Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1418 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1418 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31011/2020 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 820/2020, depositata il 27/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Il Condominio Palazzo COGNOME, sito in Forlì, INDIRIZZO, citava in giudizio il condomino NOME COGNOME, deducendo che il convenuto aveva acquistato due posti auto, che tali posti auto aveva successivamente chiuso mediante la realizzazione di un portone basculante, che nell’effettuare tale chiusura non aveva rispettato i limiti della sua proprietà esclusiva, avanzando di circa 50 cm. per tutta la lunghezza dell’area e che, occupando l’area comune condominiale, aveva reso difficoltose le manovre degli altri condomini; l’attore chiedeva quindi di accertare l’illegittima occupazione dell’area condominiale e di condannare il convenuto al ripristino dei luoghi e al risarcimento dei danni. Il Tribunale di Forlì, con sentenza n. 507/2013, accoglieva parzialmente la domanda dell’attore, condannando COGNOME ad arretrare il portone basculante di 39 cm. all’interno dei pilastri condominiali.
La sentenza era impugnata da COGNOME. La Corte d’appello di Bologna – con la sentenza 27 febbraio 2020, n. 820 – ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso il Condominio INDIRIZZO. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo denuncia ‘erronea interpretazione e applicazione erronea dell’art. 1102 c.c.’: alla luce dei principi di diritto affermati dalla Corte di cassazione con riferimento all’art. 1102 c.c., quanto realizzato dal ricorrente ‘non può non rientrare nella nozione di pari uso, certamente non lesivo del pari diritto degli altri condomini’, ‘atteso che non può ritenersi che la modesta
limitazione delle manovre di entrata e uscita sia tale da impedire un pari uso a quello del COGNOME agli antistanti box n. 25 e n. 26′.
Il motivo non può essere accolto. Il ricorrente sì richiama precedenti di questa Corte relativi alla interpretazione e applicazione dell’art. 1102 c.c., ma in realtà contesta l’accertamento in fatto dei giudici di merito, basato sui risultati della consulenza tecnica d’ufficio, accertamento secondo il quale ‘l’uso esclusivo da parte del COGNOME dell’area condominiale in questione riduce in maniera apprezzabile la fruibilità del bene comune da parte degli altri condomini, specialmente di quelli proprietari dei box auto antistanti n. 25 e n. 26′ e che non può essere censurato da parte di questa Corte di legittimità.
Il secondo motivo lamenta, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’: la Corte d’appello non avrebbe considerato ‘fatti decisivi e quanto mai rilevanti nel presente giudizio’, quali il comportamento del ricorrente che, prima di operare l’ampliamento, aveva preavvertito l’amministratore condominiale, la sua completa buona fede e la convinzione dello stesso di porre in essere ‘una modestissima e legittima modifica e pressoché irrilevante dello stato dei luoghi’, tanto più che la distanza tra le altre file di box ‘era addirittura inferiore’.
Il motivo non può essere accolto. A prescindere dalla non decisività dei fatti il cui esame sarebbe stato omesso, va sottolineato come, a fronte della conferma della decisione di primo grado da parte della sentenza d’appello, fondata sulle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto, il ricorso per cassazione non possa essere proposto ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (art. 348 -ter , commi 4 e 5 c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della seconda