Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34883 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34883 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5443/2023 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in MILANO PIZZA CASTELLO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 4106/2022 depositata il 30/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1. con sentenza n.399 del 2016, il Tribunale di Milano accertava che nel corso di lavori eseguiti tra il 1992 e il 1993 da NOME COGNOME nell’appartamento al secondo piano di un edificio in Milano, da questa venduto nel 2001 ai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, era stata demolita la canna fumaria della caldaia del sottostante locale di proprietà di NOME COGNOME; condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME al ripristino dello stato dei luoghi e NOME COGNOME a tenere i medesimi coniugi indenni dagli effetti della condanna. Il tutto previo rigetto della eccezione di acquisto per usucapione ordinaria dello spazio corrispondente alla colonna d’aria originariamente occupata dalla canna fumaria dell’attore e previa dichiarazione di inammissibilità della eccezione dei medesimi coniugi di usucapione abbreviata dello stesso spazio essendo stata, questa seconda eccezione, proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni.
La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza numero 2758 del 2016.
La Corte di Cassazione, con ordinanza numero 34819 del 2021, in accoglimento del ricorso dei coniugi COGNOME e COGNOME, cassava la
decisione della Corte di Appello di Milano del 2016, disponendo che la stessa, in sede di rinvio, si pronunciasse sulla eccezione di usucapione abbreviata.
Con sentenza n. 4106 del 2022, la Corte di Appello di Milano, quale giudice di rinvio, riteneva fondata l’eccezione ribadendo il dato, ormai definitivamente accertato, che NOME COGNOME aveva eseguito lavori che avevano comportato la demolizione della muratura portante a cui era annessa la canna fumaria di NOME COGNOME nel periodo fra il 30 luglio 1992 e il 4 novembre 1993, ed osservando che i coniugi COGNOME e COGNOME avevano acquistato l’immobile dalla COGNOME con atto notarile del 9 maggio 2001 trascritto il 19 maggio 2001; che dalla scheda catastale allegata all’atto di vendita risultava che l’intervento di demolizione era già avvenuto e che ‘il soggiorno pranzo’ dell’appartamento compravenduto ‘presentava una colonna più piccola di quella originaria che conteneva la canna fumaria appartenente ad NOME COGNOME; che non risultava che i coniugi fossero a conoscenza, al momento dell’acquisto, del fatto che la loro dante causa avesse demolito la frazione di muro incorporante la canna fumaria; che gli acquirenti erano da presumersi in buona fede ai sensi dell’art. 1147 c.c.; che l’usucapione abbreviata si era perfezionata il 19 maggio 2010, prima della notifica dell’atto di citazione avvenuta il 23 luglio 2012. Per effetto dell’accoglimento della eccezione, la Corte di Appello rigettava l’originaria domanda di riduzione in pristino proposta da NOME COGNOME
questi ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello, sulla base di due motivi contrastati dai coniugi COGNOME e COGNOME e da NOME COGNOME con i rispettivi controricorsi;
la causa perviene all’adunanza camerale del Collegio su istanza di decisione del ricorrente al quale era stata notificata proposta di definizione della causa ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. per inammissibilità o manifesta infondatezza dei due motivi di ricorso;
le parti hanno depositato memorie; considerato che:
1. in via preliminare, si precisa che la partecipazione a questo Collegio del Presidente NOME COGNOME già componente del Collegio del precedente giudizio di legittimità conclusosi con la sentenza n. 34819 del 2021 non incide sulla regolare composizione del giudice. Questa Corte infatti ha già avuto occasione di evidenziare che il collegio che giudichi del ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pronunciata dal giudice di rinvio può essere composto anche da magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, senza che sussista alcun obbligo di astensione a loro carico ex art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto tale partecipazione non determina alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e ciò a prescindere dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, che può consistere indifferentemente in un “error in procedendo” o in un “error in iudicando”, atteso che, anche in quest’ultima ipotesi, il sindacato è esclusivamente di legalità, riguardando l’interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambito di applicazione, al fine della sussunzione della fattispecie concreta, come delineata dal giudice di merito, in quella astratta’ (cfr. tra le varie, Cass. n.30264/2023; n.1542/2021; n. 14655/2016:; Sez. U, n. 24148/2013);
ancora in via preliminare, si precisa altresì che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10 aprile 2024, non sussiste alcuna incompatibilità del consigliere delegato NOME COGNOME che ha formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, c.p.c., atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase
distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa; 3. passando all’esame del ricorso, con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 810,812,813,832, 1140, 1145, comma uno, e 1159 del codice civile, in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., per avere la Corte d’ Appello di Milano ritenuto usucapibile la colonna d’aria così contravvenendo al costante insegnamento della Corte di Cassazione per cui la colonna d’aria non può costituire oggetto di proprietà né di possesso autonomi rispetto al suolo. Il ricorrente cita, a sostegno del motivo
, le decisioni di questa Corte di Cassazione numero 35525 del 2022, 12200 del 2022, 12656 del 2020, 22032 del 2004, 2084 del 1989 e 26633 del 2019;
con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1159 c.c. in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto di applicare l’articolo 1159 c.c. senza ‘porsi il problema della eventuale titolarità della colonna d’aria’ e trascurando che non esiste ‘un titolo che indichi esattamente l’immobile ed il diritto immobiliare trasmesso (la c.d. colonna d’aria sita all’interno dell’appartamento di proprietà della signora NOME) affinché si possa valutare la perfetta ed assoluta identità tra l’immobile posseduto e quello acquistato in buona fede a non domino’;
i due motivi di ricorso sono inammissibili perché non colgono la ratio della sentenza impugnata (sull’esito del ricorso che non coglie la ratio, cfr cass. n. 19989/2017).
Il ricorrente parla di spazio sovrastante il pavimento dell’appartamento che è stato acquistato dai controricorrenti e assume che la Corte di Appello avrebbe fatto di tale spazio un bene, suscettibile di un autonomo diritto di proprietà, e che avrebbe dichiarato tale bene usucapito dai controricorrenti
medesimi. In realtà, la Corte di Appello dà atto dello spazio dell’appartamento, liberato a seguito dei lavori dalla canna fumaria del ricorrente, che dal piano primo passava per l’appartamento stesso, inglobata in una colonna, verso il piano superiore. Non parla di uno spazio aereo a sé rispetto alla superficie dell’appartamento ma riferisce di una porzione della superficie dell’appartamento e della relativa proiezione in alto fino al terzo piano. In altri termini si riferisce allo spazio già occupato dalla canna fumaria come proiezione verticale della corrispondete porzione della superficie dell’appartamento. A questa riferisce il possesso ad usucapionem. La decisione della Corte di Appello è conforme al dettato dell’art. 840 c.c. secondo cui nel diritto del proprietario del suolo è compresa la facoltà di utilizzare il soprasuolo (v. Cass. 26633/2019 citata anche dal ricorrente, in motivazione: ‘…la colonna d’aria sovrastante un’area appartiene anch’essa al proprietario, rimanendone questi altresì possessore … è perciò inconfigurabile il possesso di uno spazio aereo incorporeo, indipendente dal possesso della superficie sottostante…’).
Con particolare riguardo al secondo motivo di ricorso va aggiunto che il ricorrente, in riferimento alla dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 1159 c.c., non ricorda di aver mai dedotto alcunché sulla titolarità dello spazio in origine occupato dalla propria canna fumaria.
Il motivo è pertanto inammissibile anche per difetto di specificità (art. 366 c.p.c.) oltre che per essere basato sull’assunto erroneo in precedenza evidenziato;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo con distrazione a favore del procuratore di NOME COGNOME dichiaratosi antistatario;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque
infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta necessariamente applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma; 9. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115-, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME, delle spese del presente giudizio che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente NOME COGNOME delle spese del presente giudizio che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti, con distrazione delle spese a favore del procuratore;
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 2.000,00 in favore dei controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME e della somma di € 2.000,00 in favore della controricorrente NOME COGNOME nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024.