Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7158 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20101/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1488/2018 depositata il 21/06/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
CONSIDERATO CHE:
Nell’anno 2003, la RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) citava in giudizio il Comune di Orbetello dinanzi al Tribunale di Grosseto -Sez. distaccata di Orbetello, chiedendo il rilascio di una piccola porzione di terreno facente parte della maggior superficie destinata ed utilizzata a campeggio ( ‘ RAGIONE_SOCIALE della Feniglia ‘) di proprietà del medesimo comune. A sostegno della sua pretesa, l’attrice deduceva che detta porzione di terreno di cui si chiedeva il rilascio era compresa nella maggiore area (fino al 1993 già di proprietà di RAGIONE_SOCIALE) che essa si aggiudicava dalla Regione Toscana, acquistandola con atto di compravendita del 24.04.2003.
1.1. Il Comune di Orbetello si costituiva eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, avendo ceduto alla RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘), in data 30.05.2003, il terreno per cui è causa, posseduto dal Comune di Orbetello sin dal 1978 e oggetto di concessione al RAGIONE_SOCIALE La Feniglia, gestito dalla cooperativa RAGIONE_SOCIALE già dal settembre 1977.
1.2. Costituitasi in giudizio a séguito della chiamata in causa da parte della società attrice, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, il riconoscimento dell’intervenuto acquisto per usucapione ultraventennale della porzione di terreno in contestazione.
Il Tribunale di Grosseto -Sez. distaccata di Orbetello, rigettava la domanda dell’attrice e accoglieva la domanda riconvenzionale della
RAGIONE_SOCIALE , riconoscendone l’intervenuto acquisto per usucapione.
La pronuncia veniva impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di Firenze che rigettava il gravame e, in accoglimento dell’appello incidentale, riformava parzialmente la sentenza impugnata in punto di compensazione delle spese, condannando l’appellante a rifondere le spese processuali del primo grado di giudizio.
3.1. A sostegno della sua decisione, affermava la Corte -per quel che qui ancora rileva -che una modesta porzione della proprietà già RAGIONE_SOCIALE acquistata dall’appellante era ricompresa dal 1977 all’interno del perimetro del campeggio comunale, ed era stata quindi trasferita dal Comune di Orbetello alla RAGIONE_SOCIALE con atto pubblico del 30.05.2003. Su tale porzione di terreno si era compiuto l’acquisto a titolo originario per usucapione a vantaggio della RAGIONE_SOCIALE, sussistendo tutti i requisiti del possesso di cui all’art. 1158 cod. civ., incluso l’ animus possidendi che non indica la convinzione di essere proprietario o titolare di altro diritto reale sulla cosa, bensì l’intenzione di comportarsi come tale esercitando facoltà corrispondenti a questa convinzione. Inoltre, contrariamente a quanto obiettato dall’appellante – e cioè che il Comune di Orbetello non poteva avere esercitato alcun possesso sul bene, in quanto oggetto di concessione al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Feniglia -il possesso esercitato dall’RAGIONE_SOCIALE territoriale aveva le caratteristiche della fattispecie regolata dall’art. 1140 cod. civ., comma 2, in base al quale: «Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa».
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidandolo ad un unico motivo.
Si è costituito il Comune di Orbetello depositando controricorso.
E’ rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RILEVATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 828, comma 2, 830, 1058 cod. civ., con riferimento all’art. 360, n. 2) cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale affermato l’usucapione di un bene appartenente al patrimonio indisponibile di un ente pubblico. È fatto pacifico che la pretesa usucapione della porzione di terreno in contestazione si sarebbe prodotta a partire dal 1978, quando era stata realizzata la recinzione in danno dell’RAGIONE_SOCIALE, vale a dire un ente pubblico per lo sviluppo agricolo, rispetto al quale i beni ad esso appartenenti non avrebbero potuto essere sottratti al soddisfacimento delle finalità pubbliche normativamente perseguite, se non nei modi stabiliti dalla legge e fino alla sottrazione alla loro destinazione (v. tra le altre: Cass. n. 14507 del 09.06.2017). Tale sottrazione non avrebbe potuto verificarsi per effetto di usucapione da parte di terzi (v. tra le altre: Cass. n. 2962 del 27.02.2012).
Precisa la ricorrente che la questione della non usucapibilità dei beni di cui agli artt. 828 e 130 cod. civ. è sicuramente rilevabile d’ufficio, in quanto sottratta alla disponibilità delle parti e dunque allo stesso sistema di preclusioni processuali.
1.1. Il motivo è infondato nei termini che seguono.
1.2. Occorre innanzitutto chiarire che l’RAGIONE_SOCIALE era un ente regionale di diritto pubblico (ente di sviluppo agricolo), istituito con L.R. Toscana 18 ottobre 1977, n. 72; l’art. 17 gli riconosceva un proprio patrimonio,
costituito inizialmente dai beni mobili ed immobili assegnati alla Regione Toscana a cura di un commissario straordinario, a norma dell’art. 6 della legge 30 aprile 1976, n. 386.
Al tempo dello scioglimento dell’RAGIONE_SOCIALE (art. 4 LR Toscana 22 marzo 1993, n. 15: legge peraltro abrogata, unitamente alla legge n. 72 del 1977, dall’allegato A della L.R. 2 aprile 2002, n. 11, richiamato dall’art. 1) i compiti ad esaurimento, relativi alla conservazione e gestione dei terreni e delle opere di riforma fondiaria, erano esercitati da un commissario straordinario, secondo le modalità e per i fini previsti dagli artt. 9, 10 e 11 della legge 30 aprile 1976, n. 386. Norme, queste ultime, che rinviano alla riforma fondiaria (legge 21 ottobre 1950, n. 841 e ss.mm.) e che includono: b) beni immobili assegnabili a norma dell’art. 10 della L. 30 aprile 1976, n. 386; c) tutti gli altri beni immobili già riconosciuti alienabili o , comunque, alienabili ai sensi dell’art. 1 della L. 386/76 e della normativa regionale vigente; d) beni destinati e destinabili a uso di pubblico generale interesse, da cedere gratuitamente ai sensi dell’ar t. 11, ultimo comma della legge n. 386/76.
1.3. I beni confluiti dalla regione Toscana all’RAGIONE_SOCIALE, e dall’ente di nuovo alla Regione Toscana, sono beni assegnati e/o assegnabili secondo la riforma fondiaria, alienabili agli aventi diritto (identificati ai sensi dell’art. 4, comma 2, legge n. 379 del 1967, vigente ratione temporis : «Fino al termine del trentesimo anno dalla data della prima assegnazione, il fondo non potrà essere alienato tranne che all’RAGIONE_SOCIALE che ha disposto l’assegnazione od a coltivatori diretti o ad altri manuali coltivatori della terra il cui nucleo familiare abbia una forza lavorativa non inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo medesimo e degli altri eventualmente posseduti»), ma non usucapibili: «I terreni acquisiti al patrimonio degli
enti di sviluppo, destinati al servizio pubblico di ridistribuzione della proprietà terriera, per trent’anni dalla prima assegnazione sono assoggettati al regime del patrimonio indisponibile non abrogato dalla l. n. 346 del 1976 e perciò non sono usucapibili, pur se affrancati ai sensi della citata legge o riscattati in forza dell’art. 1 della l. n. 379 del 1967, neppure dall’ente assegnante o dai coltivatori diretti o da altri manuali coltivatori della terra, ai quali invece sono alienabili, a norma dell’a rt. 4 di quest’ultima legge ‘fino al termine del trentesimo anno dalla data della prima assegnazione’» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26714 del 24/11/2020, Rv. 659834 -01).
1.3.1. Sul tema, questa Corte ha avuto modo di chiarire che l’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale discende, non solo, dalla esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad uso pubblico, ma anche dalla concreta utilizzazione dello stesso a tale fine, la cui mancanza deve essere desunta dalla decorrenza, rispetto all’adozione dell’atto amministrativo, di un periodo di tempo tale da non essere compatibile con l’utilizzazione in concreto del bene a fini di pubblica utilità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24563 del 03/12/2010, Rv. 614925 -01; confermata da, ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17427 del 19/06/2023, Rv. 668061 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26990 del 26/11/2020, Rv. 659835 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21137 del 02/10/2020, Rv. 659314 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26402 del 16/12/2009, Rv. 610544 -01).
1.3.2. Tuttavia, la circostanza dirimente per riconoscere la non usucapibilità di un bene dipende dalla scelta operata dal legislatore con riguardo alla destinazione di pubblica utilità: in tal caso, infatti, non occorre alcun ulteriore provvedimento della pubblica amministrazione, ovvero un’effettiva destinazione al servizio pubblico nel momento del trasferimento del bene da un ente disciolto ad un altro per le medesime
funzioni (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 29560 del 25/10/2023, Rv. 669206 -01). Tanto basta a spiegare perché non sia possibile affermare in via generale che tutti i beni di un RAGIONE_SOCIALE siano ascrivibili al patrimonio indisponibile: non già perché lo siano sempre, come sostenuto in memoria dalla ricorrente (p. 5), bensì perché occorre verificare, con riferimento specifico ai terreni coinvolti, se essi siano o meno ricompresi nella scelta operata dal legislatore con riguardo alla destinazione di pubblica utilità.
1.4. Nel caso che ci occupa, il giudice del merito, al quale spettava di accertare la natura, destinazione ad uso pubblico ed assegnazione della zona di terreno adibita a campeggio dal Comune di Orbetello e alienata all’odierna ricorrente dalla Regione Toscana , non ha potuto valutarne il carattere eventualmente indisponibile, perché la questione non è stata portata al suo esame . L’ accertamento avrebbe potuto essere svolto esclusivamente sulla base delle allegazioni di fatto tempestivamente prodotte dalle parti interessate e prima del maturare delle preclusioni processuali, in quanto non si trattava di questione di solo diritto, ma questione che presupponeva un accertamento in fatto da svolgere se e in quanto le relative questioni fossero state allegate nei termini previsti dal codice di rito.
1.4.1. A tale ultimo proposito , l’affermazione del la ricorrente presenta, altresì, un profilo di inammissibilità, poiché dice di aver sollevato la questione dell’indisponib ilità del terreno «nella memoria di replica», limitandosi a richiamarla senza ulteriormente specificare in quale grado di giudizio sia stata prodotta, né riportandone almeno in parte il contenuto, senza quindi fornire a questa Corte puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione, al fine di renderne possibile l’esame ( ex multis , di recente: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019, Rv. 656224 – 02).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in € 3.500,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda