Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6486 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6486 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1517/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, giusta procura speciale in atti
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI n. 514/2021 depositata il 10/11/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME NOME NOME COGNOME convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che venisse accertato in loro favore l’intervenut a usucapione ventennale del terreno RAGIONE_SOCIALE sito in detto RAGIONE_SOCIALE, intestato al convenuto, dichiarando che il terreno in questione era già stato posseduto in via esclusiva dal padre NOME COGNOME e, successivamente, da loro stessi.
Il RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio per eccepire in primo luogo la non usucapibilità del bene, poiché rientrante nel patrimonio indisponibile del RAGIONE_SOCIALE e destinato a un servizio di pubblico interesse, e, in secondo luogo, per eccepire che gli stessi attori, con la nota del 04.06.2012 prot. 5947, avevano riconosciuto la proprietà del terreno in capo all’allora RAGIONE_SOCIALE (ente RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE), ponendo così in essere un atto incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione acquisitiva.
Con sentenza n. 1986/2019 il Tribunale di Cagliari accoglieva la domanda attorea, ritenendo non sussistenti i requisiti necessari affinché il terreno in questione potesse rivestire la natura di bene pubblico indisponibile e affermando la sua attitudine ad essere suscettibile di possesso utile ad usucapionem.
Avverso tale decisione il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE proponeva appello. Resistevano NOME e NOME COGNOME, contestando integralmente l’impugnazione e chiedendone il rigetto.
Con sentenza n. 514/2021 la Corte d’Appello di Cagliari accoglieva il gravame e, per l’ effetto, rigettava la domanda proposta da NOME e NOME COGNOME.
In particolare, la Corte distrettuale accoglieva il primo e il terzo motivo di ricorso, riguardanti l’assenza dei requisiti necessari per l’usucapibilità del terreno in questione, affermando che, a norma della legge n. 230 del 1950, i terreni oggetto del patrimonio degli enti di RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) sono indisponibili, in forza del vincolo di destinazione imposto ope legis , che continuava a permanere anche a seguito dell’atto di cessione a titolo gratuito del 01.09.2009 stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello sanciva che da tale vincolo i beni in questione non possono essere sottratti, se non nei modi stabiliti dalla legge e che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure, non è necessario uno specifico atto amministrativo da parte dell’ente proprietario, volto ad indirizzare concretamente il bene al soddisfacimento di interessi di carattere generale, essendo questa funzione e finalità imposta direttamente dalla legislazione che lo riguarda.
Avverso tale sentenza NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidando le loro doglianze a due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso, eccependo l’inammissibilità e la manifesta infondatezza del ricorso.
A seguito di proposta di definizione accelerata formulata dal Consigliere delegato per inammissibilità/infondatezza del ricorso, i ricorrenti hanno chiesto la decisione del giudizio ex art. 380 bis c.p.c.
9 . In prossimità dell’adunanza camerale ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1950, anche in relazione agli artt. 826, comma 3, e 828, comma 2, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’Appe llo ignorato:
-che, in primo luogo, la L. n. 230 del 1950, avente ad oggetto ‘ Provvedimenti per la colonizzazione dell’Altopiano della Sila e dei territori jonici contermini ‘ è inconferente, se non laddove richiamata dalla L. 841 del 1950 recante ‘ Norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini ‘;
che, in ogni caso, entrambi i provvedimenti risultano abrogati dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;
che tali norme non sarebbero comunque applicabili al caso di specie, poiché l’intestatario della proprietà del bene oggetto di causa è un RAGIONE_SOCIALE e non già un RAGIONE_SOCIALE e che le relative norme, per la loro specificità, non sono suscettibili di applicazione analogica.
I ricorrenti sostengono che dal combinato disposto dell’art. 11 della Legge n. 386 del 1976 e dell’art. 15 della Legge regionale Sardegna n. 5 del 1984 appare evidente che il terreno in questione non rientri tra quelli funzionali alle finalità dell’RAGIONE_SOCIALE e, pertanto, lo stesso non è ricompreso tra quelli per i quali è previsto il regime giuridico di cui agli artt. 826, comma 3, e 828, comma 2, c.c.
2.Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 826, comma 3, e 828, comma 2, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ignorato che l’amministrazione comunale non ha dimostrato, attraverso un atto amministrativo o di altra natura, come era suo onere, di aver formalmente destinato ad
un uso pubblico il terreno oggetto del giudizio e di averlo in concreto ed effettivamente utilizzato per fini di interesse generale.
3.Per evidenti ragioni di connessione, i due motivi possono essere scrutinati congiuntamente.
3.1.Gli stessi vanno disattesi.
Secondo i ricorrenti, il vincolo configurato dal giudice di merito si applicherebbe soltanto ai beni funzionali alle finalit à̀ dell’ente di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e non a quelli che non presentino tale caratteristica, e che sarebbe dunque necessario un atto amministrativo da parte dell’ente proprietario, idoneo a confermare la concreta destinazione del cespite alle predette finalit à̀ .
A tacere che i riferimenti contenuti nel ricorso alla violazione o falsa applicazione di norme abrogate (ossia della L. n. 230/1950) sono privi di pregio, in quanto il legislatore ha assoggettato al regime del patrimonio indisponibile i beni rientranti nel patrimonio degli Enti di riforma e che tale vincolo non risulta abrogato dalla legge 346/976 (cfr. Cass. n. 26174/2020), le due censure appaiono anzitutto carenti del richiesto grado di specificit à̀ , perch é́ i ricorrenti non indicano di aver dimostrato, in concreto, che il bene oggetto di causa non sarebbe stato destinato alle finalit à̀ istituzionali dell’ente, in tal modo non ponendo il Collegio in condizioni di verificare la decisività del vizio denunziato e non hanno comunque chiarito dove nel corso del giudizio di merito siano state avanzate le doglianze riproposte avanti a questa Corte.
In ogni caso, a dispetto della titolazione dei motivi, i vizi denunciati nel ricorso riguardano la valutazione di merito compiuta dalla Corte distrettuale, alla quale i ricorrenti contrappongono una lettura alternativa del fatto e RAGIONE_SOCIALE prove, preclusa al giudice di legittimità perché si risolve in un’istanza di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una
nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. SS.UU. n. 24148/2013). N é è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo RAGIONE_SOCIALE prove, dovendosi ribadire il principio per cui “L’esame dei documenti esibiti e RAGIONE_SOCIALE deposizioni dei testimoni, nonch é́ la valutazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALE risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute pi ù̀ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014).
3.2.La Corte di Appello di Cagliari ha peraltro deciso il caso sottoposto al suo giudizio in senso pienamente conforme ai precedenti di questo Giudice, i quali hanno affermato, quanto all’assoggettamento al regime del patrimonio indisponibile dei terreni acquisiti al patrimonio degli enti di RAGIONE_SOCIALE, destinati al servizio pubblico di ridistribuzione della proprietà terriera, il principio per cui gli stessi ‘ per trent’anni dalla prima assegnazione sono assoggettati al regime del patrimonio indisponibile non abrogato dalla l. n. 346 del 1976 e perciò non sono usucapibili, pur se affrancati ai sensi della citata legge o riscattati in forza dell’art. 1 della l. n. 379 del 1967, neppure dall’ente assegnante o dai
coltivatori diretti o da altri manuali coltivatori della terra, ai quali invece sono alienabili, a norma dell’art. 4 di quest’ultima legge ” fino al termine del trentesimo anno dalla data della prima assegnazione “. (26714/2020; 5227/1998) e, quanto alla sottrazione a tale finalità, che i terreni acquistati dagli enti di riforma fondiaria, ‘ essendo destinati all’attuazione della funzione istituzionale dei medesimi, ossia quella della redistribuzione della proprietà terriera ai contadini, come stabilito dall’art. 1 della legge n. 230 del 1950 – non possono, in quanto destinati a un pubblico servizio, essere sottratti a tale finalità se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano, ai sensi degli artt. 830, secondo comma, cod. civ. e 828, secondo comma, cod. civ.; ne consegue l’impossibilità giuridica di una loro acquisizione da parte di terzi per usucapione, ancorché sia venuto a scadenza il termine ordinatorio previsto dall’art. 20 della medesima legge n. 230 del 1950 per l’assegnazione RAGIONE_SOCIALE terre acquisite ‘(Cass. n. 4430/2009).
Va infine precisato che la predetta destinazione, nel caso di specie, si era mantenuta anche a seguito del trasferimento del fondo dall’RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE (come affermato a pag. 5 della sentenza impugnata), posto che l a ‘declassificazione’ dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile, la cui destinazione all’uso pubblico deriva da una determinazione legislativa, ‘ deve avvenire in virtù di atto di pari rango, e non può, dunque, trarsi da una condotta concludente dell’ente proprietario, postulando la cessazione tacita della patrimonialità indisponibile, così come della demanialità, che il bene abbia subito un’immutazione irreversibile, tale da non essere più idoneo all’uso della collettività, senza che a tal fine sia sufficiente la semplice circostanza obiettiva che detto uso sia stato sospeso per lunghissimo tempo. Ne consegue che, con riguardo agli alloggi costruiti a carico dello Stato per far fronte alle esigenze RAGIONE_SOCIALE
popolazioni colpite da eventi sismici, la cui inclusione nell’ambito del patrimonio indisponibile si ricava dagli artt. da 252 a 255 del Testo Unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni sull’edilizia popolare ed economica, deve escludersi la stessa ipotetica configurabilità di una declassificazione tacita per effetto dell’attività concludente posta in essere dall’ente proprietario, nonché la possibilità che questa abbia anche soltanto innescato la sospensione dell’uso pubblico ‘ (Cass. n. 2962/2012).
Risultando la decisione conforme alla giurisprudenza di questa Corte, il ricorso appare destituito di fondamento anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. sentenza n. 7155/2017).
4.In conclusione, per quanto argomentato, il ricorso va rigettato e parte ricorrente deve essere condannata al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come in dispositivo, in forza del principio della soccombenza.
Essendo la decisione resa in tema di procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380 bis c.p.c. novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere inoltre condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme ex art. 96 commi 3 e 4 c.p.c., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: Cass. S.U. 27195/2023).
5.Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di RAGIONE_SOCIALEzione rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di Euro 1.000,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96 comma 4 c.p.c. – al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione