accoglieva ancora la riconvenzionale di usucapione del diritto di passaggio. A fondamento della propria decisione, la Corte distrettuale osservava che: a) le deduzioni degli appellanti, secondo i quali la striscia di terreno oggetto del giudizio – fino al 1998 -sarebbe appartenuta al patrimonio indisponibile della Regione Toscana, costituendo bene complementare all’agricoltura con funzione di fascia frangiv ento, come tale insuscettibile di usucapione, non potevano essere condivise, in quanto gli attori non avevano dimostrato l’emanazione di alcun atto amministrativo idoneo a vincolare il fondo alla pubblica utilità, né avevano dato prova della concreta ed effettiva destinazione del bene in tal senso; b) d’altra parte, accedendo alla prospettazione degli appellanti, l’ente pubblico non avrebbe potuto cedere la titolarità del fondo ai privati, nel 1998, senza prima liberare il bene in modo esplicito dalla sua supposta destinazione pubblica; c) anche un bene privato, del resto, avrebbe potuto svolgere una funzione di pubblica utilità come fascia frangivento, in relazione alla sua conformazione geomorfologica, senza per ciò solo divenire inalienabile o inusucapibile; d) nella fattispecie, quindi, non poteva parlarsi di destinazione pubblica del fondo, intesa come atto volontario della Pubblica Amministrazione, quanto piuttosto di una utilità della striscia di terreno associata alla sua intrinseca natura,
destinata a restare immutata a prescindere dal relativo regime dominicale e/o dai gravami sulla stessa sussistenti; e) invero, ‘ la fascia frangivento resta tale con o senza passo, sicché, ammessa e non concessa la non usucapibilità del diritto dominicale pieno, non si vede per quale ragione dovrebbe escludersi l’usucapibilità dello ius in re aliena costituito dalla mera servitù di passo, senz’altro compatibile con la funzione pubblica che si suppone svolgesse il bene quando ancora apparteneva all’ente pubbl ico ‘ (cfr. pagg. 8 -9 della sentenza); f) le ulteriori deduzioni degli appellanti, relative al difetto di apparenza della servitù, prima ancora che infondate, erano inammissibili, siccome mai proposte in precedenza, non avendo gli attori tempestivamente contestato in prime cure, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., l’esistenza di opere visibili e permanenti che rendessero riconoscibile l’uso carrabile della strada, che il convenuto aveva dedotto essere da sempre presente in loco .
Contro tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso sulla base di sei motivi, contrastato con controricorso da COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimasti invece intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I primi tre motivi di ricorso, trattati congiuntamente, sono così rubricati: ‘ A) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 4 cpc. B) violazione e falsa applicazione degli artt. 830828 Cod. Civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. C) Omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero totale latitanza motivazionale e totale ignoranza del rilievo costituzionale della
Riforma Agraria (artt. 42-43-44 della Corta Costituzionale), in relazione all’art. 360 n. 5 Cod. Civ. ‘. I ricorrenti lamentano che la Corte distrettuale avrebbe eluso le argomentazioni da loro formulate nell’atto di appello sulla destinazione pubblica ex lege della striscia di terreno oggetto di causa, quale bene appartenuto dapprima all’Ente Maremma e, successivamente, all’E.RAGIONE_SOCIALE (Ente Toscano di Sviluppo Agricolo Forestale), alla cui soppressione, nel 1993, era infine pervenuto alla Regione Toscana, confluendo nel patrimonio indisponibile dell’ente territoriale con funzione di fascia frangivento, ossia come bene complementare all’agricoltura destinato all’utilità di varie unità agricole assegnate dall’Ente di Riforma Fondiaria ai coltivatori diretti della zona. Sul punto, proseguono i ricorrenti, il giudice di seconde cure, non essendosi confrontato con i motivi di gravame, avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., o comunque avrebbe reso una motivazione di mera apparenza; deducono, ancora, che la Corte d’Appello sarebbe in ogni caso incorsa in violazione legge, per aver affermato l’usucapibilità di un diritto reale su un bene che sino al 1998, o al più fino al 1993, data di soppressione dell’ente di riforma agraria, era rimasto vincolato alla pubblica utilità.
Il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso, anch’essi trattati congiuntamente, sono così rubricati: ‘ D) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 4 cpc. E) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 Cod. Civ. e dell’art. 115 cpc in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. F) Travisamento del contenuto della domanda riconvenzionale e delle risultanze probatorie in relazione all’art. 360 n. 5 cpc ‘. I ricorrenti deducono che la Corte d’Appello avrebbe erroneamen te interpretato il
contenuto della domanda riconvenzionale spiegata dal COGNOME in punto di apparenza della servitù, confondendo l’affermazione del convenuto di aver da sempre esercitato il passaggio sulla striscia di terreno oggetto di causa con l’affermazione dell’esistenza ultraventennale di opere visibili e permanenti, viceversa mai dichiarata dalla parte, né dai testi escussi. Deducono, altresì, che sarebbe inconferente il richiamo all’art. 115 c.p.c. operato dal giudice di merito, al fine di ritenere non contestato, e dunque provato, il requisito dell’apparenza necessario all’usucapione dello ius in re aliena , trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie acquisitiva che avrebbe dovuto essere dedotto e dimostrato dall’attore in via riconvenzionale.
I primi tre motivi, suscettibili di esame congiunto, sono fondati.
I ricorrenti, al fine di dimostrare la natura e la destinazione del fondo oggetto di causa, hanno trascritto integralmente nel corpo del ricorso il contenuto sia della delibera n. 72/1998 – con cui il Consiglio Regionale ha autorizzato il Commissario Straordinario per la Riforma Fondiaria della Regione Toscana a cedere ai coltivatori diretti che ne avessero fatto richiesta i ‘beni complementari all’agricoltura’ di minor valore commerciale o agronomico, sia del contratto di cessione avente ad oggetto la striscia di terreno in contestazione, stipulato in data 14.10.1998 in forza delle delibera consiliare suddetta.
Dall’esame della delibera n. 72/1998, in particolare, risulta che il Consiglio Regionale ha inteso impartire direttive al Commissario Straordinario per l’utilizzazione e l’alienazione dei ‘ beni della Riforma Fondiaria ‘, in base alla L.R. n. 9/97; in particolare, i beni
di riforma fondiaria suscettibili di alienazione sono individuati dall’art. 3 della delibera nei ‘ beni complementari all’agricoltura ‘, tra i quali figurano espressamente le fasce frangivento.
Dall’esame del contratto di cessione del 14.10.1998, risulta che la striscia di terreno oggetto di causa è stata ceduta ai ricorrenti (e a Montano Giuseppe), dal Commissario Straordinario per la Riforma Fondiaria, ‘ non in proprio ma in nome, vece ed interesse della Regione Toscana -Gestione riforma Fondiaria ‘. Nel rogito si dà espressamente atto che ‘ la Legge Regionale n. 9/97 estende le procedure dell”Alienazione del patrimonio agricoloforestale’ anche ai beni della Riforma Fondiaria di cui alla Legge Regionale n. 48/96 ‘; si dà atto, altresì, che il fondo oggetto dell’atto dispositivo appartiene ai beni della Riforma Fondiaria, e, in particolare, che esso rientra, come fascia frangivento, ‘ tra quelli complementari di cui all’art. 3 della citata Deliberazione C.R. n. 72/98 ‘; si dà atto, infine, che il fondo non ha subito variazioni di destinazione sino alla data del rogito.
Tale essendo il regime giuridico del bene oggetto di causa, quantomeno sino al 1998, il giudice di merito ha errato a richiedere agli odierni ricorrenti di dare prova dell’esistenza di un atto amministrativo di espressa destinazione del fondo alla pubblica utilità: infatti, secondo il costante insegnamento di questa Corte, dal quale non vi è ragione di discostarsi, nel caso in cui sia lo stesso legislatore a prevedere la destinazione del bene a particolari finalità pubbliche o di pubblico interesse, come appunto avviene per i terreni acquisiti dagli enti di riforma fondiaria, la cui funzione istituzionale è prevista dalla legge, non occorre l’adozione di un atto amministrativo ad hoc ai fini della concreta destinazione del bene
al pubblico servizio (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4430 del 24/02/2009, Rv. 607041, in motivazione). L’obiezione mossa dalla Corte distrettuale agli odierni ricorrenti, secondo cui, se il bene fosse stato veramente destinato al pubblico servizio, non avrebbe potuto essere ceduto ai privati se non previa liberazione dalla sua destinazione, non tiene conto che nella fattispecie la cessione della fascia frangivento è avvenuta in forza di una legge regionale che ha espressamente previsto l’alienazione dei ben i della Riforma Fondiaria, cui ha fatto seguito una delibera consiliare che ha autorizzato il Commissario Straordinario a procedere all’atto. Pertanto, in senso contrario a quanto argomentato dal giudice di merito, si può osservare che, se il bene fosse stato liberamente disponibile, non sarebbe stata necessaria l’adozione di una legge regional e per consentirne l’alienazione ai privati.
Va in proposito assicurata continuità al seguente principio di diritto: ‘ I terreni acquistati dagli enti di riforma fondiaria, essendo destinati all’attuazione della funzione istituzionale dei medesimi, ossia quella della redistribuzione della proprietà terriera ai contadini, come stabilito dall’art. 1 della legge n. 230 del 1950 non possono, in quanto destinati a un pubblico servizio, essere sottratti a tale finalità se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano, ai sensi degli artt. 830, secondo comma, cod. civ. e 828, secondo comma, cod. civ.; ne consegue l’impossibilità giuridica di una loro acquisizione da parte di terzi per usucapione, ancorché sia venuto a scadenza il termine ordinatorio previsto dall’art. 20 della medesima legge n. 230 del 1950 per l’assegnazione delle terre acquisite ‘ (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4430 del 24/02/2009, Rv. 607041; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n.
5024 del 09/06/1987, Rv. 453627, o, ancora, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6486 del 12/03/2024, Rv. 670495, quest’ultima resa in una fattispecie nella quale la Suprema Corte ha ritenuto che il trasferimento della titolarità di un fondo dall’ente di sviluppo ad un ente territoriale non ne comportasse per ciò solo il venir meno della destinazione alla pubblica utilità).
È privo di rilievo l’ulteriore inciso con il quale la Corte d’Appello ha osservato che, nel caso di specie, la servitù di passaggio non sarebbe comunque incompatibile con la funzione svolta dalla fascia frangivento: infatti, il particolare regime giuridico del bene, per sua natura indisponibile ‘ quando ancora apparteneva all’ente pubblico ‘ (così a pag. 9 della sentenza), impediva che sullo stesso potessero essere costituiti diritti in favore dei terzi in modi diversi da quelli previsti dalla legge, e compor tava, ai sensi dell’art. 1145 c.c., che il possesso sullo stesso non avesse effetto (in tal senso, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9775 del 16/09/1995, Rv. 494032).
All’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, consegue l’assorbimento delle restanti censure, relative al requisito dell’apparenza della servitù ai fini della sua usucapione.
La pronuncia impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa per un nuovo esame delle reciproche domande delle parti, oltre che per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, la quale si atterrà ai principi di diritto sopra menzionati.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia la causa per un nuovo esame del merito, oltre che per il
regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione