Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14186 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14186 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 486/2021 R.G. proposto da:
COMUNE DI SAN MASSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 5668/2020, depositata il 15/11/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 01.02.1996, il Comune di San Massimo conveniva dinanzi al Tribunale di Campobasso la s.RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE, esponendo che la società convenuta si era resa inadempiente agli obblighi di realizzazione delle opere di cui ai contratti numeri 124, 125 e 127 del 27.12.1972, aventi ad oggetto la cessione dei terreni ivi indicati gravati da usi civici in virtù del decreto 16.05.1941 del Regio Commissario per la liquidazione degli usi civici di Napoli.
La realizzazione delle opere rientrava nel programma di potenziamento della stazione sciistica di Campitello Matese, con la costruzione di un edificio da destinare a rifugio, tavola calda, bar ed opere infrastrutturali e di urbanizzazione generale. I terreni non utilizzati avrebbero dovuto essere restituiti al Comune.
L’amministrazione attrice chiedeva, quindi, accertato l’inadempimento dei contratti in oggetto, dichiararsi la retrocessione in proprio favore dei terreni ivi contemplati; dichiararsi, inoltre, la nullità dei menzionati contratti perché gravati da usi civici, e dichiararsi la proprietà dei terreni suddetti in capo all’esponente.
Il Tribunale adìto, con sentenza del 02.05.2006, rigettava la domanda in relazione ai contratti di compravendita nn. 124 e 127 del 1972, accoglieva la domanda relativamente al contratto n. 125 e, per l’effetto, lo dichiarava risolto fin dal 14.06.1994, disponendo altresì la retrocessione dei terreni oggetto di tale contratto in favore del Comune di San Massimo dalla stessa data.
Proposta impugnazione da parte del Comune di San Massimo, cui resisteva la s.RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE ( ‘RAGIONE_SOCIALE ‘, che ha incorporato per fusione la società RAGIONE_SOCIALE) introducendo altresì appello incidentale, la Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 296/2012, accoglieva
in parte il gravame e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accertava e dichiarava la nullità del contratto del 27.12.1972 n. 124 e, quindi, la proprietà in capo al Comune di San Massimo dei terreni oggetto del menzionato contratto.
Per la cassazione di tale sentenza proponeva ricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Questa Corte, con sentenza resa a Sezioni Unite (n. 15302 del 04.07.2014) , dichiarava il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. in favore del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici competente, innanzi al quale rimetteva le parti.
Con ricorso del 26.01.2015, depositato il 12.02.2015 e notificato il 23.03.2015, il Comune di San Massimo riassumeva il giudizio innanzi al Commissario per la liquidazione degli usi civici di Napoli, riproponendo le domande svolte innanzi ai precedenti giudici di merito.
Con sentenza n. 4/2016, il Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici dichiarava l’estinzione del giudizio innanzi a sé per tardività della riassunzione, da parte del Comune di San Massimo, in violazione del termine perentorio di tre mesi previsto dall’art. 59, comma 2, legge n. 69/2009; qualificato comunque l’atto di riassunzione come valido atto introduttivo di un nuovo autonomo giudizio, il Commissario dichiarava la nullità degli atti di vendita del 27.12.1972 nn. 124 e 125; condannava la società resistente alla restituzione con effetto immediato dei predetti terreni.
Impugnava la predetta pronuncia IN.TUR. innanzi la Corte d’Appello di Roma , lamentando che la tardività della riassunzione del giudizio non potesse consentire la prosecuzione della decisione nel merito.
La Corte d’Appello di Roma , con sentenza n. 5668/2020, accoglieva il reclamo.
Confermata l’incontestata tardività della riassunzione del giudizio e il passaggio in giudicato della statuizione del Commissario di estinzione del giudizio, poiché avverso detta statuizione l’ente territoriale non aveva proposto appello incidentale, la Corte territoriale rilevava che l’atto di riassunzione non può valere come autonomo atto di citazione, sia per il suo tenore letterale, sia per l’esplicito rinvio per relationem ai pregressi atti di causa innanzi ai giudici di merito, a nulla rilevando l’indicazione della causa petendi e del petitum individuati dal primo giudice nella demanialità ad uso civico dei terreni e nella conseguente nullità degli atti di trasferimento, utilizzando le risultanze delle precedenti CTU svolte nel processo dichiarato estinto.
Infine, in accoglimento del reclamo-appello, respingeva il ricorso del Comune di San Massimo del 26.01.2015 nei confronti del reclamante.
Il Comune di San Massimo ricorre per la cassazione della sentenza con due motivi.
Resiste con controricorso IN.TUR.
A séguito della proposta di definizione ex art. 380 bis cpc del Consigliere Delegato, il ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ. depositando anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 125 cod. proc. civ., 29 e 31 legge n. 1766 del 1927. Si censura sostanzialmente la Corte d’Appello per avere ritenuto che il ricorso del 26.1.2015 non potesse valere come valido atto introduttivo di un nuovo giudizio di merito.
Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, ai sensi dell’a rt. 366, n. 6 cod. proc. civ (specifica indicazione degli atti processuali sui quali il ricorso si fonda).
Premesso che non si ignora il principio della conversione dell’atto di riassunzione in atto introduttivo di un nuovo giudizio (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 26768 del 2019, Rv. 655515 -01), è decisivo nel caso di specie osservare che il motivo è incentrato tutto sul contenuto dell’atto di riassunzione del 26.01.2015: pertanto, il ricorrente -al fine di confutare adeguatamente le diverse conclusioni a cui è pervenuta la Corte d’Appello attraverso l’analisi dell’atto processuale – aveva lo specifico onere di trascriverlo, per consentire a questa Corte di verificarne il contenuto (per tutte: Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 30723 del 2019, Rv. 656224 -02).
2. Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. Il ricorrente lamenta il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo: pur avendo, infatti, la Corte affermato apertis verbis in motivazione che il giudizio viene definito in rito, per l’asserita inidoneità del ricorso del 26.01.2015 ad essere valutato come valido atto introduttivo di un nuovo giudizio, in dispositivo tuttavia, oltre a confermare la declaratoria di estinzione del processo per tardiva riassunzione da parte del Comune, «accoglie il reclamo e respinge il ricorso del Comune di San Massimo». Tale antinomia rende impossibile comprendere quale sia la reale portata precettiva della decisione oggetto di impugnazione in quanto, pur leggendola complessivamente, non si riesce ad intendere quali siano le conseguenze processuali della pronuncia; in particolare, se il giudizio del merito non si è mai validamente svolto e, quindi, se possa essere autonomamente riproposto, ovvero se (stante
il dispositivo) il giudizio debba intendersi definito con una decisione di merito avente ad oggetto il respingimento del ricorso e della domanda in esso contenuta.
Il motivo è fondato.
La sentenza effettivamente contiene una affermazione inconciliabile (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01): ed invero, una volta affermato che « l’atto di riassunzione non può valere come atto introduttivo di un autonomo giudizio » (cfr. sentenza impugnata, p. 6 ultimo capoverso; v. p. 7, 1° capoverso); precisato che « il giudizio … si è concluso con una pronuncia in rito » (v sentenza p. 8, rigo 11), e confermata la declaratoria di estinzione del processo per tardiva riassunzione da parte del Comune, si rivela assolutamente inconciliabile la successiva pronuncia, idonea al giudicato, di accoglimento del reclamo-appello e di rigetto del ricorso del Comune del 26.1.2015.
Pertanto, la sentenza merita di essere cassata in parte qua .
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, mediante l’eliminazione del la ulteriore inconciliabile statuizione di accoglimento del reclamo-appello e di rigetto del ricorso del Comune di San Massimo.
In considerazione dell’esito del giudizio di legittimità, vanno compensate le relative spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, elimina la statuizione di accoglimento del reclamo-appello e di rigetto del ricorso del Comune di San Massimo.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.