Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 12276/2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrenti –
Avverso la sentenza della Corte d’appello Bologna n. 429/2019 depositata il 08/02/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 4 aprile 2024.
Confessoria servitutis
Rilevato che:
con atto notificato il 14/12/2009, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto, dinanzi al Tribunale di Ferrara, NOME COGNOME e premesso che:
(i) l’attore aveva acquistato da NOME COGNOME COGNOME, in data 21/12/1962, un lotto di terreno, sito in Comune di Ferrara, descritto in atti, poi assoggettato a regime di comunione legale dei beni con la moglie sig.ra COGNOME, terreno che beneficiava di una servitù di passaggio, menzionata nel rogito di acquisto, costituita con un precedente atto di vendita intervenuto tra NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, in data 07/05/1962, a carico del fondo ceduto a quest’ultimo, su lla fascia di terreno, della larghezza di sei metri, che corre lungo il confine sud degli appezzamenti, sulla quale gli attori avevano sempre esercitato il relativo diritto dato che la loro proprietà è interclusa;
(ii) il convenuto, negli ultimi anni, aveva compiuto atti limitativi della servitù apponendo varie costruzioni sulla striscia asservita: un muretto di recinzione del giardino antistante la sua abitazione a ridosso del quale aveva piantato una siepe ornamentale; un palo dell’energia elettrica; una pompa per l’irrigazione; un pozzetto per il contatore del gas e filari di alberi da frutto;
(iii) nel maggio 2009, COGNOME aveva iniziato a costruire una staccionata all’interno della fascia di terreno asservita ;
hanno chiesto al Tribunale di ordinare la cessazione di ogni turbativa e di condannare il convenuto alla rimozione di tutto quanto posto sulla fascia di terreno vincolata.
Costituendosi, COGNOME ha contestato la domanda, ha dedotto che da oltre trent’anni il RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato lavori di sbancamento e allargamento del canale che corre lungo il confine tra le proprietà delle parti, e aveva sottratto una
striscia larga 1,20 metri al terreno di proprietà COGNOME gravato da servitù, sicché il diritto di servitù per la larghezza di sei metri era venuto meno per il protratto mancato esercizio.
Il convenuto, con domanda riconvenzionale, ha chiesto dichiararsi estinta per non uso la servitù così come descritta negli atti pubblici, previo accertamento che le piante e i manufatti si trovavano in loco da almeno trenta anni, e riconoscersi il suo acquisto per usucapione del diritto a mantenere il muretto, la pompa per l’irrigazione, le piante e il pozzetto per il contatore del gas;
il Tribunale di Ferrara, istruita la causa con prove orali e con una c.t.u., con sentenza n. 885 del 2013, ha respinto la domanda degli attori, ritenendo provata la parziale estinzione del diritto di servitù per non uso in conseguenza del mutamento dello stato dei luoghi, risalente a oltre venti anni prima rispetto al compimento di atti interruttivi del decorso del termine di prescrizione previsto dall’art. 1073, cod. civ., richiamato dall’art. 1074, cod. civ.
Il primo giudice ha poi respinto la domanda di usucapione del convenuto;
proposta impugnazione dagli attori , la Corte d’appello di Bologna, nella resistenza di COGNOME, in accoglimento dell’appello, ha condannato quest’ultimo alla rimozione /arretramento di quanto posto sulla fascia di terreno di sei metri che corre lungo il confine sud del terreno di sua proprietà, gravato dalla servitù costituita con atto notarile del 07/05/2005, e ha respinto le domande dell’appellato.
Questi, in sintesi, i motivi della decisione:
(a) ha errato il Tribunale di Ferrara laddove ha fatto applicazione dell’art. 1074, cod. civ., anziché dell’art. 1075, cod. civ. : nella fattispecie ricorre la seconda ipotesi in quanto i titolari del fondo dominante hanno (pag. 7 della sentenza) «regolarmente e continuamente esercitato il diritto di passo, pedonale e veicolare, sin
dal momento della costituzione della servitù, seppur in misura minore avuto riguardo alle dimensioni (larghezza) della fascia di terreno asservita». Essi non hanno perduto il diritto di passaggio per non uso, avendo, al contrario, fatto uso della servitù per accedere al fondo dominante intercluso, da sempre coltivato;
(b) come afferma la giurisprudenza di legittimità, non assume rilievo al fine di escludere l’applicabilità dell’art. 1075, cod. civ., la circostanza che l a limitazione dell’esercizio della servitù sia ascrivibile all’iniziativa del titolare del fondo servente, mediante ostruzione, parziale, del percorso;
(c) è altresì priva di rilevanza la circostanza che, in alcuni punti, esterni al fondo servente, l’accesso alla proprietà interclusa degli appellanti sia esercitato su una strada di campagna larga meno di sei metri: il titolare della servitù ha diritto di esercitarla con le modalità e nei limiti individuati nell’atto costitutivo ; peraltro, la disponibilità, in alcuni punti, di una maggiore ampiezza del passaggio potrebbe avere una specifica utilità, sia intrinseca e attuale (spazi di manovra più comodi), sia in prospettiva, in caso di successivo allargamento del percorso nei punti più stretti;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio le parti hanno depositato memorie;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘falsa applicazione di norme di diritto e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti’ reca la premessa che, da un lato, la servitù di cui all’atto pubblico del 1962 non è mai stata
attuata né è esistita nella pratica, tanto è vero che la c.t.u. ha identificato una porzione del terreno delimitata da manufatti, pali del telefono e dell’RAGIONE_SOCIALE, da al beri da frutto, filari, siepe, pompa per l’irrigazione, allineati alla cordonata di cemento, oltre a un ponte largo 4,60 metri ; dall’altro, che l’esistenza di impedimenti di fatto all’esercizio del passaggio e che il trascorrere del termine ventennale, a norma dell’art. 1074, cod. civ., hanno determinato l’estinzione per prescrizione della servitù di passaggio, così come descritta ne ll’atto pubblico.
Ciò premesso, il ricorrente censura la sentenza d’appello per avere erroneamente applicato l ‘ art. 1075, cod. civ., che presuppone una modificazione soltanto quantitativa del diritto di servitù e che, viceversa, non è applicabile nel caso in cui, come nella specie, la servitù prevista dall’atto pubblico non possa esercitarsi a causa delle delimitazioni e degli altri impedimenti esistenti da oltre trenta anni;
1.1. il motivo è infondato;
1.2. in passato questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 2216 del 20/04/1979, Rv. 398561; conf., Cass. n. 1684 del 1971), affermò il principio di diritto secondo cui l’ uso parziale della servitù, anche se protratto nel tempo, non vale a ridurne il contenuto nei limiti della minore utilità rispetto a quella consentita dal titolo, in quanto per non uso può cessare solo il diritto, mentre la maggiore quantità, che non è stata utilizzata dal titolare della servitù, non è un diritto, ma una sua componente, sicché la stessa non è suscettibile di estinzione; orientamento, questo, che si è andato consolidato nel tempo (in termini, Sez. 2, Sentenza n. 6776 del 15/06/1991, Rv. 472688 -01; Sez. 2, Sentenza n. 4794 del 25/02/2008, Rv. 601844 -01; Sez. 2, Sentenza n. 20462 del 23/09/2009, Rv. 610232 – 01);
1.3. nel caso in esame , il giudice d’appello, uniformandosi alla giurisprudenza di questa Corte e al principio dell’art. 1075, cod. civ. –
secondo il quale la servitù esercitata in modo da trarne un’utilità minore di quella indicata nel titolo si conserva per intero -, ha correttamente escluso la perdita della servitù di passaggio, una volta ricostruito – alla stregua di un accertamento di fatto insindacabile nel giudizio di cassazione – che i restringimenti esistenti in alcuni punti della strada di campagna esterni al fondo servente del convenuto, proprietario del fondo servente, non determinavano l’oggettiva impossibilità di esercizio della totalità delle facoltà correlate al diritto reale, da parte degli attori, proprietari del fondo dominante, i quali avevano continuativamente fatto uso della servitù per accedere al loro terreno, intercluso, al fine di coltivarlo;
2. il secondo motivo -‘erronea applicazione di norme di diritto’ censura la sentenza d’appello che , pur accertando l’esistenza di una servitù, non contiene una pronuncia dichiarativa, ma soltanto un capo di condanna, ferma la considerazione che il capo di condanna (escluso quello in punto di spese), inscindibilmente connesso con la pronuncia dichiarativa, non è esecutivo prima del passaggio in giudicato della decisione;
2.1. il motivo è inammissibile;
il rilievo critico non indica la norma di diritto che si assume violata; pertanto, esso non soddisfa i requisiti formali dell’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., secondo cui il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, «4) i motivi per i quali si chiede la cassazione con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano». È orientamento radicato di questa Corte, enunciato anche dalle Sezioni unite (Cass. Sez. U., 28/10/2020, n. 23745) che «n tema di ricorso per cassazione, l’oner e di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui
intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa»;
il terzo motivo -‘omesso esam e circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio e sull’erronea interpretazione della ctu’ censura la sentenza che non ha considerato il dato oggettivo che la c.t.u. ha stabilito che la servitù, costituita con atto notarile del 07/05/1962, è descritta nel titolo, ma non è rappresentata graficamente; non ha valutato la circostanza che non è possibile attraversare il ponte attiguo alla fascia di terreno gravata dalla servitù di passaggio con automezzi larghi più di 4,6 metri, sicché non si può parlare di un esercizio di minore quantità della servitù, perché materialmente e oggettivamente la servitù prevista dall’atto pubblico non può essere esercitata e mai è stata esercitata.
Da un altro punto di vista, si ascrive alla Corte d’appello di non avere la domanda riconvenzionale con la quale il convenuto aveva chiesto che si accertasse che gli attori avevano perso per non uso il diritto di servitù, così come descritto negli atti pubblici;
3.1. il motivo è infondato;
3.2. fin da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, si è andato consolidando il principio di diritto per cui l’attuale art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella specie applicabile ratione temporis , ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
3.3. nella fattispecie concreta in esame, il ricorrente in primo luogo, pone l’accento su u n aspetto – la mancata rappresentazione grafica della servitù costituita con atto notarile del 07/05/1962, per nulla decisivo, dato che il tracciato della servitù non è contestato; in secondo luogo, si sofferma su una circostanza -la larghezza del ponte attiguo alla fascia di terreno sulla quale è esercitata la servitù -che, diversamente da quanto egli prospetta, è stata valutata dal giudice di appello (pag. 6 della sentenza), che ha escluso che il fatto che in alcuni punti esterni al fondo servente l’accesso alla proprietà interclusa degli attori sia esercitato su una strada di campagna larga meno di sei metri; il terzo profilo denunciato -omesso esame della riconvenzionale del convenuto da parte della Corte di Bologna -è estraneo al richiamato paradigma del n. 5 dell’art icolo 360, ferma la constatazione che la stessa parte non ha proposto appello incidentale avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la sua domanda riconvenzionale;
in conclusione, respinti il primo e il terzo motivo e dichiarato inammissibile il secondo motivo, il ricorso è rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
6 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000 ,00, più € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 4 aprile 2024.