Usucapione bene pubblico: quando un immobile abusivo può diventare di proprietà?
La Corte di Cassazione torna ad affrontare una questione tanto complessa quanto diffusa: l’usucapione di un bene pubblico. Con l’ordinanza interlocutoria n. 13443/2024, i giudici supremi hanno scelto di non decidere immediatamente, ma di rimettere la discussione a una pubblica udienza, data l’importanza cruciale del caso. La vicenda riguarda un’abitazione costruita abusivamente, acquisita al patrimonio di un Comune ma mai effettivamente utilizzata per scopi pubblici, e sulla quale i costruttori hanno continuato a vivere per decenni. Può il possesso prolungato trasformarsi in proprietà in un contesto del genere?
I fatti: la costruzione abusiva e l’intervento del Comune
La storia inizia nel 1977, quando una coppia, in possesso di un terreno in base a un contratto preliminare, vi costruisce un’abitazione. Il Comune, rilevando il carattere abusivo dell’edificio, emette un ordine di demolizione. Di fronte all’inadempienza, nel 1978 l’ente pubblico dispone l’acquisizione gratuita dell’immobile al proprio patrimonio indisponibile, con l’intento di destinarlo a fini di edilizia residenziale pubblica.
Tuttavia, questo provvedimento di acquisizione non viene mai concretamente attuato e la famiglia continua a vivere nell’immobile, ampliandolo addirittura nel 1982 e ottenendo una concessione in sanatoria per tale ampliamento nel 1995. Dopo decenni di possesso ininterrotto, nel 2005 i coniugi avviano una causa contro il Comune per ottenere il riconoscimento dell’acquisto della proprietà per usucapione.
Il percorso giudiziario e la questione sull’usucapione di un bene pubblico
Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello rigettano la domanda dei privati cittadini. La questione approda quindi in Corte di Cassazione, dove l’erede dei costruttori solleva due motivi principali. Il secondo motivo, in particolare, è quello che attira l’attenzione della Corte: si contesta che il bene, pur essendo formalmente entrato nel patrimonio indisponibile del Comune, non sia mai stato concretamente ed effettivamente destinato a un pubblico servizio. Secondo la tesi della ricorrente, questa mancanza di una destinazione reale renderebbe il bene suscettibile di usucapione, al pari di un qualsiasi bene privato.
Di contro, il Comune si difende non solo nel merito ma anche sollevando un’eccezione di carattere processuale: la richiesta della cittadina sarebbe inutile, poiché, anche se ottenesse la proprietà, l’immobile rimarrebbe abusivo e quindi dovrebbe essere demolito.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza interlocutoria, non fornisce una risposta definitiva ma espone le ragioni per cui ritiene necessaria una riflessione più approfondita. I giudici riconoscono l’elevata ‘valenza nomofilattica’ della questione. In altre parole, il caso solleva un problema di diritto di fondamentale importanza, la cui soluzione avrà un impatto significativo su molte altre situazioni simili.
Il nodo centrale da sciogliere è se un bene, acquisito da un ente pubblico ai sensi della normativa sugli abusi edilizi (art. 15 della L. 10/1977), entri a far parte del patrimonio indisponibile in modo assoluto, precludendo così l’usucapione, oppure se tale ‘indisponibilità’ sia condizionata a una successiva, concreta ed effettiva destinazione a pubblico servizio. Se questa destinazione rimane solo un’intenzione sulla carta, il bene può essere considerato alla stregua di un bene privato e quindi essere usucapito da chi lo ha posseduto per oltre vent’anni? È per rispondere a questo interrogativo, bilanciando l’interesse pubblico alla repressione degli abusi e il principio della certezza dei rapporti giuridici consolidati nel tempo, che la Corte ha deciso di rinviare la causa alla pubblica udienza.
Le conclusioni
L’ordinanza interlocutoria non chiude la vicenda ma la apre a uno scenario di grande interesse giuridico. La decisione finale che scaturirà dalla pubblica udienza è destinata a diventare un precedente fondamentale in materia di usucapione di un bene pubblico. Si chiarirà se la semplice acquisizione formale di un immobile da parte di un ente pubblico sia sufficiente a ‘blindarlo’ dall’usucapione o se sia necessaria una destinazione fattuale a un interesse collettivo. La sentenza finale avrà implicazioni pratiche notevoli per cittadini e amministrazioni pubbliche, definendo i confini tra la tutela del patrimonio pubblico e i diritti derivanti dal possesso prolungato nel tempo.
È possibile acquisire per usucapione un immobile che un Comune ha acquisito al proprio patrimonio a seguito di un abuso edilizio?
La Corte di Cassazione non ha ancora fornito una risposta definitiva. Ha ritenuto la questione di tale importanza da richiedere una discussione in pubblica udienza. Il punto cruciale è stabilire se l’immobile, per essere non usucapibile, debba avere ricevuto una destinazione concreta ed effettiva a un servizio pubblico, oltre all’acquisizione formale da parte dell’ente.
Cosa significa che la Corte ha rimesso la trattazione in pubblica udienza?
Significa che i giudici considerano la questione legale troppo rilevante e complessa per essere decisa con la procedura standard. Una pubblica udienza permette un dibattito più approfondito tra le parti e un esame più ponderato da parte della Corte, in vista di una decisione che fungerà da importante precedente per casi futuri.
Qual era la principale difesa del Comune nel ricorso incidentale?
Il Comune ha sostenuto che la cittadina non avesse un reale interesse ad agire in giudizio. Secondo l’ente, anche se la ricorrente ottenesse il riconoscimento della proprietà tramite usucapione, l’immobile rimarrebbe comunque abusivo e quindi destinato alla demolizione. Questo, a parere del Comune, renderebbe l’intera azione legale priva di utilità pratica.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13443 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13443 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
Ordinanza interlocutoria
sul ricorso n. 31925/2020 proposto da:
COGNOME NOME , difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente principale e contricorrente al ricorso incidentalecontro
Comune di Barberino di Mugello , difeso da ll’
AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; -controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1844/2020 del 30/9/2020.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel 1977 i genitori della ricorrente, NOME COGNOME, immessi anticipatamente nel possesso sulla base di un preliminare di vendita, realizzano un’abitazione su uno dei terreni (siti nel Comune di Barberino di Mugello) promessi in vendita e da loro acquistati nel 1981. Nel 1977, assumendo il carattere abusivo dell’abitazione, il Comune impartisce al padre dell a ricorrente un ordine di demolizione ex art. 15 l. 10/1977. Nel 1978, riscontrata l’inottemperanza, il Comune impartisce (al promittente venditore) un ordine
di acquisizione al proprio patrimonio indisponibile per fini di edilizia residenziale pubblica, reso esecutivo e mai portato ad effetto. I genitori hanno sempre abitato nell’immobile. Nel 1982 lo hanno ampliato. Nel 1995 hanno ottenuto dal Comune una concessione edilizia in sanatoria dell’ampliamento. Nel 2005 i genitori convengono dinanzi al Tribunale di Firenze (Pontassieve) il Comune di Barberino per l’accertamento dell’acquisto per usucapione dell’immobile. Il Tribunale rigetta e compensa le sp ese di lite. La Corte di appello riforma solo sulle spese, condannando la parte attrice al rimborso delle spese di entrambi i gradi.
Ricorre in cassazione la parte privata attrice con due motivi, illustrati da memoria. Resiste il Comune convenuto con controricorso e ricorso incidentale con un motivo, al quale resiste la parte ricorrente con controricorso.
Ragioni della decisione
– Il primo motivo del ricorso principale denuncia la nullità della sentenza ex art. 158 c.p.c. per la partecipazione al collegio giudicante della Corte di appello di un giudice ausiliario in veste di relatore.
Il secondo motivo del ricorso principale (p. 10) denuncia la violazione degli artt. 1145, 826, 828 e 1158 c.c., dell’art. 15 l. 10/77 per l’inesistente destinazione concreta ed effettiva del bene a pubblico servizio e la sua conseguente sua usucapibilità.
L ‘unico motivo del ricorso incidentale (p. 12) denuncia la violazione dell’art. 100 c.p.c., per difetto di interesse ad agire della parte privata. Si fa valere che il fabbricato in contestazione è ancora in piedi solo perché acquisito dal Comune ai sensi dell’art. 15 l. 10/1977, altrimenti avrebbe dovuto essere demolito, sorte che il bene ritornerebbe a dover patire ove ritornasse nella disponibilità dei privati, stante la sua abusività. Ciò rende inutile l’azione proposta dalla parte ricorrente.
-Si ravvisa la necessità di rimettere la trattazione del ricorso in pubblica udienza per la valenza nomofilattica della questione proposta con il secondo motivo del ricorso principale (usucapibilità di un bene acquisito al
patrimonio indisponibile dell’ente pubblico ex art. 15 l. 10/1977 ) alla luce delle rispettive tesi sostenute dalle parti;
visto l’art. 375 cpc;
P.Q.M.
La Corte rimette la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
Così deciso a Roma il 19/4/2024.