Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6513 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6513 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22862/2022 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
DI COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, QUATTROCCHI NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 304/2022 depositata il 14/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia riguarda l’uso di un immobile in comproprietà da parte di NOME COGNOME. Gli altri comproprietari (NOME ed NOME COGNOME
COGNOME; NOME, NOME e NOME COGNOME NOME, NOME e NOME COGNOME) convenivano dinanzi al Tribunale di Catania NOME COGNOME per il pagamento di un’indennità di occupazione, commisurata alla fruttificazione del bene. In primo grado la convenuta era condannata al pagamento di € 14.659,67, da ripartire tra gli attori in base alle rispettive quote di comproprietà. La condanna era fondata sull’assunto che l’uso esclusivo dell’immobile da parte della convenuta aveva impedito il godimento contemporaneo da parte degli altri comproprietari.
La convenuta ha proposto appello, domandando la riforma della decisione di primo grado per mancanza di un credito a titolo di frutti civili in favore dei comproprietari o, in subordine, la diminuzione dell’importo da corrispondere.
Nella contumacia degli appellati, la Corte territoriale, con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l’importo da versare. Ha rilevato che il diritto dei comproprietari ai frutti civili è decorso dal 3 gennaio 2017, data in cui questi hanno inequivocabilmente manifestato la volontà di esercitare il proprio diritto di comproprietà mediante una comunicazione. La Corte ha escluso che, prima di tale data, il comportamento degli altri comproprietari potesse essere interpretato come una richiesta di frutti civili. La Corte ha confermato il valore locativo mensile dell’immobile stimato dal c.t.u. in € 300 ,00 ritenendolo congruo. Ha calcolato l’importo complessivo della fruttificazione in € 18.600 ,00 per il periodo dal gennaio 2017 al febbraio 2022, detraendo la quota spettante all’appellante. Di conseguenza, ha condannato NOME COGNOME al pagamento della somma residua, da ripartire in base alle quote di comproprietà.
Ricorre in cassazione la predetta convenuta con due motivi. Gli attori sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 329 c.p.c., 2909 c.c., 112 c.p.c., 1102 c.c., 115 c.p.c. e 2697 c.c., oltre alla nullità della sentenza per incongruità, contraddittorietà e illogicità della motivazione. Si lamenta che la Corte di appello abbia ignorato il giudicato implicito formatosi sull’accertamento compiuto dal Tribunale, secondo cui l’uso esclusivo dell’immobile da parte della ricorrente non oltrepassava i limiti dell’art. 1102 c.c. Si critica altresì l’ampliamento del tema del decidere, con l’introduzione di una presunta violazione dell’art. 1102 c.c. non dedotta dagli attori in primo grado, configurando ultrapetizione. Si censura inoltre il richiamo da parte della Corte al concetto di «fatto notorio» per giustificare l’impossibilità di godimento contemporaneo del bene, considerandola priva di supporto probatorio e in contrasto con l’onere della prova stabilito dall’art. 2697 c.c.
Il primo motivo è infondato.
Sul profilo dedotto dalla ricorrente non si è formato alcun giudicato interno, poiché è stata la stessa convenuta ad impugnare i capi rilevanti della pronuncia di primo grado tra cui anche il capo sull’art. 1102 cc (v. pagg. 5 e ss. ricorso per cassazione over è riportato l’atto di appello) e le argomentazioni giuridiche sull’art. 1102 c.c. rientrano così palesemente nell’ambito dello iura novit curia. Ad abundantiam si richiama il principio che « il giudicato interno si determina su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, con la conseguenza che l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame » (così, Cass. 32563/2024, con rinvio ad ulteriori precedenti) .
Quanto al rilievo relativo al «notorio», la Corte ha osservato che « L’uso esclusivo come abitazione di un’unità immobiliare di media entità, quale quella in oggetto, esclude o, in ogni caso, rende particolarmente difficile un’utilizzazione contemporanea di altri al medesimo fine; tantomeno, la possibilità di ricavarne un reddito, mediante la sua locazione. Ciò costituisce fatto notorio, giacché, a meno di grandi superfici, risulta difficile la coabitazione in spazi ottimali per un nucleo familiare, di più di essi; circostanza astrattamente plausibile nel caso in esame, attesa la frammentazione elevata delle quote di proprietà, a ciascuna delle quali accede la medesima facoltà di godimento del bene » .
Pertanto, la Corte ha inteso riferirsi in realtà ad una ragionevole massima di comune esperienza, la cui scelta non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità.
Il primo motivo è rigettato.
2. – Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1101 e 1102 c.c., nonché degli artt. 112 e 115 c.p.c., con conseguente ultrapetizione e nullità della sentenza. Si contesta l’erronea determinazione della fruttificazione spettante ai resistenti, ritenendo che la Corte abbia omesso di considerare che gli attori sono proprietari solo di una quota pari a 150/360 dell’immobile. Si lamenta che l’importo riconosciuto sia sproporzionato rispetto alle quote e che superi quanto effettivamente domandato in primo grado. Si critica infine la motivazione della Corte, che si fonda su presupposti non provati, e si ribadisce che il calcolo avrebbe dovuto limitarsi alle quote effettivamente spettanti.
Il secondo motivo è inammissibile.
Infatti, esso non coglie la ratio decidendi .
La parte di sentenza impugnata dal secondo motivo è la seguente: « Ciò posto, ritiene il Collegio che gli appellati abbiano diritto alla fruttificazione richiesta . Per quanto attiene all’importo del valore locativo dell’appartamento in questione, indicato dal c.t.u., osserva
il Collegio preliminarmente che il riferimento ad esso costituisce, in assenza di specifiche e diverse utilizzazioni o destinazioni del bene e avuto riguardo a quella urbanistica (unità immobiliare per uso abitativo), l’unico parametro di carattere obietti vo, ai fini della determinazione dei frutti ricavabili. Dal complessivo valore (euro 18.600,00) della fruttificazione dell’appartamento , da calcolare in euro 300 mensili dal 3 gennaio 2017 fino alla data della presente sentenza (euro 300 x 62 mensilità dal gennaio 2017 al febbraio 2022 = euro 18.600), va detratta la quota di comproprietà dell’odierna appellante. L’importo risultante va corrisposto da COGNOME NOME agli odierni appellati, in base alla quota di comproprietà di ognuno di loro» .
Pertanto, come si desume agevolmente dall’ultimo passaggio motivazionale, la Corte di appello -contrariamente a quanto si assume da parte della ricorrente – ha precisato che la fruttificazione va fatta in base alla quota di comproprietà spettante a ciascun dei comproprietarie, e quindi ha di fatto demandato il calcolo finale alla fase esecutiva. Il ricorso omette di confrontarsi con questa precisazione decisiva della Corte di merito.
Sulla sorte del motivo che non coglie la ratio decidendi cfr. tra le varie, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017.
3. – Il ricorso è dunque rigettato.
Non vi è necessità di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, poiché la controparte non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma del l’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.