Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34123 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34123 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9913/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
REGIONE LAZIO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
contro
ASL ROMA 5, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO C/O AVVOCATURA REGIONALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
C ITTA’ DI COGNOME, elettivamente domiciliata in COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6565/2021 depositata il 06/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.il Consorzio RAGIONE_SOCIALE ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale di Tivoli di rigetto della domanda di acquisto della proprietà per usucapione proposta da esso ricorrente in riferimento ad alcuni terreni in origine appartenuti all’ente ospedaliero Pio Istituto Santo Spirito ed RAGIONE_SOCIALE Riuniti, poi trasferiti ex legge 833/1978 al Comune di Guidonia Montecelio e infine pervenuti all’ASL Roma G.
La Corte di Appello ha condiviso la motivazione del Tribunale secondo cui trattavasi di beni non usucapibili in quanto afferenti al patrimonio indisponibile del Comune ai sensi dell’art. 7 della d.l.264 del 1974, convertito dalla l.386 del 1974;
la Città di Guidonia Montecelio, la Regione Lazio e l’Asl Roma 5 (già ASL RMG) resistono con controricorsi;
la causa perviene al Collegio a seguito di richiesta di decisione formulata dal ricorrente ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. in riferimento alla proposta del consigliere delegato di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza dei due motivi di ricorso;
il ricorrente e la Città di Guidonia Montecelio hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso vengono lamentate, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.l. 264 del 1974, convertito dalla l. 386 del 1974, dell’art. 1, comma 6 della legge regionale Lazio n.14/2008 e degli artt. 23 e 24 della l. regionale Lazio 18 del 1994, dell’art. 2, commi 92, 83 2 94 della legge regionale Lazio n.7/2014 e dell’art. 66, comma 7, della l.833 del 1978.
Si deduce che i beni controversi, dopo essere stati trasferiti ope legis dall’ente ospedaliero al Comune di Guidonia Montecelio in forza della l.833 del 1978, erano sempre rimasti di proprietà del Comune fino all’entrata in vigore della l.reg. 14/2008 allorché erano stati trasferiti all’ASL Roma G, che nel 1984 il Comune aveva costituito a favore del Consorzio sui terreni un diritto di superficie, che tuttavia il Consorzio aveva esercitato un possesso ad immagine della piena proprietà, che trattandosi di beni del Comune era fuori luogo il richiamo all’art. 7 del d.l. 264/74. Si ribadisce l’assunto originario per cui, avendo la ricorrente posseduto uti dominus i terreni dal 1984, si era perfezionata, con il decorso di un ventennio, la fattispecie acquisitiva oggetto della domanda iniziale; 2. con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., che la Corte di Appello ha errato nell’affermare che dalla afferenza degli immobili in questione al
patrimonio indisponibile del Comune derivava la ‘inusucapibilità degli stessi immobili sia ai sensi dell’art.1158 c.c. sia ai sensi dell’art. 1159 c.c.’. Con il motivo si censura altresì, come immotivata, l’affermazione che la Corte di Appello ha aggiunto a quella relativa alla ritenuta non usucapibilità dei terreni, secondo cui ‘in ogni caso non è stata data la prova della interversio possessionis’;
i due motivi possono essere esaminati unitariamente essendo strettamente connessi.
Essi sono infondati.
L’art. 7 del d.l. 264 del 1974 (Norme per l’estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l’avvio della riforma sanitaria’), convertito dalla l. 386 del 1974, prevedeva per quanto interessa che: ‘Fino all’entrata in vigore della riforma sanitaria è fatto divieto agli enti ospedalieri di procedere ad alienazioni di beni immobili e di titoli facenti parte del loro patrimonio, nonché alla costituzione di diritti reali sui medesimi salve le deroghe consentite con autorizzazione della regione. La predetta autorizzazione è di competenza della giunta regionale fatte salve le attribuzioni del consiglio regionale o di altri organi della regione eventualmente previsti dallo statuto o da leggi della regione. Gli atti posti in essere in violazione di tale divieto sono nulli’.
Con l’art. 66 della l. 833/78 è stato previsto che ‘Sono trasferiti al patrimonio del comune in cui sono collocati, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali: … b) i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri … È affidata alle unità sanitarie locali la gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinati ai servizi igienico-sanitari dei comuni e all’esercizio di tutte le funzioni dei comuni e loro consorzi in materia igienico sanitaria.
Le Regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi necessari
per realizzare i trasferimenti di cui ai precedenti commi e per regolare i rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti ed istituti di cui alle lettere a) e b) del primo comma. Ai trasferimenti di cui al presente articolo si provvede con le modalità e nei termini previsti dall’articolo 61. … Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al primo comma, il reimpiego ed il reinvestimento in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi’.
Con d.lgs. n.502/1992 sono state soppresse le USL ed istituite le nuove ASL, dotate di personalità giuridica ed autonomia patrimoniale ed è stato previsto (art. 5, come modificato dal d.lgs. 517/93) che i beni di cui all’art. 65 erano trasferiti con provvedimento regionale al patrimonio di queste ultime. Il trasferimento, per quanto concerne la regione Lazio, è avvenuto con la Legge regionale n.18/1994 (art. 23 e 24, quest’ultimo abrogato dalla l.reg. 14/2008, art. 1, comma 11). In particolare, l’art. 23 della l.18 del 1994 (Patrimonio delle aziende unita’ sanitarie locali ed aziende ospedaliere), ha previsto che ‘1. Tutti i beni mobili, immobili, ivi compresi quelli da reddito di cui all’articolo 24, e le attrezzature che alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 502 del 1992, facevano parte del patrimonio dei comuni o delle province con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, sono trasferiti al patrimonio delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Sono parimenti trasferiti al patrimonio delle aziende unità sanitarie locali i beni di cui all’articolo 65, comma 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, come sostituito dall’articolo 21 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638. 2. 1 suddetti beni di cui al comma 1 sono classificati in: a) beni destinati alla erogazione di servizi
igienicosanitari; b) beni destinati a fornire rendite patrimoniali nonché beni culturali ed artistico-monumentali. 3. 1 beni di cui alla lettera a) sono trasferiti alle aziende unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere con decreto del Presidente della Giunta regionale. Per i beni di cui alla lettera b) si applicano le disposizioni di cui all’articolo 24’.
La legge regionale del Lazio n.14 del 2008 ha previsto (art. 1, comma 6) che immobili -come quelli di cui trattasi- di cui agli artt. 23 e 24 della l.reg. 18/1994 ‘che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non siano stati oggetto di trasferimento alle aziende sanitarie in comunione pro-indiviso, sono trasferiti in proprietà alle singole aziende sanitarie territorialmente competenti’.
Questa Corte ha precisato – nella ordinanza n. 30720/2018, richiamata dalla Corte di Appello (v. altresì Cass. n.21572 del 2020, in motivazione, p.14 s.; e Cass. 29560/2023)- che «l’art. 7 del D.L. n. 264/1974, poi convertito in Legge n. 386/1974, ha introdotto – proprio in vista della progettata istituzione del Servizio Sanitario Nazionale con correlata liquidazione dei preesistenti enti ospedalieri – il divieto di alienazione e di costituzione di diritti reali minori sui beni già compresi nel patrimonio degli enti predetti, “fino all’entrata in vigore della riforma sanitaria” e con espressa previsione che “gli atti posti in essere in violazione di tale divieto sono nulli”. Da ciò consegue che i beni degli enti ospedalieri, oggi disciolti, sono stati totalmente sottratti al commercio, e quindi inseriti nel patrimonio indisponibile, per espressa previsione di legge dello Stato. Solo a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 833 del 1978 è stata prevista una procedura finalizzata alla rimozione del vincolo di destinazione anzidetto, su proposta dall’assemblea generale della USL, previa autorizzazione del Presidente della Regione e con deliberazione del Consiglio comunale dell’ente locale cui detti beni erano stati in concreto
trasferiti; con l’ulteriore vincolo, in ogni caso, che la somma derivante dall’alienazione o trasformazione dei beni svincolati fosse reinvestita per finalità attinenti al Servizio Sanitario Nazionale (cfr. artt.39 e 40 Legge n.833/1978)». La Corte ha anche sottolineato come dal richiamato quadro normativo «discende che i beni compresi nel patrimonio dei disciolti enti ospedalieri non sono suscettibili di possesso ad usucapionem, dalla data di entrata in vigore del richiamato D.L. n.264/1974, convertito in Legge n.386/1974, a prescindere dalla loro effettiva destinazione al pubblico servizio ospedaliero» (Cass. n. 30720 del 2018; Cass. 21573/2020; Cass. 29560/2023).
Nel caso di specie la sentenza impugnata non dà conto (neppure) della (attivazione) di tale procedura.
Deve quindi ritenersi che la decisione della Corte di Appello si sottrae ad ogni censura.
il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono necessariamente la soccombenza;
poiché la decisioine è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno del controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida per ciascuno di essi in € . 3. 000,00 per compensi professionali, € .
200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € . 3000,00 in favore di ciascuno dei controricorrenti nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 1 .000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024.