Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26024 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26024 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31989/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
DALLA LIBERA NOME, PRIVILEGGI EDDA, COGNOME FRANCO, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati – avverso la sentenza n. 1030/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 31/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
In primo grado venne rigettata la domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, con la quale costoro avevano
chiesto di essere dichiarati comproprietari per usucapione di un locale, uso cantina, posto nel sottoscala di un edificio, del cui condominio faceva parte.
Per contro venne accolta la domanda riconvenzionale di condanna al rilascio avanzata dalla condomina NOME COGNOME (su istanza di quest’ultima era stata chiamata in giudizio NOME COGNOME, sua dante causa, la quale, a sua volta costituitasi, aveva chiesto il rigetto della domanda principale, nonché di quella contro di lei rivolta da NOME COGNOME).
La Corte d’appello di Venezia rigettò l’impugnazione degli attori.
1.1. Questi, in sintesi gli argomenti posti a sostegno della decisione di secondo grado:
il maggior uso della cosa composseduta, imputabile alla tolleranza degli altri compossessori, non è sufficiente a dimostrare il possesso esclusivo ‘ad usucapionem’, che richiede la impossibilità del godimento altrui;
-l’apprensione del bene era avvenuto previo accordo, dal che conseguiva versarsi in presenza di <>;
<>;
-l’uso del vano per il passaggio d’impianti condominiali, ben visibili, in quanto non incassati nei muri, dimostrava un <>.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso sulla base di cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria, mentre le altre parti sono rimaste intimate.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
I ricorrenti, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, hanno chiesto decidersi il ricorso e con successiva istanza del 6/12/2023 hanno ricusato il Consigliere delegato.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale odierna.
Preliminarmente deve rilevarsi che l’istanza di ricusazione non deve essere esaminata, perchè il Consigliere delegato autore della proposta non compone il Collegio chiamato a decidere la causa.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione del giudicato interno, a loro dire costituito dall’accertamento del possesso esclusivo in capo agli esponenti da parte del Tribunale, che aveva negato la sussistenza dell’usucapione perché sarebbe mancata la prova della buona fede.
7.1. La doglianza è destituita di giuridico fondamento.
La non condivisibilità dell’asserto risalta evidente alla luce del consolidato orientamento della Corte di legittimità, la quale ha affermato, con la decisione n. 30459/2018, che: <> (Sez. 6-3, n. 12202, 16/5/2017, Rv. 644289; Sez. 2, n. 16583, 28/9/2012, Rv. 624791).
Se è indubitabile, alla luce della esposta premessa, che, siccome reputato anche dalla decisione richiamata, l’appello riapre la cognizione e attribuisce al giudice il pieno potere di rivalutare la
vicenda sottopostagli; a maggior ragione ciò deve dirsi allorquando, come nella specie, abbia rigettato la pretesa. Sulla quale, quindi, l’aspirante al riconoscimento del diritto non potrebbe giammai avere acquisito una posizione qualificata di vantaggio.
Né, è appena il caso di soggiungere, si potrebbe giammai versare in presenza di un accertamento che la controparte avrebbe dovuto contrastare con l’impugnazione. A un tale strumento, ovviamente, quest’ultima non sarebbe stata legittimata in quanto totalmente vincitrice.
Con il secondo, terzo e quinto motivo, tra loro connessi, si denuncia violazione degli artt. 1102, 1117, 1102, 1164, 1027 e 1028 cod. civ.
Questi gli assunti censori:
il comproprietario gode del compossesso, quindi, aveva errato la Corte di Venezia a qualificare detenzione il rapporto dei ricorrenti con la ‘res’;
-non occorre una <>, avendo gli esponenti goduto della cosa in modo pieno ed esclusivo, come se ne fossero i proprietari, privando gli altri compossessori del godimento;
non assume rilievo la circostanza che il bene, in origine condominiale, alloggi il passaggio d’impianti tecnologici comuni, in quanto ciò non impedisce l’acquisita proprietà per usucapione, nel caso in cui il singolo condomino abbia escluso gli altri dal compossesso, risultando ben compatibile con un tale acquisto l’esistenza di servitù passiva relativamente alle condotte passanti di acquedotto, elettrodotto e cavidotto.
8.1. L’insieme delle mosse critiche merita di essere accolto, per le ragioni di cui di seguito.
Il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l’intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di
possesso esclusivo (“uti dominus”), non ha la necessità di compiere atti di “interversio possessionis” alla stregua dell’art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed “animo domini” della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l’erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore (Sez. 2, n. 9100, 12/4/2018, Rv. 648079; conf., ex multis, Cass. nn. 8404/2019, 10734/2018, 10734/2018, 24214/2014, 7221/2009, 16841/2005, 2622/1984).
Deve, inoltre, escludersi che il possesso ‘ad usucapionem’ debba caratterizzarsi per il convincimento del soggetto agente di essere proprietario. La buona fede è un elemento del tutto estraneo alla qualità del possesso idoneo all’usucapione: non occorre che colui che pretenda di avere usucapito abbia instaurato con la ‘res’ il rapporto di fatto con il convincimento che fosse il proprietario esclusivo di essa. La legge attribuisce la proprietà sul mero presupposto del possesso pubblico, cioè non clandestino, ininterrotto e non violento, al fine di evitare che il bene resti ‘sine die’ non governato e abbandonato.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello, pur avendo correttamente richiamato la giurisprudenza di riferimento sull’usucapione di bene comune, tuttavia se ne è discostata.
Ed infatti, ha minimizzato la valutazione di un dato di fatto che era stato introdotto sin dall’inizio nel dibattito processuale a riprova di un possesso esclusivo incompatibile col compossesso altrui:
l’essersi gli attori fatti dare le chiavi nel 1982 e l’avere chiuso il locale impedendo così materialmente agli altri condomini l’accesso (fatto avvalorato dalle difese dei convenuti, che, come riportato in ricorso, avevano espressamente lamentato un tale tipo di abuso: v. ricorso pag. 19).
La Corte d’Appello insomma -lungi dal chiarire come il possesso esclusivo delle chiavi del locale da parte dei due attori condomini e la chiusura dello stesso possa essere solo una mera modalità di esercizio di un compossesso mentre gli altri condomini invece, come si è visto, lamentavano proprio tale abuso dichiarandosi impediti all’accesso per ispezionare gli impianti ivi allocati (v. dichiarazioni riportate a pag. 19 del ricorso) -non si è neppure posta il problema di verificare in concreto, sulla scorta degli elementi istruttori forniti, se l’occupazione del locale con propri oggetti, la sua chiusura a chiave sin dal 1982, il possesso esclusivo delle chiavi e l’impedimento all’accesso degli altri fosse un comportamento idoneo ai fini del possesso ad usucapionem del bene comune, sulla scorta della giurisprudenza di riferimento: in proposito, si richiama anche Sez. 2, Ordinanza n. 8404 del 2019.
Coglie, inoltre, nel segno la parte ricorrente laddove afferma la compatibilità dell’acquisto per usucapione di un bene gravato da servitù, nella specie di passaggio di condotte. Invero, siccome le singole unità immobiliari debbono sopportare la presenza delle strutture tecnologiche condominiali, risalenti alla costruzione dell’edificio, anche la proprietà esclusiva acquisita per usucapione dovrà del pari patire una tale servitù, implicante anche le visite per ispezioni o riparazioni. Non si riscontra, per vero, alcuna incompatibilità, ben potendosi usucapire un bene gravato da diritti reali alieni, che per propria connaturale qualità non contrastano il diritto di proprietà esclusiva sul bene che gravano.
Sulla scorta di quanto sopra, la sentenza va cassata.
L’accoglimento dei motivi secondo, terzo e quinto, assorbe in senso proprio il quarto motivo, con il quale viene denunciata violazione degli artt. 115 e 229 cod. proc. civ., addebitandosi alla decisione di non avere tenuto conto del principio di non contestazione.
Il Giudice del rinvio riesaminerà la vicenda alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati e regolerà, inoltre, anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quinto motivo, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’ Appello di Venezia, altra composizione.
Così deciso in Roma in data 11 settembre 2024.