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Usucapione bene pubblico: no su beni culturali

La Corte di Cassazione ha rigettato la domanda di usucapione di un terreno con annesso capannone, promossa da alcuni privati contro un Comune. La Corte ha stabilito che l’usucapione del bene pubblico è impossibile quando questo, a seguito di decreti ministeriali che ne riconoscono l’interesse paesaggistico, rientra nel demanio culturale. Tali beni sono inalienabili e non possono essere acquisiti per possesso prolungato, indipendentemente dal loro utilizzo effettivo da parte dell’ente pubblico.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Usucapione Bene Pubblico: La Cassazione Nega l’Acquisto di Beni Culturali

L’istituto dell’usucapione, che consente di diventare proprietari di un bene dopo averlo posseduto per un lungo periodo, incontra un limite invalicabile quando l’oggetto del possesso è un bene pubblico appartenente al demanio culturale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio fondamentale, negando la possibilità di un usucapione bene pubblico qualora il terreno in questione sia stato dichiarato di interesse paesaggistico. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Una Richiesta di Usucapione Contro il Comune

Il caso trae origine dalla domanda presentata dagli eredi di un cittadino per ottenere il riconoscimento della proprietà, per usucapione, di un’area su cui sorgeva un capannone artigianale. L’area era situata in una zona di pregio paesaggistico di un comune italiano. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta, accogliendo invece la domanda riconvenzionale del Comune, che chiedeva il riconoscimento della sua proprietà sul capannone per il principio di accessione.

La motivazione dei giudici di merito si basava sulla natura pubblica del terreno. L’area era stata infatti dichiarata di interesse pubblico con due decreti ministeriali risalenti agli anni ’50 e, successivamente, destinata a parco pubblico dai piani regolatori comunali succedutisi dal 1965 in poi. Secondo la Corte d’Appello, queste circostanze rendevano il bene non suscettibile di acquisto da parte di privati.

La Decisione della Cassazione e il Concetto di Demanio Culturale

Gli eredi hanno impugnato la sentenza in Cassazione, sostenendo che la mera previsione urbanistica o la dichiarazione di interesse pubblico non fossero sufficienti a qualificare il bene come patrimonio indisponibile, soprattutto in assenza di una sua effettiva e concreta utilizzazione per scopi pubblici.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, fornendo una chiara e netta distinzione. Il punto cruciale, secondo gli Ermellini, non risiede nella destinazione a verde pubblico del piano regolatore, ma nel fatto che i decreti ministeriali del 1952 e 1954 avevano impresso sull’area un vincolo paesaggistico. Questo atto formale ha fatto sì che il bene entrasse a far parte del demanio culturale, come definito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004).

Le motivazioni: perché l’usucapione di un bene pubblico culturale è impossibile?

La Corte ha chiarito che i beni appartenenti al demanio culturale, per loro stessa natura, sono sottoposti a un regime giuridico speciale che li rende inalienabili e insuscettibili di formare oggetto di diritti a favore di terzi. Di conseguenza, non possono essere acquisiti per usucapione.

È stata inoltre sottolineata una differenza fondamentale: il requisito della destinazione effettiva e concreta a un servizio pubblico è richiesto solo per qualificare un bene come parte del patrimonio indisponibile dello Stato o di un ente locale (art. 826 c.c.). Per i beni demaniali, come quelli del demanio culturale, tale requisito non è necessario. La loro intrinseca qualità culturale o paesaggistica è sufficiente a sottrarli alla disponibilità dei privati e, quindi, all’usucapione, a prescindere dal loro uso effettivo. La dichiarazione di interesse pubblico contenuta nei decreti ministeriali è stata quindi ritenuta sufficiente per affermare la natura demaniale del bene e la conseguente impossibilità di usucapirlo. Le questioni relative ai titoli di proprietà del Comune sono state considerate irrilevanti di fronte a questo principio superiore.

Le conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di massima importanza per la tutela del patrimonio pubblico. Stabilisce che un bene con riconosciuto valore paesaggistico e culturale è protetto in modo assoluto. Per i cittadini, ciò significa che l’occupazione prolungata di un’area soggetta a vincolo paesaggistico non potrà mai tradursi in un acquisto della proprietà. Per le pubbliche amministrazioni, rafforza la consapevolezza che la protezione di tali beni non dipende dalla loro gestione o utilizzo attivo, ma deriva direttamente dalla legge a causa del loro intrinseco valore per la collettività.

È possibile acquistare per usucapione un terreno dichiarato di interesse pubblico?
No, se il terreno è qualificato come bene paesaggistico e culturale, rientra nel cosiddetto demanio culturale. Questi beni sono inalienabili per legge e, pertanto, non possono essere acquisiti tramite usucapione, indipendentemente dalla durata del possesso.

Cosa rende un bene “demanio culturale” e quindi non usucapibile?
Un bene entra a far parte del demanio culturale quando possiede un intrinseco valore paesaggistico, storico, artistico o archeologico. Secondo la sentenza, per i beni appartenenti a enti pubblici, la presenza di un atto formale della pubblica amministrazione, come un decreto ministeriale che ne riconosce l’interesse pubblico, è sufficiente a conferirgli tale qualità e a renderlo non usucapibile.

La mancata utilizzazione pubblica di un bene demaniale ne consente l’usucapione?
No. La Corte ha chiarito che, a differenza dei beni del patrimonio indisponibile, per i beni del demanio pubblico (incluso quello culturale) non è richiesta un’effettiva e concreta destinazione all’uso pubblico. La loro natura demaniale li protegge dall’usucapione a prescindere dal loro utilizzo pratico da parte dell’ente proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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